L’articolo precedente, L'insipienza di certi "cattolici". - Parte I° e II°, mi ha fatto pervenire alcune mail interessanti, specie nella richiesta di chiarimenti.
Un lettore che afferma d’essere un sociologo cattolico, così mi scrive:
“ ... devo ammettere che i suoi articoli spesso mi mandano in crisi esistenziale perché colpiscono profondamente il mio abituale modo di vivere.
Spesso sono talmente spaesato che debbo rileggere più volte per capire le mie contraddizioni; eppure ho sempre vissuto nella convinzione d’essere nel giusto, anche perché la formazione dottrinale che la Chiesa mi ha trasmesso è la linea guida della mia vita. Vi sono bagliori di pensiero che …
Gradirei che lei approfondisse ulteriormente il discorso originato dalla sua sintetica frase “Ciò che ne discende è, perciò, un susseguirsi immanente e mai trascendentale” nel rapporto tra politica conservatrice e riformista; o meglio: nella differenza valoriale che porta un politico cattolico a schierarsi in una delle due formazioni. …”
All’amico lettore vorrei dire innanzitutto che non è il mio discorso che lo mette in crisi, bensì la sua incerta e incompleta fede.
Come, d’altronde, la formazione dottrinale che la Chiesa gli (mi) ha trasmesso fu percepita in modo imperfetto.
Non ho mai ritenuto, nella mia pochezza, di possedere un carisma apostolico, tanto più che non sono la “Chiesa”.
Posso pure convergere sul fatto che oggi (ed anche ieri) l’insegnamento catechistico sia lasciato alla buona volontà di alcuni (spesso teologicamente e dottrinalmente impreparati); tuttavia mi pare un obbligo etico, nell’adulto, l’approfondimento continuo e sistematico, per il semplice fatto che la verità raggiunta non è mai definita, ma sempre ulteriormente perfezionabile.
Il Cristiano è una Persona in cammino verso la Salvezza e la sua salvezza non può essere disgiunta da quella altrui; come il suo essere in Cristo è immanente alla Chiesa: l’essere cristiano, nella Carità, in una comunità e membra di un unico corpo! Se non si salva il corpo non si possono salvare neppure le membra.
Per essere membra bisogna sentirsi corpo unico e indivisibile! Perciò non vi possono essere distinguo e vie traverse; e la Chiesa, da parte sua, deve avere un cervello pensante in grado di formalizzare nella società la risoluzione delle problematiche insorgenti che affliggono e turbano la sua stessa Comunità, inglobata a sua volta, come testimone e luce, nella società civile.
Perché se non vi è Chiesa non vi può essere neppure Cristo, e se non vi è Cristo non vi è neppure salvezza.
Perciò il nostro operare sarebbe nullo e definibile come concetto esistenziale utopistico.
Se rapportiamo Fede a Carità comprendiamo pienamente perché oggi la chiesa abbia perso per strada il 70% dei fedeli in pochi lustri: perché questi valori non sono più percepiti e vissuti neppure nei praticanti.
Lungo sarebbe il discorso, che lascio al cattolico sociologo, sull’influenza che una filosofia fenomenologica ha arrecato nella Gerarchia ecclesiale, facendo diventare certi valori un puro trasferimento (commerciale) mediatico che, come tale, può essere preso (acquistato, condiviso, percepito) oppure rifiutato.
Essere cristiano non è semplice nel rispetto della dottrina, specie se valori portanti quali la Vita e la Famiglia vengono concepiti unicamente come diletto individuale. E, se mi è concesso, i nostri politici cattolici (alcuni) sono la dimostrazione pratica di questa incongruenza: difendo la vita e la famiglia sotto la croce, ma unicamente come oggetti e non come valori non negoziabili. Difatti di famiglie, come sottolineavo in L'estinzione dei dinosauri., ne hanno formate nella loro vita più di una.
Pare spesso che la teologia di Dio è morto sia diventata, da interrogativo esistenziale escatologico, una realtà pratica. Perciò ci si raccorda alla religione/Chiesa come ad un’ideologia culturale, e non più come ad una certezza salvifica esistenziale. In pratica come ad una mera formula morale esistenziale.
Dio non è morto nella realtà, ma è morto nelle coscienze: si pratica ciò che è utile e non ciò che è naturale alla legge divina!
Basti pensare all’idea di alcuni politici cattolici sulle devianze sessuali: il noto Dico finito poi nel cassetto.
Qua, credo, che bisogni distinguere tra società civile e comunità religiosa, per comprendere appieno le forzature che la coscienza politica di alcuni tende a fare.
Infatti, non discuto minimamente il “diritto” di una comunità nazionale, nel rispetto democratico, di ideare la regolarizzazione legale di alcune devianze o situazioni, perché la società Chiesa può essere minoritaria nella società nazionale. Negli States, ad esempio, i cattolici sono nettamente minoritari nella società e, nella pratica, pure da noi.
La Chiesa, civilmente, è una branchia della società e non la società.
Quello che è aberrante è che alcuni cattolici, seppure in veste istituzionale, anziché contrastare nel rispetto democratico certe leggi contrarie alla dottrina, ne siano addirittura promotori o collaboratori fattivi.
In pratica si ammette la forzatura che l’essere cittadino di uno stato sia prioritario ad essere membro della Chiesa. Con ciò, ovviamente, si abdica alla Salvezza ponendo la coscienza non al servizio dei Valori non negoziabili, ma a quello dell’utilità egoistica della società.
Ne consegue un interesse esclusivo al “fenomeno” singolo civile, appunto in una filosofia che fa come punto centrale della propria ideologia i vari fatti ed avvenimenti fenomenologici.
La Chiesa ha una sua Teosofia democratica che deve essere rispettata e condivisa da tutti i credenti; la Società ha una democrazia (imperfetta) proporzionale che tiene conto di tutte le varie entità sociali.
Restringendo il concetto possiamo tranquillamente affermare che: la Chiesa è un’entità dogmatica fondata sulla Verità, la Società un agglomerato sincretico di valori che tendono a rispettare la convivenza nel diritto di tutti.
Il diritto del Cattolico dove sta? Ovviamente nella Società; ma nella convinzione che questa gli garantisce il diritto a privilegiare come prioritaria la convinzione confessionale immanente alla sua coscienza.
Perciò la Chiesa è la sua fonte di Sapienza e per nessun motivo può derogare a questa imprescindibile convinzione.
Quando lo fa si pone automaticamente fuori della Chiesa; ed allora il suo comportamento è dovuto non più ad una vita Ecclesiale, ma solo ad una matrice ideologica esistenziale di tendenza cristiana.
E le tendenze hanno i rivoli culturali permissivi: vie di fuga che permettono di assecondare il proprio interesse, quindi il proprio egoismo (divorzi, aborti, eutanasia …).
Detto così sembrerebbe che la Chiesa sia una comunità fustigante tesa a impedire il piacere, quindi la gioia che è la base della nostra esistenza. In pratica un insieme di tanti imperativi categorici tesi a limitare la libertà individuale.
Per comprendere appieno questo facile e comune errore dialettico, insito nella mentalità culturale moderna, ci può essere utile il soffermarci sul concetto häbsburghiano di Voldere: il volere il dovere!
Egli afferma che tanto il credente, quanto il cittadino, per essere realmente soggetto/persona debbano avere la convinzione culturale di volere il proprio dovere come desiderio gioioso atto a esplicare tutta la loro potenzialità umana e sociale.
Il dovere, dunque, non subìto, bensì compreso come obbligo interiore inalienabile per raggiungere la perfezione e la felicità.
Interessante sarebbe poterci addentrare nella dialettica esplicativa che tratta dell’amore coniugale, della donazione e della necessità della famiglia nel voldere; ma ciò ci porterebbe assai lontano.
Sintetizzando il concetto:
L’attrazione sensuale porta all’amore; ma questo amore, per raggiungere la completezza, ha bisogno della donazione reciproca che lega indissolubilmente i due coniugi, perciò conduce obbligatoriamente alla famiglia. Ciò porta con sé dei doveri; e l’analisi preventiva e cosciente di questi porta l’uomo/donna ad accogliere questi doveri come propria volontà di donarsi all’altro nell’amare. Ecco, perciò, diventare l’obbligo verso l’altro un dovere gioioso e piacevole del donarsi, onde raggiungere la perfezione coniugale nella felicità. Il volere il proprio dovere come sine qua necessario alla felicità perfettiva continua e progressiva nella vita coniugale.
Traslando questo concetto nella Chiesa o nella società si raggiungono, nell’individuo maturo e cosciente, gli stessi risultati, sia nel rapporto ecclesiale dell’essere comunità in Cristo, sia nell’essere cittadino consapevole e convinto in una nazione.
Ed ogni obbligo che ne deriva, se compreso, accettato e condiviso, non può che portare il soggetto/persona a scegliere il dovere come percorso individuale atto a raggiungere il fine prestabilito.
Ovviamente vi è una certa sostanziale differenza tra l’essere un fedele/cittadino che segue le direttive dottrinali/statali senza discuterle (imperativo categorico), oppure l’esserlo nel recepirle, nel comprenderle appieno e nel farle proprie; ma ciò dipende esclusivamente dalla preparazione individuale.
Ciò che conta è che entrambe le si ottiene volontariamente e liberamente o con la sapienza culturale, o col comprendere e condividere appieno il sistema sociale in cui si vive, sia questo Chiesa o società.
La fede può essere dovuta ad un ragionamento complesso o ad uno semplice, ma appunto perché “fede” indica la fiducia che si ripone in una “verità” condivisa, che sia religiosa o civile.
Diversamente non si è né fedele né cittadino, ma solo schiavo interessato di un sistema sociale.
La religione, ovviamente, è un fattore sociale componentistico della società e viene, nelle democrazie occidentali, considerata la prima libertà e perciò tutelata come diritto individuale e esistenziale inderogabile.
Posto tutto ciò e tornando all’interrogativo espresso dall’amico lettore, appare ovvio che tutto ciò che in religione è condivisione ecclesiale è immanente al fedele stesso, perché è il prodotto di una scelta personale mai calata dall’alto.
Infatti, non trascende una realtà sensibile (trascendenza kantiana), perché la scelta e la volontà sono il frutto di un processo individuale interiore, perciò immanente al soggetto che la esplica.
L’essere Ecclesia, con tutto ciò che ne deriva, si basa sul concetto di Teosofia democratica: dogmi e dottrine stabilite sapientemente nel confronto dialettico e democraticamente nella votazione finale, pur con l’ausilio dello Pneuma.)
Ciò conduce il fedele ad osservare le direttive di fede in due similari modalità:
a) Grazie ad un ragionamento semplice che delega ad altri ( la gerarchia) la definizione delle vie comportamentali etiche e delle scelte dottrinali, ritenendo il proprio intelletto incapace di comprendere appieno il processo sapienziale: fede per concezione delegata.
b) Con un ragionamento individuale complesso che recepisce, in toto o in parte, il processo sapienziale, facendolo proprio: fede condivisa.
Stabilito ciò è evidente che se la Vita viene accettata come dono, e perciò goduta come tale, il donarsi reciproco porta alla Famiglia, che diviene un’entità giuridica aggiuntiva all’entità fisica dei due coniugi.
Ed essendo la famiglia una cellula sociale è ovvio che la stessa modalità possa essere consapevolmente praticata pure nella società, in base al principio della Carità in cui si crede e si vive.
Diversamente si ottiene un associazionismo individuale ed egoistico, teso a trarre vantaggi da tali aggregazioni (chiesa, famiglia, società, partito, sindacato …).
In questo caso non vi può essere donazione, ma solo un’aggregazione in comodato gratuito finché vi è interesse reciproco; e quando questo viene a mancare in uno degli attori l’unione si scioglie.
E non importa se la famiglia è stata costituita religiosamente (concordataria) o civilmente, perché non è la formula che crea l’unione, bensì l’intenzione cosciente dei due coniugi.
Il cattolico, in politica, può schierarsi ovunque liberamente se il riformismo o il progressismo paiono a lui idonei ai valori professati. E non appartenendo ad una formazione confessionale egli è “luce” testimoniale nella società, anche là dove alcuni valori programmatici sono contrari ai beni non negoziabili.
E difatti la trasversalità parlamentare nella difesa di questi valori primari pone il cattolico come indipendente rispetto al partito, referente solo all’elettore ed alla sua coscienza.
Che poi questo sia effettivo, oppure simulato per interessi celati, questo è un altro discorso; ma se il cattolico è vero e convinto il problema non si pone.
Tempo fa analizzavo lo studio di un sociologo relativo alle nuove entità commerciali: gli Outlet.
L’analisi fatta mette in evidenza che il 70% delle persone che lo frequentano non comperano nulla, ma ci vanno per osservare, passare il tempo e curiosare. In pratica per espletare un nuovo modo di socializzare.
Ci vanno nei fine settimana con l’auto lustra e come impeccabili manichini.
Lo studio mette in evidenza che questi centri (teoria estendibile anche ai grandi centri commerciali per certi fattori) paiono il “paese” del desiderio proibito: grandi firme, materiale scadente (articoli precedentemente invenduti), apparenti borghi medioevali dove non ci vive nessuno, frequentati da una marea di persone che “socializzano” solo nell’apparenza della loro presenza, e “morti” dopo la chiusura perché “effimeri”.
In pratica hanno sostituito la chiesa, l’oratorio e la piazza del paese, dove però la gente si conosceva e socializzava realmente.
Le persone ora abitano in “appartamenti” e si appartano talmente che spesso non socializzano neppure col vicino dello stesso piano: si disconoscono nella socialità. E la loro socialità, spesso, si estingue nel solo essere fisicamente presenti: effimeri socialmente come i luoghi che frequentano.
E l’effimero non è solo nella falsità storica dello stabile (paese medioevale), ma pure nell’apparenza dei suoi visitatori.
Questi, infatti, paiono tutti uguali, come sono uguali nello stile i vari borghi degli Outlet.
Persone con tempo libero (però solo nei fine settimana quando non sono “costrette” al lavoro), apparentemente danarose ed interessate all’acquisto (ma sostanzialmente impossibilitate a farlo per carenza finanziaria), vogliose di consumismo e di essere “In” nella scelta di firme di grido e costose (però con prodotti che sono stati scartati precedentemente dal mercato ed ora svenduti per recuperare il capitale) e felici di sentirsi “In” perché, tornando al lavoro possono raccontare d’essere stati in questi centri “alla moda”.
Lo stesso discorso, si osservava, poteva essere fatto per le nuove frontiere di conquista sociale: i centri turistici vacanzieri, ora alla moda, pubblicizzati ed organizzati in località isolate, spesso con costi “tutto compreso” stracciati.
Quello che mi ha incuriosito di tutto questo ampio discorso sociologico è la percentuale del 70% che è perfettamente uguale ai fedeli che la Chiesa ha perso per strada in alcuni lustri.
Ovviamente non si può trarne una considerazione strettamente collegata; però il dato della percentuale è intrigante.
Se si considera poi come la chiesa venga scelta per tanti matrimoni cattolici, unicamente perché il concordatario offre una cerimonia esoterica e artistica, allora le varie connessioni possono diventare interessanti, specie se tante cerimonie giungono dopo anni di convivenza e con figli in grado di fare già da “paggetti” alla sposa, oltre al fatto che questi soggetti la chiesa la vedono più di fuori che di dentro (non sono veri praticanti).
Siamo nel mondo dell’effimero e non c’è da meravigliarsi se poi la religione diventa un fatto strettamente individuale: un’esigenza animistica interiore.
E su questa base ci può stare che in politica si gridi, da ogni parte, al Bene comune, senza saperlo però definire; come ci può stare che politici che si dichiarano cattolici abbiano costituito più famiglie, nel pieno rispetto del proprio interesse egoistico e violando gli impegni solennemente e liberamente presi.
Ed allora la società può pure produrre tutte quelle forme sociali legali (divorzio, aborto, eutanasia, droghe, devianze sessuali, convivenze …) che la Chiesa dichiara vere negazioni al sistema valoriale dei Beni non negoziabili: la Vita e la Famiglia!
E, concludendo, non ci si può neppure meravigliare se certa gente pone “distinguo” importanti a tutte queste problematiche esistenziali, basandosi su semplici ragionamenti edonistici che sono essenzialmente solo animistici.
Che hanno queste persone in comune con il cattolicesimo vero? La loro larvata dichiarazione d’essere cattolici.
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