domenica 23 gennaio 2011

Le peripatetiche, la politica e la partitocrazia, la giustizia e l'umorismo.

Teofrasto di Eresso successe al maestro Aristotele alla guida della scuola filosofica peripatetica, che tenne fino alla sua morte avvenuta ben circa 23 secoli fa.

Si interessò anche di botanica e pure indirettamente di psicologia. Potrebbe essere considerato uno dei primi psicologi.

Di lui ci sono pervenuti solo dei frammenti o dei rifacimenti magari adattati.

Come si sa un tempo non vi erano né i Pc né i libri diffusi come ora.

La cultura spesso viaggiava sul tramandarsi la conoscenza da generazione in generazione, per cui talora poteva anche capitare che gli amanuensi della prima ora, orali o manuali, ci mettessero qualcosa del loro.

Per rendersene conto basta analizzare attentamente la Bibbia, vecchia e nuova, dove i fatti fantasmagorici sono preponderanti alla realtà.

L’Iliade e l’Odissea sono zeppe di teofanie e di miracoli, come pure la mitologia antica e i Vangeli.

Noi, oggi, guardandoci indietro col senno di poi, sappiamo interpretare dove la fantasia espresse il possibile e dove la realtà espresse il probabile.

Nei Caratteri Teofrasto ci tramanda la sua arguta conoscenza di alcuni personaggi (30) attuali anche ai nostri giorni: l’importuno, il vanitoso, il fanfarone, il giudizioso, il mugugnone, l’opportunista …

Non si sa, essendo il testo frammentato, se descrisse pure il lussurioso e la peripatetica, cosa che sarebbe assai interessante anche se l’essenza del concetto di peripatetica era allora un po’ diversa dall’attuale.

Noi, infatti, oggi nobilitiamo con una nuova terminologia un po’ tutte le professioni, per cui le puttane le gratifichiamo di un’onorevole astrazione filosofica, forse perché l’istinto sessuale è diventato, più che un concetto filosofico controllato, una scialba attività sociale priva dell’ideale profondo della donazione reciproca nell’amore dell’intimità coniugale, costruito sulla reciprocità. In pratica un trastullo sociale consumistico di cui approfittare finché l’interesse c’è, per poi passarlo ad altri essendo attratti da un similare identico interesse che presenta però sfaccettature nuove.

Un sostanziale usa e getta dove tutto è lecito e permesso.

Molti oggi le enunciano anche con il nome di una gloriosa automobile estera del passato (Escort), forse perché sono utili a … tutti e pronte a far … montare a bordo chiunque lo desideri.

Utili proprio a tutti? Certo, proprio così: alla politica, alla giustizia, all’economia, all’industria, al turismo … e a tutte quelle attività che fanno dell’attrazione sessuale un mezzo per il business più o meno accentuato dall’interesse di qualcuno.

Forse che oggi per reclamizzare un’automobile non si mostrano le prosperose curve nude di qualche attraente e giovane modella o attrice?

Siamo nel paese di Machiavelli, per cui il fine, più che giustificare i mezzi, nobilita … l’azione.

Alcuni le pagano in valuta pesante, altri con monili o gioielli, altri ancora con un prestigioso posto al sole, chi con la notorietà a scapito della dignità e del decoro personale, chi sfruttandole fin che può finché sono utili alla causa.

Poi vi sono quelle che bramano essere le migliori del reame, per cui non badano tanto al sottile, intente a raggiungere l’obbiettivo della popolarità magari facendo sfoggio di … giustizia come i pentiti.

Il mondo è bello perché è vario, per cui basta avere solo fantasia e ci si può sbizzarrire.

La Bibbia condanna l’adulterio (sesso fuori dal matrimonio) in diversi libri: Es. 20,14; Lev. 18,20; 20,10.21; Num. 5,13.31; Deut. 5,18; 22,22; 27,20; Giob. 24,15; Prov. 5,20; 6,32; Sap. 3,16; Eccl. 23,22.

Pur tuttavia ciò non impedì a Davide non solo di fare adulterio con Betsabea, ma pure di essere un omicida (2Sam.11,4.5; 11,15.27); e da questa singolare storia nacque poi Salomone (2Sam. 5,14), il quale, pur essendo il più sapiente degli uomini – ma doveva avere anche un’ottima memoria per ricordarsele tutte -, ebbe ben 700 mogli e 300 concubine (1Re. 11,3).

Insomma: non c’è che dire! Il mondo procede sempre a … senso unico … e ben si capisce come Dio (?) facesse a moltiplicare facilmente il popolo d’Israele.

E seguendo l’illuminato esempio di Salomone e legalizzando la poligamia si eliminerebbe lo scandalo e forse si … incrementerebbe il tasso di natalità.

Pur tuttavia l’adulterio esisterebbe ancora per il semplice fatto che molti uomini non avrebbero non dico 700 mogli, ma neppure una, avendole tutte accaparrate gli altri.

Pure un profeta, Osea, ebbe a che fare con una prostituta (Os. 1,2.3), avendone presa una per moglie per ordine divino.

Nei Vangeli, invece, si trovano 2 citazioni interessanti sulla questione: Gv.4,16.18 e 8,3.11.

Considerato ciò, se si provasse senza ombra di dubbio che Berlusconi è colpevole e se si decidesse di lapidarlo in Parlamento, in base al principio chi è senza peccato scagli la prima pietra, assisteremmo ad una fuga generalizzata a partire dai big politici più importanti fino all’ultimo peones della compagnia, compresi coloro che conclamano continuamente orgogliosi le loro radici e il loro attaccamento ai valori cattolici, pur avendoli tranquillamente bypassati facendo utile ricorso alla sola legge civile.

Le cronache rosa … e non, di questo scorcio di primo millennio, sono abbastanza indicative in proposito.

Il cristianesimo ha nella sua ideologia un’aspirazione profonda: la speranza di poter recuperare sempre la pecorella perduta.

Encomiabile e lodevole azione di per sé, anche se talora ciò si dimostra nella realtà … impossibile.

Lo scandalo spesso è mentalmente costruito e talora anche inconsciamente manipolato.

Quello sessuale, tuttavia, assume significati sociali diversi indipendentemente dalla morale. Perciò crea di norma invidia e di conseguenza anche imitazione.

L’istinto gioca la sua parte e la concezione morale di peccato non inficia il suo continuo persistere nel costume, per il semplice fatto che con il possesso del corpo si pensa di possedere anche la persona.

E tutti vogliono a questo mondo possedere sempre di più.

Dunque: piacere, possesso e potere!

Nella società vi sono dei freni inibitori, identificabili nelle leggi morali e civili, anche se più che repressive sono indicative. Non per nulla il sesso (prostituzione e adulterio) viene comunemente accettato in ambito sociale come probabile, favorito dalla legge economica della domanda e dell’offerta.

Perché è ovvio che se ci sia chi cerca di possedere (comprare), vi è pure chi, accettando, si offra al gioco vendendosi.

La Chiesa svolge il suo compito di guida richiamando i fedeli alla testimonianza coerente del proprio credere e auspicando che chi possa ricoprire cariche pubbliche, specie se elevate, sia d’esempio al popolo nel suo essere integerrimo.

Auspicio di norma ai giorni nostri … deluso e non solo in ambito sessuale.

La Giustizia ha il compito pubblico di perseguire l’abuso, ma nel campo sessuale è spesso tollerante, anche perché se lo si facesse i tribunali esploderebbero.

Perciò si crea da una parte la convinzione che tale abuso/peccato sia inevitabile e dall’altra che ciò sia possibile essendo tollerato.

In pratica lo si persegue solo in presenza di reati ben più gravi o in caso di un’apposita denuncia.

La legge, di per sé, tende a codificare ciò che nella realtà già esiste e che molti praticano, perciò legalizzando, di fatto, un comportamento generalizzato e comune o, senza intervenire, accettandolo come convenzionale.

E ciò avvenne in passato sia per il divorzio che per l’aborto.

Il Cavaliere, oggi al centro di un attacco più o meno giustificato e di una bufera mediatica, non è un santo; e questo è ovvio.

Nell’aldilà, se questo ci sarà, si vedrà se sarà riuscito nell’impresa di superare come il cammello la cruna dell’ago (Mt. 19,23.4).

Nel frattempo sarebbe bene scindere la capacità dirigenziale della cosa pubblica dalla possibile lascivia tra mura private, specie se questa è sbandierata ai 4 venti ancor prima d’essere dimostrata.

Perché ai più paiono artificiosi e costruiti certi attacchi, specie se sono ripetitivi e di ampiezza sempre maggiore, nonostante che i precedenti si siano sgonfiati penalmente come le bolle di sapone.

Le opposizioni cavalcano l’onda dello scandalo, premurandosi non tanto di appurare la verità, quanto di utilizzare a fini politici propri la situazione favorevole onde sovvertire un risultato elettorale.

Pure Clinton fu al centro di un simile polverone mediatico, per lo più strumentalizzato dal puritanesimo americano; ma sull’opinione pubblica non produsse alcun effetto, se non quello di attrarre la morbosità di alcuni, appunto perché un tale comportamento era già usuale nella società americana.

La moglie comprese la debolezza umana e lo perdonò. Questa, invece, pretende mln di €, dimenticando chi fosse e da dove provenisse.

Se la situazione dovesse portare ad elezioni anticipate le opposizioni dovrebbero spiegare agli elettori perché, in presenza di problematiche ben più importanti e complesse, un comportamento oggi usuale nella società sia sufficiente a disarcionare un presidente liberamente eletto e voluto.

Chi lo ha eletto, infatti, è per lo più moderato, perciò tollerante di certi atteggiamenti ormai comuni nella nostra società.

Per cui è probabile che questa battaglia moralista abbia poi un effetto boomerang su chi ora la cavalchi.

La partitocrazia è una degenerazione delle democrazie del Sud Europa, diventando regime nei Paesi arabi mediterranei.

Tende inevitabilmente ad occupare spazi sia al centro che alla periferia, piazzando propri uomini in ogni posto strategico, utili a creare clientelismo ed a produrre consenso elettorale. Perciò è centralista.

Si basa sul virtuosismo del welfare e sul vizio-sismo della spesa pubblica, alimentando l’esplosione del debito sovrano.

La partitocrazia è di norma statalista e basa il suo esistere sulla burocrazia, coesistendo per la suddivisione contrattata del potere. Perciò è contraria al federalismo perché questo implica molto meno potere.

Pochi decenni fa Giovanni Leone fu tradito e abbandonato dal suo stesso partito per un’accusa ipotetica e artefatta, poi rivelatasi falsa; infatti, fu poi riconosciuto estraneo ad ogni accusa.

E benché sull’ipotesi della trascrizione di gobbler (ghiottone, divoratore) in cobbler (ciabattino) si sia costruita l’accusa a suo carico, alcuni affermano che dietro il nome in codice, mai identificato, di Antelope Cobbler vi fosse proprio un big della Dc che avesse interesse a far esplodere il caso perché riteneva necessario tra i partiti un nuovo assetto di suddivisione del potere.

La lotta politica, specie se basata su sole ipotesi, è miope, perché immanente ad un interesse provvisorio di breve termine.

In base a dati ufficiali le inchieste giudiziarie sul Cavaliere sono costate già alle casse erariali 600 mln di , somma che equivale a circa 1.200 mld di vecchie £, cifra spropositata considerando i risultati ottenuti.

Al comune cittadino il fatto che uno sia stato perseguito per ben 28 volte senza essere stato condannato una sola volta può apparire più che sospetto, specie se costui occupa posti di rilievo nello stato.

Perciò che vi sia una ricerca ossessiva della prova, spesso in presenza di una mancata denuncia, può apparire come un’arma politica impropria per disarcionarlo.

E spesso, osservando l’intercalare degli eventi, questo dubbio coglie molti.

Tuttavia i fatti devono essere appurati utilizzando innanzitutto il rispetto dell’intimità delle persone coinvolte e a questo dovrebbe servire la segretazione degli atti; ma ciò non avviene e di norma lo sa prima l’opinione pubblica del diretto interessato.

Ne consegue che la giustizia è manipolata per un uso diverso del giudicare.

In questi giorni – avendo tempo libero per un malessere di stagione - ho provato a leggere notizie relative a questo gossip sui giornali, specialmente sui comunicati relativi agli interrogatori di alcune escort.

Ho notato che molte affermano la regolarità delle cene e che 2 dichiarano il contrario.

Una di queste, già ritenuta inattendibile tempo fa, afferma testualmente che il Presidente faceva sesso con una ragazza diversa ogni 5 minuti.

Il che, considerato l’età e gli acciacchi che ha, mi pare assai irrealistico.

Il maschio italiano gode di una nomea particolare in questo campo; ma se la dichiarazione fosse vera ci troveremmo davanti ad un mito: più che ad un uomo anziano ad un suggestivo robot extraterrestre fantascientifico, che usufruisce di una catena di montaggio tutta sua.

Una mia amica americana, esperta mondiale e cattedratica di sessuologia, potrebbe essere utile ai giudici – e a certe fondamentaliste puritane sedute in Parlamento - per infarinarli su come avvengano certi rapporti, anche perché 5 minuti forse sono sufficienti solo per spogliarsi e per intendersi sul cosa fare.

La febbre forse mi avrà alienato il cervello; ma se queste sono le prove mi pare che i soldi dei contribuenti siano stati sprecati nuovamente per un uso improprio della giustizia, specie se queste notizie siano state realmente fatte trapelare.

La realtà oggi è strumentalizzata specie in politica, seguendo l’abitudine antica di ingigantire o modificare la realtà dei fatti.

Sicché, seguendo l’esempio degli amanuensi antichi, si rende la realtà più credibile (interessante) portandola all’improbabile con la fantasia del possibile.

Con ciò si manipola non solo la giustizia, ma anche l’essenza vera della politica.

Si rischia di non rendere più credibile il lupo a forza di gridarlo sempre più forte, rompendo i timpani e anche la pazienza del comune cittadino.

Spero solo in una Giustizia vera che sappia punire l’eventuale abuso o, in mancanza di ciò, che sappia rendere la giusta dignità a chi, per qualsiasi fine, sia stato infangato.

giovedì 20 gennaio 2011

Le nuove guerre: telematiche

La Storia insegna che ogni 70 anni circa il mondo umano cambia radicalmente il suo modo di pensare, di agire e di operare. E, in base a ciò, pure i costumi, gli ideali e le credenze, le necessità e le priorità.

E ciò che una volta si otteneva con la violenza vera e propria (uso della forza fisica o militare) oggi lo si ottiene in altri modi.

Un analista di norma è sempre materialista. Non nel concetto classico di agnostico, bensì in quello reale che fa uso della logica per sommare avvenimenti e intenzioni in un procedimento strutturale conoscitivo, basato sulla probabilità più che sulla possibilità.

L’escatologia religiosa porta al personalismo individuale. Tuttavia si impernia sul trascendente, perciò sul possibile; difficilmente sul probabile, appunto perché il probabile ha bisogno della “materia”, quindi della realtà contingente.

La probabilità, quindi, ha spesso poco a che fare con la possibilità, tant’è che il “miracolo” (trascendente o esoterico) non è previsto come prova nei tribunali.

Di conseguenza un analista mette in conto, non escludendola, la possibilità, notando però che nella procedura analitica e logica essa diventa infinita nella realtà, quindi ininfluente e irrealistica.

La possibilità è sempre all’ennesima potenza. Si riduce a numero primo reale quando diventa probabilità.

E quando il numero primo diventa 1 la probabilità è realtà!

Riducendo tutto ad un esempio banale poniamo la possibilità che un ottantenne maschio sia ancora sessualmente perfetto.

In via teorica ciò potrebbe essere possibile, perciò anche realistico.

Se analizziamo fisicamente l’ottantenne poniamo, ad esempio, che 10 anni prima costui sia stato operato da un tumore alla prostata, poi che un paio d’anni dopo abbia avuto un intervento al sistema cardiocircolatorio, che sia diabetico, che abbia ipertensione arteriosa e che la vita che conduce, nonostante l’età, sia, per impegni suoi, molto logorante perciò stressante; in conseguenza di ciò, appena costui si fermerà, tenderà ad addormentarsi.

E limitiamoci a queste reali, ma valide, deficienze fisiche, che creano, però, delle conseguenze probabili, quasi automaticamente certe, nel loro succedersi e accavallarsi.

L’analisi dei fatti materiali, perciò contingente, rende la presunta possibilità sessuale una chimera trascendentale.

Quindi il credere (ipotizzare) che l’ottantenne possa avere rapporti ricorrenti come un quarantenne, specie se con continuità e con una pluralità di femmine, rende il pensiero totalmente utopistico nell’ambito biologico dell’uomo. Più che un uomo anziano sarebbe un robot fantascientifico.

Posto ciò come provato dalla scienza medica, perciò reale nella sua materialità, le possibili deduzioni sulle azioni di merito del ruspante e arzillo ottuagenario o si incanalano nella probabilità effettiva, oppure scemano nel ridicolo logico anche e soprattutto a carattere legale.

Eppure certe volte mi imbatto in idioti patentati che affermano che ciò sia possibile, perché ora vi sono i ritrovati miracolosi come il viagra o similari. I quali possono sì dare stimolo, ma non possono sopperire alle invalidazioni precedenti, né rendere il fisico dell’ottuagenario quello di un ventenne.

I nostri avi dicevano: con la lingua e con il dito l’uomo anziano in amor è sempre ardito!

Frase che non ha bisogno di alcuna parafrasi per essere compresa.

Questo esempio casuale pone in essere come la possibilità sia spesso manovrata, da singoli o da gruppi, per ottenere la propria finalità, privandola del probabile e, con ciò, della logicità analitica.

Il pensiero umano dovrebbe svolgersi sempre su binari telematici, perciò su un’analisi attenta e rigorosa di cause ed effetto della realtà, viaggiante su due direzioni parallele, perciò conducenti ad uno stesso identico risultato.

La guerra (in senso sociale lato) vecchio stampo, basata sulla forza dei numeri e dei mezzi messi in campo, coinvolgendo troppi uomini pone una grande quantità di variabili che spesso portano a scambiare la realtà con l’agognata possibilità.

Ciò porta, in assenza di un’analisi logica, a risultati fuorvianti che castigano gli stessi ideatori.

Traslando il concetto alla realtà dei nostri tempi potremmo citare fatti politici, eventi economici e finanziari, oppure vere guerre materiali sul territorio, come quella in Iraq, in Afganistan o, in tempi remoti, in Vietnam.

Robert Strange McNamara, ad esempio, fidando sulla semplice logica della possibilità, ritenne che il dislocare un numero soverchiante di uomini e di mezzi conducesse a sicura vittoria.

Non inserì nella propria analisi logica, visti i risultati avuti, tutte quelle materialità vincolanti che portarono, di fatto, gli U.S.A. alla sconfitta effettiva sul campo.

Similari esempi molto recenti, forieri di risultati negativi, li possiamo trovare in politica, in economia e in finanza.

Spesso mi capita, come ultimamente, di analizzare determinati paragrafi di alcuni noti pensatori, trovando in coloro cha basano tutto il procedimento su dei teoremi trascendenti la stessa degenerazione logica e analitica.

Uno degli errori più frequenti è quello di mettere nel discorso come soggetto logico un vero oggetto, posto il quale è ovvio che l’uomo (soggetto reale operativo) possa diventare un semplice oggetto atto unicamente a veicolare l’azione.

Non più, quindi, attore reale dell’evento – con conseguente merito o demerito, colpa o pena -, ma solo mezzo di congiunzione, in pratica privato dall’operatività cosciente in un processo iniziato non si sa da chi e come, perciò vittima egli stesso dell’evento.

L’uomo subisce l’evento (realtà) anziché padroneggiarlo e controllarlo, diventando un predestinato e nello stesso tempo un oggetto transeunte.

Ciò porta il soggetto ad asserragliarsi in comunità, sfuggendo al proprio dovere d’essere popolo e attorniandosi di steccati atti a difenderlo da infiltrazioni esterne, capaci però anche di estraniarlo dal mondo esterno, quindi dalla realtà.

Ho notato che questo procedimento è spesso ben accolto da tutti quei fideisti professi e conclamati che basano il proprio credere su semplici frasi fatte, perciò che si limitano a prenderle come assodate e inattaccabili, anche se datate da millenni, pur avendo spesso la capacità per agire diversamente e di produrre un vero processo di analisi logica.

Cosa manca a costoro (pensatore e lettore)? Il procedimento logico basato sulla probabilità contingente che scaturisce dall’evolversi del tempo, perciò del modificarsi continuo del pensiero, delle necessità, degli ideali e delle priorità. In pratica delle dimensioni variabili atte a modificare la realtà e con essa il necessario giudizio conoscitivo.

Sono nell’ignavia dell’accettare o produrre un discorso complesso e articolato, incapaci di porsi nel mutuo consenso del confronto costruttivo che, tramite la reciprocità, fa compiere progressi significativi a tutte le parti in causa.

Pur vedendo la realtà è come se il tempo (del sapere) per loro si fosse fermato ad un punto insuperabile prefissato; perciò guardano al totem come se fosse il risolutore di ogni loro problema. La verità viene da quello ed è indiscutibile, sia questa conclamata da millenni o da altri (totem: media, politici, religiosi) a cui si fa riferimento.

Invidia trae le sue radici dal verbo latino invidère, che corrisponde all’italiano guardare di traverso. Di conseguenza la realtà non viene considerata come soggettiva all’uomo, bensì come oggettiva perché non analizzata nel verso giusto, perciò diretto, ma solo ponendosi ad una visuale trasversale.

Viene perciò “invidiata” (invisa), di conseguenza non considerata nel suo valore e aspetto reale.

Il totem innesca l’azione e loro diventano oggetti di semplice congiunzione e di successione fino al risultato finale.

In questa logica il male e il bene diventano soggetti trascendentali (entrambi i lemmi sono virtuali e non materiali/reali), mentre l’uomo un “oggetto” di semplice sviluppo, intersezione e congiunzione dell’evolversi di fatti e di reazioni.

L’individuo della comunità chiusa da steccati, in tale simile processo, assume la percezione di essere privilegiato, perciò di predestinato a depositario dell’unica verità.

La comunità si trasforma così in setta, ponendosi nell’enclave propria del ghetto.

Ciò avviene in politica, in religione e nella società, specie quando i flussi migratori non assumono, per varie cause contingenti (lingua, costumi, valori, ideali e necessità) quella reciprocità rispettosa dell’ambiente civile in cui ci si cala.

Dopo la rivoluzione industriale con vari passaggi siamo giunti alla rivoluzione telematica.

E questa porta seco non tanto la globalizzazione, anche se la favorisce, ma il controllo sistematico veloce di molte funzioni operative che prima necessitavano di molto tempo, di ingenti forze e di grandi risorse umane.

Tutto si adatta alla telematica: l’economia, la finanza, l’industria, la ricerca e anche gli apparati militari e sociali, oltre ai media, ovviamente.

Alware e malware sono oggi mezzi operativi per combattere su un fronte nuovo, virtuale nella posizione, ma reale nel risultato.

La questione iraniana inerente alla produzione di uranio arricchito, per fini forse militari, ha posto in essere una questione importante su come impedire la prosecuzione del progetto già in stato terminale.

Le sanzioni economiche non sono state un deterrente efficace e l’opzione militare sarebbe stata estremamente costosa, oltre che impopolare nella stessa società non potendo essere praticata a costo zero.

L’esperienza irachena e afgana, pur tra loro diverse ma combattute con vecchie modalità, hanno posto e pongono interrogativi pressanti non tanto di liceità e di opportunità, bensì di praticabilità e di convenienza.

Urgeva trovare un’altra via percorribile, atta a dare risultati consistenti.

E questa via nuova di combattere, impensabile solo un paio di decenni fa, trova il suo riscontro nella telematica.

Recentemente si è appreso che specifici attacchi informatici hanno danneggiato i server iraniani che sovrintendono il processo industriale di arricchimento dell’uranio, spostando la realizzazione del processo di almeno 4 anni.

Ciò è stato possibile perché oggi molte funzioni di controllo sono state delegate, per ovvia praticità, all’intelligenza artificiale, perciò ai supercomputer.

E ciò avviene in tutto il mondo.

Senza entrare nei dettagli tecnici è facile osservare che per non essere inutili i supercomputer devono sempre essere in rete, perciò in costante collegamento tra loro; ma la rete è necessariamente globale, perciò planetaria.

Ciò elimina la distanza geografica tra ricercatore e centro di ricerca, tra fornitore e acquirente, tra centro di controllo e produzione, tra progettazione e stabilimento, tra trasformazione e consumatore; ma, altresì, pone in costante collegamento anche soggetti tra loro contrastanti.

Le informazioni corrono in rete e queste possono essere intercettate pur lasciandole libere di compiere il loro percorso.

Se non erro le centrifughe usate dagli iraniani per arricchire l’uranio a fini atomici sono di produzione tedesca, come pure le turbine.

Ovviamente queste sono in commercio e perciò non prodotte solo con la finalità a cui gli iraniani le destinano. Possono essere acquistate tranquillamente per fini industriali disparati.

Per essere programmate e controllate devono tuttavia usufruire del sistema telematico, perciò dell’uso di potenti computer in grado di elaborare in frazioni di secondo anche milioni di operazioni matematiche. Diversamente il loro uso sarebbe problematico e reso quasi vano.

E sfruttando la conoscenza delle “necessità” operative delle centrifughe, facilmente acquisibili in rete dalle informazioni sulle caratteristiche commerciali, si è operato per programmare l’attacco informatico.

Un simile progetto non può essere fatto da un burlone perditempo che per diletto scrive un alware, ma ha bisogno di tanti mezzi tecnici e finanziari, oltre che di molti uomini capaci in grado di lavorare all’unisono nella reciprocità progettuale.

Ovvio, pertanto, che dietro questo attacco non vi sia una sola persona, per quanto capace, ma uno stato o più stati uniti da un intento comune.

Intercettando la comunicazione tra i vari centri operativi iraniani è presumibile che si siano introdotti quegli alware in grado prima di poter nidificare, per espandersi e riprodursi poi nel sistema operativo di gestione del progetto.

Risultato: modifica del sistema di difesa, modifica del sistema di gestione e di controllo e stordimento generale in grado di ritardare di molto la bonifica e la riprogrammazione nuova del sistema produttivo, oltre che di comunicare al sabotatore ogni eventuale nuova intromissione e modifica.

Nella finanza (mercati mobiliari), pur con modalità diverse, questo sistema è stato usato ultimamente per contrastare alcune speculazioni monetarie di attacco a determinate divise e a certi titoli sovrani, sia ritardando l’esecuzione degli ordini telematici istantanei (rendendoli spesso operativamente vani perché poi superati), sia bloccando per un certo tempo i sistemi automatici di acquisto/vendita che intervengono in prefissate situazioni; oppure, semplicemente, impedendo la visione immediata degli indici e dei flussi azionari.

Questi attacchi di guerra moderna telematica con il mio ragionamento iniziale ha un’importante prerogativa in comune, perché il cervello umano e l’intelligenza virtuale operano allo stesso modo.

Perciò basta distrarre l’uomo e la macchina dalla loro priorità esistenziale, che è poi operativa, spostando con un bombardamento mediatico o telematico le loro necessità operative dalle vecchie alle nuove, impedendo loro (uomo e macchina) momentaneamente di ragionare, quindi di analizzare ciò che avviene.

Ed è ciò che la storia, pur priva di telematica, ha realizzato con i cicli temporali di 70 anni, che corrispondono grosso modo alla vita di una persona: si apprendono certi valori e li si tramanda modificandoli in base alla propria esperienza, per tramandarli poi, ulteriormente variati, alle nuove generazioni nella successione dei cicli.

L’attacco telematico al sistema produttivo dell’uranio iraniano si basa sull’esperienza acquisita nello studio, nel secolo scorso, degli inserti subliminali. I quali possono essere usati anche in modo fraudolento per fini politici, commerciali o di business.

Purtroppo i vari Tg nazionali oggi impongono la notizia con una successione declamatoria rapida atta a stordire l’ascoltatore, privato, nel rapidissimo udire in successione, della possibilità di ragionare e di confrontare, perciò di effettuare la reciprocità tra percepito e pensato.

Il consumismo non a caso ha avuto come mezzo dirompente i media, proprio perché poté penetrare simultaneamente nella massa.

La fiducia non deve mai essere cieca, bensì data sempre ad occhi aperti. Diversamente porta a risultati nefasti o di sudditanza.

Ciò vale tra coniugi, perché l’attenzione all’operare effettivo dell’altro serve a migliorare il rapporto nella reciprocità costruttiva dell’essere coppia; vale anche in religione, perché diversamente si diventa comunità ristretta e setta che si rinchiude nelle proprie convinzioni trascendentali, rendendo il proprio intendere un puro relativismo ideologico ed etico. Vale anche in economia e nella società, perché la proclamazione del diritto acquisito tende ad asservire gli altri a sé stessi; come vale pure in politica quando, come spesso avviene, la realtà non viene analizzata nella probabilità analogica della reciprocità, bensì manipolata nella sola possibilità dell’utilità che può produrre.

L’uomo d’oggi ha bisogno di un sistema inattaccabile di difesa per non essere schiavizzato anche ideologicamente e politicamente; proprio come i computer per non essere infettati e prostrati a finalità diverse.

E questo sistema è il potersi concedere il tempo necessario per analizzare e comprendere ciò che ci viene quasi instillato con il bombardamento mediatico.

La reciprocità non può fare a meno del mutuo consenso; e senza di questo non si costruisce nella pace, ma si distrugge solo nella guerra, appunto perché i vari lemmi usati non vengono percepiti con lo stesso significato e finalità.

sabato 15 gennaio 2011

L'anno degli animali alpini.

Il lettore che mi segue da tempo avrà notato che vi è un’apposita locandina dedicata al mese corrente, accompagnata da una fotografia (da me sempre eseguita – di recente o in passato -) con una breve didascalia.

Nei primi tempi vi sono stati i fiori alpini e lo scorso anno le croci montane e i crocifissi lignei.

Alcuni mi hanno invitato a mettere soggetti di paesaggi alpini, ma per quest’anno ho pensato di agire diversamente: gli animali alpini!

Fotografare un animale è molto più complesso che ritrarre un fiore o un paesaggio alpino.

Molti animali non si lasciano avvicinare e per fotografarli, anche facendo apposito uso di zoom o di teleobiettivo, bisogna spesso appostarsi ed attendere che compaiano e si … mettano in posa.

Il che non è agevole, specie se si è in pieno inverno. In quota, come molti sapranno, le temperature sono rigide e, di norma, ogni circa 150 m di dislivello la temperatura cala di 2° in condizioni atmosferiche normali, raggiungendo anche temperature polari in presenza di wind chill.

Certi animali sono tuttavia abitudinari e una volta individuato il loro habitat è facile con un appostamento ritrarli.

In altri ci si imbatte casualmente, per cui bisogna essere pronti; altri ancora sono più socievoli, come ad esempio gli stambecchi nel parco del Gran Paradiso, capaci di assumere dalle mani dell’alpinista il cracker di cui percepiscono, a distanza, la presenza per il sale che contiene.

Gli animali sono una parte integrante dell’ecologia alpina, perciò di quel sistema naturale che colonizza il regno minerale con il regno animale.

Servono anche a colonizzare le alture, perciò a mantenere un certo equilibrio vegetativo, specie ora che la pastorizia ha ridotto notevolmente l’alpeggio lasciando sguarnito il territorio.

Il 2011 per i cinesi è l’anno del coniglio.

In ossequio a ciò inizierò con la lepre questa nuova parentesi fotografica su questo mio blog.

domenica 9 gennaio 2011

Un "No!" motivato a Mirafiori.

Il referendum del 13 e 14 gennaio sul futuro dello stabilimento di Mirafiori segue, secondo la tattica Marchionne, il cliché già visto a Pomigliano dopo la rinuncia Fiat a Termini Imerese.

Nel frattempo in casa Fiat è avvenuto lo Spin-Off; e tutto ciò, unitamente alle nuove società create per gestire singoli stabilimenti, pone inquietanti scenari futuri sia di produttività che di lungimirante progetto industriale.

L’operazione ideata per lo Spin-Off ha un costo eccessivo, preludio, quindi, a necessarie cessioni.

È costata ben 4 mld di € in prestiti, che dovranno essere resi, perciò cedendo o titoli (proprietà azionaria) oppure assets appetibili, secondo il teorema assets are economic resources.

La riduzione del patrimonio netto Fiat fu, dallo stesso management, allora calcolata esattamente in 3.750.346.053 .

Voci ricorrenti trapelano sulla possibile vendita di singoli assets, corrispondenti ad altrettanti marchi.

L’operazione di intercompany financing, pertanto, non è finita; o, per dirla tutta, è solo cominciata.

Pertanto che la Fiom (Landini) ne abbia coscienza o meno, per il management Fiat è indifferente.

Il gregge Agnelli non esiste più: esiste solo un fondo di investimento che raggruppa le innumerevoli partecipazioni frantumate nelle divisioni dinastiche. E, come tutti i fondi, più che ad un vero progetto industriale si fa molta attenzione alla sola redditività annuale, perciò seguendo le tendenze di mercato che oggi indicano che la produzione manifatturiera è redditualmente carente.

Conviene puntare economicamente su altri settori, tecnica abituale della finanza globalizzata.

L’era Marchionne, favorita a suo tempo dalla partecipazione GM, ha già impoverito tutto il sistema strutturale dell’indotto. In pratica si è distrutto il distretto industriale italiano che ruotava su Fiat.

In compenso il vero padrone Fiat è l’A.D. attuale, che, in base al contratto sui risultati conseguiti, otterrà notevoli introiti o, se si preferisce, plusvalenza patrimoniale quantificabile in mln di azioni possedute per diversi anni ancora.

Forse non solo casualmente la nuova società nata a Pomigliano lo indica come socio di riferimento; e ciò è probabile che avvenga anche a Mirafiori se il “” passerà.

Ho analizzato diversi aspetti del manager da simbiologo e posso affermare che il soggetto non mi piace, soprattutto raffrontandolo alla mia cultura personale e all’etica cattolica.

Sottolineo comunque che ciò che può essere lecitamente corretto nell’economia attuale può non essere altrettanto tale se visto in un’etica cristiana.

Ognuno, infatti, vede la società in base ai propri convincimenti e in base a ciò si comporta.

Che sta avvenendo in casa Fiat da tempo oltre allo Spin-Off di Fiat Industrial?

La mia convinzione da analista è che si stia svuotando di contenuto industriale la scatola madre Fiat, riempiendola di tante scatole cinesi per cederle poi comodamente e senza alcun impiccio burocratico. E in quest’ottica va vista anche la fuoruscita delle nuove società, sorte da questo continuo scorporo, da Confindustria.

Perciò: nuove regole operative e sindacali, nuovi assets, libertà totale di azione senza condizionamenti e vincoli contrattuali federativi o nazionali.

Cedere Fiat in blocco sarebbe improbo perché dovrebbe forzare anche buona parte della politica; ma cederla a pezzi non crea eccessivi problemi, anche perché la politica industriale e finanziaria del management viene, di fatto, svincolata dalle decisioni dell’assemblea azionaria.

Per cedere Fiat ho bisogno dell’approvazione dell’assemblea dei soci azionisti. Però se Fiat è titolare unica (o di riferimento) di tante società contenute in tante scatole cinesi, allora per cedere una di queste scatole la decisione non spetta più agli azionisti, ma solo ai nuovi soci della scatola interessata alla transazione.

L’azionista Fiat, infatti, solo indirettamente è partecipe degli utili o perdite conseguite dalle scatole cinesi.

L’attuale politica sindacale innescata da Marchionne è chiara e si basa su un caposaldo del capitalismo globalizzato: per reggere sul mercato bisogna essere remunerativi, perché diversamente non si è in grado di attrarre nuovi capitali utili all’investimento.

Perciò più che non sbagliare investimento (che ha bisogno di tempo per essere giudicato) bisogna ridurre di molto i costi. Ed oggi il costo è di due tipologie: quello relativo alle materie prime, poco condizionabili su scala planetaria, e quello della manodopera che spesso è superiore a quello delle materie prime.

La manodopera, specie là dove è regolata da contratti nazionali, lascia poco spazio ad una sostanziale riduzione, anche elevando notevolmente la produttività. Tuttavia ciò che non è possibile ottenere attraverso una nuova concertazione sociale, se non in tempi lunghi, è possibilissimo creando nuove società poste fuori dalle regole (contratti) pattuite.

Pomigliano fu emblematico in tal senso: nuova società, nuove regole, nuove assunzioni (di chi sottostà). In pratica nuovo schiavismo globalizzato se si vuole lavorare per vivere.

A contraltare: nessuna sicurezza che l’esperimento industriale vada a buon fine a medio/lungo termine e dirompente instabilità sociale.

Proprio quello a cui punta l’attuale management Fiat se passerà (o no) questa linea anche a Mirafiori: una conflittualità esasperata in grado di poter far dire alla dirigenza che il produrre in Italia non è né possibile, né economicamente valido.

Per ora la politica di Marchionne, salvo il tardivo e benevolo auspicio di Napolitano, non ha avuto molti ostacoli.

In compenso è riuscita a frantumare il debole fronte sindacale anche in casa Cgil, con visioni operative e strategiche diverse tra Camusso e Landini.

La politica della Sx italiana segue la stessa linea, considerato che buona parte della sx oggi ondeggia confusamente su un moderatismo modernista nel tentativo di crearsi una nuova possibile identità progressista con le deboli e ignave forze del centro.

Cofferati, nell’era della disfatta elettorale, a seguito della sconfitta subita dal centrosinistra con Rutelli, riuscì nell’impresa di porsi quale unico ed ultimo baluardo allo strapotere della Dx, radicalizzando la lotta in difesa dei diritti acquisiti.

Landini, forse inconsapevolmente, tenta oggi la stessa strada: strada maggiormente impervia per la grave crisi finanziaria internazionale.

Ovviamente non voterò per Mirafiori non essendone parte in causa.

Tuttavia, se lo dovessi fare voterei “No!”; ma non per le ragioni che Fiom e Landini perseguono. Come avrei votato “No!” anche a Pomigliano.

I diritti acquisiti con anni di lotte dagli operai mi stanno a cuore; ma ciò che più mi porta ad essere contrario alla nuova politica della dirigenza Fiat è l’assoluta nebulosità e inconsistenza di un vero progetto industriale, sempre solo abbozzato e mai, nella realtà, definito.

Un progetto industriale vago e poco credibile, specie se rapportato all’investimento prospettato (1 mld) contro quello messo in campo per lo Spin-Off (4 mld).

Inquietanti interrogativi pone lo scorporo Fiat con la creazione di nuove società fuori da una sana logica sociale basata sul rispetto degli accordi sottoscritti, specie quando i costi lascino libero il capitale di vagare indisturbato, scaricando solo i sacrifici sul peggioramento delle condizioni dei lavoratori.

Un vero progetto industriale ritengo si debba radicare sul territorio, divenendo persona giuridica a tutti gli effetti per potenziare stabilmente il tessuto economico e sociale.

Investimenti condizionati, come quello di Pomigliano e prospettato ora per Mirafiori, paiono inadeguati a rilanciare la produzione, specie se rapportati ai benefit che il management consegue contro l’insicurezza del personale (maestranze) su un futuro migliore.

Il capitale umano non solo viene disconosciuto, bensì immolato all’altare del capitalismo d’assalto.

Ben si comprende, perciò, che Fiat dopo essersi sollevata grazie anche agli incentivi statali sulla rottamazione, ora perda una buona percentuale di mercato in ambito Ue, intenta più a conseguire utili provvisori che a rafforzarsi strutturalmente con un vero progetto industriale.

La borsa ha ben accolto per ora lo Spin-Off, anche perché la speculazione aveva progressivamente spinto all’insù il titolo nonostante i cattivi risultati commerciali e ignorando, di fatto, i dati macroeconomici.

Una quotazione positiva, comunque, non è indice di salute, perciò di sano investimento, specie se viene attratta dalla possibilità futura (comunque onerosa) di poter raggiungere il fatidico 51% in Chrysler.

Se la politica di Marchionne avrà esito positivo è probabile che ciò che ora avviene in Italia si trasferisca poi negli U.S.A.; ma ciò che sarà maggiormente grave è che in questa partita a scacchi vi sarà un solo beneficiario: non gli operai, non gli stati interessati, non gli azionisti, non la società, ma solo l’A.D. attuale che sarà diventato il deus ex machina (π μηχανς θεός) della situazione, oltre, ovviamente, del suo imponente capitale acquisito.

La Chiesa, pur raccomandando moderazione, sembra estraniarsi da questo duro scontro in atto tra il capitalismo d’assalto e la classe operaia.

Il ricordo della storia mi porta ad Angelo Roncalli, che giovane segretario del suo vescovo si schierò a fianco degli operai in tempi molti più complessi degli attuali. E si schierò per ottenere quelle allora tenui garanzie che ora si vorrebbero abolire.

Al di là di una possibile concertazione sociale il progetto Fiat è inadeguato ai tempi e alla crisi attuale, perché procede con una tempistica e un’arcaica strategia già da tempo socialmente superata.

Ciò che Marchionne non è in grado di ideare è un modo nuovo di fare capitale ed impresa, perciò di mettere le proprie capacità umane e il capitale al servizio della società e delle nazioni in cui intende operare.

Probabilmente vincerà il suo personale braccio di ferro per Mirafiori, come già avvenne a Pomigliano.

I problemi produttivi tuttavia non verranno risolti, ma solo spostati in avanti facendoli incancrenire maggiormente.

E una volta diventati tali è ovvio che il ritirarsi dall’Italia avrà la scusa buona: quella della mancanza di redditività e di poter fare impresa.