martedì 1 ottobre 2013

Merkel, Ue, Italia e … dintorni.


Molti affermano che la Merkel ha stravinto in Germania. Però, come spesso avviene, di norma chi stravince è poi quello che in realtà ha perso. Infatti, per governare, dovrà cercare l’appoggio non degli alleati – spariti dal parlamento tedesco in quanto cannibalizzati dalla Cdu – bensì dei suoi oppositori/competitori nelle elezioni.
E poco conta che per pochi punti non abbia avuto il premio di maggioranza che le avrebbe permesso di governare da sola.
Benché la mentalità democratica politica tedesca non sia paragonabile a quella rissosa italiana, sarà comunque impegnativo per lei formare la grosse koalition senza rinunciare a alcune cose importanti del proprio programma elettorale. E, con queste, pure a certe sue pretese egemoniche in campo Ue

La Merkel in questi anni ha fatto il suo dovere di governante locale, facendo (imponendo) gli interessi della Germania in ambito Ue; proprio mentre gli altri governanti – effettivi o in pectore – sono stati attenti per lo più a correre subito a riverire la premier tedesca come cagnolini scodinzolanti, facendo perciò l’interesse della Germania e non del proprio paese. Chi si è opposto in passato alla politica egemone merkeliana è stato spazzato via con l’uso o di immani pressioni finanziarie[1] sul mercato, o di poco ortodosse ingerenze politiche sui poteri forti locali. Non per nulla alcuni sostengono che la Merkel sia un nuovo Hitler riveduto e corretto.
Da sottolineare, inoltre, che i cittadini contrari all’ sono aumentati, mancando per una piccola manciata di voti il loro ingresso ufficiale nel Reichstag. Ciò significa che pure in Germania avanza una certa resistenza all’Ue e all’€.

L’economia italiana era basata sul manifatturiero e sull’agricoltura, smantellati gradualmente o da imposizioni comunitarie o da ottuse politiche economiche di delocalizzazione. Basti citare la carne, il latte, il vino …
Il futuro produttivo è sempre basato sull’innovazione. Mancando quella il declino è inesorabile.
Da Monti in poi non si può dire che l’impostazione politica italiana sia stata diretta a potenziare e a proteggere l’economia italiana. Anzi, con l’austerità è stato il contrario: tesa a favorire quella concorrenziale tedesca. È stata penalizzata a tal punto che la disoccupazione è schizzata a record storici, aggiungendo alla quale i cassintegrati si ha un quadro abbastanza fosco del futuro italiano.
Monti e Letta hanno inaugurato la stagione dei decreti spots subliminali, che, ovviamente, sono ben lungi dalla realtà: salva Italia, cresci Italia, decreto del fare
Risultato: la ripresa non è dietro l’angolo, bensì ancora lontana dal trovare la strada per iniziare. I loro decreti han prodotto solo un buco nell’acqua del mare.

La recessione italiana e Ue sono in frenata; ma che il suo rallentamento porti automaticamente alla ripresa, perciò alla crescita, è tutto da dimostrare. Basterà un nonnulla per potenziarla ulteriormente in una caduta vorticosa.
E questo nonnulla è riassumibile con: scelte politiche errate, imposizione fiscale elevata, costo del lavoro oneroso, instabilità politica e pressioni finanziarie internazionali speculative sui Mercati.
Letta è un tergiversatore naturale, sia per indole che per necessità contingenti. Non per nulla la sua capacità culturale partorì a suo tempo l’idea dei mattoni, dei 2 operai e della cattedrale.
Passerà alla storia come colui che anziché affrontare di petto le problematiche italiane, e risolverle, le ha spostate con decreti sempre in avanti, lasciandole perciò irrisolte: Iva e Imu su tutte.
Come premier si è dedicato principalmente a viaggiare per il mondo, passando probabilmente più tempo all’estero che in Italia. Contornando le sue uscite con dichiarazioni trionfalistiche e rassicuranti, quasi subito sempre smentite dai fatti: stabilità del governo, recuperata credibilità, …
Il che dà già l’indice della sua statura e della sua lungimiranza politica.

I paesi mediterranei sono stati penalizzati dalle manovre Ue, andando tutti in forte recessione. Anche se i paesi forti Ue hanno buone possibilità di ottenere a breve Pil leggermente positivi, ciò non vuol dire che la ripresa è iniziata. Procedendo con Pil sotto l’1% ci vorrà almeno oltre un decennio per riportarsi a livello pre crisi (2007), considerando pure che i costi nel frattempo sono aumentati.
Dire che la ripresa è iniziata perché la recessione ha frenato è eufemistico. Al massimo si starà in stagnazione.

La politica italiana è da tempo in forte ebollizione. La decadenza di Berlusconi non ne è la causa, ma solo la scusa utile a boicottare questo esecutivo, nato soprattutto per il volere del Cavaliere e di Napolitano. Infatti, se fosse stato per il solo Pd, questo governo non sarebbe mai sorto.
Il Pd, in pratica, ha subito scelte esterne al suo asset, avendo fallito tutti i suoi obbiettivi: vincere le elezioni a man bassa, fare un governo monocolore, impostare una politica economica basata su un progetto mai definito di penalizzazione della proprietà. In pratica ha mollato subito persino i propri alleati elettorali.
Perciò, dietro all’apparente decadenza di Berlusconi si cela il forte disagio a proseguire su una certa linea politica. Andare allo scontro sul Cavaliere significa rimettere in discussione tutti i provvedimenti economici del governo attuale.
Ciò, nonostante sia gli appelli di Napolitano a trovare una soluzione sul caso, sia le varie mediazioni prospettate anche da esponenti politici (Mauro).

Il Pd ha da tempo una lotta intestina al suo interno. Il suo problema principale è quello di avere gruppi contrapposti che agiscono come bande in guerra perpetua tra loro. È un agglomerato e non un partito.
Non ha neppure un leader in grado di compattarlo; non ha un progetto né politico, né economico definito. Si procede essenzialmente con spots e battute. Latitano le idee su come impostare una nuova società.
Ha solo dei boys amanti ancora del ciuccio, nonostante l’età raggiunta, che credono d’essere grandi solo per aver scritto dei libercoli farciti da idiozie filosofiche e sociologiche.
Da Renzi non ho mai sentito uscire di bocca un programma, ma solo battute e spots. Nonostante le brucianti sconfitte precedenti tenta di impossessarsi del Pd, convinto di poter vincere a mani basse la prossima tornata elettorale. E non potendo stare in standby per anni si muove continuamente all’interno del suo (?) partito come una mina vagante.
Per quanto neghi è colui che oggi avrebbe il maggior interesse ad andare a elezioni immediate.

L’economia italiana langue e con questa l’occupazione. Il paese è ormai in caduta libera e la disoccupazione giovanile supera il 40%. Le aziende chiudono; e quando non lo fanno ci pensa la … magistratura con l’acciaio a rendere felici i tedeschi, nostri diretti concorrenti.
La Legge di stabilità deve essere ancora partorita. Ciò nonostante si discute di rinvii perenni di Imu e di Iva, dimenticando il fiscal compact che questa dovrà contenere.
Come si farà a rilanciare occupazione e Pil con altri 40 mld da trovare, quando non si riesce a racimolare il mld che serve per scongiurare l’aumento dell’Iva, è già un interessante programma. Né Letta, né Saccomanni lo hanno ancora detto.

Se si dimentica che la crisi è venuta dal Mercato, perciò dall’abuso dei derivati, la crisi non la si supererà mai. Come non la si supererà mai se si dimentica che i paesi mediterranei sono andati in tilt perlopiù per l’attacco che i Mercati hanno prodotto con la speculazione sui loro Titoli sovrani.
Tutto ciò ha portato diversi paesi ad accrescere il loro Debito sovrano, soprattutto per gli alti interessi che lo spread ha prodotto sui loro conti.
Alcuni paesi forti han fatto incetta di questi titoli ad alti tassi, salvo poi farsi garantire nella propria speculazione dalla Comunità (Ue) intera. Basti pensare a chi ha speculato e beneficiato sui titoli ellenici e irlandesi, traendone grandi profitti in ogni senso.
Ovviamente non per nulla sono quelle stesse nazioni che si sono opposte con ogni mezzo agli Eurobonds. Questi le avrebbero private di molti privilegi e redditi.

L’Italia da anni ha un notevole avanzo primario. Ciò nonostante – e nonostante la cura impositiva da cavallo di Monti – il suo Debito sovrano si è dilatato in breve di oltre un altro 10% per 2 fattori: la compartecipazione alle spese sui rischi finanziari Ue (18%) e il differenziale dello spread sul Bund.
L’imposizione fiscale è diventata insopportabile, riducendo drasticamente i consumi e bloccando tutta l’economia reale.
L’ultimo aumento dell’Iva dal 20% al 21% ha ridotto le stesse entrate dell’Iva in un anno di ben il 6%.
Le accise sui carburanti, dall’avvento di Monti, sono state aumentate ben 5 volte, portando il costo dei trasporti ad incidere notevolmente sul prodotto finito.

Per avere il termometro dell’economia italiana basta fare il breve tratto dell’A1 tra Bologna e Firenze. Si noterà, rispetto a solo un paio di anni fa, la scomparsa progressiva del traffico pesante, che prima la intasava con un serpentone di decine di km di Tir, ora ridotti al lumicino.
Se i Tir non viaggiano significa unicamente che non vi è quasi più nulla da trasportare, perciò che le produzione industriale e il commercio sono in caduta libera.
Perciò, pur con imposizione elevatissima, pure le entrate fiscali rischiano di collassarsi latitando la produzione e il commercio. E questa è una delle ragioni per cui una certa parte politica ha voluto e preferito spostare la tassazione sul patrimonio, colpendo quindi anche la prima casa.
L’Imu non è una tassa iniqua. È solo una delle tante tasse che stanno strangolando il paese. Mentre i governanti pensano a rilanciare produzione, occupazione e crescita solo nella loro mente, sempre attenti e ossequenti ai dettami Ue, in buona parte coincidenti con quelli della Merkel.

Scongiurare l’aumento di un punto di Iva significa reperire circa 1 mld. L’aumentarla significherà l’ulteriore calo del gettito Iva di un altro 10% circa. Perciò, calcolando che l’Iva vale oltre il 40% delle entrate fiscali, la somma che poi bisognerà reperire è subito … calcolata.
Scongiurare di sforare il patto di stabilità del solo 0,1% vuol dire reperire altri 1,8 mld.

L’Italia – e con essa altri paesi – hanno bisogno di investimenti sostanziosi e coraggiosi. All’Italia per ottenere risultati significativi di ripresa servono almeno tra i 60 e i 100 mld di €. Diversamente si andrà sempre peggio e il peggio sarà pure per tutta l’Ue, perché un’Italia da sostenere imporrà ben altre iniezioni di liquidità che la piccola Grecia.

Serve un Governo e una classe politica lungimirante e coraggiosa, capace non di sculettare con la coda tra le gambe in ambito Ue e merkeliano, bensì di far intendere il disastro a cui certa politica comunitaria e Bce sta costringendo varie nazioni.
Per farlo serve sforare coscientemente il patto di stabilità imposto dall’Ue e salire anche oltre il 6%. Solo in questo modo si può sperare di rilanciare industria, produzione, occupazione e consumi, riducendo coraggiosamente l’eccessivo costo sul lavoro che priva di competitività le nostre aziende, specie in favore di quelle tedesche.
Ovviamente ciò non basta, perché ciò sarebbe solo il prodromo delle cose da fare: riformulazione dei mercati, titoli sovrani con uguali tassi ovunque nell’Ue, facilitazione del credito a famiglie e imprese, tassazione e regole uguali ovunque.
Tutte cose che la Merkel si guarderà bene dal fare e dall’accettare, facendo il suo onesto lavoro di governante tedesca e non Ue.

Serve stare nell’Ue e nell’€?
Molti se lo chiedono e pure noti economisti.
Ovviamente uscirne sarebbe come fare un salto nel buio. Tuttavia non ne sarebbe impossibile.
Sta di fatto che finché Pd e Pdl si nasconderanno dietro la falsa questione della decadenza di Berlusconi – benché politicamente rilevante – questo Paese sarà avulso da un vero progetto di rilancio, sia che si decida di stare nell’Ue e nell’€, sia che si decida di uscirne per impossibilità di poterci stare, pena il morire con una lunga e deleteria agonia.




[1] - Basti ricordare la vendita di 50 mld di bonds italiani da parte della Bundesbank in un solo giorno