giovedì 27 novembre 2008

Grazie! Sono stanco di ascoltare!

L’amico Giuseppe nel suo ultimo blog (http://giuseppesbardella.blogspot.com/2008/11/dialogo-interreligioso-impossibile.html) sembra chiedere il mio aiuto con la sua postilla dedicatami.

Dopo essermi burlato di lui con un commento, cerco di esaudire la sua richiesta con questo articolo pubblico, dato in risposta ad un altro articolo pubblico, nel quale ero stato erroneamente e involontariamente coinvolto.

Come si vede è assai datato.

Per essere esauriente ho voluto lasciare pure le note (identificatrici) che avevo allora inserito per gli amici.

Credo che sia sintomatico di come quella, che Giuseppe chiama la Gerarchia, vada spesso involontariamente e in buona fede fuori percorso, avendo smarrito il legame con la realtà.

Ovviamente non è inerente al contenuto da lui trattato; lo è, tuttavia, nella modalità esecutiva.

Sono passati molti anni da quell’articolo; tuttavia chi ha la memoria buona ne può trarre le dovute conclusioni.

Il Prete, ovviamente, non era uno qualunque.

Ho lasciato i layout dell’articolo originale.

Buona lettura a … tutti!

Risposta all'articolo pubblicato il 06-05-96 dal titolo

«Basta parole, la predica non c'è più»

«Grazie! Sono stanco di ascoltare!»

Caro Un Prete, la tua lettera anonima, se ne volessi fare un'analisi, la definirei una bella, emblema­tica, provocante e concisa Omelia di sociologia settoriale moderna.

Ma non è per questo che ti voglio rispondere: come uomo, come cittadino e come fedele.

E neppure voglio entrare nei meriti dei tuoi problemi accennati, ma esporti la mia - o quella di molti altri - problematica contraria.

Sono stanco di ascoltare! Sarà perché sono un pessimo fedele; sarà perché, forse, sono la canna sbattuta dal vento; sarà, infine, perché, ovunque mi giri e ascolti, sono frastornato nelle mie idee e convinzioni da continui valzer concettuali. Voglio essere libero di credere, di agire, di decidere, di vivere con sicurezza, con decoro, con decenza e, se mi è permesso, ... anche con Carità, là dove il voglio è la corretta coerenza etica culturale: Voglio la libertà di dissociarmi cristianamente!

E' vero: siamo due poveri diavoli! Ma poi scopro che diavolo[1] è divisione, mentre nella Chiesa non vi può essere divisione ma unità. Potenza delle parole e sublimità della cultura!

Ma giacché sono anche la canna sbattuta dal vento, posso benissimo essere anche un povero diavolo, radi­cato solidamente al suolo della terra (= delle problematiche inerenti il vivere quotidiano) e costretto ad inchi­narsi al vento delle parole: tu devi... , tu devi... , tu devi; sarà poco cristiano, ma è comunque sempre un modo di essere uomo. E non mi importa se uno pensa di contare molto, o poco, anche se posso essere un cristiano della tradizione, un liofilizzato[2], o, magari, anche uno scritianizzato.

Nessuno mi dice mai: così devi. Pensi che bello: ascoltando le omelie del maestro(?) risolverei le mie pro­blematiche quo­tidiane.

Voglio essere sincero: prego poco, nonostante i continui inviti, anche perché la miglior preghiera è per me l'azione. Non ne sento molto lo stimolo, specialmente se la giornata devo passarla a risolvere i problemi di operaio o di impiegato in azienda, o, come titolare o dirigente, cercare di mandare avanti una ditta, grande o piccola che sia. E ciò non per nuotare nel benessere, ma per vivere con decoro e decenza e provvedere, grazie al mio lavoro, anche alla carità. E così, al ritorno a casa mi sento stanco, talora spossato, incapace, anche volendo, di trovare le energie per partecipare alle innumerevoli conferenze della parola del cristiano praticante, nel tentativo concreto di gestire quelle poche forze rimaste per gli immancabili problemi familiari che ogni giorno sorgo­no in una famiglia e che mi coinvolgono come educatore.

E se poi mi sento dire nell'omelia che sono egoista, sia dal pulpito materiale che dalla televisione, allora faccio la canna sbattuta dal vento: voto come voglio, decido come voglio, mi gestisco come voglio, ma molto di più ... mi tappo le orecchie come voglio. In compenso non ho paura né di soffrire, né di sbagliare, né di morire, né di dannarmi.

E già: voto come voglio. Sempre, sin da quando ero piccino, mi son sentito dire il tu devi idealista, ma aven­do memoria lunga ricordo anche che, un tempo, votare in un determinato modo equivaleva a mezza scomu­nica; ed anche, ricordo, che per decenni i cittadini sono stati invitati a votare per un determinato gruppo, il cui risultato civile e penale è oggi sotto gli occhi di tutti.

Similmente, un giorno, apprendo che Tizio[3], giocando con il database del suo PC, vuole scoprire quante volte Caio[4] ha usato la parola solidarietà, rendendo pubblico l'encomiabile risultato di si scientifica ricerca.

Anche tu, caro Un Prete, affermi "...predicano sopratutto solidarietà e la gente rivendica sopratutto dirit­ti...". Non vuole essere un rimprovero, ma i diritti non sono insindacabili doni della Divina Provvidenza, ma la base ineludibile di un vivere civile senza i quali una società è, e rimane, uno stato barbaro e incivile.

Ma, a meno che si parli ancora dell'irascibile Dio Canaanita del Pentateuco (a proposito: che bella saga dei tempi passati - dove adorami, prostrati, sacrificami, ubbidiscimi, ti stermino, ti castigo, devi fare questo, non devi fare quello, devi mangiare questo e non quello, devi andare in guerra, devi tornare per 38 anni nel deserto, ... e via dicendo, era forse a quei tempi un grande modo per essere Santi sterminando material­mente e integralmente i popoli di Og e di Esebon, gli Amaleciti, i Cananei, gli Etei, gli Evei, i Ferezei, i Gergesei, gli Amorrei e i Gabusei, ma sinonimo di barbara convivenza civile e di inesistente solidarietà -) ritengo che Tizio occuperebbe assai più cattolicamente il suo tempo di giochi scoprendo quante volte Cri­sto nei Vangeli parli di Solidarietà, e quante altre invece parli di Carità: il risultato sarebbe molto, molto inte­ressante.

E se poi Sempronio[5] mi propone, per vivere cristianamente, la filosofia della Progettualità, ma trovo che questa non è altro che la stessa filosofia civile che ha portato al consociativismo - con i danni civili annessi e connessi - e la stessa che ha riunito sotto la sua bandiera forze disparate laiche che hanno voluto e portato al successo elettorale il divorzio e l'aborto - per rimanere lontani nel tempo -, ecco che, allora, sono maggior­mente colto dai dubbi, anziché essere illuminato, sulla risoluzione del mio vivere da cittadino e da cristiano.

Se poi scopro che fino a pochi mesi fa essere federalisti equivaleva ad essere egoisti[6], mentre ora ciò sembra la panacea risolutiva di tutti i mali (non ho ben capito se civili o religiosi; mi si permetta, data la mia igno­ranza, di capire la distinzione tra politica e religione), allora ecco che sono maggiormente stanco di ascol­tare.

Tra uno dei libri biblici sapienzali ben starebbe questa frase di Habsburg: “La storia è piena di collusioni tra reli­gione e politica, sin dai tempi in cui Giove si divertiva a fare le corna a Giunone.(nota integrale dell'autore - Giove dirigeva gli dei, Giunone curava la casa degli dei; il politico dirige il popolo, il popolo con il la­voro mantiene in piedi lo stato; il clero conduce e gestisce la Chiesa, il credente forma e sostiene econo­mica­mente la Chiesa.)”.

E' vero: fare il prete oggi non è facile; ma, mi si permetta: neppure fare il fedele. Certo è che se il Pastore (non il semplice prete; "P" maiuscola) rimane, nel suo integralistico contare molto[7], lontano dalle esigenze e necessità del gregge, mentre le pecore si evol­vono rapidamente, ecco che allora può risultare che uno faccia i cavoli suoi o che tutti hanno votato Bossi (non esageriamo! - per questo c'è già lui!).

Eppure, caro Un Prete, sarò pure una canna sbattuta dal vento, nell'al di là certamente sarò un dannato e, sicuramente, molti pastori saranno Santi; ma una cosa è sicura: Sono stanco di ascol­tare!

Certo che se è vero che gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi, nell'al di là, noi, poveri diavoli, ne vedremo delle belle e, perché no, forse incontreremo tra i Santi anche un Arnaldo, un Galileo, un Savonarola... .

Ma, caro Un Prete, piccolo ed indifeso soldatino nero di un esercito in continuo aggiornamento parolaio, non lo dica ad alta voce: potrebbe essere fucilato, seduta stante.

Un fedele - Sam Cardell



[1] - Mons. Tettamanti, arciv. Di Genova, in intervista pubblica seguente il consiglio pastorale CEI “ … qua non vi è un diavolo perché diavolo è sinonimo di divisione. E nella Chiesa non vi è divisione, ma unicamente Unità!”

[2] - Giovanni Paolo II durante l’omelia durante la visita pastorale a Como. “ … Qua (al nord e specialmente a Como) il cristianesimo sta perdendo le sue caratteristiche peculiari. La maggioranza dei fedeli non condivide più gli ideali e le direttive ecclesiali. Il benessere crea fedeli liofilizzati e scristianizzati.”

[3] - Card. Carlo Maria Martini

[4] - Giovanni Paolo II

[5] - Card. Camillo Ruini al convegno di Palermo

[6] - Card. Camillo Ruini in pubbliche interviste

[7] - Giovanni Paolo II, a Como, in merito al fedele che deve recepire diligentemente le direttive episcopali e pontificali, poiché i vertici della Chiesa “contano molto” essendo pastori insigniti da Cristo tramite lo Spirito Paraclito.

1 commento: