mercoledì 27 giugno 2012

Prospettive Vertice Ue del 28 e aspettative di Mercato.


La Merkel non molla e giunge ad affermare: “Mai gli Eurobonds finché sarò viva!”.
In effetti, non gli si può dare torto; anche perché, da come li vogliono intendere gli altri, non sarebbero altro che aggiungere altri debiti a quelli già esistenti e consistenti, scaricandoli poi sul sistema Ue, quindi in buona parte anche sulla Germania.
Le prospettive sul vertice non sono molte buone, nonostante i due incontri ravvicinati preparatori (Roma e Parigi) tra le 4 maggiori economie Ue, anche se qualcosa bisognerà pur fare. L’aspettativa negativa si ripercuote sui mercati, con affondi sostanziosi specie nelle borse dei Paesi che più hanno bisogno attualmente del sostegno/aiuto comunitario: Spagna e Italia. Mentre nello stesso tempo lo spread rialza prepotentemente la testa, proprio mentre la piccola Cipro chiede aiuto per non fare default come la Grecia.
Facendo di conto, in base alle richieste ufficiali finora avanzate per aiuti, tra i paesi P.I.I.G.S. mancherebbe solo l’Italia (comunque in seria difficoltà in tutto: spread, bilancio, entrate tributarie, disoccupazione, recessione, maggioranza politica reale); però si è aggiunto Cipro, mentre altri (Belgio, Olanda e Francia) cominciano ad avere il fiato corto.

L’analista non ha il dono della preveggenza, né la sfera di cristallo per sapere cosa potrà succedere realmente. Si affida perciò a sommare le possibili varianti, puntando sull’eventualità che riscuote maggiori probabilità, anche se, durante il vertice, pressioni e proposte possono modificare velocemente la trattativa tra i partecipanti.

Parto dal presupposto della teoria dei giochi, basandomi sulla principale che afferma che non vi è mai un gioco a costo zero. Di conseguenza allo stato attuale, avendo tutti qualcosa (tanto) da perdere, nessuno spingerà la situazione verso lo scontro di rottura, neppure quei paesi che hanno bisogno più degli altri del sostegno di tutti. E poi, tolta la Merkel, tutti gli altri partecipanti sono dei comprimari che non hanno carisma o potere politico; al massimo solo qualche … spocchia d’averlo.
Citerò come esempio esplicativo la Guerra fredda, che nel secolo scorso non scatenò mai la terza guerra mondiale, appunto perché tra i due blocchi un attacco atomico avrebbe comportato un’inevitabile risposta drammatica. Anche il vincitore ne sarebbe uscito con le ossa rotte e con una situazione ambientale degenerata per molti decenni.

Presumo che la situazione resterà in stallo anche nel vertice dei prossimi 2 giorni, per 2 motivi:
a)       Nessuno ha interesse a rompere ed a uscire dall’€, neppure la Grecia, anche se nella coalizione vi fosse Syriza.
b)       Nella diplomazia non vi sono ancora idee concrete su come ideare una nuova società economica, né a livello nazionale, né a quello comunitario Ue.

Eurobonds o Eurobill non cambieranno la sostanza del problema: con la recessione in atto i rispettivi Debiti sovrani tenderanno a dilatarsi e si dovranno affrontare altre manovre correttive per lo stability compact. Ciò imporrà tagli e possibili nuove tasse; che avranno per conseguenza di contrarre ulteriormente i consumi, aumentare la disoccupazione e ridurre il reddito dei cittadini.
Tutto ciò comporterà alle elezioni altri cambi di guardia al timone dei governi, compresa la Germania dove la Merkel rischia assai.
Sicuramente si addiverrà forse all’accordo per usare l’Esfm/Esm per contrastare lo spread; ma con le cifre imponenti in gioco e con la fame di liquidità dei paesi in difficoltà i fondi saranno subito dilapidati in poco tempo, con lo stesso risultato parziale dei 1.300 mld di € della Bce immessi sul mercato interbancario a tasso stracciato.

In Italia il Parlamento ha approvato a colpi di fiducia la Riforma del lavoro, più per dare a Monti una “patacca” da mettersi sul petto al vertice, che per la convinzione del valore della stessa.
Infatti, non risolverà in alcun modo il problema occupazione, semmai incrementerà la disoccupazione. Non per nulla Squinzi (Confindustria) l’ha definita una grande boiata; e molti nei partiti si sono affrettati a dire che dovrà essere rimaneggiata prossimamente. In pratica: nuovamente rifatta.
Lo stesso Parlamento dà l’appoggio a Monti come mandato a trattare data la gravità del momento, ben sottolineando che però da lunedì questo Governo sarà un osservato speciale.

Si discuterà anche di affidare alla Commissione poteri atti a riformulare i bilanci nazionali di quei paesi che non rispetteranno lo stability compact; ma è ovvio che su ciò vi saranno forti resistenze nazionali, deboli solo per quelle nazioni che hanno l’acqua alla gola.
Un commissariamento siffatto equivarrebbe ad una vera cessione di sovranità, perciò a diventare una colonia non tanto della Commissione Ue, ma dei paesi maggiormente forti. Perciò la Germania.
Avrebbe comunque bisogno di un apposito Governo centrale o, in alternativa, di uno specifico Ministero delle Finanze Ue, attualmente non esistenti.
Ciò imporrebbe la modifica di alcuni articoli del Trattato, cosa che sarà difficile effettuare in 2/3 giorni di vertice.

I Mercati però non aspettano e si muovono di conseguenza in assenza di prospettive valide, magari attaccando ulteriormente lo spread e creando altri danni alle economie in forte difficoltà, come già avvenuto per la Grecia.
I capi di Stato o di Governo che partecipano al Vertice non hanno, poi, alcuna idea su come contrastare il mercato, né una volontà di riformularlo con regole nuove atte a impedire danni futuri. Sono, infatti, tutti a tendenza neoliberista.
Difficilmente si troverà un accordo anche per istituire la Tobin tax, visto che molti paesi, specie quelli con bilanci sani e con poco Debito sovrano non ne vedono l’utilità e la avversano. Tassa che, comunque, dovrebbe essere approvata all’unanimità per diventare operativa, con il rischio di spostare su altre piazze la trattazione mobiliare.

È possibile che alcuni minaccino l’uscita dall’€, non spingendosi però oltre. Al massimo la useranno come arma contrattuale, sia che ciò possa riguardare un paese forte, oppure uno estremamente debole.
L’eventuale uscita dall’€ - o il creare € a differenti velocità – comporterebbe una turbolenza di mercato difficilmente contrastabile e i cui risvolti sarebbero negativi e traumatici non solo per la zona Ue, ma per tutto il globo.
Ecco perché altre nazioni – U.S.A. in testa – premono perché vengano adottati dei provvedimenti, se non altro minimi e calmieranti.

I vari vertici Ue fin qui effettuati hanno sempre prodotto grandi aspettative, seguite da immediati riscontri positivi del mercato, che si sono esauriti subito in poche sedute.
Ciò succederà pure ora, perché le nazioni forti non hanno alcuna intenzione di addossarsi i Debiti altrui e quelle deboli non possono abbandonare l’€.
Si raggiungeranno quindi altri compromessi minimi, che sposteranno solo più avanti i problemi, facendoli incancrenire ulteriormente fino alla metastasi finale.
La speranza però è dura a morire e come dice Foscolo[1]: Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve tutte cose l’oblio nella sua notte.
La speranza porta però a trattare, quindi a costruire, per non essere ingoiati dalla notte distruttiva del disfacimento.


[1] - Ugo Foscolo – I sepolcri.

martedì 26 giugno 2012

Quell’Euro tanto decantato, tanto apprezzato … tanto disastrato e tutto da rifondare.


L’uscita di Berlusconi sull’ non è poi tanto una novità, se non per gli ingenui e gli ottusi.
Tutti gli stati, infatti – Germania in testa – da tempo hanno dei piani dettagliati per abbandonarlo e per salvare il salvabile nell’emergenza.
Perciò, chi si scandalizza, o è un ipocrita o è un demente che non vuol vedere la realtà!
Che si tratti di un € a 2 velocità, di un € molteplice con nomi nazionali – basti pensare alle varie Lire o Dollari nazionali –, o di un ritorno alla vecchia moneta, la sostanza del problema non cambia: l’€ attuale non funziona perché operativo in nazioni con economie e imposizioni fiscali molto diverse, e con un’aggregazione di comodo.
Berlusconi dice pure che dovrebbe essere la Germania ad uscire dall’€ e sotto certi aspetti è condivisibile, perché le restanti nazioni sono più omogenee nei risultati economici e di bilancio; oltre ad essere suscettibili di una maggiore solidarietà economica e finanziaria nel promuovere i correttivi possibili. Basti pensare agli Eurobonds o all’integrazione di un istituto centrale – l’attuale Bce – con poteri effettivi di banca centrale reale e non solo nominale.
La stessa Germania non è che nuoti nell’oro con il Debito sovrano[1] che si ritrova e che è il più alto di tutti i Paesi della zona €. Ciò, tuttavia, non cambia la sostanza del problema.

Creare € diversi nazionali sarebbe come tornare alle vecchie divise, giacché avrebbero rapporti di cambio disuguali tra loro. Ciò concederebbe alla Banca centrale di pertinenza (Bcn) di intervenire con del monetarismo, dando un sostegno importante all’economia propria. Inoltre avrebbe totale libertà di manovra per difendere i propri Titoli sovrani: o intervenendo sul mercato, o sottoponendoli a normative diverse tra emittente e sottoscrittore, o, infine, regolamentandone la contrattazione al solo possesso materiale.
Tuttavia il monetarismo[2] non è la panacea per tutti i mali e deve essere considerato un tampone provvisorio, efficace solo per non effettuare continue svalutazioni secche, assai più deleterie del monetarismo stesso.
Passare a questa politica sarebbe abiurare anche l’Ue, tornando eventualmente alla vecchia CEE.
Il mercato di interscambio commerciale, per la globalizzazione, non potrebbe però più funzionare come un tempo e tutte le nazioni avrebbero le loro belle gatte da pelare, compresa l’attività doganale.
La Germania vedrebbe inoltre crollare la competitività dei propri prodotti per le svalutazioni altrui (o rivalutazione propria), perciò pure le esportazioni versi gli attuali stati Ue, che attualmente coprono la maggioranza del suo export.
Uno dei problemi maggiori sarebbe quello della moneta, che da materiale è diventata per più dei 2/3 solo virtuale. I debiti e i crediti sarebbero, di conseguenza, più immaginari che reali, se non compensati poi dalle varie Bcn con valuta reale o con metallo prezioso.

Uno dei gordiani problemi che in questo caso si manifesterebbero, sarebbe quello della moneta già esistente - materiale o virtuale –, perché non esiste un regolamento che ne impedirebbe la circolazione.
Come considerarla, svalutarla o dichiararla inesigibile, anche se nominale all’emittente, perciò di proprietà della rispettiva Bcn?
Tutto ciò sarebbe solo l’inizio di un disastro annunciato che, con effetto domino, investirebbe sicuramente i Debiti sovrani dei paesi maggiormente in difficoltà; ai quali sarebbe più comodo dichiarare default se non riuscissero a sostenere, anche statalizzandole, le banche proprie, zeppe come sono di perdite accumulate con i Derivati, specie con i CDS.
Uno scenario apocalittico e di sicura miseria per anni.

Ai problemi già esistenti si aggiungono ora quelli di Cipro – in bancarotta – e dei paesi i cui Titoli sovrani sono attaccati nello spread. La Spagna ha già presentato formale richiesta di aiuto per salvare le sue banche, mentre l’Italia rischia a breve di dover fare altrettanto.
Se il sistema finanziario Ue ha retto in quest’ultimo semestre è stato per lo più per l’audace decisione di Draghi di immettere grande liquidità nel sistema, pur nel malcontento (giustificato) della Bundesbank che non si è fatto attendere.
1.300 mld di € in più tranche sono una cifra enorme, anche se da considerarsi come prestito a rendere, pur se a tasso agevolato, specie se concesso come ancora di salvezza alle banche e non destinato all’economia reale.
Draghi, in effetti, ha supplito all’inefficienza operativa della politica, che non ha saputo né decidere, né ideare un sistema nuovo. Tuttavia il suo intervento è stato utile solo a spostare nel tempo il problema e non a risolverlo.
Il Mercato chiede e si aspetta un altro sostanzioso intervento similare (LTRO), sollecitato pure da Obama che, per la crisi in atto, teme di perdere le prossime elezioni.
Tutti questi interventi, tuttavia tamponano solo la deriva rovinosa, ma aggiungono altri debiti a quelli esistenti. Si rischia, pertanto, di far collassare il sistema anche col monetarismo.

Pur criticando spesso la politica della Merkel (Germania), è inutile negare che il rigore sia una politica giusta e irrinunciabile, anche se non gravato dal fardello penitenziale luterano.
Chiedere, come fa Monti, gli Eurobonds, anche se con formule varie, non risolverebbe comunque il problema.
Gli Eurobonds possono essere molto utili solo se sono la conversione degli attuali Titoli sovrani per abbassare gli oneri del tasso, rendendo però la Bce nello stesso momento una vera Fed europea. Sarebbero un peso e un altro grosso problema se fosse un sistema nuovo di fare debito, proprio come la Golden rule da lui proposta e subito bocciata a Strasburgo.

Per capire che il vertice romano fosse stato inutile e fallimentare non ci voleva molta intelligenza: la brevità dell’incontro, la fretta della Merkel di andarsene e la stucchevole lezione/conferenza di Monti, come se fosse una delle sue ex lezioni a giovani universitari desiderosi di apprendere … sapienza.
Infatti, la risposta della Merkel non si è fatta attendere, gelando le Borse e con queste le aspettative del Governo italiano. Una risposta giusta, salomonica e pertinente: o ci si unisce politicamente e si cambia registro, oppure ognuno … va per la sua strada.
Il senso più o meno reale è questo!
Troppi politici, finora, con la scusa della solidarietà comunitaria, hanno preteso che la Germania si addossasse i debiti di tutti: debiti che non sarebbe in grado comunque di sostenere anche con un’economia (Pil) a 2 cifre.

I vari vertici Ue, finora, hanno prodotto al massimo il minimo indispensabile per non far saltare tutto il sistema; ma da debito in debito – Ue, Stati, banche, Mercato – la situazione è ormai insostenibile, aggravata pure da errate politiche internazionali unilaterali[3], che hanno prodotto nei paesi arabi mediterranei non una rivoluzione pacifica, ma una guerra civile più o meno strisciante: da quella reale in Libia alla miseria della Tunisia, dallo scontro armato in Siria all’instabilità egiziana. Fatti gravi che potrebbero precludere a nuovi tragici eventi che potrebbero coinvolgere in modo drammatico altre nazioni.

L’Ue esiste sulla carta, non sicuramente nei fatti. E la Bce assolve un ruolo europeo similare a quello del Fmi, non avendo i poteri reali della Fed.
La Germania ha tuttavia le sue colpe quando pretende riforme – tasse e tagli – che affossano le economie dei paesi deboli, portandoli verso l’inevitabile default.
Ciò che tuttavia lascia allibiti è che nessuno si sogni di correggere il Mercato – regole e prodotti -, né nell’Ue né negli U.S.A.; mercato che in pratica è l’origine vera della crisi, con i buchi che si sono creati in seguito alla speculazione spinta.
In Italia Monti persegue riforme che non servono a nulla, se non a peggiorare la situazione, procedendo in un regime di tipo democratico dittatoriale a colpi di fiducia imposta. I fatti greci precedenti non gli hanno insegnato nulla.
Riforme che possono servire a dare maggiore potere all’alta finanza, privando l’economia reale di ogni risorsa disponibile.

La salvezza non viene né dalla Germania, né da Hollande (Francia), che da politico mestierante non possiede una visione focale dei problemi da risolvere. La sua linea economica è, infatti, dovuta alla necessaria contrapposizione a Sarkosy.
La salvezza viene da una vera volontà di risolvere i problemi sul tappeto, affrontandoli con decisione e impedendo al Mercato di dilatarli all’infinito, compresa l’eventuale nazionalizzazione delle banche più esposte, lasciando ovviamente agli speculatori i danni da … riscuotere e garantendo solo i depositi (risparmi) dei cittadini sui c/c.
L’€, ora, non è un grande, ma un immenso problema. O lo si affronta e lo si risolve, oppure ci si divide.
E lo si risolve partendo proprio dalla Grecia che, non a caso, è stata la prima vittima dell’insipienza comunitaria decisionale, oltre che, come tutti i paesi in difficoltà, ad averci messo del suo.
La Grecia non può stare nell’€ e salvarsi da sola nello stato in cui è. E con lei tutti gli altri paesi deboli che sono sull’orlo del default.
Perciò la Grecia sarà o la risoluzione vera del problema o la metastasi che dissolverà l’€ e l’Ue.



[1] - L’esigenza di rigorismo e monetarismo nell’Ue in crisi.


[3] - Si ricorda a proposito la neutralità della Germania – in pratica contrarietà – all’intervento militare Nato in Libia.

venerdì 22 giugno 2012

Alcuni pensieri in libertà sul Governo greco.


I risultati delle elezioni greche hanno consentito di formare un governo, grazie e soprattutto al premio di maggioranza relativa – 50 deputati – ottenuti da Nea Demokratia.
Antonis Samaras ha dovuto tuttavia fare una nuova ammucchiata, perciò costruire un accordo (quasi impossibile politicamente) con partiti avversi e opposti alla dx.
Senza tale premio – se ci fosse stato il proporzionale – questo governo, maggioritario in Parlamento ma minoritario nel Paese, non sarebbe stato possibile.
Ecco perciò che la tanta decantata vittoria dell’€ in Grecia è, in effetti, una vera sconfitta proporzionale, anche se il secondo partito in suffragi – la Sinistra Radicale Syriza – non ha mai dichiarato la volontà di uscire dall’€, ma solo di ricontrattare tutto ciò che il Governo tecnico di emergenza aveva pattuito con la Troika e fatto approvare sotto la minaccia del default.
In pratica con la stessa modalità usata in Italia dal governo Monti, che procede sempre e tuttora a voti di fiducia.

Elezioni Grecia 2012
Lista/Partito
Voti
%
Seggi
%
Nea Demokratia
1.825.609
29,66
129
43
Syriza
1.655.053
26,89
71
23,67
Pasok
755.832
12,28
33
11
Greci Indipendenti
462.456
7,51
20
6,67
Alba Dorata
425.980
6,92
18
6
Sinistra Democratica
385.079
6,25
17
5,67
KKE
277.179
4,5
12
4

Sommando i partiti che formano il Governo si vede benissimo che non raggiungono la maggioranza proporzionale.

La conseguenza politica immediata è che i 2 partiti che hanno sostenuto il governo tecnico sono franati nei consensi, uscendo nettamente sconfitti dalle 2 tornate elettorali. Prima, infatti, insieme avevano circa il 78% dei consensi.
Ne consegue che il vero vincitore – anche se per scelta propria sta all’opposizione – sia Syriza, capace di incrementare il proprio consenso con l’elettorato in entrambe le tornate. Nelle elezioni 2009 aveva ottenuto solo il 4,6%, per balzare un mese fa al 16,78% e incrementare il proprio bottino di altri 12 pt ora.
Nea Demokratia ha avuto risultati contrastanti, franando un mese fa al 18,85% rispetto al 33,48% del 2009, per recuperare 11 pt ora.
Altro dato eclatante è stata l’astensione, costantemente in crescita e giunta ben al 37,53%, incrementando la percentuale di 2,63 pt rispetto ad un mese fa.
Una costante disaffezione alla politica che coinvolge tutta l’Ue e non solo la Grecia, frutto dell’incapacità dei politici di affrontare e risolvere i gravi problemi che affliggono tutto il mondo occidentale in particolare, specie se la loro attenzione è rivolta non tanto all’economia reale, bensì agli interessi della finanza internazionale.

Il risultato pratico di un simile Governo è che per reggersi Samaras ha dovuto accettare un cambio di rotta rispetto alla sua politica originale: impegnarsi a ricontrattare quasi in toto il piano precedente.
E se ciò non succederà per l’intransigenza della … Merkel, è ovvio che i tagli ulteriori che dovranno essere fatti, per continuare a ottenere il prestito di 130 mld, renderà il Governo debole e vacillante, oltre a scardinare la pace sociale.
La stabilità del Governo greco è in buona parte in mano all’Ue, se sarà in grado di accondiscendere alle nuove richieste avanzate. Diversamente  rischierà di durare assai poco. Comunque sia, in entrambi i casi, la Grecia non sarà salva, ma procederà nella sua lenta agonia per gli alti tassi da corrispondere sui propri Titoli sovrani e per la grave recessione che sta subendo, frutto di un’imposizione Ue dissennata.

La Grecia ha le sue colpe, specie di sperpero e di bilancio. Ed è assai singolare che la maggioranza relativa sia spettata proprio a quel partito che aveva truccato anni fa i bilanci, portando lo Stato in un ginepraio di necessario rigore.
La sua salvezza, tuttavia, non verrà dai prestiti Ue – attuali e eventualmente successivi -, ma da un’inversione netta della politica attuale Ue.
Con la Grecia ci si salva, o con la Grecia si affonda tutta l’Ue.

In base ai risultati ottenuti in Grecia una meditazione andrebbe fatta sulle pressioni che certa politica sta facendo per cambiare la nostra legge elettorale attuale, pessima fin che si vuole, ma in grado, con il premio di maggioranza, di poter dare un probabile governo bipolare al Paese. L’intendimento di molti pare sia il ritorno al proporzionale, anche perché certe forze politiche non apprezzano il bipolarismo, giacché toglie loro molto del potere contrattuale (di veto) che il proporzionale può dare.
Non sono tra coloro che già danno per scontata la vittoria della Sx alle prossime elezioni, sia che avvengano in autunno o nella primavera prossima.
Le coalizioni sono solo teoriche e molto inastabili sia a dx che a sx. Ipotizzarle oggi, stante gli attriti esistenti, sarebbe solo un esercizio di fantapolitica, basato per lo più su sondaggi ballerini, molto ma molto relativi per la campionatura usata.
Basti, ad esempio, citare il risultato di Palermo, dove il candidato uscito dalle primarie è stato nettamente surclassato da un candidato che non ha riconosciuto l’esito delle primarie stesse nella coalizione, pur se a percentuale molto minoritaria.
Ipotizzare poi lo stato reale dell’economia tra alcuni mesi è un’opera titanica, proprio perché soggiogata dalle manovre speculative della finanza internazionale.

La recessione sarà ben maggiore di quella prevista e forzerà il Governo verso altre manovre correttive e di austerità.
Da indiscrezioni che privatamente mi sono giunte, pare che si stia già analizzando la possibilità del blocco (soppressione) delle tredicesime anche fino a 3 anni consecutivi, oltre ad una riduzione per decreto degli stipendi tra il 5% e il 10%, specie se non si provvederà a riformulare le regole di Mercato, perciò ad impedire alla speculazione selvaggia di attaccare lo spread dei vari stati.
La Fed ha rivisto al ribasso il Pil U.S.A. di un punto circa nel triennio 2012/2014; ma neppure la Germania nuoterà in buone acque perché già in stagnazione e in probabile recessione nel 2013.
Il suo mercato principale è il mondo occidentale, specie nell’Ue, dove si sta producendo una costante e accentuata riduzione dei consumi.

La parola d’ordine che oggi si sente nei proclami politici è quella del rilancio dell’economia e del Pil, cosa che i governanti attuali non hanno saputo fare in 4 anni di crisi.
Si continua a dire in ogni circostanza che la riunione prossima sarà decisiva; tuttavia in realtà si continua a posporre la risoluzione dei problemi e a non decidere.
Molto probabilmente ciò avverrà anche nell’incontro del 28 p.v.

sabato 16 giugno 2012

L’esigenza di rigorismo e monetarismo nell’Ue in crisi.


Alcuni lettori mi han chiesto perché, nel momento attuale, serva all’Ue, per la salvezza dell’Unione e dell’€, il rigorismo e il monetarismo simultaneamente; altri perché non è possibile una politica di vero keynesianismo.
Ovviamente il riferimento diretto era principalmente al mio precedente articolo (Viaggiando tra neoliberismo, liberismo, monetarismo, rigorismo e keynesianismo.).

Cercherò di rispondere brevemente, evitando di inoltrarmi in quei tecnicismi che potrebbero essere non facilmente recepibili, con l’aiuto di pratici esempi.

La Germania col crollo del muro di Berlino “ha comprato” l’ex Repubblica democratica tedesca, praticamente finita in default.
Per farlo ha speso in assistenza (welfare), innovazione industriale e strutturale ben 1.500 mld di €. In pratica una somma superiore, in quel periodo, a quella del Debito sovrano italiano.
Si è organizzata nella programmazione della spesa e è andata sul Mercato a raccogliere i fondi occorrenti con varie emissioni di Bunds.
Attenta al rigore di bilancio, ha comunque prodotto un grande Debito sovrano, che con una superiore pressione fiscale e con l’innalzamento progressivo del Pil è riuscita negli anni a ridurre in modo notevole. Simultaneamente ha operato riforme strutturali in vari settori sociali, ammodernando in efficienza il sistema burocratico dello stato.
Si può dire con certezza che la Germania, in quel periodo, ha praticato del keynesianismo vero: ha attinto al risparmio privato investendo, e, con gli utili, ha ridotto progressivamente l’esposizione finanziaria.
Attualmente la Germania ha un Debito sovrano superiore a quello italiano; in pratica il più alto d’Europa.
Non avendo a disposizione i dati consolidati relativi al 2011, si fa riferimento a quelli Eurostat del 2010: il debito ammontava a 2.080 mld di €, pari all’83,2% del suo Pil. Però con un … ma estremamente importante.
Il monte complessivo è stato ottenuto, infatti, riducendolo artificiosamente; quindi non computando la spesa pubblica inerente pensioni e servizi sociali. Conteggiando i quali si sfiora circa il 100% del Pil teutonico.
Ognuno ha i suoi trucchi contabili, dovuti spesso a cavilli procedurali. Uno di questi è che le amministrazioni dei Lands non hanno bilanci consolidati unitari, comprensivi dunque degli enti locali e degli istituti previdenziali.
Grazie a questa furbizia contabile la Germania conserva ancora la Tripla A nel rating, nonostante il proprio Pil sia ormai in stagnazione.

Vale ricordare a proposito che questo vizio coinvolge un po’ tutti, seppur in modo diverso.
La proposta di Monti di Golden rule, bocciata in questi giorni a Strasburgo, non era altro che un escamotage contabile per non conteggiare nella parità di bilancio le spese inerenti agli investimenti, che, comunque, avrebbero accresciuto il Debito sovrano.
Relativamente all’Italia molti affermano falsamente che il Debito sovrano è sempre aumentato. Ciò non è vero!
Osservando i dati sempre forniti da Eurostat si nota che, pur lievitando leggermente sulla base della regolarità dei trattati Ue, il debito effettivo netto[1], rispetto al Pil si è ridotto dal 2000 al 2008, anno in cui si sono scatenati gli effetti della crisi finanziaria globalizzata, generata negli U.S.A. con i Subprime.

Il Debito sovrano viene composto da 2 fattori finanziari: i Titoli sovrani (di stato) e da voci diverse. Dalle voci diverse sono esclusi gli strumenti finanziari derivati.
A queste si dovrebbero però aggiungere quelle che vengono considerate Partite di giro, corrispondenti ai vari contributi comunitari o internazionali, tra i quali si annoverano come principali le quote: Bce, Esm, Efsm, Fmi, Bei, Ue ...
Somme che per convenzione pattuita non entrano nel rapporto Debito/Pil e denominate Conti a rischio come semplici partite di giro.
Relativamente al bilancio consolidato italiano si hanno, sempre secondo Eurostat, dal 2005 ad oggi questi dati:

Anno
Debito
PIL
 % sul PIL
 2005
1.512.779
1.429.479
105,83%
 2006
1.582.009
1.485.377
106,51%
 2007
1.602.115
1.546.177
103,60%
 2008
1.666.603
1.567.761
106,30%
 2009
1.763.864
1.519.702
116,10%
 2010
1.843.015
1.548.816
119,00%
 2011
1.897.900
1.580.220
120,10%


Considerato che il 2012 sarà un anno recessivo di Pil, è ovvio comprendere che il rapporto Debito/Pil aumenterà tra i 3/6 punti %, sulla base di 2 cause: la riduzione del Pil e l’aumento dello spread.
Se si aggiunge che nel 2010 gli enti locali (Comuni e Province) hanno raggiunto i massimi storici dell’indebitamento proprio, pari al 3,9% del Pil, ben si capisce la gravità della situazione.

I dati citati indicano chiaramente che dal 2009 in avanti il conto interessi (spread) ha elevato notevolmente il debito e con questo la percentuale di rapporto. Spread manovrato soprattutto dalla speculazione globalizzata: originata, ideata e organizzata oltreoceano da importanti finanziarie globalizzate, e transitante per Londra prima di abbattersi sulle borse Ue. Speculazione alla quale si sono, con piacere, spesso accodate molte banche Ue.
Speculazione alla quale l’Ue non sa opporsi, sia per la carenza di un’unica autorità economica/finanziaria centrale, sia perché la Bce non ha i poteri della Fed, sia perché i vari Stati dell’Unione non hanno una politica condivisa, sia perché, infine, diversi governanti sono stati in passato al soldo di queste potentissime  finanziarie.

Con debiti tanto elevati – e per brevità non si citano i dati di altri Stati Ue, alcuni dei quali con percentuali assai più elevate – ben si capisce che fare del keynesianismo per investire porterebbe i bilanci al default sicuro, anche usando l’alchimia contabile della Golden rule.
La Grecia, inoltre, ha dimostrato che il “bombardamento” fiscale fa  contrarre ulteriormente il Pil, togliendo ad industrie, società e famiglie il credito necessario per potersi finanziarie. Porta lo stato al disfacimento totale.
 Non a caso i pochi mesi del governo Monti hanno prostrato in Italia, con una politica fiscale dissennata (a mio parere), tutta l’economia reale che ancora reggeva l’urto della crisi.
Le banche, inoltre, nonostante la forte iniezione di liquidità fatta dalla Bce, non sono state in grado di ridurre il proprio rischio sul mercato, elevandolo pure nonostante alcune operazioni di ricapitalizzazione, per il ricorso al prestito Bce a tasso ridotto.

Ora è probabile che si innesti la turbolenza delle elezioni greche, con la probabile fuoruscita della Grecia dall’€.
Le banche centrali pare che si siano accordate per una risposta coordinata a questa più che probabile eventualità; perciò immetteranno nel sistema forte liquidità a getto continuo per evitare default a catena sia di stati che di banche.
A questo punto nasce un problema: la Bce non ha la giurisdizione legale per emettere moneta, ma solo quella di conteggiare le somme che le varie banche centrali  mettono in circolazione.
Nei trattati Ue – Art 128 -, infatti, le banconote appartengono durante l’emissione all’Eurosistema[2], ma poi durante la circolazione appartengono al titolare del conto su cui vengono conteggiate, perciò alla Bcn di competenza.
Perciò è facoltà sia della Bce che delle Bcn produrre moneta in modo materiale – moneta fisica – oppure virtuale – addebito nominale telematico sul conto interessato -.

Fare prestiti alle banche significa per la Bce produrre moneta, perciò attingere ad un risparmio virtuale che non esiste sul mercato: si crea un debito che essendo del sistema diluisce la ricchezza/risparmio esistente, creando quindi una svalutazione strisciante, non percepibile al momento, ma deleteria nel medio termine. Indi  inflazione.
La stessa cosa possono fare anche le varie Bcn, che con una semplice contabilizzazione telematica – a costo zero – si assumono ulteriore debito presso l’Eurosistema, assumendo la proprietà della moneta (in questo caso) virtuale.
Emettere moneta è fare monetarismo per non far saltare il sistema; ma ciò impoverisce il risparmio vero: quello privato depositato sui c/c delle varie banche.
Perciò per salvare il sistema – che sarebbero poi i Debiti sovrani e le banche – si farà pagare il tutto al risparmiatore.
Diversamente il risparmiatore perderebbe tutto, o buona parte del tutto.

Il monetarismo non può essere infinito; e per non far saltare il banco ha bisogno che vi sia un certo bilanciamento dei conti. Quindi serve il rigorismo di bilancio: nello stato e nelle banche. Diversamente il ciclo diventa perpetuo fino alla distruzione totale.
Il rigorismo non deve essere inteso solo come pareggio dei conti, ma anche come modo per impedire che questi si dilatino fino all’implosione. E ciò che oggi ha innestato l’implosione economica della Grecia è stato soprattutto lo spread, dovuto alla speculazione internazionale.
Altri stati, tra cui l’Italia, stanno subendo sulla propria pelle questi attacchi di mercato; e pure la Germania ha subito in questi giorni un innalzamento del tasso di interesse di 15 ptb.
La speculazione selvaggia globalizzata attacca gli stati in modo referenziale, perciò coordinato e programmato, abbattendoli uno ad uno nella loro economia, onde poi “comprarli” a costo zero, partendo dai più deboli per investire infine anche i più forti.
Se lo spread teutonico venisse attaccato e portato a quello attuale italiano e spagnolo, pure la Germania affonderebbe, non potendosi permettere, col debito che ha, interessi tanto elevati. Infatti, ora come ora, è la finanza d’assalto che condiziona l’economia degli stati e non la ricchezza o il Pil prodotto.

Rigorismo significa impedire la speculazione, combatterla e annientarla. Diversamente si muore. Significa riformulare i mercati in modo che non facciano danni, ma diventino il perno del finanziamento alle imprese.
Questo è l’obbiettivo che devono porsi gli Stati dell’Ue; e non il rigorismo penitenziale luterano della Merkel. E devono farlo facendo ricorso, in caso di bisogno, al monetarismo, onde ricomprarsi i Titoli sovrani classati fuori dell’ambito Ue.
Il monetarismo – come già detto – non può essere infinito; perciò deve essere graduato solo all’emergenza attuale, onde farci uscire dalla gravissima crisi finanziaria in cui la speculazione ci ha fatto piombare.



[1] - Per netto si intende scorporato dagli interessi pagati.
[2] - L’Eurosistema è costituito dalla Bce (Banca centrale europea) e dalle Bcn (Banche centrali nazionali).