giovedì 25 dicembre 2014

Anche un superuomo può morire.


Pensiero anomalo di Natale
 
Anche un superuomo può morire.

Anni fa iniziai uno dei primi post natalizi con la prima parte del Vangelo di Giovanni: (1, 1-2)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio; e il verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio.
Ora aggiungo anche (Gv 1, 3-5):
Tutto fu fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto di quanto esiste. In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini.
E la luce risplende tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno ricevuta.
Il mio meditare attuale, tuttavia, non vuol essere a carattere filosofico/teologico, ma solo a livello sociologico personale.
Mi perdoni, il lettore, se a queste parole darò in certi passaggi una forzatura discorsiva.
 
Le vicissitudini personali di questi ultimi 2 anni non solo mi hanno portato a ritoccare notevolmente il mio ritmo di vita, ma a modificarne anche lo stile.
Già da oltre 3 lustri avevo gradualmente ridotto l’impegno operativo, sia nel lavoro che nello sport. L’età avanza per tutti e ciò può essere considerato un comune fatto naturale.
Il materializzarsi all’improvviso d’una malattia perniciosa ha fatto il resto: ha cambiato buona parte del mio modo di essere e di vivere.
Devo dire, tuttavia, che ciò non mi ha arrecato alcun trauma e vivo tuttora con grande serenità e tranquillità.
Perché - come dissi in risposta ad un amico prelato che mi chiedeva cosa avessi pensato e provato quando mi dissero per la prima volta “carcinoma maligno” – considero il tutto “un bel braccio di ferro tra Dio e me, giacché nessuno, neppure Lui, è in grado di condizionarmi a livello mentale”.
 
Personalmente ho vissuto come attore alcuni importanti passaggi della storia del secolo scorso. Ciò sempre in modo estremamente riservato e personale, sia nella cultura sia nel lavoro.
Sicché, leggendo poi i relativi resoconti dei media, sapendo e avendo vissuto la Verità (Verbo), con molto divertimento annotavo quanto la realtà (luce) di un evento fosse molto diversa - spesso addirittura contrapposta - all’essenza nella percezione (tenebre) dello stesso e del suo svolgersi. (E la luce risplende tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno ricevuta).
Molti mi hanno additato e considerato come un superuomo, anche se come tale non mi sono mai interiormente riconosciuto. Tuttavia, se qualcuno scrisse “colui che sempre parte dal punto in cui tutti gli altri si fermano arresi”, ciò significa che una certa difformità dell’individualità personale, rispetto alla molteplicità, probabilmente esista. Ciò, necessariamente, non implica la superiorità; ma solo la diversità.
Pure mia moglie spesso mi ritiene (accusa) d’essere un superuomo, forse perché la diversità dell’eccellenza fa comodo nel bisogno e dà molta noia nella normalità. Tanto è vero che in passato, quando mi capitò per motivi di lavoro di incrociare alte personalità istituzionali o ecclesiastiche, ho sempre squadrato tutti non nella superiorità, bensì nella parità d’essere comunque una persona come qualsiasi altra (perciò pure come loro), rifuggendo da ogni protocollo o deferenza dovuta a soggezione.
Non ho mai sofferto di solitudine e nell’autarchia personale potrei starmene decenni da solo senza alcun problema. Chi si sente solo è perché innanzitutto è solo interiormente in sé stesso, bisognoso del supporto o della stampella altrui.
 
La malattia non mi ha costretto, ma mi ha indicato una vita diversa, sempre nel piacere del vivere. Una vita che non ha progetti specifici né impegni da espletare, ma che si basa solo sull’estemporaneità del piacere dell’impegno personale in base alle possibilità del momento. Un impegno fatto delle piccole cose essenziali di tutti i giorni, senza l’aggiunta di alcun fronzolo o velleità superflua, dai quali, tra l’altro, ho sempre rifuggito.
 
Molti, specie ecclesiastici, si sono chiesti se sia un credente o no. A tutti non ho mai dato una risposta, lasciando ognuno nel dubbio della propria percezione. Nel mio intimo so cosa sono; e ciò basta e avanza, sia per Dio che per gli uomini.
Il Verbo era presso Dio; il Verbo era Dio.
Il verbo, in effetti, è la sapienza, quella capacità di fare e di agire pur nella possibilità di poter anche sbagliare. Non per nulla la teosofia si differenzia dalla teologia, perché se la prima è la scienza dell’agire, perciò pure del pensare, la seconda è l’astrazione assoluta del pensare, tanto d’essere stata definita da Kant la più inutile delle scienze.
La teologia è un ramo della filosofia. Ciò non significa che un teologo debba essere necessariamente un filosofo. Infatti tra i teologi è difficile trovare dei filosofi, mentre tra i filosofi vi sono anche dei teologi.
La differenza dove sta? Nel fatto che producendo un corretto ragionamento si può arrivare alla teologia, mentre se si parte da un postulato si crea solo un procedimento trascendentale che spesso è arruffato e privo di un reale consistenza dialettica. Da ciò trae origine la specifica definizione di Kant, poco fa citata.
 
Concludendo:
 
la filosofia parte dall’empirismo; la teologia fine a sé stessa dall’astrazione escatologica del pensiero.  La teosofia è la fusione tra la filosofia e la teologia. Il suo naturale divenire.
Il concetto di Dio è l’essenza della teosofia. La conclamazione di Dio è l’arroganza della teologia. Hanno procedimenti dialettici completamente opposti.
Proprio come l’essere per l’uomo è ciò che è, mentre l’apparire è ciò che vorrebbe (senza alcun merito) essere considerato.
Pure morire ha un senso nella vita. Non quello dell’annientamento del proprio essere persona che cessa di vivere, ma come naturale evoluzione della materia e, per il credente, pure dello spirito.
Gli uomini – e pure i superuomini (da non confondere con gli eroi e i martiri) – sono soggetti alla morte.
Considero che ogni giorno muoia una parte di me, sia per il naturale ricambio neuronico, sia perché la propria concezione ha un’evoluzione che può essere positiva o negativa. È importante che l’evoluzione sia condivisa e non subita. Per non essere subita ha bisogno dell’amore personale del vivere.
Morire è anche nascere: il passare da uno stato a un altro.
Pure il concetto di vita è un’astrazione della dialettica, perciò anche della filosofia. Infatti lo dividiamo in 3 stadi: minerale, animale, vegetale. Pure l’uomo morto, al di là della fede, ha una vita evolutiva: quella minerale.
 
Buon Natale a tutti!