sabato 27 luglio 2013

Quell’Egitto di Pd.


Nel Pd da molto tempo è in corso una lotta insensata tra il nocciolo duro e reale dell’agglomerato partitico e quello ruspante e “ducettaro” di Renzi.
Quando nacque il Pd finì Prodi; ora che vi è il Governo Letta, forse … scomparirà il Pd.
Se il Pd è ancora oggi un partito unico lo si deve a Berlusconi. Il quale, puntando prima pragmaticamente alla rielezione di Napolitano e poi al Governo di larghe intese, lo ha salvato dal disastro della disgregazione e frammentazione totale. L’avvento di Letta come capo del Governo è valso a ricompattare sul minimo comun denominatore tutte le anime (correnti) interne, ad eccezione  di quella “renziana”.
Berlusconi, ovviamente, lo ha fatto a ragion veduta: il crollo del Pd, infatti, solo in parte lo avrebbe favorito, proprio perché M5S, assai più radicale, avrebbe assorbito molti degli elettori di Sx, col rischio che potesse diventare la prima forza politica della nazione.

Renzi ha già perso più volte e sempre; nonostante faccia il Gian Burrasca guastafeste, assumendo in ogni occasione possibile la linea opposta a quella seguita dal partito. Si è salvato solo nella partita per le primarie al Comune di Firenze, dove ha potuto giocare sulle divisioni interne e sulla componente cattocomunista. In ogni altra occasione si è sempre trovato in minoranza e sconfitto, nonostante si proponga nell’aspirazione come forza egemone e vincente.
Renzi è un democratico anomalo e uno sconfitto nato, anche perché oltre all’idealismo confusionario non è in grado di porre in campo altro che il volontarismo scoutistico.
Perciò, nonostante i suoi bellicosi e trionfalistici proclami, oltre che a perdere ogni partita iniziata baldanzosamente, ha fatto perdere anche il partito in credibilità e in sostanza.

Prima voleva cambiare le regole in corsa, anche perché intuì che solo con forze esterne al partito avrebbe potuto vincere. Ora le vuole (a suo modo) prima del Congresso, semmai si farà e se non avrà creato, prima, la disfatta del partito.
Credo che se non ci fosse l’autorità istituzionale di Napolitano il Pd si sarebbe già disintegrato.

L’Egitto ha iniziato con la Primavera araba, forte soprattutto di un avallo esterno d’una grande potenza, il cui capo s’era premurato di fare un discorso idealistico al Cairo.
Purtroppo la Primavera araba è naufragata ovunque in instabilità e disordine. Nel Maghreb con alterne fortune più o meno democratiche, in Siria in una sanguinosa guerra civile. Anche se bisogna aggiungere che gli occidentali ci han messo volentieri non solo lo zampino, ma pure tanta buona … volontà per destabilizzare totalmente buona parte dei paesi arabi. Incuranti degli entusiasmanti (?) risultati ottenuti prima nell’allora Persia, poi in Iraq e Afganistan.

I Fratelli mussulmani in Egitto hanno intrapreso un percorso politico alla Renzi, ignorando le aspettative delle altre forze politiche, comunque maggioritarie, anche se tra loro divise nel Paese.
Ciò, ovviamente, ha contrariato il padrone del vapore, al quale non è parso vero di poter cambiare, con la scusa della democrazia, l’appoggio politico internazionale dato inizialmente, togliendolo a chi era stato eletto per darlo ai … militari.
Risultato: scontri tra fazioni, morti, feriti e violente manifestazioni di piazza giornaliere.

Il Pd non ha una linea politica se non quella antiberlusconiana. È stato scavalcato e soppiantato in ciò nel ruolo e nel risultato da una certa magistratura.
Il Pd, però, non ha soprattutto una linea economica, perciò una visione precisa di come intervenire sull’economia e sulla finanza per far uscire il paese dalla crisi. Non ha ancora smaltito le idee economiche marxiste delle fallite democrazie socialiste. Ha subito passivamente e in modo coatto le manovre vessatorie di Monti.
Letta, ad esempio, appena fatto premier è corso dalla Merkel prima che dall’Ue, cercando l’avallo del padrone del vapore di turno. Proprio come dopo la candidatura a premier alle elezioni, Bersani volò a Berlino per lo stesso motivo.

Stefano Fassina è un bocconiano; e dopo i tanti danni causati dalle manovre di Monti ha capito, da economista, che le troppe tasse sono il killer dell’economia prima e della democrazia poi.
Tanto da fargli affermare ora che se l’Italia ancora galleggia è perché esiste un’evasione di sopravvivenza, in quanto è naturale che in un sistema economico super tartassato di tasse – il 54% di dirette e  il 75% totale – ci sia una stretta relazione tra fuga dal fisco e insostenibilità delle tasse. Con ciò scatenando l’ira (naturale) della Camusso.
Il capire ciò non vuol dire avallare e giustificare l’evasione. Significa solo comprendere che la nazione è allo stremo e che sta sprofondando nella … Fossa delle Marianne.

Lo Stato tassa troppo, spende troppo e male e non sa come salvare capra (economia) e cavoli (entrate).
L’operato dello stato è frutto delle linee dei partiti, perciò pure della loro incapacità a correggere le storture soprattutto finanziarie.
Latitano le idee sui rimedi. Manca la progettazione di una società nuova, diversa, omogenea e solidale. È assente, soprattutto, il raccordo tra la Finanza e l’Economia, con l’insita convinzione che la finanza debba essere al servizio dell’implementazione economica, perciò pure occupazionale.

Papa Bergoglio, nella sua carente concezione culturale economica, lo intuisce, anche se solo come idea. Ovviamente non è in grado né di fare una preposizione progettuale, né sociale. Proprio come un uomo qualunque del popolo.
Tuttavia – e è estremamente importante – ragiona e pensa non da papa, ma da popolo, vedendo, comprendendo e vivendo le istanze e le difficoltà del singolo comune cittadino.
Il lavoro, l’occupazione e il reddito non sono concetti campati in aria, ma sostanziosi punti vitali tra loro strettamente connessi, totalmente opposti a recessione, disoccupazione e povertà.
Il Pd si è battuto strenuamente – pur se con motivazioni prettamente ideologiche - contro l’evasione fiscale, trovando il suo capro espiatorio non nelle leggi  nazionali e internazionali, che consentono in modo sistematico l’elusione legalizzata dell’imposizione, ma nel soggetto delle Partite Iva. Ha visto il bruscolo nell’occhio altrui (lavoratore autonomo), non riconoscendo la trave in quello proprio (stato), contribuendo a creare il mostro Equitalia.

Il Pd non ha un leader, ma neppure le idee. Difficilmente le troverà col congresso, destinato molto probabilmente ad essere il duello finale tra renziani e resto del partito.
Ciò implica la carenza assoluta del concetto di democrazia, di cui la minoranza facente capo a Renzi ne è l’assolutizzazione ideologica e pretenziosa.
Eppure il partito qualche mente ce l’ha e Fassina potrebbe essere uno di questi.
Il leader ha sempre un chiaro progetto economico in testa e lo comunica agli altri, cercando di farlo diventare il progetto politico di tutti.

Egitto e Pd con varianti diverse stanno percorrendo la stessa strada: quella della dissoluzione dovuta a lotte interne fratricide. Che spesso portano poi a delle dittature.
Non per nulla Renzi sostiene la sua ideologia dell’uomo solo al comando, dimenticando (interessatamente) che la storia insegna che là dove ciò è avvenuto vi sono poi state delle lunghe e dolorose degenerazioni democratiche e sociali ai danni di tutti.


giovedì 25 luglio 2013

Papa Francesco: Caino, dov’è tuo fratello?


ovvero:

Quando un credente filosoficamente si tira la zappa sui piedi.


L’omelia di Papa Francesco a Lampedusa ha avuto in Italia echi rilevanti e contrastanti. Nel resto dell’Ue solo alcune brevi citazioni.
Alcuni politici nostrani, dopo l’esaltazione di rito del discorso – trattandosi di un Papa –, hanno però sottolineato che un conto è il fare una predica (idealista) e un altro è il gestire politicamente e socialmente i flussi migratori di milioni di persone.
La mia analisi di questo articolo, tuttavia, non vuole entrare nel fattore politico, bensì solo in quello teologico e filosofico.

Che Bergoglio più che un papa sia in comportamento e in comunicazione un buon, affabile e socievole curato è sotto gli occhi di tutti. Le sue omelie sono prettamente ideologiche; e, come tali, esulano totalmente dal quel pragmatismo operativo che dovrebbe unire la filosofia all’agire.
Ovviamente non è culturalmente come uno dei suoi 2 predecessori, né tanto meno un Montini.

A Lampedusa Bergoglio si è lanciato in una questione che più che non competergli non saprebbe comunque gestire nei suoi limiti culturali: quella delle responsabilità etiche e morali del politico e del credente di oggi.
Due sue frasi su tutte ne sono l’emblema:

a)       Adamo, dove sei?
b)       Caino, dov’è tuo fratello?

L’idealismo spesso gioca brutti scherzi intellettuali, specie se basato sulla concezione trascendentale.
In questo caso è addirittura filosoficamente e dialetticamente improprio. Moralmente: addirittura un paradosso.

Bergoglio rivolgendosi al credente italiano ed Ue fa una domanda che con i nomi di Adamo e di Caino sottintende quello di ogni credente.
Le sue citazioni, tratte dalla Genesi, sono tuttavia scorrette e inadatte, considerato che Adamo aveva disobbedito a Dio nel cogliere il frutto dell’albero della Conoscenza, mentre Caino aveva ucciso suo fratello.
Perciò, portando il tutto al paradosso, secondo la sua stessa tematica dialettica, la domanda retorica potrebbe anche essere rivolta a lui:
Bergoglio, dove sei?
Bergoglio, dov’è tuo fratello?
In sostanza il problema dei flussi migratori via Mediterraneo non è solo di oggi, ma datato. Perciò come lui si rivolge a tutti noi, lo stesso potremmo dire noi a lui: Bergoglio, dove sei stato finora e perché solo ora apri bocca?

Tuttavia, teologicamente, la discussione dialettica non è un semplice rimpallarsi di colpe, ma l’oggettività delle stesse.
Per cui i flussi migratori, sempre esistiti e rischiosi – specie se effettuati nell’illegalità internazionale, quindi nella clandestinità –, hanno delle motivazioni e delle cause che, facendo della dietrologia, corrono sempre all’indietro, in un’eziologia del problema … infinita.
Basti ricordare le orde barbariche abbattutesi sull’Impero romano o, e non è casuale nonostante le motivazioni bibliche, lo stesso Esodo ebraico, terminato con l’invasione e conquista dell’attuale Palestina.
Che poi si tratti di flussi migratori o di vere e proprie ondate armate di popoli conta poco. Ciò che conta sono le motivazioni che spingono un popolo, o parte di esso, a lasciare il proprio territorio per “occuparne” più o meno pacificamente un altro.
Gli occidentali hanno occupato i paesi terzomondisti prima con truppe coloniali e poi con le multinazionali. I popoli africani e asiatici tendono a occupare ora o con flussi migratori (arabi e africani) o con proprie finanziarie globalizzate (Cina e paesi petroliferi) l’Occidente.
Che poi in queste transumanze continue vi scappino dei morti ci sta. Il problema morale è però: di chi è la colpa di queste morti?

Secondo il discorso di Bergoglio sono di tutti e di nessuno. Lui si affida alla sensibilità del credente, che nella globalizzazione si è quasi persa nell’indifferenza.
Ovviamente pure l’indifferenza è una colpa. Però se tale è dovuta a carenza volontaria, non se dovuta ad accidenti che esulano da noi. L’indifferenza in un incidente stradale può starci, per i morti annegati in mare nelle traversate un po’ meno.
Nel primo caso, infatti, il credente, pur non essendo causa dell’incidente stesso, potrebbe essere un soccorritore (samaritano) occasionale nel bisogno; nel secondo è solo qualunquistico affermarlo perché in mare il credente né ci sta, né sa se in quel momento è solcato da rischiosi barconi stracarichi di “migranti”. Teoricamente potrebbe solo ipotizzarlo, anche se l’ipotesi non coincide con la realtà, ma spesso con la supposizione o la fantasia individuale.
Proprio come il piangere i morti con una corona in mare può essere un fatto misericordioso simbolico, anche se ormai insignificante all’oggetto dell’azione: i morti non li resuscita né salva più nessuno.
Interessante – a paradosso – sarebbe vedere il Vaticano affittare delle navi passeggeri, andare nelle nazioni d’origine dei migranti, imbarcarli e portarli … dove non si sa, evitando ai migranti le fatiche e i pericoli delle lunghe traversate di territori ostili o desertici per giungere alle spiagge da cui partono i barconi.
Accogliere, infatti, non significa solo creare punti di accoglienza immediati, ma anche dare la possibilità a tutti di integrarsi, di lavorare e creare reddito per poter vivere.

Wojtyla declamava accoglienza spalancando le braccia con il suo aprite le porte.
Perciò si potrebbe ipotizzare per il credente una responsabilità indiretta: quella dell’assegnazione del voto a un certo tipo di politica, pro o contro i flussi migratori.
La politica, però, è fondata sulla risoluzione dei problemi di un popolo di una determinata nazione, non di quelle altrui. Per queste vi può essere un aiuto eventualmente economico esterno.
Tuttavia ogni nazione è indipendente e la dirigenza di ogni paese dovrebbe saper risolvere i problemi propri. Se ciò non avviene non si dovrebbe dare la colpa ad altri, ma al sistema.

I paesi dei migranti sono stati colonizzati e sfruttati dagli occidentali. Tuttavia il ricercare le colpe della migrazione a cause pregresse è in parte qualunquistico, perché allora bisognerebbe andare a ritroso nel tempo fino allo … stesso Adamo.
Dopo? A colui che lo ha creato, non dandogli quella conoscenza e capacità che gli sarebbe stata necessaria per non compiere errori. Per cui: neppure il peccato originale.

I Paesi Ue sono in recessione e sopportano una forte disoccupazione. Si può discutere sin che si vuole se ciò sia dovuto a grandi errori politici e finanziari, senza però cambiare di una sola virgola lo stato delle cose.
Ora, calcolando che nel prossimo decennio vi dovrebbe essere dal solo continente africano un flusso migratorio verso l’Europa di 80 mln di persone, ben si capisce che ciò non solo porrebbe un enorme problema sociale, ma pure economico e occupazionale.
L’Ue non è il paradiso terrestre, dove basta entrarci e al resto pensa l’abbondanza  creata dal buon Dio. L’Ue è un continente in decadenza che può attrarre milioni di persone, anche se l’attrarre per l’immagine che i media di noi danno loro non significa che si sia in grado di sopportare un tale flusso imponente.

Adamo ebbe la colpa (biblica) di disobbedire all’ordine di Dio. In ciò sta la sua colpa a cui Dio lo richiamò dal nascondiglio. Allora il perdono era ben lungi dall’essere idealizzato anche nel Padre amorevole e misericordioso, con la conseguenza che Adamo fu cacciato fuori a … farsi le ossa. Come si sa il Dio canaanita era piuttosto “collerico” in certi frangenti.
Caino uccise il fratello e Dio gliene chiese conto. Però, a differenza di Adamo, lo marchiò in modo che nessun altro potesse alzare la mano su di lui.
La Bibbia non ci dice se nel frattempo Dio si fece tra i 2 fatti dell’esperienza e se si fosse cibato, per averla, del suo albero della … conoscenza.
Proprio come Bergoglio non ci dice come risolvere il problema dei migranti clandestini, né come agire per il loro e il nostro bene. Declama solo un indefinito idealismo fideista fine a sé stesso, incapace però di darci indicazioni utili su come risolvere il problema.

Bergoglio, da Papa, ha fatto un bel gesto simbolico. Un gesto destinato a spegnersi nel mare dei problemi non solo europei, ma pure internazionali. Proprio perché non accompagnato da  un dettagliato piano di intervento sull’annosa questione.
Ovviamente non spetta al Papa risolvere i problemi internazionali o dei flussi migratori. Come non spetta al credente, impropriamente indicato come Adamo e Caino.
Sarebbe però bene non che tacesse, bensì che accompagnasse i suoi discorsi almeno con delle idee pratiche su come risolverli. Magari anche sbagliate, ma comunque utili a creare un opportuno dibattito.
Diversamente farà solo dei semplici discorsi idealisti, sfocianti nel populismo religioso e nel qualunquismo intellettuale.
Perché se tutti fossero colpevoli è ovvio che nessuno sarebbe colpevole.
È questa è l’amara conclusione che l’omelia di Lampedusa ha evidenziato: non è colpevole Bergoglio, ma non lo è neppure il credente e il cittadino occidentale.

I morti non sempre hanno ragione; spesso hanno anche del torto.
Perché l’affidarsi alla ventura di traversate migratorie, ponendosi nelle mani di assetati avventurieri, è contro quel Libero arbitrio che tanto fu caro alla Chiesa e a molti suoi Padri e teologi.
Ognuno si assuma le sue colpe e responsabilità, migranti compresi.
Con buona pace sia di Adamo, sia di Caino, sia di ogni … credente occidentale

sabato 20 luglio 2013

Madre!

In morte di Dina Baglioni.


                                 Madre!

Madre! Come piccola chiara, fulgida stella in ciel appari,
là nel silenzio dell’immoto buio della pace eterna.
E ci guardi, nel proteggerci, nel duro cammin aspro,
che la vita riserva in terra all’errabondo  mortale.

Madre tu fosti e unica prole generasti in cosciente gioia;
figlia nell’estremo dolor la rendesti nell’amore vero.
Ammutolita e offesa talor vagasti in estrema audacia,
là, dove altri, nel tradimento si sarebber spersi.

Or la tua chiara luce brilla anche nell’estivo sol fulgente;
mentre il pensier nostro viaggia tra i misteri eccelsi
d’un’esistenza che, talor,  si perde nell’oscura  mente,
ma che senza clamor tu sempre, forte, sopportasti.

Qual tremulo astro errabondasti in un dur  lavor terreno,
mentr’or, lassù in ciel, illumini la nostra buia notte.
Piccol tremolante insignificante lume forse ad altri appari,
ma non a noi, che polar Stella ti guardiam fidenti.


                 Sam Cardell

martedì 9 luglio 2013

Troika: perseverare è diabolico!


S & P ha appena declassato l’Italia, come non si temeva, bensì già da tempo si prevedeva.
Pronta la  risposta – per la verità fatta poche ore prima – di Letta che siamo sulla via della ripresa. Lui e Saccomanni devono essere stati contagiati dal virus che aveva colpito Monti: quello del troppo ottimismo auto celebrativo fine a sé stesso.
Le cose non vanno affatto bene e rilanciare l’economia sarà non il problema, ma l’ottomila da scalare con gente (governanti) abituata a camminare solo in città.
Intanto dalla Commissione Ue arrivano giornalmente dei segnali (moniti) continui su ciò che si debba o non si debba fare. Idem da Draghi (Bce) e dal Fmi.
Il barometro economico dell’Ue, perciò non solo italiano, volge al brutto tempo. Quel brutto tempo che è il preludio alla tempesta.
I segnali più significativi vengono dati dagli indici delle Borse, intente non a fluttuare in un range omogeneo e stabile, proprio di un’economia stabilizzata, ma con fluttuazioni isteriche anche molto significative e contrastanti o nella stessa seduta o da un giorno all’altro.

La Troika è tornata in Grecia.
Come già avevo detto molto anzitempo, il problema Grecia non solo non è mai stato risolto, ma lo si è sempre più incancrenito.
La Grecia, ovviamente, non è la sola, visto che  pure il Portogallo sta vivendo un momento che dire negativo sarebbe un eufemismo. Là, infatti, diversi ministri del Governo si sono dimessi, anche se quando avevano accettato di assumere l’incarico avevano abbracciato la linea dell’austerità. Il loro non è un gettare la spugna per impotenza, ma il riconoscere che questa linea di soli tagli e di pura austerità produce sempre maggiori danni.

Alla Grecia servono ancora 8 mld di €. Per rilanciarsi? No, solo per continuare a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua che sta morendo.
Con il solito tira e molla li avrà, ma non perché la si voglia aiutare, bensì perché il lasciarla al suo destino significherebbe la morte dell’ e dell’Ue stessa. Ergo, anche magari solo a tranche, li avrà, in cambio però di altri servigi alla Finanza globalizzata. Quali? Il continuo smantellamento dell’esiguo stato sociale e della struttura statale, atto a favorire l’affidamento dei vari servizi a organi esterni.
Dopo la Tv di Stato (un mese fa) ora toccherà alla polizia municipale (5.000 addetti) e ai custodi (bidelli) delle scuole (altri 2.000). Che, ovviamente verranno messi in mobilità (praticamente licenziati a breve) senza un progetto specifico economico in grado di poter dare loro un lavoro.
La Grecia ha già un tasso ufficiale di disoccupazione che sfiora il 30%. Con i nuovi tagli è facile che a regime il tasso voli al 35%.
Se ciò è rilanciare e risanare la Grecia lo lascio alla considerazione di tutti.

Nel frattempo agli angoli delle strade, e anche nei cimiteri, si notano moltissimi ultrasettantenni intenti a chiedere l’elemosina. Hanno una pensione che dopo i continui tagli si è ridotta a soli 300 €. Con questa devono mantenere la prole (disoccupata o licenziata) e pagare pure l’esosa imposta sulla casa che, da straordinaria per 2 anni, si è tramutata con le continue manovre rigoriste in perenne. I figli, ovviamente, si vergognano di fare i questuanti.
Le madri abbandonano i figli piccoli alle porte dei conventi, perché il monastero - ancora fiorente nella struttura e nell’organizzazione in Grecia – sarà in grado di dar loro una ciotola di cibo e di assisterli, con la carità e dedizione ortodossa, in crescita e educazione.
Il traffico privato si è drasticamente ridotto e molti si sobbarcano km a piedi per recarsi al lavoro, non avendo i soldi per pagare il trasporto pubblico. Nelle case l’uso di elettrodomestici e di energia elettrica, o riscaldamento invernale, è diventato un lusso a cui molti hanno forzatamente dovuto rinunciare.

La Troika chiede solo tagli e rigore in cambio di spiccioli. Ciò continuerà a ampliare la già grave recessione del Paese che da più anni sta sprofondando.
A nessuno di questi super pagati signori viene in mente di predisporre un vero piano di rilancio dell’economia greca. Perché è ovvio che con tasse, tagli e licenziamenti questa continuerà a dilatarsi.
Per rilanciare l’economia – non solo greca – servono soprattutto: un piano globale strutturale produttivo e degli investimenti. Senza i quali sarà sempre più notte.
Quella notte che ha colpito anche il Portogallo e che sempre più minacciosamente sta oscurando Spagna e Italia.

Ogni tanto dai vertici della Troika – Bce, Fmi, Ue – vengono flebili ammissioni di errori compiuti nella gestione della crisi. Tuttavia si confessa il peccato, ma non vi è mai alcun ravvedimento.
Ovviamente - a ben guardare - quelli che stanno ai vertici vengono tutti dall’Alta Finanza e possono tranquillamente essere annoverati nella stretta cerchia di quel 1% che detiene il 90% della ricchezza mondiale.
Secondo il motto in uso nelle S.p.A. dove il voto vero arriva dalla percentuale di Capitale posseduto e non dalle teste votanti, come avviene nelle società popolari (banche popolari o di credito cooperativo).

Le elezioni possono dare la vittoria parziale a una compagine, che però alla fine diventerà il notaio della volontà della Troika. Ipoteticamente solo un forte consenso a una forza estremista radicale potrebbe cambiare le cose, anche se ciò significherebbe l’inizio della fine dell’€.
Sarebbe la ribellione del Popolo all’agonia infinita, però estremamente pericolosa per la Democrazia. Una democrazia che attualmente è solo nominale e fittizia, giacché i Popoli non sono liberi di poter decidere da soli se voler vivere o poter morire.

Dire che forse tra non molto vi saranno nuove elezioni nelle nazioni in recessione marcata è naturale. Che però siano da sole sufficienti a risolvere i problemi è utopistico.
E ciò avverrà finché quest’Ue permarrà intatta con i suoi strateghi e governanti, intenti a auto referenziarsi tra loro con continui Vertici che sono un inutile spreco di risorse.
Siamo nell’era della globalizzazione, dove anche il comune mortale è in grado di collegarsi in videoconferenza con un altro suo umile simile di questo nostro globo.
Tuttavia ogni mese i governanti si riuniscono in summit altamente costosi, quasi solo per avere un ampio riflesso mediatico.
Pare (è) un’assurdità della globalizzazione.

Draghi ammette che il disagio sociale possa esplodere in modo violento e improvviso tra non molto; tuttavia si persegue imperterriti su questa strada.
Quasi quotidianamente vi sono cittadini a cui l’esasperazione per la crisi ha rovinato la mente e che meditano, o attuano, una giustizia sommaria fai da tè.
Ai confini dell’Ue, oltre il Mediterraneo, i Paesi arabi sono in fiamme. Là il disagio sociale è già esploso e non si sa quando e come si sopirà. Disagio quasi promosso dal voltagabbana di certi governanti anche occidentali, la cui politica destabilizzatrice del recente passato sta dando i suoi frutti perniciosi.
Al che al cittadino comune viene sempre più frequente il chiedersi: ma a chi ci siamo affidati e da chi siamo governati?



mercoledì 3 luglio 2013

Il mentalismo in economia.


Le ricette economiche per risolvere la crisi non sono molte e seguono dei filoni di teorie economiche assai datate, perciò più adatte ai tempi passati che a quelli attuali.
Le principali possono essere raggruppate in 2 categorie: a) teorie keynesiane, b) teorie rigoriste.
La prima si basa sulle concezioni di Keynes, perciò sul monetarismo e sull’investimento fondato sul debito, perno delle ricette per risolvere la crisi del ’29. Debito, comunque, da intendersi provvisorio.
La seconda sulla teoria che bisogna avere i conti in ordine, per ottenere i quali è necessario operare tagli alla spesa: il rigorismo.

La mia analisi attuale non è comunque economica, ma piuttosto simbiologica e sociologica. Vuole trattare dell’evoluzione contagiosa che l’idea economica, perseguita da un personaggio noto (politico, religioso o economista), può inculcare non solo nella massa, bensì anche nella schiera degli economisti più o meno caserecci, oltre, ovviamente, nei media.

La teoria keynesiana, nelle sue varianti attuali, ha molti cultori, specie negli Usa, dove Fed e Governo la praticano massicciamente, con risultati opachi che consentono all’economia di restare comunque positiva.
Il Giappone usa una variante personale, basata sul monetarismo massiccio che trascura il Debito sovrano per il semplice fatto che lo stesso viene assorbito quasi interamente dalla Boj, con il risultato che ormai ha raggiunto il 300% del Pil. La svalutazione strisciante compensa sia la crescita costante del debito (che perciò ha minor valore), sia il potere d’acquisto della valuta.
In sostanza il debito è un fattore secondario all’economia. L’importante è che questa possa continuare a crescere simultaneamente al Debito, dando lavoro, occupazione e reddito.

In ambito europeo si sono perseguite finora politiche rigoriste, portando tutta l’Ue in recessione.
I risultati, per la verità, danno torto ai politici, che comunque molto lentamente variano strategia. L’apertura della Merkel sull’occupazione giovanile è una novità abbastanza recente, dovuta più al fatto che il disagio sociale serpeggia sempre più massiccio nel popolo – e i giovani sono per l’età i più pronti a contestare anche violentemente -, piuttosto che per una strategia economica consapevole.

Ciò che tuttavia è interessante è che l’ascesa al potere di una corrente economica, piuttosto di un’altra, porta una certa linea di mentalismo con sé. Riassumendo: media, economisti e popolo tendono ad abbracciare quella linea economica. Non importa se più per inconscia speranza o per asservimento al potere che per convinzione intellettuale.

I dati macroeconomici dicono che fino a che il Governo Berlusconi ha retto l’economia è sempre stata positiva.
L’avvento di Monti ha stravolto l’assetto dell’economia reale, mandandola – seppur involontariamente – in recessione. Ciò, nonostante la stessa linea rigorista avesse già dato pessimi risultati in Grecia, Portogallo e Spagna. Nazioni che, come l’Italia, sono ancora nell’occhio del ciclone recessivo anche in questi giorni nelle Borse.
Tuttavia dalla linea sagace di Tremonti, tesa a contestare la politica rigorista Ue – e soprattutto della Merkel – si è passati in un baleno a quella opposta.
Lo stesso Monti, che fino a poco prima di essere designato Premier benediceva con i suoi articoli economici sul Corriere della Sera la linea italiana, stravolge le sue concezioni di 180°. Non solo: buona parte degli economisti – specie bocconiani - abbracciano la linea del rigore, abbandonando in pubbliche affermazioni le loro teorie precedenti.
L’elenco sarebbe molto lungo; ma lo evito per amor di patria e di … amicizia.
La caduta di Monti porta con sé una nuova ondata di cambiamento. Per cui, ora, gli stessi che si erano schierati con Monti sono diventati i critici di quella politica.

I cambiamenti di mentalismo economico non si fermano però alla sola Italia, ma coinvolgono pure gli alti Vertici Ue.
È di oggi, infatti, la notizia che la Commissione Ue sta riprendendo in seria considerazione gli Eurobond, per i quali Tremonti s’era battuto strenuamente rispolverando l’idea di Delors.

Oltreoceano il nobel Paul Krugman affianca la teoria monetarista di Bernanke, il vero governante nominale degli Usa. Dietro a loro seguono a ruota quasi tutti. La stessa cosa avviene in Giappone sull’operato della Boj.
In Germania, Hans Werner Sinn detta la politica rigorista della Merkel, avversando spesso sia le scelte economiche compromissorie di alcuni Vertici Ue, sia le scelte di monetarismo spurio di Draghi (Bce), affiancato in ciò ben volentieri dalla Bundesbank. Seguito, ovviamente, da una nutrita schiera di economisti tedeschi e nordici, che vorrebbero un (Marco) per la Germania (nordiche) e un altro per le regioni mediterranee.
È interessante tuttavia rilevare che quando uno di questi personaggi corregge in parte le sue teorie, tutti gli altri lo seguono.
Ciò avviene ovunque.

La critica analitica, quindi propositiva, è sempre stata un fatto molto positivo in economia e in ogni disciplina.
Viene spontaneo perciò chiedersi perché oggi, davanti al potere, questa venga praticata da pochissimi studiosi, o intellettuali, e la maggioranza abbracci il mentalismo del capo, perciò del totem di turno. Salvo poi stravolgerne i dettami quando un totem cade e se ne innalza un altro.

Il mentalismo è un nemico della Democrazia, perché prona il pensiero generale al potente di turno.
Monti s’è eretto a salvatore della patria; e tutti a esaltarlo nell’operato, approvandolo, vertici istituzionali compresi.
Ora che vi è Letta tutti mettono il dito nella piaga del fallimento di Monti, dimenticando il loro appoggio politico e intellettuale dato fino alle sue dimissioni. Anche se lo stesso Letta, con tutto il Pd, ha sempre votato la fiducia a Monti, perciò la sua linea di rigorismo economico ch’era, nella sostanza, quella dettata dalla Merkel.

Ciò, non a caso, avviene anche nella Chiesa, dove prima lo IOR era considerato un pilastro economico dell’indipendenza del papato. Ora, con l’avvento di Bergoglio, tutto pare cambiare.
Singolare sarebbe stato l’evolversi dell’attuale scandalo economico della Chiesa con i 2 papi precedenti, che ben si guardarono di concedere alla magistratura italiana anche la sola autorizzazione ad interrogare come semplici testimoni (non da indagati) dei prelati coinvolti, ammantando diritti diplomatici.
L’economia, secondo Bergoglio, non è prioritaria per la Chiesa, anche se la reclama per tutti quelli che sono in grande difficoltà per la recessione.
Però Bergoglio – mi si consenta la citazione - è un papa curato, le cui omelie a S. Marta vengono tanto declamate pur essendo elementari, idealistiche e senza ricette pratiche. Proviene da una realtà terzomondista; e … si vede. Là è più importante la sopravvivenza nelle favelas che l’economia dello Stato, anche se l’economia è quella che può far sopravvivere anche le favelas.
La sopravvivenza prima dell’economia, anche se senza economia non si sopravvive.

Senza economia vi è solo disordine, caos e alta instabilità.
Proprio quella stessa instabilità mentale che oggi pervade troppe persone, a qualsiasi livello sociale, dove il mentalismo spesso si identifica col servilismo momentaneo al potere.
La carenza di economia è la tomba della democrazia, come molti paesi arabi stanno attualmente rendendo palese; in primis l’Egitto che ha già dimenticato la primavera araba, decapitando il suo faraone … da poco innalzato sul trono.