domenica 28 dicembre 2008

Le discrepanze della politica.

L’Italia, ufficialmente, è una nazione cattolica. Questo per quanto riguarda l’ufficialità.

Poi, a ben guardare, bisognerebbe riscrivere l’ufficialità in:

L’Italia è una nazione formatasi su una cultura a matrice cristiana!

Difatti solo meno di 1/3 della popolazione è realmente praticante. Ciò significa che i Valori portanti si sono diluiti e sono stati sostituiti da altri nei più.

Abbiamo, perciò, una società in evoluzione, o, se si preferisce e usando le parole di un amico esperto sociologo, una società in cerca di una nuova identità.

La stessa cosa sta avvenendo anche in politica: nuovi assembramenti, tentativi di amalgama, promesse di Costituente un po’ in ogni raggruppamento e molte posizioni, assai distanti tra di loro, che per opportunità elettorale, organizzativa, o di bacino di utenza, cercano un confronto sulla possibilità di coagularsi su una nuova ideologia sociale.

A dx abbiamo avuto il PDL, ancora in formazione ideologica e assembrato attorno ad una leadership basata sull’individualismo decisionale, ma carente (assente) sul piano culturale.

A sx abbiamo avuto un abbozzo di nuova identità, il PD, tra due ideologie principali oggettivamente antitetiche: massimalista e cattolica di sx. E come stia andando lo sanno tutti, persino Veltroni che ha bruciato sull’altare delle elezioni il suo futuro con l’unione al movimento populista di Di Pietro.

Poi vi sono altri piccoli raggruppamenti sparsi un po’ ovunque, dove l’ideologia è un optional inesistente e sconosciuto e dove il procedere a vista su interessi corporativi e settoriali è la regola principale.

Costituente che vuol dire?

Il cercare di “costituire” qualcosa di nuovo che prima non c’era.

Perciò, per attuarla, servono alcune cose di non poca importanza:

a) Una nuova ideologia[1] sociale in grado di assembrare intorno a sé più persone possibili.

b) Menti elevate che abbiano già chiara l’esigenza civile e le necessità esistenziali del popolo, onde poterle incanalare in un civile e pacifico costrutto politico. In pratica l’essere già radicalizzati nel tessuto sociale.

c) Gli uomini in grado di portare avanti un nuovo processo politico, perciò una struttura ramificata sul territorio.

d) Un leader capace di concepire l’ideologia e di comunicarla al popolo: un carismatico.

La Costituente, dunque, se vuole essere realmente tale deve dimenticare[2] il passato e puntare solo al presente e al futuro: essere una “Cosa nuova[3] generata dal sincretismo di più esigenze politiche e culturali.

Una costituente, inoltre, non può essere una lobby, né una corporazione. Perciò deve essere il faro per la maggior parte possibile della popolazione; in pratica non può puntare ad essere una forza minoritaria, ma egemone in prospettiva.

Ne consegue che i cattolici, se, come sembra[4], vorranno implementare nella società un nuovo soggetto politico, dovranno ideare un sistema sociale e non confessionale, essendo minoranza: cercare convergenze tra i movimenti laici basati sui valori.

Cosa serve innanzitutto?

Semplice: la disponibilità di tutti a fare due passi indietro e a confrontarsi senza alcun pregiudizio o condizionamento sulla possibilità di una nuova forma di coesistenza sociale, perciò politica.

E qua sono vocati tutti a dare il loro contributo: intellettuali, politici, esponenti istituzionali, attivisti, religiosi, filosofi, sociologi e … semplici cittadini.

Serve, dunque, un nuovo modo di fare politica: essere, nella Costituente, Istituzione e non partito!

Chi vuole far parte di una costituente non può trascinarsi dietro il passato, ma se lo deve dimenticare facendo tesoro dell’esperienza avuta; e i cattolici debbono dimenticarsi la DC.

Non ci sarebbe nulla di peggiormente[5] negativo che il pensare di ricostituire i vecchi schieramenti politici, magari variandoli nel nome e mondandoli della zavorra (marciume) che li ha appesantiti, specialmente se a rappresentarli alla dirigenza fossero gli stessi uomini.

L’inconsistenza ideologica del PD e del PDL sta, appunto, nell’aver creato una nuova entità conglobando soggetti diversi senza prima aver creato un indirizzo chiaro, se non quello puramente opportunistico di facciata.

Si è operato come se nel costruire materialmente una casa si partisse dal tetto invece che dalle fondamenta.

Vi sono perciò discrepanze nette, oggi, tra il cittadino (esigenze) e il politico (operatività), considerato pure che la maggioranza dei politici italiani non sono tali per vocazione, bensì per professione.

E qua c’è l’imbarazzo della scelta: interessati, faccendieri, populisti, carrieristi … e arrampicatori sociali, sia tra quelli in Parlamento che tra gli altri, che lo furono o che stanno nelle realtà territoriali.

Ciò non mi sembra che sia un grande valore morale, appunto perché l’uso dell’apparato pubblico dovrebbe imporre una moralità operativa oltre che etica, perciò comportamentale: il donarsi per tutti.

Bene comune” oggi non si sa più cosa sia, se non la somma matematica di tante pulsioni ed interessi sociali che, si pensa, possa, come le Borse, trovare prima o poi un proprio equilibrio cosmologico d’assestamento.

In campo internazionale guerre (non solo materiali) utili agli interessi spicci dei potenti (benestanti, ricchi) a scapito della vita dei semplici e dei poveri; in campo nazionale conflitti sociali che depauperano gli stessi valori difesi e i beni di tutti, e per rendersene conto basta guardare gli scioperi selvaggi nel campo dei trasporti o dei servizi.

Perché, diciamola tutta, oggi chi grida maggiormente e crea casino è, alla fine, quello che arraffa di più.

Siamo nell’uno contro l’altro tanto nella vita politica quanto in quella sociale: vige la legge della giungla dove le regole esistono sì sulla carta, ma sono disconosciute in realtà nel rimpallarsi delle responsabilità.

Molti parlano di Costituente di Centro.

Ha senso oggi parlare di Costituente di Centro quando questa ha per priorità l’ideare un nuovo sistema di cose?

Perché se la risposta è “sì!”, allora avremo tante costituenti politiche che saranno ancora il frutto semplice di tante lobby e corporazioni: al centro, a dx e a sx. Torniamo ai vecchi partiti o ai nuovi assembramenti/fusioni politici di recente memoria. Un modo vecchio di fare politica per non … cambiare!

E se i cattolici lo credono possibile (e se la vogliono fare) sappiano solo che si barricano, come minoranza sociale, alla pura difesa dei loro Principi e Valori, con la conseguenza pratica che saranno sempre di più minoranza e mai maggioranza: un gruppuscolo confessionale!

Una Costituente non è mai di centro, come non lo è il vero Politico; perché il suo dovere è quello di “personificare” negli interessi generali la Società, salvaguardando il diritto di tutti a coesistere pacificamente nel rispetto vicendevole.

Perciò il fatto di definirsi, oggi, di dx, di sx o di centro mi lascia estremamente perplesso, specie se poi si propugna nelle parole, non sapendo come realizzarla nei fatti, la necistà di una Costituente.

Forse è giunta l’ora di superare gli steccati, di togliersi le etichette, di strapparsi dalla pelle le appartenenze e i riferimenti[6] più o meno settari.

Perché, per chi oggi non l’ha ancora capito, questa è la vera esigenza e impellenza morale che crea danni, divisioni e attriti nella società.

Il bi-leaderismo, il bipartitismo e il presidenzialismo da dove vengono? Sicuramente non dalla vera democrazia[7], ma solo del prevalere di una forza sull’altra nel semplice computo dei numeri, quindi dell’essere schierati. E non mi sembra che nell’obbligo (imperativo categorico) del cristiano, la Carità, vi sia il dovere di schierarsi, anzi!

E se si vorrà utilizzare tutte quelle forze (e intelligenze) non solo cattoliche, ma anche laiche e moderate, che sono il nerbo fattivo della società, isolando gli opposti estremismi, non si potrà fare a meno che il concepire la Costituente quale Istituzione, a cui tutti quelli di buona volontà sono chiamati a collaborare.

È, questa, la base ineludibile di partenza.

Solo in questo modo si creerà, poi, un partito vero che non sia un’aggregazione elettorale di cartello, come è avvenuto nelle ultime tornate elettorali.

I veri Valori e Principi non si impongono nel credere confessionale, bensì nel far comprendere a tutti, con una dialettica costruttiva, l’importanza degli stessi. Innanzitutto nel confronto politico, poi nella scuola, nella famiglia e nella società.

E, se mi è concesso, se la Chiesa oggi ha perso per strada oltre il 2/3 dei praticanti è unicamente perché si è arroccata attorno all’altare, anziché dialogare e confrontarsi nella società civile. Non ha saputo comunicare!

E, forse, non è poco più di un caso se certi scandali finanziari, che hanno coinvolto istituzioni e strutture economiche della chiesa[8], siano avvenuti contemporaneamente[9] al crollo del partito confessionale.

Il Centro ci deve essere per forza anche e soprattutto restando cattolici fino in fondo.” Così scriveva giorni fa un amico nel suo breve post.

Mi sta bene il Centro se viene inteso come la possibile casa aperta a tutti.

Perché forse, molti, il Vangelo (Bibbia) lo leggono poco o non l’hanno letto (compreso) mai, scambiandolo con la messa domenicale o con la frequentazione di sacrestie.

Ed è ovvio che con tale mentalità si pretendano solo diritti, mai assumendosi i doveri.

Voglio la famiglia, la vita, lo stipendio, le comodità, il benessere, il piacere … il seggio in Parlamento, la Costituente … e via dicendo.

Però: sappiamo come realizzare ciò o lo demandiamo sempre ad altri?

Perché, in tal caso, è ovvio che non si concepisca il diritto come l’esigenza del vivere nel rispetto del diritto altrui, ma solo come prerogativa esistenziale egoistica e individuale.

La Costituente è il dovere del diritto!

Il concepire, l’operare e il costruire un modo nuovo del sistema sociale.

Chi vuole produrre una Costituente deve perciò: avere gli uomini, trovarsi un leader e radunare le menti pensanti per produrre un migliore sistema sociale.

E se a qualcuno pare poco, si metta subito all’opera giacché il tempo scorre inesorabile verso orizzonti di per sé già bui per la profonda recessione economica in atto.

La Storia ci insegna che le grandi recessioni hanno prodotto spesso, anche se non ovunque, tanti totalitarismi, comunemente enunciati nel lemma fascismi, siano poi stati di dx o di sx.

Ciò, normalmente, avvenne perché la politica perse il suo ruolo guida alla salvaguardia del Bene Comune della società, fossilizzandosi esclusivamente su interessi di parte.

Anche l’integralismo e il fondamentalismo religioso producono totalitarismi e se qualcuno ha dei dubbi si legga la storia e, se non lo vuole fare, guardi all’Iran attuale e al terrorismo islamico internazionale.

L’esigenza di una Costituente, perciò del promuovere un modo nuovo di fare politica mi pare venga percepito più dalla base che dalla dirigenza politica.

Il cercare di portare il politico di vertice verso una Costituente può essere utile; ma se poi questi non ne vede l’utilità, allora è meglio che la base vada per i fatti suoi, trovando in sé stessa le forze nuove capaci di realizzarla.

Diversamente si saranno fatte molte parole (auspici) senza produrre alcun fatto.




[1] - L’ideologia va intesa nel suo vero significato positivo e non concetto negativo di quando questa degenera.

[2] - Scindere la sua “esperienza” originaria da quella futura: non essere una semplice rielaborazione.

[3] - L’intuizione iniziale di Savino Pezzotta a seguito del Family Day.

[4] - Almeno nelle aspirazioni.

[5] - Ho usato appositamente questo avverbio per dare assoluta negatività a tale eventualità.

[6] - Sono di Tizio, di Caio, di Sempronio; faccio riferimento a X, Y, Z!

[7] - Intesa non come forma di governo, ma come essenza della dialettica che porta poi, nel risultato ottenuto, alla condivisione comune.

[8] - Evito di citarne per … amor di patria.

[9] - Negli ultimi decenni.

giovedì 25 dicembre 2008

Natale 2008

Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era …

Quante volte, ogni giorno, cerchiamo la luce affidandoci a qualcuno?

Io pure, prima d’iniziare a sviluppare questo breve pensiero, mi sono affidato a qualcuno, andandomi a rileggere l’articolo dello scorso anno: Natale 2007.

Coincideva, stranamente, con una nascita. Ora è passato un anno!

Un anno che potrebbe essere catalogato estremamente negativo, visti gli avvenimenti, se non fosse per quell’annuncio che ogni anno, grandi e piccini, sentiamo vigoroso dentro di noi:

Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà!

Un amico, vedendomi, mi contestò parte della frase dicendomi: la traduzione corretta è “… agli uomini che egli ama”.

Vero! Però la mia era una frase laica, perciò rivolta a tutti. Ne consegue che era più idonea così: … di buona volontà!

Ora, dal Prologo di Giovanni (1,6) ho tratto questa.

Più che tratta l’ho fatta mia, come lo scorso anno avevo fatto mia quella di Lc. 2,14.

Infatti, non voglio parlare di Giovanni Battista, perché ho messo gli omissis invece del suo nome; e gli omissis ci stanno proprio perché equivalgono al nome di ognuno di noi!

Dio ci ha mandato in questo mondo per essere luce: luce a noi stessi ed a tutti quelli che ci stanno accanto.

Un amico scriveva pochi giorni fa che a Natale siamo soliti fare tanti bei proponimenti di cambiare, sentendoci tutti un tantino più buoni. Per la verità li facciamo, i proponimenti, perché vediamo che siamo un tantino più cattivi di quello che avremmo dovuto essere. Diversamente non li faremmo.

Personalmente è decenni che non ne faccio più, da quando, pressa poco, diventai maggiorenne: in testa e non con l’età!

E ciò non perché mi paia d’essere buono, ma perché mi sembra un anacronismo.

L’essenza ontologica di Persona dove sta? Nell’essere stati mandati!

Mandati per nascere, per crescere, per operare e pure per … morire. E, in ogni frangente, per essere luce: a noi stessi ed agli altri.

Ma prima d’essere mandati si deve essere scelti: e Dio ha scelto ognuno di noi dandoci in dote, quale companatico corroborante per il viaggio, alcuni talenti.

Dio è morto!

Sì, è morto soprattutto nel cuore dell’uomo.

Che poi Dio sia realmente morto è un ragionamento di lana caprina; infatti, non potendosi dimostrare scientificamente che esista, si deduce che non si può dimostrare neppure che sia morto. Diversamente a che ci starebbe a fare la fede?

Perciò quello che è morto, o che muore ogni giorni nell’uomo, e l’essere luce; non quella luce (giorno) che creò per prima cosa con la Genesi, ma quella luce della ragione che illumina il nostro cammino.

Siamo una Nazione cattolica; però: dove sono i cattolici?

È Natale!”dicevo lo scorso anno. E in questo giorno le chiese si riempiono: piene di tanti pagani[1] e di pochi cristiani! Pagani senza luce!

Perché l’essere pagano, in questo caso, non è in antitesi con l’essere cristiano, ma è la negazione dell’essenza di Persona.

Un pagano è un perfetto cristiano, anche se non crede in Dio, o se crede in altro, quando si fa carico del suo essere Persona, perciò nel riconoscere negli altri tante altre Persone.

Diversamente non si è luce, ma tenebra: quella dell’egocentrismo, dell’egoismo e dell’individualismo.

La crisi finanziaria che si è abbattuta sulle nostre teste è figlia dell’egoismo: dell’arraffare a spese degli altri quanto più è possibile a costo di rovinare alcuni, se non tutti.

Regole bypassate, comportamenti spregiudicati, fondi altrui gestiti con assoluta noncuranza e rispetto, facile guadagno frutto di enorme rischio e gestione allegra di beni societari sono i mezzi di un incedere smodato proprio della globalizzazione selvaggia.

La morte decretata per legge ad un inerme non è la Legge della Persona[2], ma la legge dei giudici. Giudici che nelle tenebre del comprendere la legge vedono solo l’individualismo: l’essere persona solo se produttivi.

Gli altri come oggetto al nostro servizio.

L’anteporre il proprio diritto a quello altrui è il frutto dell’egocentrismo: il pensare che gli altri siano solamente di supporto al nostro interesse nella famiglia, nel lavoro e nella società. E allora non si concepisce il dovere del diritto, ma si reclama solo il diritto: il fare tutto ciò che più ci aggrada.

Ma ciò non è più diritto, ma solo iattanza del nostro essere non persona, ma “sole” cosmologico allietato da tanti pianeti, diramazione esistenziale del nostro essere oggetto principale egocentrico.

Oggi È Natale!

Un natale di rinascita e di comprensione del nostro vivere sociale; un natale di donazione all’altro senza alcuna distinzione tra credente e agnostico.

Perché, in definitiva non si nasce solo una volta, bensì in ogni momento in cui confrontiamo il nostro essere persona con il diritto di esistere altrui.

Spesso ci poniamo domande escatologiche: da dove veniamo, perché ci siamo, perché viviamo, perché soffriamo, perché amiamo e dove andiamo; e non ci accorgiamo che sono false domande.

Tutto ciò che significa? Che manca in noi la luce: la luce del nostro esistere, perciò dell’essere Essenza/Persona.

Se nella notte facessimo luce agli altri senza fare simultaneamente luce a noi stessi, non saremmo Persona, ma unicamente Cosa. Non un Essente, ma solo una materia esistente.

Un faro fa luce al navigante, ma è solo un punto luminoso fermo, statico e incapace di regolarsi da sé: ha bisogno di una persona per essere costruito e reso funzionante.

Perciò la persona che crea e fa funzionare il faro è essenziale alla persona navigante. Non esisterebbe la prima se non ci fosse la seconda; e viceversa.

Hanno parità e importanza esistenziale!

Cos’è il Natale?

La risposta più ovvia è: la nascita di Gesù! Ma questa è la risposta più banale e insignificante che ci sia.

Il Natale è invece la Luce: la luce dell’esistere che crea connessione e importanza all’Uomo.

Un uomo non sarebbe nulla da solo e, per quanto longevo, sarebbe unicamente un semplice oggetto: un esistito satellite all’esistente. Morto l’uomo l’esistente persisterebbe, perciò avrebbe realtà esistenziale egocentrica rispetto all’uomo.

La sua (dell’uomo) importanza è data da quella Luce, “Sia la luce”, della Genesi, senza la quale neppure Dio avrebbe visto che era buona.

E, proseguendo nella creazione, si arguisce che il creato fa parte di quello “sviluppo” divino, o materiale, che è Essenza stessa del suo nascere.

Dio, in sostanza, è “nato” insieme alla Luce, o, ponendola teologicamente, è la Luce, il creato … l’uomo stesso.

Ama il prossimo tuo come te stesso!

E amando il prossimo si ama Dio: … ogni volta che farete ciòlo avrete fatto a me.

Ne consegue che, per Dio, gli uomini che egli ama sono quelli di buona volontà, perciò quelli che amano il loro prossimo come sé stessi. Perché l’amare sé stessi è l’amare il prossimo; e facendo ciò si ama Dio.

Che strano: tre persone che si amano vicendevolmente!

Questo non vi dice qualcosa?

Noi tutti siamo un uomo mandato da Dio; e ci ha mandati per essere luce nel mondo: per vedere che il nostro operare è “buono”.

E la luce illumina la nostra nascita “perenne”, il nostro lento incedere e il nostro operare.

Ma se alla luce (ragione) anteponiamo il nostro egocentrismo, egoismo ed individualismo, allora è ovvio che non vediamo più il prossimo/persona, ma neppure noi stessi come Essenza: siamo come materia informe e grezza capace solo di un esistere temporaneo come semplice oggetto.

Non siamo luce, non siamo amati e non siamo di buona volontà.

I nostri buoni proponimenti, in cosa consistono? In un’intenzione o in una volontà?

Spesso in un’intenzione, perciò in un normale auspicio; ed allora sono opera morta.

Se sono volontà, allora questa e il seguito di una condivisa comprensione del nostro vivere, perciò un modo operativo procedurale, anche se perfettivo.

Saremo in questo caso luce nel mondo: a noi stessi ed agli altri.

A tutti voi parenti, amici, lettori e conoscenti vada il mio sentito:

Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era … (quello di tutti voi)!

Felice Natale 2008!

Sam Cardell




[1] - Pagano, in questo caso, è chi prega per ottenere, vincolando la sua richiesta alla sua individuale necessità: la preghiera feticista e occasionale atta a soddisfare sé stesso.

[2] - Diritto di esistere.

sabato 20 dicembre 2008

I Tassi e il capitalismo infruttifero.

Madoff ha fatto il suo bel buchino (giochino); e anche le banche italiane “qualcosa” ci hanno rimesso.

Il problema non è se sia un criminale finanziario o no, bensì tutti i grandi esperti, compresi i nostri, che gli correvano … dietro.

I buchi, tutto sommato, li hanno prodotti un po’ tutti con la finanza creativa (allegra); e difatti la “diversificazione” degli investimenti se è una regola primaria per l’incompetente (privato) non lo dovrebbe diventare, generalizzata, per le grandi società (banche, finanziarie …), perché queste hanno strumenti e controlli che dovrebbero (è il caso di sottolinearlo) valutare l’utilità dell’investimento nella sicurezza e nella redditività.

Non per nulla l’altro ieri Tremonti, da intelligente[1] furbetto quale è, ha evidenziato che “È demenziale stare ad ascoltare e prendere lezioni da chi non ha capito nulla, o ha capito molto, e ha sbagliato tutto.”, specie se questi alti funzionari (e geni) avevano a loro disposizione tutti gli strumenti per monitorare, comprendere e regolamentare ciò che stava da tempo avvenendo.

Ma il fermarsi a discutere sul latte versato è solo controproducente, anche se non bisogna dimenticare.

La Fed ha appena ridotto il TUS allo 0,25% e la Banca del Giappone allo 0,10%.

Tutto ciò cosa significa?

Che quando i tassi sono così bassi il capitale non rende niente: a) a chi ha investito perché gli è difficile sopravvivere e recuperare l’investimento; b) a chi finanzia (concede) a rischio perché il lume non vale la candela.

Perciò il Capitale è sull’orlo del baratro ed è equiparato, in tale congiuntura, all’investimento (uso destinato) massimalista: un metodo d’economia sociale!

Ecco perché gli Stati e le Banche centrali entrano massicciamente sul mercato con capitali propri, applicando il loro dovere istituzionale.

Negli anni ’90 la Banca del Giappone aveva già ridotto a tale livello il TUS, ma i risultati avuti non erano stati significativi, perciò non esaltanti.

Infatti, quando i tassi scendono a zero, significa che la situazione è tanto grave che si è all’ultima spiaggia. Se si sbaglia il tracollo è garantito.

In pratica più il TUS si avvicina allo zero, più la speranza di farcela scema nei vari soggetti interessati: finanzieri, imprenditori, politici e cittadini. Ed è ciò che sta avvenendo un po’ ovunque nel mondo.

I grandi colossi diventano pupazzi di cartapesta e si afflosciano all’improvviso, sia nel settore economico/finanziario che in quello industriale.

Negli U.S.A., ma anche in Europa e in estremo oriente, tali casi si sono ripetuti, trascinando nel baratro dell’insolvenza pure molti altri soggetti interconnessi e minando alle fondamenta il sistema delle sinergie di partecipazione.

E se l’oro resiste ancora come bene rifugio, il Future sul petrolio traballa a tal punto che solo i falchi Opec premono per ridurne la produzione, nel tentativo di sostenere ad un determinato livello i loro profitti. Infatti, a vendere sono poi quelli che spuntano un prezzo inferiore e quindi non vi è taglio alla produzione che possa reggere, specie se la domanda mondiale crolla a seguito della recessione industriale.

E se uno stato produttore ha in essere impegni gravosi (Iran, Venezuela …), per accrescere la propria potenza economica, è ovvio che tenda a sostenere il prezzo con ogni mezzo, avendo disperato bisogno di capitali.

Chi rischia, infatti, non è solo il sistema produttivo, bensì anche quello estrattivo per una duplice ragione: 1) il non trovare sbocchi sul mercato per la recessione; 2) il pericolo di affossare i propri stessi investimenti nelle società occidentali.

Chi finora ne ha fatto palesemente le spese sono state le società finanziarie e una parte del sistema industriale, specie quello legato al settore automobilistico, sia che siano fallite, come alcune, sia che siano state soccorse dai rispettivi governi, come altre. Le notizie di questi giorni su GM e Chrysler sono emblematiche.

In alcune parti d’Europa, per ora, il cauto ottimismo regna ancora sovrano, anche se le prime crepe vistose si stanno dilatando, paventando il crollo finale. Non per nulla la nostra Fiat ha chiuso i battenti per un mese e poi si … vedrà.

Chi si ricorda i trionfalismi di Zapatero, sul nuovo miracolo economico spagnolo di soli pochi mesi fa, non può far a meno di notare che la Spagna è una delle nazioni più inguaiate del vecchio continente, con picchi del 50% in meno in vari settori. Ma era una debacle annunciata e basta andarsi a rivedere alcune mie precise annotazioni[2], a ciò relative, e l’espansione immobiliare abnorme degli anni scorsi.

Il 2009, a detta di tutti, sarà l’hanno cruciale: quello che ci dirà se i nostri politicanti saranno in grado di far reggere il sistema, oppure se tutto andrà a catafascio. Perché è ovvio che se il crollo inizia da una parte si ripercuote a catena ovunque.

Quello che pochi[3] sperano realmente è che nel prossimo anno si tocchi il fondo; diversamente saranno guai seri.

La Fed, in sostanza, non ha altri spazi di manovra correttiva sui tassi. Teoricamente, d’ora in avanti, li può solo alzare, essendo a zero.

Rinuncia in pratica ad una politica monetaria, addossando alla politica nazionale, perciò al Tesoro U.S.A., l’incombenza di procedere. Si riserva, unicamente, la prerogativa di concedere prestiti, di fissarne la scadenza e, in questo modo, di immettere liquidità nel sistema, conscia che ha usato tutto il suo potere (mezzi) per contrastare la congiuntura negativa.

Ora bisognerà vedere quanto l’apparato americano potrà permettersi il rischio inflattivo, giacché nel liberismo democratico l’operatività del sistema è prioritaria all’inflazione stessa potenziale.

Molte altre Banche centrali sono nella stessa situazione, mentre l’Europa ha dei leggeri margini di manovra.

I tassi sono comunque ad un livello tale che il non abbassarli ulteriormente sotto il 2% non implica l’impossibilità d’investire, sempre che le singole banche si adeguino conformando il costo del danaro. Ma se non vorranno strozzare il pollo (cliente), rischiando di rimanere con una manciata di mosche (crediti inesigibili) in mano, dovranno adeguarsi.

La BCE, nel proprio statuto, ha come priorità la difesa del sistema economico comunitario dall’inflazione, ma ultimamente sembra che si stia optando per altre priorità.

Perciò che farà? Una politica di comodo e di opportunità, seguendo la Fed al ribasso, oppure di rigore e di sacrifici tesa a sanare il sistema? Mi auguro la seconda, anche se procederà con la prima.

Da alcuni mesi sta immettendo enorme liquidità nel sistema, anche se perlopiù nel tentativo, finora, di sorreggere le grandi banche.

Ma questa liquidità, che sono poi altri debiti fondati non sulla consistenza, ma unicamente sulla cartolarizzazione, ha bisogno d’essere piazzata, come i bonds dei vari debiti statali, sul mercato.

Il debito americano, per quanto mi risulta, è classato principalmente nei Paesi arabi produttori di petrolio e nei grandi Paesi emergenti dell’estremo oriente, specie la Cina. E ciò non potrà che condizionare la politica estera americana ed emarginare sullo scacchiere internazionale l’Europa.

Il $, di conseguenza, perde la sua importanza quale moneta di scambio e la volatilità, di questi giorni, rispetto all’, con forbice oscillante tra 1,26 e 1,42, indica non una chiara ragione economica, ma solo l’isteria dei singoli operatori. Non è basata sui fondamentali economici! E questa volatilità accentuata (perdita di stabilità di cambio) si traduce pure nell’ampia fluttuazione isterica delle materie prime.

E la stessa isteria e volatilità la ritroviamo nelle Borse, che continuano gradualmente a scendere; e scenderanno ancora se altre importanti società, o personaggi, faranno default.

Siamo in un periodo in cui i fondamentali di macroeconomia e le capitalizzazioni aziendali vengono in pratica ignorati!

L’Italia ha un handicap notevole strutturale: la debolezza nella competitività internazionale, ulteriormente accentuata dall’enorme debito pubblico accumulato.

Ha, tuttavia, la fortuna di basare il suo impianto industriale e bancario su poche grandi aziende e su moltissime piccole e medie imprese. È ciò consente una flessibilità operativa maggiore e una distribuzione del capitale più omogenea, oltre che con minor esposizione.

Quello che invece preoccupa è che tali aziende sono spesso a conduzione familiare, perciò in grado di resistere, da una parte, per i minori costi sostenuti, ma, dall’altra, di non avere quell’interesse sociale specifico di vedere l’utilità d’investire ulteriormente anche in perdita o a guadagno zero. La loro flessibilità ha una stretta correlazione con l’opportunità.

Le migliaia di aziende che in questi ultimi mesi hanno chiuso i battenti sono appunto della piccola e media impresa, creando nel mercato del lavoro un’emorragia costante a cascata, all’apparenza poco visibile.

Se chiude un mese la Fiat, la notizia va su tutti i quotidiani; se chiude un’azienda con 10 dipendenti non ci fa caso nessuno se non l’operatore del settore; ma appunto per questa progressiva e incessante moria la percentuale dei disoccupati diventa consistente.

Non molti giorni fa ebbi un lungo incontro privato con un parlamentare, il cui intendimento e auspicio era di stare a vedere cosa combinavano gli americani. Il suo pensiero era che, se ripartiva l’economia americana con Obama, i nostri problemi si sarebbero risolti da sé.

Chiesi se questa idea fosse unicamente sua, oppure del suo partito o di tutto il Parlamento. Mi confidò candidamente che tutti stavano a guardare oltreoceano e non avevano valide strategie alternative.

La cosa mi incuriosì e approfondii il problema con alcuni input economici e compresi che non si era in grado, tra la stragrande maggioranza dei politici, di ipotizzare non solo un contrasto positivo alla recessione e allo sconquasso finanziario, ma anche di comprenderne la gravità.

Alla fine mi disse candidamente: “Di queste cose non ci capisco niente!”. Beata … innocenza!

E se una situazione, pur essendo drammatica, non viene concepita perfettamente in alto da chi dovrebbe porvi rimedio, appare chiaro che anche il solo assumersi la responsabilità di comunicare al popolo lo stato effettivo della situazione diventa improbo.

Abbiamo comunque un uomo, Tremonti, che sta battagliando caparbiamente in Europa per imporre una certa linea economica.

Pone, nel suo procedere, valide ragioni analitiche e sociali basate sui fondamentali e sulla fattibilità operativa.

Credo che il suo operare sarebbe maggiormente produttivo se riuscisse ad imporre, in tempi brevi, una regolamentazione delle attività borsistiche e finanziarie, destinando il loro uso unicamente all’investimento a medio/lungo termine, togliendo (impedendo) di fatto allo speculatore quell’incauto incedere che crea solo volatilità nei titoli, isteria di capitalizzazione nelle società per i bilanci e grave sconcerto (perdita di fiducia) nel cittadino.

Abbiamo avuto una Finanziaria anticipata (rispetto al solito), non è stata variata nonostante il crollo dei mercati internazionali e si procede in campo politico con il sostegno della nazione, ulteriormente avvalorato dall’esito elettorale di questi giorni.

La fiducia nel futuro latita un po’ ovunque, ma un moderato e sano ottimismo non langue.

Per farcela abbiamo bisogno di tre cose:

a) L’essere tutti uniti nell’obiettivo di vincere la recessione.

b) Il concepire l’uso del capitale anche ad uso sociale e non solo individuale.

c) Il renderci conto che i debiti vanno comunque saldati e che, di conseguenza, dobbiamo ridurre in parte il nostro tenore di vita.

E se ciò avverrà l’uscita dal tunnel recessivo sarà più vicina di quanto possa sembrare.

Se poi, pure i politici, sapranno destreggiarsi nel concepire esattamente lo realtà macroeconomica e i fondamentali, allora saremo sulla buona strada. Perché va bene declamare il Bene comune, i grandi Valori e Principi, ma se questi non sono correlati all’economia è ovvio che vadano ognuno per la loro strada.

Il capitale e il sistema liberista democratico vanno salvaguardati perché il primo è essenziale per procedere e il secondo è di stimolo alla crescita individuale e sociale.

Il socialismo è crollato anni fa; facciamo in modo che non crolli anche il capitalismo.

I tassi a zero sono l’ultimo rimedio possibile, la mossa estrema che resta ai dirigenti monetari. Dopo di che vi è solo lo stato: e lo stato siamo noi.

È nostro compito (politici, imprenditori e cittadini) fare si che il loro ribasso sia fruttifero al sistema e alla società, scorporandolo dell’attesa americana.

Perché in sintesi il vero Obama non ha ancora iniziato il suo mandato; ma il nostro “casereccio” sappiamo che fine ha fatto.

La storia non si fa con i se e con i ma, e neppure con le chiacchiere e le promesse.

Non ho mai strabiliato per l’afroamericano, ma non mi pare che stia facendo sfracelli, pur non avendo ancora materialmente il timone tra le mani.

Va comunque ricordato che già prima delle elezioni i due candidati avevano concordato e sottoscritto la politica economica di Bush; e questa, resta, tuttora, la sola operativa.

E se non fosse per lui il salvataggio momentaneo di GM e Chrysler sarebbe già naufragato ed oggi avremmo un altro gravissimo tracollo sui mercati. Questo, tuttavia, è solo momentaneamente scongiurato, perché le aziende interessate hanno solo tre mesi di tempo per programmare una strategica ristrutturazione o fallire.

Ciò ci conduce ad una sola trista realtà nazionale: dobbiamo fare affidamento sulle nostre forze e sulle nostre capacità e non sulle aspettative basate su “arrivano i nostri”.

Perché se il debito pubblico americano è classato principalmente in una parte del globo è ovvio che la politica sarà condizionata da ciò e dal rapporto preferenziale con quelle nazioni.

E non è detto che il grande taumaturgo abbia successo!

Mi pare assai stupefacente che, nonostante ciò che è successo, non si sia posto mano alla riforma del meccanismo di governo dei mercati; come, d’altro canto, latita un organismo di controllo sovrannazionale in grado di verificare i vari distaccamenti bancari posti oltre i confini nazionali.

Va sottolineato che, sulla base di Basilea 2, il disciplinamento di controllo viene affidato all’autoregolamentazione aziendale.

A ciò si deve aggiungere la revisione dei bonus remunerativi[4] per i manager, basato oggi per lo più sui risultati trimestrali, diventati ormai un rito sovrannazionale.

I quali dovrebbero essere ancorati al medio lungo periodo, onde consentire un monitoraggio preciso dei risultati ottenuti, oltre ad essere affiancati da penali[5] in caso di gestione deficitaria o fallimentare.

I bonus a breve termine sono la causa principale della propensione eccessiva al rischio, perciò del superamento di tutti quegli steccati etici e procedurali che mostrano la via della ragione e della cautela.

Ad inizio anno nel mondo vi erano 5 grandi Banche d’affari; ora solo 2 e non nuotano in buone acque neppure queste essendo quotate tra i Credit default swap. Le altre sono o fallite, o inglobate (salvate) da altre.

Il loro crollo è principalmente dovuto ai buchi finanziari creati non tanto da veri investimenti errati, bensì da quelli fondati sulla speculazione selvaggia fine a sé stessa.

E forse non è un caso che le bolle speculative al rialzo siano cessate quando tali soggetti (e non solo le banche americane fallite o inglobate) sono scomparsi dal mercato per crack.

Tante sono le cose a cui porre mano e da riformare, comprese le retribuzioni nel mercato del lavoro. Perché appare inconcepibile che vi sia una forbice salariale stratosferica, in certi casi di mille[6] volte superiore, tra l’operaio e il manager aziendale.

Infatti, guardando bene, chi ora sta pagando[7] gli ingenti danni del dissesto finanziario e della conseguente recessione non sono i grandi manager ultra remunerati che crearono il buco, ma il semplice cittadino che rimane senza lavoro e perciò anche senza reddito.

E questo non è più capitalismo, né liberismo democratico, bensì solo plutocrazia spiccia.




[1] - Sottolineo la positività di questo mio aggettivo, espresso con convinzione e rispetto e non con ironia!

[3] - Pochi, perché la loro “speranza” è che il sistema si assesti, anche se le premesse vanno ben oltre la speranza; perciò in un tempo più lungo che reclami un cambiamento sostanziale del sistema, finora trascurato e a cui nessuno ha messo mano, specie nella regolamentazione della globalizzazione finanziaria selvaggia e della speculazione fine a sé stessa.

[4] - A mio modesto parere eccessivi.

[5] - Interessante, a proposito, è l’iniziativa adottata dal Credit Suisse, dove l’azionariato ha deciso di retribuire i propri manager per il 30% in contante e per il 70% in “titoli spazzatura”, presenti in portafoglio, che hanno arrecato danno all’istituto.

[6] - E in certi casi anche maggiore.

[7] - Economicamente e a latere penalmente.