mercoledì 25 dicembre 2013

Natale 2013.

                       

Natal, che con vagito e gioioso dolor accogli la vita,
che al risveglio mi doni la gioia di nascere ancora
al dì, buio e piovoso che incombe sul grigio lago,
tra le nebbie che sui ripidi colli persiston  noiose.

L’augurio nasce, sincero e silente, nell’animo mio,
e corre nel mondo a color che l’accolgon festanti.
L’augurio è un  Santo Natale vivente e perenne,
splendido giorno che dura solenne tutta una vita.

Lucente cometa ci guida tra grandi gioie e dolori,
nascendo dal sogno notturno che gestisce la vita;
ci infonde sempre il vigore per procedere oltre,
oltre ogni punto raggiunto di amori e valori.

Sulla Cascina la neve cade lieve, silente e leggera,
e  imbianca il tempo che non  ha senso di scorrer.
La vita procede come un  fiocco di neve che cade,
fin che si ferma tra miliardi di altri fiocchi di neve.



mercoledì 18 dicembre 2013

La costituzionalità incostituzionale.


Pur non entrando nel merito della sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum, mi pare ovvio ricordare che quando una Corte dichiara incostituzionale una legge dopo ben 8 anni dalla sua promulgazione, questa sentenza sia già di per sé … incostituzionale. Nel frattempo vi sono state ben 3 competizioni elettorali politiche.
Qualcuno potrebbe obbiettarmi che la Corte ha preso in mano la legge perché alcuni han fatto ricorso contro di questa. Sicché se ne deduce – secondo logica e non secondo diritto – che la stessa legge sarebbe rimasta costituzionale se nessuno avesse sollevato ricorso.
I sindaci vengono eletti grosso modo con una medesima legge; però, non essendo stato sollevato nessuno ricorso, tutto procede ancora perfettamente in modo “costituzionale”.

La giustizia italiana si sa come sia disastrata, nonostante i lauti compensi percepiti dei giudici. Ne consegue che pure quella della Corte Costituzionale non faccia eccezione al malvezzo dei ritardi operativi.
Quando una legge viene approvata, con  la firma del Capo dello Stato diventa operativa.
Anche se non immediatamente ma in un lasso di tempo ragionevole, dovrebbe vigere la regola che la Corte la dovrebbe analizzare per stabilirne la costituzionalità, in modo che non vi possano essere disfunzioni in futuro. E 8 anni non sono un lasso di tempo … ragionevole!
Decadendo il Porcellum è ovvio che si creino dei problemi giurisdizionali particolari.
Nel nostro caso attuale: la legittimità dei parlamentari eletti odierni (e passati) e tutti i loro atti istituzionali, compresa, ovviamente, la legittimità istituzionale di maggioranze, Governi, Capo dello Stato e di tutto ciò che da loro derivi o sia derivato.
Perché se ciò che da tempo è consuetudine d’uso – quindi pure il Porcellum – fosse indice di legalità e quindi di costituzionalità, allora già per questa regola la sentenza della Corte sarebbe … incostituzionale.

I Forconi dilagano in Italia, anche se non sono una marea. Bastano per bloccare strade, trasporti e ferrovie.
Poco prima di loro gli  agricoltori avevano invaso il Brennero e a loro s’era subito unito un Ministro.
Gli studenti alla Sapienza non gradiscono 4 ministri e li  contestano, costringendoli ad asserragliarsi nell’Aula magna protetti dalla Polizia.
In molte città gli stessi studenti si schierano con i Forconi e contestano non solo questa dirigenza politica, ma soprattutto il Governo. Il loro intento è mandarlo a casa.
I sindacati, notoriamente favorevoli e acquiescenti con i governi di Sx, tornano unitariamente in piazza e in sciopero, proprio mentre il Pd perde tutta la sua connotazione ex-comunista con Renzi alla segreteria.
I trasporti pubblici vanno in sciopero, paralizzando il traffico, specie a Torino, dove memori dei disastri sul trasporto pubblico del novello “taumaturgo” Renzi a Firenze, di privatizzazione non ne vogliono proprio sentir parlare.
Questi sono fatti che indicano un grave dissenso e disagio sociale.
Dissenso e disagio che nelle piazze può essere cavalcato da qualche partito, ma che è estraneo ai partiti stessi.
È la società civile, specie quella maggiormente provata e prostrata dalla crisi, che scende in piazza e chiede
una sostanziale inversione di marcia in tutto. Inversione che nessun partito è in grado oggi di recepire e incarnare.

I partiti, specie quelli all’opposizione, tendono a cavalcare la protesta. Altri a stringere alleanze transnazionali con partiti similari o che si battono contro l’Ue e l’, capeggiati da Marine Le Pen. Ciò in vista delle prossime elezioni comunitarie del maggio p.v.
Difronte a questo marasma sociale di costituzionale e di costituzionalità rimane ben poco, sia perché la classe politica ha portato l’Italia e i Paesi mediterranei alla disoccupazione e alla povertà, sia perché ha prodotto la crisi a iniziare dagli anni ’90, senza non solo prevederla, ma pure fronteggiarla e risolverla.
Nulla di fenomenale se, nonostante gli ottimistici proclami ufficiali, il popolo tenda a rumoreggiare sempre più convinto (e arrabbiato), e Letta, col suo Governo, a temere che una deriva protestataria possa innescare una situazione esplosiva.
Quando ciò avviene si sa come si comincia, mai come si finirà. Con tanti saluti sia al costituzionale che alla costituzionalità.

La sentenza della Corte Costituzionale, nonostante le smentite di rito della Boldrini e di Napolitano, ha in pratica sancito che buona parte dei parlamentari sono illegittimi, essendo stati eletti secondo un meccanismo incostituzionale. Illegittimi molti parlamentari, illegittima la maggioranza, illegittimo il Governo.
Da ciò ne deriva che pure i Governi precedenti lo siano stati, avendo avuto un appoggio maggioritario illegittimo. Pure lo stesso Napolitano non sfugge a questa conseguenza, giacché è stato eletto da una maggioranza illegittima per ben 2 volte.
Se poi si considera che se oltre al premio di maggioranza sono state dichiarate incostituzionali anche le liste bloccate, va da sé che tutti risultino illegittimi.
La costituzionalità, allora, dove sta?
Nel buon senso!                                                                                

Il buon senso, purtroppo, non è quasi mai una prerogativa politica. Se lo fosse non saremmo nella situazione attuale e ai cittadini già ad inizio crisi si sarebbe detto la verità.
Quale? Abbiamo concesso alla grande finanza, banche commerciali comprese, di speculare e creare prodotti virtuali fittizi e estremamente pericolosi, non solo rastrellando e bruciando capitale, ma impiegando pure il risparmio privato raccolto. Ciò ha prodotto la crisi finanziaria che si è riversata poi sull’economia e infine sulla società.
Se lasciamo fallire le banche sarà peggio per tutti. Perciò, cari cittadini, tutti dovete pagare per errori e peccati non vostri.
Chi fu padre ed artefice di queste concezioni finanziarie virtuali? In Italia corrisponde al nome di Giuliano Amato, perché sotto di lui furono legalizzati sia i prodotti finanziari virtuali (Derivati) sia la concessione alle banche commerciali di diventare anche banche d’affari - (denominazione tecnica che sottintende la possibilità di effettuare speculazioni finanziarie anche facendo ricorso al risparmio dei depositi) -. Concessione che, ovviamente, fu ratificata dal Parlamento.
Amato ora dove sta oltre ad essere considerato tra i pensionati d’oro? Prima fu nominato supertecnico dal governo Monti (con Bondi e Giavazzi), poi, ora, alla Corte Costituzionale nominato da Napolitano.

Quando la crisi esplose gli Usa corsero subito a mettere in sicurezza le banche. Lasciarono sì fallire per dare un esempio la Lehman Brothers, ma facendo l’errore di sottovalutare gli effetti domino che ciò comportava. Infatti, spesero poi, con la Fed, 10 volte quello che salvandola avrebbero risparmiato.
L’economia Usa, pur all’inizio con risultati non eclatanti, stette comunque sempre positiva, seppur di poco.
L’Ue, invece, sotto la linea rigorista della Merkel, fece il contrario, puntando a tamponare la situazione caso per caso e salvando le banche irlandesi solo in via trasversale, cioè finanziando il Governo di quel paese che aveva salvato le banche.
Si puntò a salvaguardare i Debiti sovrani, cercando in modo smisurato di ridurli. La conseguenza oggi è sotto gli occhi di tutti.
Solo dopo, e ora, si cercò e si cerca di mettere in sicurezza le banche.
Conseguenza: il Debito greco lo si è dovuto riconvertire 2 volte e molte nazioni le si sono ridotte alla povertà.
Fu una costituzione economica e mentale … incostituzionale, perciò irrazionale.

La Corte Costituzionale è composta da 15 giudici: 5 nominati dal Presidente della repubblica, 5 dal Parlamento in sessione plenaria, 5 dalla Magistratura (Corte di Cassazione, Corte dei conti, Consiglio di Stato) che li sceglie al suo interno.
Facendo i debiti conti dall’avvento della Repubblica, compresi gli attuali, sono stati nominati 104 giudici, rispettivamente da: 36 dai vari Presidenti della Repubblica, 32 dal Parlamento, 22 dalla Corte di Cassazione, 7 dalla Corte dei conti, 7 dal Consiglio di Stato.
Analizzando i dati complessivi si nota che: 49 sono professori universitari, 42 sono giudici, 13 sono avvocati.
Il che, considerata la competenza professionale, porta alla considerazione che l’incostituzionalità vera sia stata, per il Porcellum, l’incapacità di analizzarlo prima. E prima del Porcellum anche il Mattarellum, a cui molti politici vorrebbero tornare.

Il popolo Pd – e non solo – ha incoronato Renzi nuovo segretario. Il quale, con la baldanza da guascone che gli è propria, al suo primo discorso ufficiale ha cominciato col dare del buffone ad alcuni avversari (Grillo), perpetuando quella sottile educazione di Dolce stil novo che gli è propria. Avversari, ovviamente, che hanno raccolto più voti del suo partito (Pd) e che senza il premio di maggioranza del Porcellum, essendosi piazzati come primo partito (M5S) nazionale alle ultime elezioni politiche, sarebbero oggi il primo partito di maggioranza relativa nei 2 rami del parlamento.
Da sottolineare che il popolo che ha eletto Renzi segretario è lo stesso che non molti mesi fa lo bocciò sonoramente, dando a Bersani la quasi identica percentuale che lui ha ottenuto ora.
Ovviamente nel Pd si cerca continuamente il messia: prima si sciolsero tutti d’entusiasmo per Veltroni, poi per Bersani e ora per Renzi. Salvo poi “rottamarli” subito. Fine che pure l’attuale nuovo segretario farà tra non molto per varie ragioni: arroganza, scarsa visione politica, incapacità di produrre e ideare un serio disegno politico e sociale.
È il “nuovo” che avanza. Un nuovo da costituzione mentale … incostituzionale. Un nuovo che sa di putrido già al suo nascere. Un nuovo che prende le mosse da esercizi spirituali condotti da un gesuita – ovviamente non mentali per incapacità dell’ipotalamo – che gli fanno credere d’essere il nuovo messia investito dallo Pneuma. Ovviamente un messia che si rivelerà di cartone, tant’è che molti esperti lo indicano apertamente come una testa … vuota (eufemismo), piena solo di spot senza costrutto.
Il Pd è abituato agli svarioni propagandistici “vittoriosi”. Lo fu per Occhetto, poi per Veltroni e ora lo è stato per Bersani. Il suo popolo cerca il generale vittorioso e crede che cambiando cavallo si possa risolvere la situazione.
Ovviamente dopo il crollo del Muro di Berlino l’idea socialista è andata in crisi; ma economicamente lo è sempre stata. Ad oggi non hanno ancora trovato una nuova ideologia da proporre al popolo, con la quale costruire una nuova società.
E, stranamente, il candidato che ha cercato di proporre (abbozzandola) un’idea progettuale nuova di partito è quello che nella corsa è arrivato ultimo (Civati). Indice ineccepibile di come il popolo di Sx sia in grado né di riconoscere la differenza tra progettualità e conclamazione (mediatica), né di capire dove e come abbisogni cambiare.

Porcellum o Mattarellum cambia poco. Entrambi non sono stati in grado di dare stabilità e Governo continuativo all’Italia. Ogni nuova legge elettorale non sfuggirà a questa regola di disfacimento sociale, perché la casa la si costruisce dalle fondamenta e non dal tetto, come può essere una legge elettorale.
Quando la casa è fatta si può pensare al tetto idoneo a dargli valore e a proteggerla a lungo; non prima.
I partiti oggi si formano e si dissolvono in un batter d’ali. Per cui si corre a cambiare il nome e il simbolo del partito per proporlo come cosa nuova, mentre invece è decrepito. Oppure cambiando segretario.
Rottamare può e è uno spot, specie se vuol dire dare il comando ai giovani in anagrafe e non nella testa delle idee …, testa magari nella realtà solo pretenziosa.
Renzi s’è creato una squadra che a vederli pare di bambolette e bambolotti, tra i quali il reuccio si cala alla perfezione, secondo il vecchio proverbio: Giove li fa, indi li pera.
Si spera che siano tutti … ideologi … sopraffini.

Letta fa il Decreto per eliminare il finanziamento pubblico ai partiti, già abolito a sua tempo da un referendum popolare. Rientrato poi in forma nuova a gabellare gli elettori dalla finestra, senza che la Corte Costituzionale, a decenni di distanza, vi abbia messo becco per dichiararne l’incostituzionalità sulla base della volontà popolare espressa dagli elettori. Volontà che, ovviamente, sarà stata … incostituzionale.
Tale Decreto dovrà essere convertito in legge entro 60 g, ragion per cui non è detto che diventi operativo.
Ma, indipendentemente da ciò, analizzando il Decreto si nota che il vituperato finanziamento dovrebbe scomparire nel 2017 e non subito. Strano a dirsi Letta fu a lungo il vice di Bersani, il quale fu a suo tempo l'acerrimo oppositore all’eliminazione del finanziamento.
Ora con Renzi il Pd pare voler cambiare pagina. Come? Mettendo il finanziamento sul piatto a baratto per ottenere l’appoggio del “buffone” M5S per la legge elettorale. Solo che i buffoni rendono il finanziamento che gli spetta, mentre Renzi, bontà sua, è sempre e solo campato di politica.
Insomma: una costituzione … mentale … incostituzionale da vecchia prima repubblica.

L’Ue, ora che la Merkel ha ripreso il timone della Germania con la grosse Koalition, riprenderà a macinare austerità. Infatti, il Ministro alle finanze è sempre lo stesso.
Uscire dall’€ è difficilissimo, perché senza un progetto ben definito si rischierebbe il disastro totale. Rimanerne all’interno, se non cambierà la politica economica comunitaria, sarà ugualmente il disastro, prima dei paesi più deboli e poi di quelli più forti.
Letta, il narciso italiano, può ben vantarsi d’aver lavorato bene finora, avendone ben donde dopo i pasticciacci dell’IMU e di alcuni suoi ministri dimissionati o sostenuti.
Renzi preme per dare un’impronta personale e quasi dittatoriale sia al Pd che al Governo, bramando di sostituire Letta il prima possibile. Entrambi, in ambito Ue e davanti alla Merkel, faranno comunque la figura dei polli di Renzo, di manzoniana memoria.
Pure questo è l’indice indiscusso di una costituzionalità politica essenzialmente incostituzionale.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

domenica 24 novembre 2013

Il degenere rapporto tra Debito sovrano e Pil.



L’Italia ha un Debito sovrano molto elevato, anche se è in buona compagnia con molte altre nazioni. Basti citare ad esempio tra le tante: gli Usa, il Giappone e la stessa opulente Germania. Escludo in modo categorico che ci sia una nazione al mondo che non abbia Debito pubblico.
Se solo un decennio fa  il rapporto Pil/Debito italiano era poco più del 100%, ora, nonostante le cure da cavallo “montiane” è schizzato ormai sul 140%.
Pure gli Usa hanno un Debito in continua dilatazione, anche superiore in percentuale a quello nostro italiano.

Normalmente il Debito è stato considerato – grazie alle teorie keynesiane – una fonte di sviluppo: investire oggi, ricorrendo al credito, per avere nel domani un reddito maggiore.
Ovviamente Keynes diceva anche ben altro. In pratica che in momenti di particolare difficoltà bisognava ricorrere al credito per incentivare il Pil. Salvo poi ripianare il Debito con gli utili avuti.
Dagli anni ‘70/80, invece, questa semplice deduzione economica è stata stravolta, tanto da far lievitare continuamente i vari Debiti. Con il risultato che oggi vediamo tutti, tanto in ambito Ue che internazionale.
Per cui del Debito si è abusato soprattutto per creare “stipendificio” (fabbrica di stipendi), onde avere in molte regioni tanto assistenzialismo, con il conseguente utile, politicamente, clientelismo. Implementando l’apparato impiegatizio statale oltre ogni logica e necessità e, sul fronte industriale, sostenendo in perdita aziende decotte, si è operato contro ogni razionalità economica e produttiva; quindi creando scompensi – e soprattutto forti costi sociali – dannosi alla sana economia nazionale.

L’imperativo era crescere; e per crescere bisognava aumentare costantemente il Pil. Perché?
Vediamo nel dettaglio come funziona la Crescita.
La Crescita può essere considerata per lo più di 2 tipi.
Il primo – quello vero - si basa sull’accumulo di ricchezza, perciò sul valore aggiunto che una nazione è in  grado di produrre  complessivamente in risparmio, in strutture e in capacità  produttiva.
Il secondo nella crescita costante del Pil, anche se ciò non necessariamente è indice di ulteriore ricchezza.
Il Pil, come si sa, è la somma lorda complessiva di ogni attività produttiva di uno stato. Ma in realtà non sempre il volume d’affari superiore produce utili; talora anche perdite. Basarsi quindi solo sul volume d’affari di uno stato – il Pil – è quindi fuorviante.
Non per nulla dopo decenni di costante crescita del Pil i paesi occidentali sono andati tutti in crisi. Se l’aumento del Pil fosse indice di esclusiva salubrità economica ora non saremmo in questa situazione.
Da annotare che l’aumento del Debito non necessariamente deve produrre perdita.

Facciamo alcuni esempi.
a)      Posto che il Pil di un anno sia 1.000 mld di €, ne consegue che per essere aumentato debba superare quota 1.000. Se superiore sarà positivo (crescita), se uguale sarà stabile (stagnazione), se inferiore sarà recessivo (recessione).
Tuttavia un Pil positivo non è indice di ricchezza o di crescita, perché andrebbe detratto dell’inflazione, perciò dell’aumento di costi di prodotti e servizi.
Ipotizzando un aumento di Pil del 2%, ne consegue che il nostro valore d’esempio debba raggiungere 1.020. Se nello stesso anno vi è stata un’inflazione ipotetica del 2,5%, ben si capisce che il Pil, pur aumentando, non ha prodotto ricchezza, ma anzi l’ha ridotta: la capacità economica della nazione ha perso parte del proprio potenziale.
Se oltre a questo nello stesso anno il Debito è stato aumentato, ben si comprende che l’asset economico è stato ulteriormente indebolito. In sostanza si è prodotto di meno e si ha maggiore debito.
Ne consegue che l’aumento del Pil raggiunto è solo nominale e non reale: è fittizio. La nazione ha fatto un passo indietro.
b)      Posto sempre il nostro Pil 1.000, supponiamo di avere Debito per 1.200. Il conseguente rapporto Debito/Pil si assesterà al 120%.
Rimanendo invariata la crescita al 2% e il Debito a 1.200, il rapporto Debito/Pil si assesterà non più al 120%, ma scenderà al 117,64.
Tuttavia se nel frattempo si fosse instaurata una recessione del 2,5% - come in Italia lo scorso anno – pur a debito invariato il rapporto salirebbe a 123,07%. Se a ciò si aggiunge – come quest’anno – un’ulteriore recessione di circa il 2% (1,9% per la precisione), a Debito invariato il rapporto aumenterà nel secondo anno al 125,58%.
Ne deriva che a parità di Debito la crescita o la decrescita del Pil influisca in modo positivo o in modo  negativo sul rapporto stesso.

Letta pare aver finalmente capito che senza una crescita il rapporto Debito/Pil su cui si basa l’Ue è destinato ad affossare ogni economia nazionale. Anche perché per far fronte alle spese l’Italia deve continuamente indebitarsi sul mercato, avendo sul groppone circa 60 mld di interessi passivi annui a cui far fronte. Diversamente sarebbe già in bancarotta (default).
Ovviamente – mi pare di capire – che intenda puntare sulla crescita per ridurre il rapporto Debito/Pil, onde ottemperare alle imposizioni/restrizioni Ue. Cosa ovvia, ma non scontata.
Monti ha fatto lo stesso errore, ben più grave pur venendo da Economia. Infatti, con le tasse imposte pensò che il Pil, limitando il Debito, potesse essere  incrementato, tanto che nel suo discorso programmatico indicò una crescita dell’1,1% (contro ogni logica economica considerati i parametri reali esistenti). Infatti, sbagliò i calcoli di ben il 3,6% (1,1% di ipotizzata crescita + 2,5% di recessione).
Ma se l’errore di Letta ( o di Fassina o Saccomanni per lui) lo si può anche capire provenendo da Scienze Politiche, quello di Monti non è assolvibile se non nell’eventuale buona fede.
I dati macroeconomici affermano che pur cambiando i piloti l’Italia procede ancora in retromarcia.

Quello, tuttavia, che mi pare che Letta non abbia ancora capito è che neppure con una crescita, da lui stimata intorno all’1%, si possano invertire nella sostanza i dati macroeconomici negativi.
Il rapporto Debito/Pil continuerà a salire, perché la vera crescita non è quella solo dell’aumento del Pil, ma quella, soprattutto, della ripresa della macchina produttiva e industriale nazionale. Nulla di strano, perciò, se il rapporto volerà nel prossimo anno verso il 150%.
Per ottenere un risultato ci vuole un Pil almeno oltre il +2%[1] e per un biennio almeno. Solo in questo caso gradualmente si incomincerà ad assorbire la disoccupazione e a rilanciare la macchina industriale smantellata negli ultimi 2 decenni per molte cause: delocalizzazione, globalizzazione, alto costo fiscale del lavoro, burocrazia, effervescenza instabile nei partiti, sprechi, assistenzialismi e … chi più ne ha più ne metta.

La Crescita vera è quella che vede 3 fattori aumentare simultaneamente: risparmio, produzione e redditi. Diversamente si ha solo una falsa crescita che prima o poi si deve pagare.
Non mi pare che negli ultimi anni ciò sia avvenuto. Perciò tutti i vari governi che si sono succeduti sono più o meno – nelle responsabilità – colpevoli.
Il governo Letta, economicamente, è un Governo senza spina dorsale; o, se si preferisce, senza un’idea definita e ben delineata da seguire. Procede tentoni.
Certo, ci sono pressioni e delimitazioni comunitarie; ma queste bisogna saperle volgere a proprio favore per il bene non solo dell’Italia, ma anche di tutti gli altri stati Ue.
Diversamente si dichiara la propria incapacità nel fare il Premier. E l’evocare gli ayatollah del rigore con tanta veemenza  serve solo a esacerbare le Segreterie dopo averle tanto riverite.

Alcune misure economiche inserite nel documento programmatico della Legge di stabilità mi lasciano perplesso. Tra queste, in modo particolare, annoto la decisione di vendere beni pubblici per circa 10/12 mld, con la motivazione declamata che serve a ridurre il Debito italiano.
Letta dichiara che con ciò anche l’Ue vedrà che stiamo facendo seriamente sulla riduzione del Debito.
L’affermazione è assurda, anche perché la riduzione di 10/12 mld di Debito - a fronte di circa 2.100; pur ammettendo che questi mld servano solo a ridurre il Debito[2] -  sarebbe solo infinitesimale. In realtà un semplice buco nell’acqua della voragine del vortice debitorio.
Ciò che è ben più grave, tuttavia, è il mettere sul Mercato aziende sane che fanno buoni profitti, che riversano poi come dividendi nelle casse dello Stato.
Benché le quote in vendita siano minoritarie, a conti fatti non so se il lume valga la candela. Non credo che con la depressione attuale dei Listini si possano fare buoni affari e incamerare la cifra ipotizzata.
In pratica più che vendere si svenderà.

I Comuni italiani di IMU e di addizionali varie hanno riscosso in media il 30% in più, che la minima riduzione operata sul costo del lavoro – se sarà ratificata dal Parlamento – non compenserà affatto.
Con queste misure dubito che il Pil possa crescere; mentre di sicuro si dilaterà ancora la disoccupazione e la cessazione di attività artigianali, industriali e commerciali.

Il Debito sovrano c’è e ce lo dobbiamo tenere. Appunto perché c’è dobbiamo cercare nel medio termine di ridurlo, onde avere la possibilità di riprendere la strada della vera Crescita, quella che più che guardare al valore espresso dal Pil guardi al calo della disoccupazione e alla crescita industriale.
Diversamente sarà una crescita fittizia che magari ridurrà di qualche punto il rapporto Debito/Pil, ma che sicuramente ci vedrà con una struttura produttiva statale e privata completamente smantellata. Oltre, ovviamente, con la palla al piede di un Debito sempre maggiore.
Politicamente bisogna assumere quelle decisioni di regolamentazione finanziaria atte a ridurre drasticamente il monte interessi, perciò pure lo spread. Con  uno spread intorno a 100 ptb si pagano circa  21 mld annui di interessi passivi, con uno sui 250 ptb ben 52 mld. Con uno di 500 ptb oltre 100 mld.
La spending review di Monti, pur con Bondi commissario, è fallita, dando in risultato solo briciole. Non si sa, eufemismo, se è stato maggiore l’esborso per il compenso dei commissari o il risparmio alla fine avuto.
Quella di Letta è programmata solo per briciole, visto che intende recuperare circa 600 mln per il 2014. Una cifra risibile se rapportata alla spesa statale.
Ovviamente il contentino è che nel biennio successivo si dovranno ottenere altri 30 mld, in pratica passando la palla bollente a chi succederà a questo Governo.




[1] - Per approfondimenti vedere anche: Larghe intese, estreme divergenze.
[2] - Si ricorda che, secondo i dati pubblici, nell’ultimo decennio l’Italia ha fatto dismissioni (vendite) per ben 157 mld, senza con ciò ridurre il proprio Debito sovrano.


lunedì 18 novembre 2013

Larghe intese, estreme divergenze.


Che la politica assai spesso sfoggi una pessima reputazione di sé verso i cittadini è cosa risaputa.
Come lo è da sempre il politichese, utile ai politici per infinocchiare cittadini ed elettori. Con l’appassionata compiacenza dei Media.
Dopo decenni di simile andazzo italiano si è prodotta nella società una divisione netta consensuale, non  solo tra politico e elettore, ma, soprattutto, tra governante e cittadino.
La famiglia (popolo) Italia sta insieme non potendo … divorziare. O meglio: non volendo fare una “rivoluzione” violenta.
Sicché il cittadino si riconosce a mala pena nel Governo, non potendone fare a meno; ma, nello stesso tempo, lo detesta molto cordialmente, essendo stato ridotto negli anni alla fame, alla miseria, alla disoccupazione e all’indigenza manifesta. Di chiacchiere, purtroppo, non si vive; né si fa economia.
La forbice reddituale tra parlamentari (aggiungiamoci pure: giudici e alti manager statali) e cittadini è non solo eclatante, ma soprattutto scandalosa in base ai risultati sociali ottenuti. E la stessa cosa è manifesta pure verso l’ottusa Dirigenza Ue.
Se qualcuno ha annotato la riduzione sostanziale dell’indennità e dei benefit parlamentari alzi la mano. Se altri hanno visto il dimezzamento dei parlamentari ne … alzi 2.

All’inizio dell’attuale crisi economisti, finanzieri (banchieri) e politici dissero che in 6 mesi la burrasca sarebbe passata. Ovviamente mentivano, sapendolo.
Ora Saccomanni e Letta ripetono la stessa solfa in modo diverso, basandosi su un  Pil industriale positivo a settembre – rispetto ad agosto quando le fabbriche erano chiuse – dello – notate bene! – +0,1%.
Simultaneamente a queste perspicaci dichiarazioni/intuizioni, Draghi opera alla Bce un ulteriore taglio del costo del danaro del 50%, portandolo dallo 0,50% allo 0,25%.
Perché la ripresa si sta attuando? No! Solo perché l’inflazione scende troppo per la deflazione dei prezzi.
Come a dire: siamo in crisi nera.
Infatti, aggiunge che vi è per il futuro prossimo la possibilità di ulteriori aggiustamenti al ribasso e anche di un costo negativo del danaro. Neppure il Giappone giunse mai a tanto.
La disoccupazione e la CIG, record storici in Italia, lo stanno non per nulla a testimoniare.

Le quotazione degli istituti bancari italiani hanno raggiunto perdite anche superiori al 90%. Ora, nei migliori dei casi, sono al 70% di perdita rispetto alla quotazione 2007.
Le banche Ue hanno attinto a piene mani ai finanziamenti Bce (ben 1.500 mld di €; circa 500 quelle italiane) a tassi stracciati tra lo 0,50% e l’1%.
Con una tale massa non solo si potevano sostenere le aziende e il rilancio economico, ma anche incentivare i consumi delle famiglie. Invece dove sono finiti questi finanziamenti, considerato che le aziende stanno pagando attualmente tassi dal 5% in su, fin oltre il 10%?
In Titoli Sovrani italiani; oppure depositando subito la medesima somma presso la stessa Bce a tassi reddituali maggiori. In entrambi i casi con rischio estremamente ridotto, o nullo, e con guadagno certo.
Non per nulla al Ministero delle Finanze ci sta un … banchiere.

Letta il primo ottobre ha fatto scattare l’aumento dell’1% dell’Iva, con la “pinocchiesta” giustificazione che non essendoci in quel momento una maggioranza sicura il decreto di proroga sarebbe poi decaduto.
Vale tuttavia ricordare che prima di decadere tale provvedimento sarebbe stato comunque valido per ben 60 g, potendo poi essere nuovamente riproposto dal Governo.
Considerato, poi, che subito dopo il “suo” Governo ha riottenuto la fiducia, un nuovo immediato decreto poteva rimettere l’Iva al 21%. Però non è stato … fatto.
Ciò, ovviamente, deprimerà ulteriormente i consumi con tutte le conseguenze del caso.
La Confcommercio alza la voce per dire come vanno le imprese commerciali, dimezzatesi già in 6 anni di crisi. Hanno chiuso per i troppi … guadagni; e se ne sono andati tutti a godersi il sole delle isole caraibiche. (???)

Il Pdl ha cessato la sua esistenza, nell’intento di rigenerarsi in Forza Italia. Non senza lacerazioni interne,  visto che quelli che stanno nel Governo non hanno voluto mollare l’osso della … scranno.
Alfano (in verità è più un Alf…ino) capeggia la spedizione dei 300 peones della Spigolatrice di Sapri[1], decretando la sua probabile fine tra i marosi delle prossime elezioni con la scissione da Cavalier Berlusconi. Il quale a breve, nolente o volente, verrà quasi sicuramente privato del “cavallo” senatorio.

Il Pd non è meglio ben messo del suo alleato/avversario, lacerato da faide tribali al suo interno.
Il rampante e “ducettaro” Renzi promette continuamente il suo mantra vittorioso, anche se finora ha sempre inanellato sconfitte nelle tenzoni principali. Come Pierino la peste, ma con acume assai minore, si propone come l’uomo nuovo, sottacendo che è da quando portava le braghette corte che sta facendo politica. Una vita! Dopotutto non è campato finora facendo lo … strillone. Professione che in politica, peraltro, gli viene molto bene.
Suo malgrado ha contribuito non poco a produrre debito, clientelismo e settarismo politico dove s’era piazzato. Basta andare nella sua terra per capire come stanno pure ora le cose a Palazzo Vecchio.
Se questo è il nuovo che avanza … Dio ce ne scampi. Ha il grande limite del volersi scontrare con tutti e di cercare l’appoggio dell’alta finanza o di imprenditori eticamente discutibili.
A bloccarlo ci penserà la vecchia gerarchia Pci, con D’Alema fine stratega.
Non per nulla Prodi - il prode Brontolo/Tontolo dei 7 nani -, dopo   le brucianti sconfitte subite nella sua vita politica nonostante le 2 vittorie elettorali di Pirro, ha mandato a quel paese il Pd e tutti i suoi iscritti, rifiutandosi di rinnovare la tessera e di andare a votare alle primarie. Motivo? La carica dei 101 che gli han bruciato sotto il deretano la poltrona del Quirinale, ripetendo lo smacco fatto poco prima a Marini. Per cui s’è l’è legata al dito (giustamente).
Anche se Renzi vincesse la corsa alla segreteria - ma non è fatto scontato - dovrà fare i conti con una parte del partito che gli impedirà, di fatto, d’essere quell’uomo solo al comando che lui brama d’essere. Non solo nel partito, ma pure nella nazione.
E se si impunterà il Pd si frantumerà facilmente, lasciando lui senza Pd e senza Scudo. La croce se l’è già tolta da tempo!

Monti, da parte sua, nella burrascosa assemblea di Scelta Civica s’è diviso malamente dagli amici elettorali d’area cattolica, dopo la sua salita provvisoria all’Aventino per lesa maestà.
Con pochi fidi è rimasto il solo a credere fermamente e spocchiosamente d’aver salvato l’Italia.
Forse spera d’aggregare la nuova armata/drappello di Alfano, nel tentativo di rifare la vecchia Dc.
Tentativo sempre finora fallito a chiunque.
Sicché gli speranzosi, depressi e stagionati componenti di Todi 1, 2, 3 e … infinito, si ritroveranno a dover ripartire di nuovo, incoraggiati dai vertici ecclesiastici che vedono, da par loro, svuotarsi continuamente le chiese e … le offerte.
Pure la Chiesa, infatti, soffre la rottura sostanziale ideologica con le sue pecorelle, non avendo più neppure molti pastori in grado di recuperare quelle smarrite.

L’Ue, da parte sua, boccia la Legge di stabilità del governo Letta, facendo imbufalire il premier. Dopo tante auto-declamazioni sul suo grande ruolo in ambito comunitario viene ora ufficialmente e smaccatamente bocciato. Cosa ovvia. Lo steel decantato si è … fuso come burro.
Hollande scende in Francia al 15% dei consensi, mentre la Merkel, a 2 mesi dalle elezioni, non ha ancora dato un governo alla Germania, ripetendo la stucchevole esperienza italiana.
La sua Germania, comunque, ha il saldo attivo nelle esportazioni dell’1,7%. Ovviamente a scapito degli altri paesi, sicché tale situazione non potrà durare in eterno.

I vari Vertici Ue e G 7, ... 20, nonostante i positivi comunicati ufficiali conclusivi, non hanno risolto i nodi che la crisi ha portato al pettine. Mentre Obama – di cui Renzi intenderebbe duplicarsi a … mignon – è alle prese con la grana internazionale del Datagate.
Ora tutti si scandalizzano per l’origliare spionistico degli Usa, magari dimenticandosi il proprio spiare e i guai propri, compreso il caso della Cancellieri, intercettata – con autorizzazione di chi? – nelle sue amichevoli conversazioni e frequentazioni pur in assenza di reato.
Anche il prode Napolitano sta nel pantano dello spionaggio telefonico (intercettazioni), anche se graziato dalla Corte costituzionale che ha fatto distruggere tali conversazioni. Sempre che tra non molto non ne salti fuori qualche … copia.
L’italica … pedata e fatta così!

Se i partiti hanno – come si è visto – larghe intese aggregative, hanno pure, con le loro fazioni o correnti, estreme divergenze, tanto da portarli spesso all’implosione.
Ciò, tuttavia, non avviene solo nel singolo partito, ma si riversa poi sulla maggioranza di governo che, come gli italiani col Governo, stanno insieme solo perché non hanno un altro tetto sotto cui ripararsi. Necessità (impossibilità) fa virtù.
Quando però i contrasti per interessi singoli diventano troppo forti, allora il giocattolo comune si spacca, sia nei partiti, sia nelle parti sociali, sia al governo (maggioranza), sia in ambito Ue o internazionale, mandando a quel paese sia la convenienza che l’ipocrisia politica. Da ciò deriva il continuo cambio di maggioranze ad ogni elezione nei vari stati.

La causa di tutto questo sconquasso di coesistenza sociale è la cattiva gestione soprattutto dell’Economia.
Prima il governo Monti e ora quello di Letta hanno provveduto a depotenziare l’apparato statale, demolendolo gradualmente con la falsa idea della spending review.
Di sicuro c’è che lo spreco di spesa va ridotto, là dove questa produce solo malaffare, danno, spreco e non reddito. Tutto il resto va invece potenziato e non disincentivato. L’apparato statale va fatto funzionare per produrre, onde giustificare l’alta imposizione fiscale creata.  Infatti, da un Governo che non sa trovare  in cotanta sua spesa un misero 1,2 mld per scongiurare l’aumento dell’Iva, c’è poco da aspettarsi.
Sbirciando i vari documenti ufficiali dei 2 governi si può notare che il Pil prodotto dall’apparato pubblico – perciò dallo Stato – deve scendere nei prossimi 4 anni dal 10,6% attuale al 9,2% del Pil nazionale. Ciò significa uno smobilizzo del Pil prodotto dalla Pubblica Amministrazione del 14% complessivo, pari a circa il 3,5% annuo del Pil.
Se ciò vuol dire rilanciare l’economia e i consumi lo lascio dire ai proclami governativi.

I vari decreti  del fare e delle startup hanno fatto, come previsto, un buco nell’acqua. Letta ha promesso per fine 2013 ben 250 ml posti di lavoro per i giovani. Chi li ha visti, anche solo nella misera percentuale del 10% al promesso, è bravo. La disoccupazione giovanile è giunta ormai al 50%.
Perciò nessuna meraviglia se tutte le componenti della società siano ufficialmente nelle larghe convergenze, ma nella sostanza nelle estreme divergenze.

Lo scontro vero è sul come fare Economia. Soprattutto quella reale.
Difficilmente chi sta ora alla barra del timone saprà dirigere con sicurezza la barca nazionale tra i marosi recessivi, anche se è vero che la recessione ormai ha toccato il fondo. I consumi, benché minimi e ridotti all’osso, non possono essere tagliati ulteriormente perché già tutti (quasi) stanno stringendo la cinghia.  Siamo alla sopravvivenza.
Se gli attuali governanti lo avessero saputo fare – giacché da una vita sono in politica – il problema sarebbe già stato risolto da tempo. L’handicap loro è che non hanno idee per il rilancio e vanno a tentoni a rimorchio delle imposizioni Ue.
La crisi del ’29 – ad esempio - ebbe oltre un lustro recessivo. Poi una piccola ripresa e infine un altro poderoso tonfo a cui pose fine l’inizio del secondo conflitto mondiale.
Non credo ad una ripresa dell’economia.
Se il Pil tornerà positivo – specie nei paesi mediterranei – lo sarà per valori minimali inferiori all’1%.
Parlare con queste percentuali di ripresa è voler abbindolare i cittadini. Per cominciare a farla bisogna avere un Pil superiore al 2% e in progressivo aumento nel prossimo biennio.
Fantascienza!






[1] - Luigi Mercantini