domenica 27 dicembre 2015

Il Natale di Leone.


Oggi venne in visita da me Sesac per porgermi gli auguri di Natale. Mi consegnò questo racconto che pubblico, come sempre, assai volentieri.
Tratta, come consuetudine, della vita degli animali della foresta e dei fatti di un tempo che fu.

Quest’anno, per il Natale, lascio spazio a Sesac.
Mi perdoni il lettore se manco a questo mio tradizionale impegno, a carattere filosofico/teologico, per ragioni mie personali.
Voglia comunque a tutti Voi giungere il mio sincero augurio, anche se in parte ritardatario, di:

Buon Natale e Felice Anno nuovo.
 
Sam Cardell
 
Tratto da “i Dialoghi” di Sesac
 
Il Natale di Leone.
 
Leone si svegliò all’albeggiare, come sua consuetudine. Era una limpida e splendida giornata di fine dicembre.
 
Era Natale!
 
La notte era stata radiosa, illuminata a giorno da una splendida rubiconda luna piena. Quella stessa luna piena che si mostra la notte di natale, come una grande simbolica cometa senza coda, solo ogni circa vent’anni. La prossima, infatti, benché non sia un astronomo, penso che sia nel 2034.
La vigilia era stata uggiosa fin dopo il tramonto, bagnando in altura i dormienti pascoli e ricoprendo i prosperosi ginepri d’una lanosa umida coltre, grazie alla nebbia che celava il monte ad ogni sguardo.
Il sereno notturno aveva fatto il resto, tanto che i ginepri apparivano ai primi raggi del sole con un vestito argenteo brillantato, grazie alla fredda luna che un detto sapienziale locale enunciava come fredda luna piena di neve. Tuttavia non vi era un fiocco di neve su tutto il monte.
 
Giù nel borgo, accanto al lago, il druido burino s’era dato da fare per organizzare un presepio vivente nella notte della vigilia.
Costui, oltre a essere estremamente scarso nei suoi sermoni, più che il pastore si dilettava a fare l’amministratore, tanto d’essere catalogabile con sicurezza tra i serviti e non tra i servitori. Più che curare il ministero amava organizzare Cre (Grest), pizzate, tombolate, sagre, gite, campi estivi e invernali e brevi spedizioni inferiori la settimana; come a Scampia dove, a detta sua, tutti piangevano alla sua partenza non potendo più usufruire del “salvatore” che, ancor meglio del buon Dio - avendo portato a termine, in sette giorni, la prima parte della creazione -, in 5 giorni aveva sistemato tutto o … quasi tutto.
Ovviamente era l’idolo, essendo giovane - anche se, a Leone, pareva un cappone castrato -, di giovani femmine che, alla vista di un giovane corvo nero, erano solite sciogliersi in nobili, nonché interessati, sentimenti.
Possedeva il dono dell’oratoria. Dono che tuttavia rovinava con enfasi eccessiva e con quel vociare assordante che in un paio di minuti stordiva il fedele, tanto che questo si richiudeva in sé stesso per difesa, pensando ai fatti propri.
La sua era una voce metallica. Cantava – e voleva a tutti i costi cantare – rovinando il pur non eccelso canto o del coro parrocchiale o del popolo di Dio. Non era stonato, ma la musica, come la liturgia, la intendeva solo a modo suo.
Sicché Leone, argutamente, annotava che nel tempio si poteva fare un bel trio eccelso: costui, il vecchio stonato falegname e la capra tibetana, alla quale lo Yeti aveva mangiato i timpani. Costei, infatti, dalla voce scheggiata, era solita arrivare a vele spiegate sempre tre note dopo tutti gli altri, facendo l’eco a tutti.
 
Nel cortile del vicino di Leone, posto sotto la sua antica casa, avevano piazzato per la rappresentazione una vecchia bottega di falegname con attrezzi racimolati tra i ferrivecchi. Ovviamente con un finto falegname che si dilettava a modulare suoni, ora cadenzati, or veloci, ora lenti, battendo in continuità un martello su un asse. Tutto per la goduria di improvvisati e azzimati giovani fotografi, famelici nel cogliere ogni fase di sì encomiabile dimostrazione d’una nobile arte.   
Or avvenne che, dopo lungo tempo di sì elegante e sacro ticchettio, Leone si infastidisse e fosse tentato d’aprire la veranda e gridare al grullo di sotto se non poteva andare a suonare una ‘sì tale eccelsa sinfonia sotto le proprie finestre.
Tuttavia preferì sopportare per quieto vivere, onde non essere tacciato d’avversità alle novità di sacralizzazione per business.
 
Fu così che, amando il silenzio e la quiete, Leone e Billyno si trovassero, di buon ora e col primo sole che inondava il monte facendo fuggire la brina notturna, a rimirar gli sfavillanti ginepri, che, per l’occasione, s’erano rivestiti di bianco, come fanno in pianura le squadrate piantagioni di pioppi (populus) con la galaverna.
Passeggiarono per un po’ rimirando monti, piana e laghi. Indi decisero di scendere da Gini per porgergli i doverosi auguri.
Costui, con alle calcagna il fedele Bruno, stava curando la stalla, perciò asportando a carriolate la lettiera, che la mandria aveva intriso di sterco durante la notte.
Dopo i convenevoli decisero di scendere, onde non far tardi.
 
Leone s’era procurato lassù dei rametti d’agrifoglio con poche bacche rosse, onde fare un piccolo presepe. Pure l’agrifoglio, infatti, aveva subito la carestia della crisi.
Liberò il piano d’un cassettone in veranda, tagliò a misura un pollone, lo legò per sicurezza alla barra su cui da decenni correva il filodendro, e cominciò il suo lavoro, intrecciando alcuni rametti di ginepro onde stilizzare una grotta.
Madame, intanto, ricopriva il fondo d’una teglia di stagnola con del muschio raccolto nella cunetta dell’orto e vi metteva dentro delle piccole statuine: il bambinello, Giuseppe, Maria, una pecora, l’asino e il bue.
Leone piazzò la teglia già assemblata alla base dell’alberello d’agrifoglio, infilandola sotto l’arcata fatta col ginepro.
Raddrizzò le statuine e, mentre lavorava, cominciò a dialogare … col Buon Dio.
 
Vedi che fa il progresso umano? Nel tempio cantavano poco fa che stavi al freddo e al gelo, mentre qui Te ne stai al caldo della casa.
Ehhh, Buon Dio, mi sa che hai sbagliato a nascere così presto e in quella Terra Promessa dove pare che proprio non Ti abbiano voluto.
Già! Il tuo parente e discepolo prediletto, Giovanni, scrisse che le tenebre non lo riconobbero, benché il mondo fosse stato creato dalla Luce. Ma, scusa, nella Tua preveggenza divina non l’avevi visto?
Sai, non è che voglia contestarTi; ma, come diceva poco fa nel tempio il tuo druido burino, non è che mi sia poi tanto chiaro questo progetto d’amore del Tuo farTi  carne. A lui pareva chiaro, anche se ha fatto un discorso tanto astruso da poter essere considerato non dico un pensiero logico raffazzonato, ma la negazione della buona ragione e della logica filosofica stessa.
Scusa, che dici? Che vado troppo per il sottile? Dai, non darmi del meticoloso, perché prima dovresti illuminarlo col tuo Pneuma per fargli capire che i santi si venerano e non si adorano, come disse ai Santi.
Dici che fu un lapsus? Ehhh, ne hai voglia. Una volta può esserlo, due comincia a diventare sospetto, ma con 5 volte di fila significa solo grande ignoranza teologica in materia.
 
Oggi, comunque sono magnanimo, essendo il Tuo Natale, perciò mi asterrò dal contestarTi.
Però, vorrei farti una domanda: che ne pensi del Transumanesimo?
Cos'è? Suvvia, non fare lo gnorri. Non vorrai farmi credere che non sai cosa sia. A meno che  l’uomo, più che opera Tua, sia il frutto di un transumanesimo precedente, per cause attualmente a noi ancora sconosciute.
Beh, cercherò di  tracciare una breve scheda della materia, cercando di non confonderTi troppo le … idee. Non sia mai che un comune mortale possa farla in barba al Buon Dio.
 
La prima volta che sentii parlare di ciò fu ad un congresso circa trent’anni fa, anche se allora il lemma di transumanesimo non era stato ancora coniato.
Mi trovavo là, invitato, nel Land dei Bisonti. Il mio compito era quello di relazionare su delle problematiche relative alla simbiologia, di cui Tu mi onorasti, con i talenti datimi, d’essere uno tra i massimi esperti.
Nel 1965 Moore stabilì una nuova importante teoria (Legge) che succintamente diceva: La complessità di un microcircuito, misurata ad esempio tramite il numero di transistori per chip, raddoppia ogni 18 mesi.
A questa dopo un po’ fece seguire una considerazione che affermava: sarebbe molto più economico costruire sistemi su larga scala a partire da funzioni minori, interconnesse separatamente. La disponibilità di varie applicazioni, unita al design e alle modalità di realizzazione, consentirebbe alle società di gestire la produzione più rapidamente e a costi minori. Perché? Semplice, perché sosteneva a ragione che: il costo delle apparecchiature per fabbricare semiconduttori raddoppia ogni quattro anni; e: il costo di una fabbrica di chip raddoppia da una generazione all'altra.
Bene; mi segui?  Ok, pare  che Tu abbia compreso bene.
Lui, affermava, inoltre, che in base alla sua prima teoria la potenza dei processori, oltre che a raddoppiarsi ogni 18 mesi, avrebbe portato ad una notevole riduzione dei costi di fabbricazione sui processori esistenti, utili non per essere buttati, ma usati su elettrodomestici o auto per mansioni semplici.
Ne consegue, come ipotizzò poi la Legge di Dally, che i microprocessori avanzati avrebbero avuto bisogno non solo dell’implementazione tecnologica del microprocessore, passando dal calcolo seriale al calcolo parallelo; ma, appunto perché il parallelo ha bisogno di programmi parallelizzabili, anche di appositi software.
Ok, fatto questo breve accenno alla tecnologia del ragionamento virtuale, va pure detto che per effettuare ciò si è studiato e si studia a lungo il funzionamento del cervello umano, specie dei neuroni specchio, onde saper poi fornire i nuovi processori a calcolo parallelo di programmi adeguati per il loro funzionamento.
 
In quel congresso si ipotizzò che la capacità di un microchip di un cm2 potesse raggiungere entro il 2010 la possibilità di immagazzinarci dentro tutto il sapere di una delle maggiori biblioteche del pianeta. E, unendo ciò allo sviluppo della biotecnologia grazie alle staminali, di poter installare uno di questi nella corteccia celebrale di un uomo, onde dotarlo senza anni di studi della conoscenza completa raggiunta dal genere umano fino ad allora.
Parallelamente a ciò, sfruttando lo studio dei neuroni a specchio, di poter dotare con appositi software i super computer di appositi programmi, onde consentire a questi di elaborare, in campo industriale e farmaceutico, complessità, velocità e perfezione di calcolo che il cervello umano, per ovvie ragioni, non potrà mai raggiungere in alcuni nanosecondi di lavoro.
Ciò, parafrasando, significa che entro non molto tempo le mansioni principali più delicate in campo biologico saranno svolte da super computer con un notevole allungamento della vita.
Benché giudichi che le previsioni siano magari in alcuni casi troppo rosee, la vita umana potrebbe dilatarsi nei prossimi 20/30 anni verso i 150 anni e entro i prossimi cento fino a 3.000, per raggiungere più avanti anche i 7.000 anni di durata.
Stravolto? Sai, personalmente gradirei morire prima. Forse non mi andrebbe vivere tanto a lungo.
 
Le novità, Buon Dio, non si fermano ovviamente solo a ciò; ma anche alla capacità di poter memorizzare su memorie esterne le conoscenze e le sensazioni accumulate in ogni persona, crearne quindi dei cloni, immetterci dentro tutta questa memorizzazione e concedere ad uno stesso individuo clonato di vivere vite parallele in ambienti diversi e distanti; quindi tornare, scaricare le nuove conoscenze e sensazioni, fonderle insieme e di nuovo reinstallarle nei vari cervelli.
Se uno si schianta e muore che succede? Semplice, si  installano le memorizzazioni su un altro clone e uno vive … in eterno come se non fosse mai morto.
Il vivere in eterno, o quasi, non vorrà comunque dire essere un dio.
Ma ciò che filosoficamente, per il discorso, è maggiormente interessante è che i super computer saranno coloro che decidono velocemente e con quasi assoluta precisione quando e dove un organo umano o di un essere vivente si guasterà, per poterlo riparare e sostituire con le cellule staminali prima che ciò accada. In pratica un individuo resterebbe sempre giovane e sano.
E i super computer, a loro volta, saranno in grado non solo di affiancare l’uomo, ma di potersi dotare di cellule e diventare simili all’uomo in tutto. Simili, ma migliori (più capaci) dell’uomo.
 
Fantascienza? Sicuramente in parte sì. Tuttavia in base a ciò si potrebbe pure ipotizzare che da qualche parte di questo universo una “macchina” similare ad un super computer del nostro  futuro abbia creato e diffuso la vita, oppure la proliferazione di mondi e galassie.
Sai, Buon Dio, questo è quello che ipotizza la corrente filosofica che è sorta sulla base della Legge di Moore. Io vorrei solo aggiungere: e se Tu nel creare fossi stato un super computer del passato?
Sai, se tra un po’ si dimostrasse tutto ciò come realtà e non solo come teoria fantasiosa del futuro, che figura farebbero i tuoi grandi druidi? Loro, per essere precisi, per lo più ignorano pure il transumanesimo cosa sia, come ignorano i progetti che l’uomo ha creato e sta pure sperimentando per il futuro, grazie al supporto che i nuovi super processori sapranno dare.
 
Dopo la morte in tre giorni sei risorto.
Ebbene, Bostrom parla di essere senzienti. Ovviamente pure tu ci stai in questa categoria perché gli esseri senzienti sono tutti quelli in grado, con corpo o senza corpo, di sviluppare un determinato pensiero. Perciò pure i super computer del futuro prossimo immediato o eventuali esseri (vite) alieni intelligenti.
Parte degli scienziati che spingono su questi progetti sono ormai anziani e temono di non poter vedere realizzato il loro sogno: vivere ancora per secoli o millenni.
Perciò che ti combinano? Quelli nella maturità sperano che il progetto rispetti la tempistica ipotizzata, perciò di poter vivere ancora molto a lungo. Quelli ormai nell’anzianità, temendo che una malattia se li porti via, han già provveduto a pensare alla loro ibernazione grazie alla criologia.  Così, a progetto esecutivo tra 20/30 anni , si faranno scongelare e ritorneranno a vivere  come prima risolvendo, grazie al progresso raggiunto, le malattie che li han portati verso la morte.
Sai, Tu in tre giorni sei risorto, loro magari in trent’anni, tra oltre un secolo probabilmente in maniera quasi istantanea grazie ai cloni.
Allora tu nascerai ancora per salvare l’uomo dal post uomo? Perché è ovvio che allora ci saranno esseri che pur  simili all’uomo per capacità operativa e intellettiva saranno di molto superiori all’uomo. Teoricamente col tempo  come Te, o anche superiori a Te.
Figurati se ci fosse ancora il tuo teologo Tommaso, quello del motore mobile e immobile. Credo diventerebbe … pazzo.
 
Mi pare di capire che  Tu possa sospettare che  nel mio cervello sia stato installato uno di questi processori, già dai tempi in cui mi confrontavo alla pari prima col tuo gran druido Falco Pellegrino e poi con Aperitivo Purpureo, magari mettendoli talora in difficoltà.
Tranquillo! Per ora non vi è nulla di nulla. Solo i talenti di cui mi hai dotato e che ho poi sviluppato nel tempo.
Sei sorpreso e stordito per queste teorie che si stanno diffondendo? Sai, credo che al transumanesimo seguirà presto il “metaumanesimo   (post umano), perché sarà la sua naturale conseguenza.
Cos'è? Beh, sei ancora troppo piccolo per capire. Lo vedrai da … grande. E, magari, i futuri Adamo ed Eva scacceranno Te dal Paradiso Terrestre.
Però non preoccuparti troppo. Per ora sei solo un neonato. Sei appena nato. Perciò sorbiti il colostro della Vergine, che ti farà bene. Cresci, fortificati e lascia il tempo al tempo.
Io sicuramente non vedrò questo futuro; ma Tu, se sei perfetto e eterno, come affermano i Tuoi teologi da secoli, sicuramente lo vedrai.
Se son rose … fioriranno.
 
Buon Natale, Buon Dio neonato!
 
Quindi Leone finì gli ultimi dettagli del presepio canticchiando:
Dormi, bambino bello; dormi, dormi, bel bambin ….
 
Sesac

martedì 24 novembre 2015

Terrorismo e terrore mediatico.

I tragici fatti di questi ultimi tempi impongono una ponderata riflessione, al di là dei luoghi comuni che governi e media vogliono accreditare.
Anni fa m’interessai del fenomeno da esperto e studioso, anche perché in Italia quelli della mia generazione hanno conosciuto tutti, più o meno direttamente, il terrorismo nelle sue varie matrici stragiste, partendo da quello mafioso per finire a quello ideologico (rosso e nero) o fondamentalista.
Basti citare a proposito, in campo occidentale, gli U.S.A. con le Torri Gemelle, la Spagna, la stessa Francia e pure la Germania; e, indirettamente la Tunisia col museo del Bardo.
Oltre a altre nazioni con fatti magari isolati ma sempre eclatanti.
 
Analizzare il terrorismo non vuol dire – come fanno i media e ora Hollande, ma pure il Papa con il suo Maledetti! – demonizzare chi questi tragici fatti li perpetra, ma capirne l’eziologia che ovviamente è complessa e, per ovvie ragioni, non può andare con un sistema retrospettivo fino ad Adamo ed Eva.
Le colpe di questi fenomeni sono dovuti sempre a macroscopici errori politici – ma pure religiosi -, che, inevitabilmente, si riversano poi nel campo sociale. Quando, infatti, non si pone rimedio agli errori precedenti, è ovvio che i guasti esplodano poi nel tempo, o in proteste eclatanti o in una ribellione armata interna o esterna di sparute frange estremiste.
 
Affermare che le Torri Gemelle sono il frutto di una sbagliata politica egemonica estera americana sarebbe riduttivo, anche se in parte giustificativo.
Tuttavia, a ben guardare, la storia tra Bin Laden e gli U.S.A. è un intreccio continuo di finanziamenti, addestramenti, armamenti e appoggi logistici sfociati poi in voltagabbana e tradimenti, e, infine, in una guerra aperta.
Approfondendo, poi, si può osservare che Bin Laden sia stato lo strumento indiretto americano per fronteggiare (ostacolare) l’occupazione russa in Afghanistan. Abbandonato poi a sé stesso quando non serviva più. Un tale gruppo, però, logisticamente è complesso e non può sbriciolarsi socialmente con una semplice decisione politica. Perché le innumerevoli persone che lo compongono o devono essere ricollocate, con un nuovo ruolo e ragione nella società, o sopravvivono come organizzazione, schierandosi dove non solo gli è possibile, ma anche utile, per mantenere quel poco o grande potere che in quell’area hanno raggiunto. Di conseguenza l’unione (alleanza) di interesse operativo con i Talebani è stato un fatto naturale obbligato e non sottovalutabile.
 
Obama, giorni fa in Turchia al G20, proclamava impettito che gli U.S.A. hanno il miglior esercito del mondo, i migliori strateghi del mondo, il miglior armamento del mondo … e via dicendo.
Ora, con buona pace di Obama, potrei semplicemente aggiungere che è appunto per quello che in Vietnam l’han presa nel posteriore – (mi scusi il lettore l’espressione forte) -, in Afghanistan e in Iraq pure, che con l’Iran siano dovuti scendere a patti, che in altre occasioni abbiano dovuto ricorrere a forze terze per rimediare alcune situazioni sgradevoli. Che, infine, Obama stesso, con la sua politica estera fallimentare, abbia destabilizzato tutto il Maghreb, i cui frutti tragici oggi si manifestano nei paesi occidentali.
Gli americani e Obama non hanno ancora capito una cosa: controllare i sassi è facile, le persone meno. Specie se queste hanno per cultura dalla loro tutto il tempo che vogliono per rivoltarsi contro, aspettando il momento propizio per colpire.
 
I tragici fatti di Francia di quest’anno sono, tuttavia, solo in parte addebitabili alla politica americana e occidentale in generale.
Sono, per lo più, il frutto anche di una sbagliata politica immigratoria, che doveva essere gestita e programmata in modo diverso soprattutto in campo scolastico (culturale) e sociale.
È, in pratica, lo stesso errore che sta facendo ora l’Ue con l’ondata di migranti che si sta riversando o nei Balcani per via terra, o nei paesi mediterranei (Grecia e Italia) per via mare.
Accogliere vuol dire soprattutto integrare. Per farlo bisogna non mantenere questa gente col solo welfare, ma, bensì, dare loro un’occupazione stabile, che sia in grado di permettere in futuro una vita decorosa e autosufficiente.
Il lavoro non è di per sé bastante per integrare; abbisogna pure della cultura per creare una società plurietnica e non multietnica. Diversamente si ghettizza solo.
Per farlo bisogna investire molto in istruzione anche per i soggetti adulti; e non solo alle nuove generazioni che qui nasceranno.
 
I fatti di Francia, per essere compresi bene, abbisognano di alcune premesse:
a)      La rivolta delle banlieue.
b)      Gli interventi militari francesi in Africa e Asia Minore.
c)      Le stragi subite non per mano di forze pervenute dall’esterno, ma di propri cittadini di fede religiosa diversa.
 
Quando ebbi l'occasione in passato di trovarmi nelle metropoli francesi, trovavo le periferie popolate per lo più da magrebini.  Nella stessa metropoli convivevano nella multietnicità popoli completamente diversi, ognuno dei quali viveva mantenendo la propria peculiarità d'origine.
I francesi autoctoni secondo le abitudini e i valori repubblicani di liberté, legalité, fraternité; i magrebini secondo i dettami e le abitudini islamiche e coraniche.
Da ciò si deduce che la Francia sia tuttora una società multietnica e non plurietnica. I popoli che la vivono procedono ognuno su binari paralleli, con cultura, religione, usi e abitudini diverse. Non vi è integrazione, ma solo coabitazione sociale di uno stesso territorio. Sono due mondi che convivono, ma che non si confrontano. Senza confronto non vi può essere integrazione, neppure a carattere economico, anche se interagente.
 
All’origine i principi della Rivoluzione francese erano già falsati dal settarismo politico. A chi, infatti, era la parte soccombente in quel momento (chiesa, nobiltà, oppositori politici) gli veniva ghigliottinata la testa, in barba ai proclami libertari e legalitari.
Molti anziani ricorderanno l’emblematica frase pronunciata da De Gaulle: La France c’est moi!
Appunto perché l’immigrazione in quel momento espansivo era necessaria solo a livello economico, ma non sociale.
La società e la scuola francese, di conseguenza, non sono state capaci di integrare le nuove generazioni degli immigrati, facendo di più popoli, compreso quello francese, un solo popolo.
E questo è maggiormente grave e imputabile in uno stato che si dichiara “laico”.
Inevitabile, dunque, che con l’incancrenirsi dei problemi sociali per la crisi che ha colpito l’occidente, esplodesse prima la rivolta delle banlieue, poi la lotta armata di gruppi (cellule) estremisti interni.

Un fattore da non sottovalutare è la fede religiosa. Non vi sono religioni buone o cattive, giacché una religione è solo una religione.
Le religioni sono sempre state fattore di divisione e di guerre, anche in campo cristiano. Proprio perché è una caratteristica prettamente religiosa quella di diversificare e mai integrare, perciò di fondersi (amalgamarsi) con altre religioni.
Ora, a parte gli ultimi papi, si ricordino le guerre sante promosse da molti pontefici del tempo passato, come ad esempio le Crociate. Basti a proposito ricordare che Papa Giulio II (Giuliano della Rovere) morì con la spada in mano, mentre su una scala dava l’assalto con le proprie truppe alla città di Bologna, in un periodo dove politica e religione erano strettamente connesse al potere.
Come, per andare nel presente, si possono ricordare i due diversi anatemi cattolici contro chi agisce e la pensa diversamente: il Convertitevi! ai mafiosi di Giovanni Paolo II, e il recente Maledetti! di Francesco ai terroristi e ai venditori di armi.
Ovviamente vi sarebbe molto da approfondire in campo teologico sull’opportunità culturale di tali affermazioni, anche se così oggi va il mondo … religioso. Non per nulla il cattolicesimo ha ora un papa da … favelas.
Anatemi ai quali voglio contrapporre la diversità intellettuale e religiosa di un altro papa recente, Paolo VI, citando il seguente passaggio di ben altro spessore:
Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l'onorevole Aldo Moro. … Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voie vi prego in ginocchio, liberateTutti noi dobbiamo avere timore dell'odio che degenera in vendetta, o si piega a sentimenti di avvilita disperazione. E tutti dobbiamo temere Iddio vindice dei morti senza causa e senza colpa.
Dire che le tre religioni monoteiste adorano lo stesso Dio è errato e superficiale, considerato che sono tre modi diversi di interpretare Dio, non solo culturalmente, ma soprattutto teologicamente, con tutte le implicazioni a carattere etico e sociale che ciò coinvolge.

L’attacco alle Torri Gemelle venne dall’esterno; quelli francesi vengono dall’interno.
L’Isis è un’aggregazione spontanea di persone, che si riuniscono in gruppi per lo più per dettami religiosi. Ciò significa che hanno bisogno di indirizzi specifici di vita, anche arcaici, perché la società in cui vivono non è in grado di darglieli in campo sociale. E le religioni, con i propri imperativi categorici, sono modi semplici di indirizzare la vita, anche se poi questi dettami s’integrano sempre con interpretazioni personali. Ne consegue che pure il concetto filosofico di Dio, per antonomasia datore di vita, diventi pure portatore di morte verso l’infedele, sia che questi sia dello stesso credo, anche se moderato, sia che sia di un altro credo o agnostico.
È molto interessante chiedersi perché in uno stato laico come quello francese ciò avvenga. La risposta è semplice: perché la società di quel paese ha fallito l’integrazione e con questa l’istruzione culturale dei vari gruppi etnici immigrati

La Francia ha deciso tempo fa di intervenire in Siria contro l’Isis con alcuni cacciabombardieri.
Ovviamente quando una società, come quelle occidentali, diventa di pantofolai, il concetto di guerra si sposta dal calcare il terreno all’intervento dal cielo. Proprio perché il confronto diretto di uomo contro uomo implica rischi tali che facilita il numero dei morti. Morti che la società occidentale non è in grado psicologicamente di assorbire e sopportare.
Ciò, tuttavia, implica che chi persegue la stessa fede di chi è attaccato, specie se ghettizzato ed emarginato, straniero di fatto nella propria nazione, tenda inevitabilmente a simpatizzare per lui.
Schierandosi, di conseguenza, con questo in modo politico: perciò costituendo cellule belligeranti interne alla propria nazione, oppure migrando per combattere a fianco del fratello nella fede.
È la realtà in cui vive che non gli piace e non lo soddisfa, spingendolo a trovare altre alternative e a lottare per queste.

È il concetto di morte che sia il singolo individuo, sia la società tendono a rimuovere. Ed è lo stesso concetto che quando ciò avviene per atto terroristico, con un numero di morti più o meno rilevante, la nazione che lo subisce basisce.
Lo stesso concetto di morte, tuttavia, colpisce anche il terrorista, ma, ovviamente, con risultati opposti.
Perché? Perché il credo religioso che segue in quel momento dà al terrorista un significato diverso.
Le religioni introdussero il concetto di martire: colui che sacrifica la propria vita per la fedeltà a Dio.
Abbinandolo al concetto di ricompensa/premio per tale eroico atto.
E se per il cristiano ciò significa la vita eterna nell’aldilà, per l’islamico significa una specie di immediata metempsicosi, perciò di rinascita in una situazione sociale nettamente migliore.
In questo modo il concetto di morte, perciò di annientamento dell’individuo, viene catechizzato, tanto d’essere quasi bramato. Ciò, non avviene però in una società laica, proprio perché il laicismo confina l’eventuale religione all’individuo, che, in quanto laico e privato dei valori religiosi, trova la propria sola risposta all’annientamento/morte dell’individuo nel sostegno della massa, onde catechizzare il proprio tabù interiore.
Ciò, ovviamente, è valido anche in campo religioso; tuttavia viene superato dalla teorica ricompensa che fa apparire il danno di molto inferiore al premio. Un mezzo (passaggio) necessario per ottenere il premio.
Chi compie stragi è quasi sempre carente in cultura. Ciò potrebbe essere plausibile in una nazione emergente o terzomondista, ma non in un paese occidentale evoluto.
Se ciò avviene è perché la società di quella nazione ha fallito nel suo impegno educativo e culturale con il proprio impianto strutturale, isolando e ghettizzando parte dei cittadini invece di plasmarli come gli altri, quindi di amalgamarli al proprio corpo sociale.
Che ciò sia avvenuto in Francia non è poi tanto strano, considerato che la laicità demanda al singolo cittadino quei valori religiosi, etici e morali individuali che sono necessari anche alla pacifica convivenza sociale.

Un’annotazione a parte va fatta per il tempo che i media riservano a tali avvenimenti, con dirette e commenti che durano anche giorni interi.
Quando una strage avviene, pure l’inviato sul posto non è in grado di percepirne modalità, portata, causa ed effetto, se non per l’emotività propria e dell’ambiente in cui si è calato.
L’emotività, ovviamente, non è oggettività e, spesso, neppure perfetta percezione del fatto, che solo un’indagine approfondita può avvalorare.
Siamo nel mondo della comunicazione istantanea, ma questa comunicazione spesso non è ciò che avviene, ma ciò chi si desidera comunicare. Caso strano, in simili avvenimenti, si comunica quel tabù stesso – morte e sangue – che l’individuo e la società han cercato di rimuovere dalla propria esistenza, ma di cui si è famelici consumatori se il fatto riguarda altri e non sé stessi.
La comunicazione mediatica tracima in spettacolo; e più questo è cruento più audience fa.
Ciò risveglia gli arcaici timori escatologici che sono alla base della vita, facendo pure il gioco di chi tali atti  compie: la grancassa mediatica.
I paesi Ue si sono premurati tutti di mettere subito in atto misure eccezionali di sicurezza e di intelligence, onde placare il terrore mediatico che simili avvenimenti, con la complicità dei media, hanno instaurato nell’opinione pubblica.
Ovviamente ci sarebbe molto da discutere sull’estemporaneità di tali misure, perché se prima non erano attive è perché il problema non era percepito o era disconosciuto.

Bombardare l’Isis in Siria e in Iraq servirà a poco. Come a poco è servito occupare per lungo tempo l’Iraq e l’Afghanistan. A meno che si voglia mantenere il fronte aperto per decenni.
Sicuramente si creeranno altri morti innocenti, fomentando nel mondo occidentale il risentimento di molti islamici, specie di quelli ai bordi della società e ghettizzati.
A tale proposito vorrei ricordare le manifestazioni di giubilo un po’ ovunque da parte islamica per l’attacco e i morti delle Torri Gemelle.
L’Isis, dopotutto, sorse per guerreggiare per procura l’Iran. Ovviamente è facile intuire chi fosse il committente. Non per nulla, oggi, l’Iran è una delle nazioni maggiormente schierate per distruggere il Califfato.
Poi, come Bin Laden, è stata scaricata dopo l’accordo politico con l’Iran. Perciò ha dovuto riposizionarsi per mantenere il proprio ruolo e le migliaia di uomini ch’erano nei suoi ranghi.
Secondo fonti ufficiose si parla già di 8.000 raid aerei compiuti dalle forze occidentali in Siria, ai quali vanno aggiunti i 400 raid effettuati dai russi in questi giorni.
Per quanto le bombe possano essere “intelligenti” vi saranno stati almeno più di un migliaio di morti innocenti (civili), considerato anche che sono stati distrutti pure ospedali di Emergency ufficialmente segnalati, protetti dalla Convenzione di Ginevra che, in effetti, ora è … carta straccia. Ma, di questi morti, per lo più per mano occidentale, a nessuno interessa. Non si ha alcun utile a renderli … notizia spettacolo.

Le grandi crisi han sempre prodotto guerre. L’attuale non fa eccezione, considerato che le guerre celano, dietro le ragioni politiche dichiarate, ingenti interessi.
È solo cambiato il modo di guerreggiare. I paesi emergenti e terzomondisti lo fanno calcando il proprio terreno, gli occidentali solcando i cieli altrui e con i piedi per terra solo per procura.
Solcare i cieli è però un semplice surrogato, tant’è che la Francia paga sulla sua pelle la sciocchezza del suo mostrarsi muscolosa, non cavando un ragno dal buco per manifesta incapacità operativa sul campo.
Solo il deciso e massiccio intervento militare russo è stato per ora capace di fermare l’avanzata dell’Isis.
Tutto ciò ha un costo economico notevole, atto solo a dilatare i Debiti sovrani.
Hollande ha già affermato che ha bisogno di flessibilità sui conti perché deve investire molto in sicurezza. Non ha spiegato se quella interna o quella di andare a bombardare altri.
Sarebbe interessante vedere Papa Francesco pronunciare il suo Maledetti! anche per alcuni capi di stato guerrafondai, dopo aver promosso all’inizio del suo pontificato una giornata di preghiera per scongiurare l’attacco americano alla Siria di Assad.

Ma, lasciatemelo dire: … erano altri tempi! 

martedì 17 novembre 2015

Cane non morde cane.

Oggi, venne in visita da me Sesac; e mi consegnò questo racconto che pubblico, come sempre, assai volentieri.
Tratta, come consuetudine, della vita degli animali della foresta e dei fatti di un tempo che fu.
 
Considerato che da tempo mi sono assentato dalle abitudini precedenti, spero che il lettore veda in Sesac un mio valido sostituto.
 
Sam Cardell
Tratto da “i Dialoghi” di Sesac
Cane non morde cane.
 
ovvero:
 
Idiota non ammazza idiota.
 
S’era nel tempo dei morti e l’estate tramandava all’autunno già avanzato i suoi piacevoli tepori, favoriti da splendide e assolate terse giornate.
Leone decise perciò di salire da Gini, sia per portargli le abituali vettovaglie e attrezzi che gli servivano, sia per muovere due passi onde togliersi la ruggine di dosso.
Giunse poco dopo pranzo sotto il grande noce, dove Bruno, festante, accolse Billyno a suo modo, scorrazzando felici tra i pascoli in coppia.
Pareva ancora estate.
 
Giù nella valle, in basso, il lago si stagliava placido, rispecchiando il lustro intenso cobalto del cielo, inframezzato al tripudio di colori che i boschi dei monti riverberavano nel lago.
Ammirando l’imponente spettacolo offerto loro dalla natura, Leone e Billyno iniziarono la salita verso la vetta sovrastante tra or panciuti, or svettanti ginepri che, ricolmi di bacche verdi e violacee, montavano la guardia al bestiame al pascolo del rinsecchito, mummificato e ormai pietrificato Gini.
Leone non era più quello di un tempo, ma di ciò non se ne curava. Aveva lasciato con soddisfazione tutte le mansioni precedenti e viveva come piaceva a lui. In pratica senza un impegno preciso, dilettandosi via via di ciò che in quel determinato momento amava fare, pur nei vincoli che la sua situazione fisica gli permettesse.
S’era staccato dal mondo, come se questo non gli appartenesse più. O, meglio, come se vivesse in un altro mondo; e codesto lo sbirciasse, ogni tanto, da lontano.
 
….
Passarono accanto al boschetto e alla vicina pozza d’abbeveraggio e imboccarono la traccia che porta, prima, sulla lama di cresta e poi, con ripido tratto, in vetta.
Billyno sgambettava davanti. Gli era ricresciuto il pelo lungo e pareva un pecorino.
Leone procedeva lentamente più distante, zizzagando salendo, intento sia a non affrontare troppo di petto la dura salita, sia per raccogliere qualche ritardatario gustoso prataiolo.
Sbucarono infine in vetta, là dove una tozza croce in pietra era stata eretta da devoti bipedi alcuni anni prima.
Leone la guardò, la toccò, accarezzandola, con una mano e ricominciò a parlare … col Buon Dio.
 
Ciao! Era tempo che non ci si vedeva.
Ti trovo bene, nonostante il vento che tira sempre quassù. Non per nulla gli umani lo denominarono Sparavento.
Mi chiedi come sto? Suvvia, non essere così retorico. Come sto lo sai benissimo. Oppure non sai più ciò che succede ai tuoi figli, anche se, magari, un po’ ribelli? Non dicono forse i tuoi druidi che non trema foglia che Tu non voglia?
Sai, vibro parecchio all’interno; ma non sicuramente dalla paura di morire. Di quella proprio non me ne curo. In compenso il cervello non trema per ora; è ancora solido e perfetto e in grado di contrastare chiunque.  Poi, magari, lo sarà, ma ci penseremo a suo tempo.
Scusa, ma mi siedo al mio solito posto, girandoti le spalle, per rimirare la valle, i laghi, la grande piana e la lontana catena dei monti etruschi. Così, intanto, mi faccio un salutare spuntino.
Ovviamente non te ne offro. Tu vivi tra le nuvole nell’alto dei cieli, dove decidesti di ascendere 2 millenni fa circa. Vero o no che sia, così i tuoi agiografi scrissero. Dicono che da lassù facesti scendere per il Tuo Popolo eletto la manna. Forse ne hai ancora una buona scorta e, magari, ti ciberai di quella.
In verità un altro tuo agiografo apocrifo – però non riconosciuto dai tuoi sommi druidi – scrisse assai diversamente, affermando che con un colpo divino magico tu mettesti in croce con le tue sembianze colui che indicasti come tuo traditore. Mentre Tu Te ne andasti in India con la Maddalena, a metter su famiglia e a vivere il resto della tua vita fuori dai clamori mondani, onde evitare possibili altri guai.
Non rispondi nulla? Comunque sia non sono tra coloro che ritengono che chi tace acconsenta.
Sai che diceva una tua fedele vecchietta – tra l’altro zia della Leonessa -? Ma come si fa? Noi facciamo bene a pregarlo. Però noi siamo in tanti e lui uno solo. Perciò non può sentirci tutti.
 
Leone spezzò la brioche, ne sminuzzò in un contenitore una parte a Billyno, gli mise in un altro dell’acqua da bere e si mise a mangiare. Essendo un animale educato tacque, perché non voleva parlare (pensare) a bocca piena, specie davanti al Buon Dio.
Il vento ascensionale portava dal fondovalle brusii indistinti di notizie strane e confuse, che a molti sarebbero parse drammatiche, ma che lasciavano indifferente Leone. Sommessamente annunciavano che nel Land Galli vi fossero state delle stragi.
Dopotutto Leone portava su di sé cicatrici di battaglie e di guerre. Solo nel corpo però, perché la mente ricordava sì il passato, ma da questo non si faceva né traumatizzare né condizionare.
Scorticò un pompelmo e se lo mangiò. Billyno restò a guardare perché non era roba per i suoi denti. Perciò, Leone, gli offrì una manciata di frutta secca mista, cibo di cui era ghiotto e che subito scomparve tra le sue fauci.
 
Leone era stato nel Land Galli diverse volte; Land che perciò conosceva bene. Ovviamente non vi era andato per fini di piacere, ma perché, chiamato, vi doveva sbrogliare qualche matassa complicata.
Dei galli non aveva un’ottima considerazione in generale, né dei suoi governanti, specie di quelli attuali.
Le galline le riteneva vanitose e smorfiose, con quel nasino all’insù che, volgarmente parlando, pareva fosse stato infilato (forgiato) nell’ano del gallo.
Tempo addietro, aveva incontrato personalmente vecchio Barbagianni, lugubre roy soleil di un Land decadente culturalmente e eticamente. Di costui nutriva una discreta considerazione, anche se lo riteneva politicamente responsabile di un massacro imponente, perpetrato nel continente a sud dell’Eurachia.
Ripensando parte del passato, che le folate ascensionali gli avevano risvegliato, Leone s’era, come spesso gli accadeva, estraniato dalla realtà.
E mentre rimuginava i ricordi, sentì come dentro di sé una voce: Vedi che succede?
Si riscosse a quelle parole che parevano un lamento. Si girò per vedere chi le avesse dette; ma vide solo la tozza croce e a nord le Orobie con le sue alte cime imbiancate.
 
Capì. E perciò riprese il dialogo precedentemente interrotto.
 
Suvvia, non farla tanto lunga per un po’ di sangue e qualche morto.
Guerra o non guerra ti potrei ricordare i 60 mln di morti del secondo conflitto mondiale. E, per essere precisi, tornando un paio di millenni indietro, la distruzione dei popoli di Es, di Esebon, dei Canaaniti e di tutti gli altri che abitavano la terra che tu concedesti al Tuo Popolo eletto. Sai, con Giosuè non passavano tutti i maschi a fil di spada per passatempo, ma per tuo ordine preciso.
Dici che non è vero? Ti risponderò così: io non c’ero e perciò non lo posso dire con certezza. Però sta scritto sul tuo Libro Sacro che, secondo i dettami dei tuoi druidi, fu scritto da mani umane su Tua illuminazione. Perciò, scusa la mia impertinenza: vedetevela tra di Voi e poi fammi sapere.
 
Ora, approfittando del fatto che il druido burino, che inviasti poco tempo fa nel borgo qua sotto in riva al lago, non mi sente, t’indirizzerò questa preghiera a voce alta:
Domine Jesu Christe, qui dixisti apostulis tuis, pacem relinquo vobis, pacem meam do vobis, ne respicias peccata mea, sed fidem ecclesiam tuam adunare et coadunare digneris. Qui vivis et regnas in saecula saeculorum. Amen.
E per completezza te la ripeto pure nella forma più antica:
Domine Jesu Christe, qui dixisti “ ego sum via, veritas et vita”, ecce enim veritatem dilexisti, incerta et occulta sapientiae tuae manifestati mihi, adhuc quae reveles in hac nocte  sicut ita revelatum fuit parvulis solis, incognita et ventura unamque alia me doceas, ut possim omnia cognoscere, si et si sit; ita monstra mihi montem ornatum omni novo bono,  pulchrum et gratum pomarium, aut quamdam rem gratam, sin autem ministras mihi ignem ardentem, vela aquam currentem vel aliam quamcumque rem quae Domino placeat, et vel Angeli Ariel, Rubiel et Barachiel sitis mihi multaem amatores et factores ad opus  istud obtinendum quod cupio scire, videre cognoscere ed praevidere per illum Deum qui venturus est judicare vivos et mortuos, et saeculum per ignem. Amen!
 
Stupito? Ma non mi dire! Lo sai che non ho una monocoltura da sacrestia e, oltre che aver assistito psicologicamente, ho pure spesso insegnato anche ad alcuni dei tuoi sommi druidi; ai quali, bontà Tua, ad alcuni non avevi infuso troppo Pneuma. Poveretti; mi dicevano desolati e depressi: mi sento un fallito!
Come vedi non mi permetto di generalizzare “a tutti”, considerato che bisogna sempre essere … magnanimi. Anche con Te, non conoscendo a fondo i tuoi fini e progetti.
Vedi, studiando (osservando) Te, spesso Ti ho appaiato. Infatti, siamo simili nel pensare, tolleranti nel vedere, misericordiosi nell’aiutare, indifferenti al ricevere riconoscenza, profondi nell’analizzare e sagaci nel creare.
Che dissero alcuni? Ch’ero il tuo braccio destro. Esagerati adulatori!
Eppure, proprio in quel Land ora insanguinato, qualcuno, un giorno, mi disse: Monsieur, tu m’aides! Monsieur, Dieu mon Sauveur, je te prie: tu m’aides!  Je me trouve très mal!
Sicuramente, a differenza Tua, almeno stando ai dettami dei tuoi druidi, non amo essere pregato e neppure ringraziato. Ciò che faccio o che ho fatto, sia nel bene sia certe volte sbagliando, l’ho fatto a ragion veduta ritenendolo necessario e giusto.
Bene, Buon Dio, a che punto eravamo? Ahh, m’ero distratto con le orazioni. Non per nulla le ritengo spesso … dannose e fuorvianti.
Scusa la mia impertinenza: non ti stanchi a sentire tutte quelle continue preghiere (lagne) e adorazioni? Oppure hai bisogno d’adulazione continua?
Mi dicevi: Vedi che succede?
Se è per quello in verità … vedo.
Però la mia risposta è univoca. Semmai non l’avessi capita Te la ripeto: Dona nobis pacem!
Non quella della morte che riunisce a Te, ma quella terrena del vivere nella pariteticità della diversità e nel rispetto reciproco.
Già, Tu sai che dicesti alla domanda da venerdì storico: Ma quando mai, Signore, abbiamo fatto ciò per Te?
La risposta Tua fu da venerdì speculativo: Chi ha fatto ciò per un suo simile, in verità, vi dico, l’ha fatto a Me?
Sai, pensandoci bene in verità Ti misero poi in croce, proprio come ora han fatto fuori questi.
Ehh, i ricorsi della storia non sono poi tanto casuali.
 
Mi pare di capire che Tu desiderassi che io tornassi in pista. Forse anche per questo – è un mio sospetto – sollecitasti la Leonessa più volte a pressarmi. Spiacente ma non sono disponibile, né condizionabile. A differenza Tua non ambisco per nulla salvare né il mondo né l’umanità.
Ho chiuso da tempo e quello che “fu” è morto, sia storicamente che speculativamente.
Io credo che indipendentemente da Te e da me il mondo andrà avanti ugualmente con alti e bassi.
Se non sei d’accordo scendi dal tuo trono nell’alto dei cieli, vieni ancora su 'sto pianeta e fatti pure … crocifiggere una seconda volta.
Come sai c’è l’esplosione demografica in alcune parti della terra e la natura, o con guerre o con pandemie, rimette prima o poi gli equilibri a posto.
E, per piacere, ora non dirmi che sono anche cinico e stoico. Perché ti direi: guarda chi parla, visto che Te ne stai assiso lassù senza muovere un dito.
Poi, se permetti, ci sono gli idioti. Quelli, per intenderci, che a fine di business politico seminano disordini e guerre, ammantandoli da discorsi democratici e etici. Tu li lasci al loro posto di comando, o li hai messi là, e loro combinano questi bei pasticci. Ti ricordi di quando li consacravi e incoronavi in pompa magna nelle tue cattedrali?
Poi vi sono i tuoi druidi che s’inteneriscono il cuore a tali misfatti, gridando al mondo che l’invocare Dio in queste azioni di morte è come profanarTi.
Beh, io mi chiedo: considerato tutto ciò che è successo e succede la Misericordia si riduce all’anno giubilare, oppure a prevenire con lungimiranza che certi fatti sanguinosi possano accadere? Mettiamo per pura ipotesi che succedano favoriti da questo motivo. Loro che faranno? Invocheranno la tua misericordia e innalzeranno preci in suffragio?
Tu, forse, non hai detto che dove due saranno riuniti nel mio nome Io sarò tra loro? E allora che necessità c’è di correre ad implorare e sacrificare nel tempio?
 
Un detto sapienziale popolare dice che cane non morde cane, anche se spesso si azzannano tra loro, proprio come fanno i bipedi umani.
Filosofeggiando su ciò si potrebbe pure dire che idiota non ammazza idiota.
Che c’entra? Mi pare semplice.
Vedi, considera che vi sono stati già fatti analoghi precedenti; e chi doveva provvedere in sicurezza a prevenire non lo ha fatto. Considera, inoltre, che chi compie tali atti proprio molto ferrato culturalmente non è, perché diversamente ciò non avverrebbe.
Conclusione: l’idiota che ammazza non uccide l’idiota che governa.
Mi dici come la metto con quelli che eleggono gli idioti? Suvvia, non provocarmi. Sai già che ti risponderei con un’altra domanda: come la mettiamo con chi crea gli idioti?
 
Ora torno giù, se permetti. Ormai il sole volge all’orizzonte.
Guarda, com’è stupendo il Monviso al tramonto, con quel rosso intenso che pare tanto sangue schizzato in cielo!
Quella vecchia che non voleva mai morire aveva, come sai, una ragione precisa: ogni giorno ne capitava una nuova e non voleva perdersela.
Pure un tramonto così, forse, ha bisogno della tua misericordia.
Che intendo? Il tramonto dell’intelligenza umana.
 
E dopo pochi istanti, mentre Billyno e Leone scendevano celermente, il sole scomparve dietro le Alpi Cozie.
Il buio incalzante rese la realtà sempre più compatta e uniforme.
 
Sesac