domenica 18 agosto 2019

Gli azzardi della politica.


Quando una crisi politica è evidente, sarebbe bene dare la voce al Popolo; specie se, in una nazione, è assai palese che il ricorso alle urne sarebbe in grado di dare la maggioranza, e con questa il potere, a una determinata forza politica o a una coalizione coesa. Credo fermamente, infatti, che nel bene e nel male il popolo debba sempre essere sovrano.
La Democrazia, purtroppo, non è un sistema politico perfetto. Teoricamente assai imperfetto; perché spesso produce non il miglior compromesso possibile, anziché la scelta migliore, ma un compromesso al ribasso.
Oggi, infatti, la Democrazia viene intesa molto diversa da quella preconizzata da Platone e Aristotele, riducendosi molto spesso, in alto e in basso, al mercato delle vacche grasse.
Ciò, purtroppo, coinvolge tutte le sfere di uno Stato e, cosa ancor più grave, viene pure così percepita dal popolo stesso.
Nulla di strano, perciò, se la maggior parte dei politici attuali possa essere etichettata con immagini stereotipate significative, del tipo: Lazzaro risorto, morto che cammina, manichino stralunato, cariatide del Partenone, pappafichi, cerbero dell’Ade, idiota ciancione, zingaro cafone, orco delle sette leghe, pinocchio mugellese, bertuccia pepata e … via dicendo.

L’immaturità o la maturità di un popolo è commisurata di norma al suo votare, quando, più che analizzare i programmi e l’operato pregresso di una forza politica, il cittadino vota seguendo la propria pancia, abbindolato dalle promesse.
Ovvio, pertanto, che pure l’uomo politico sia umanamente e eticamente assai scadente. E per rendersene conto basta analizzare il comportamento di un qualsiasi personaggio politico, sia nella sua vita privata, sia in quella pubblica. Perché, in sostanza, se uno è inaffidabile nel privato non potrà essere un santo nel pubblico.

Il governo gialloverde ha avuto il pregio di dare per molti mesi un governo all’Italia; ma, nello stesso tempo il grande difetto di produrre una linea politica e economica senza capo e fondamenta, considerato che il noto Contratto di Governo era carente nella struttura operativa e controproducente sul Debito sovrano e nei risultati. Non era un dettagliato piano industriale ed economico, ma solo uno stralcio di buone intenzioni.
Non per nulla i contrasti sono diventati palesi nel momento di porre le basi della nuova Legge finanziaria (DEF).

Cos’è in effetti e in sintesi la Politica? È un ampio e dettagliato progetto industriale, economico e sociale di una nazione. Con buona pace dell’utopistico Bene comune conclamatato dalla Chiesa.
Perché è ovvio che se non vi è lavoro non vi può essere reddito, che se non vi è reddito non vi può essere un sistema economico atto a supportare le spese, che se non c’è una disponibilità di cassa non vi può essere un sistema sociale assistenziale (sanità, pensioni, istruzione …) se non basando tutto su un continuo debito crescente.
Poca importanza ha il fatto che ciò accada in ogni nazione, specie se l’indice di benessere di una nazione viene misurato demenzialmente col veterotestamentale rapporto Debito/Pil, che in effetti non dice proprio nulla, se non, ormai, per alcuni economisti e politici allocchi.
Guardando ai dati reali si vede, ad esempio, che la benestante Germania e la Francia hanno un debito assai analogo a quello italiano. Ciò significa che in effetti le tre nazioni sono in pratica fallite e che la loro sopravvivenza è basata sulla benevolenza dei creditori, perciò di chi finanzia il loro fabbisogno di cassa. Per saldare il reciproco debito prodotto servirebbero secoli e non anni.
Ma, come si sa, i creditori non operano in perdita, ma godendo di interessi attivi. Ora, considerando che i tassi sono ormai tutti passivi ovunque, si evince che il sistema del finanziamento pubblico sia al collasso strutturale.
Cosa lo regge, allora? I vari programmi massicci di QE delle banche centrali (Fed, Bce, Boj …), che se da una parte consentono agli stati di sopravvivere, dall’altra impoveriscono costantemente il cittadino.

Mattarella fa e ha fatto del suo meglio. Ciò non significa che abbia prodotto il massimo. Anzi! Basta analizzare i risultati.
La Costituzione gli dà prerogative particolari, che però sono anche insindacabili.
L’impasse creatosi dopo le elezioni è stato da lui gestito al meglio? Oppure: un uomo politico di una certa levatura non deve essere in grado di prevedere i risultati nefasti di una certa alleanza?
Credo che, in effetti, abbia scelto l’uovo oggi piuttosto che la gallina domani. Infatti siamo ancora allo stesso punto di partenza.

Personalmente non ho ancora capito quale sia il piano economico di M5S. Vedo, infatti, solo misure estemporanee, spesso antitetiche. Ciò è pure comprensibile, essendo il Movimento un agglomerato di disparate tendenze politiche.
Tra tutti i partiti italiani, purtroppo, solo la Lega ha attualmente un piano di strategia politica, economica e industriale completo. Piaccia o non piaccia, consenzienti o contrari.
Tutti gli altri solo degli abbozzi, che di norma vengono facilmente sostituiti da altri secondo l’opportunità del momento.

Credo che la crisi non sia stata superata col governo gialloverde, ma sia stata solo sopita. Infatti ha sempre covato sotto la cenere, eruttando continuamente a tratti.
Nelle sue indicazioni ai partiti Mattarella è stato, allora, molto ondivago, cavalcando possibilità che più che essere reali erano solo ipotetiche: il libro delle buone intenzioni. Magari emotivamente e inconsciamente prodotto, in alcune sue scelte, dalla sua provenienza e appartenenza politica.
Come si comporterà ora è difficile dirlo, sia perché la crisi politica è pure strutturale, sia perché tutti gli attori coinvolti sono di scarsa levatura politica e etica, oltre che culturale.

È una crisi pazza! Questo è certo. Pazza nel suo incipit iniziale (risultato elettorale), pazza per come è stata gestista, pazza perché ha annientato geometrie politiche che parevano consolidate, pazza per l’inaffidabilità di tutti gli attori coinvolti sia nella maggioranza creatasi che nell’opposizione, pazza perché il presidente con tanto lumen nasi ha avallato un governo che non avrebbe mai dovuto nascere, tanto era innaturale. Pazza perché ha dissolto forze politiche che avevano fatto la storia di questo paese.
Ora, dal cilindro di questa pazza crisi che estrarrà Mattarella? Il timido coniglio destinato a produrre altra turbolenza e incertezza politica? Oppure la crisi agostana si dissolverà da sé come una bolla di sapone? Il presidente, con le sue consultazioni private al Colle (Salvini e Conte in ordine temporale), poteva gestirla e indirizzarla meglio, anche se istituzionalmente non è ancora stata formalizzata ma solo calendarizzata?
Lo sapremo a breve.
Per ora il Popolo ne è spettatore sconsolato. E è assai poco consolante che questo spettacolo lo possa, magari, anche divertire.

Una crisi strutturale non viene mai risolta con il trovare una semplice soluzione politica. Lo insegna da millenni la storia.
Per essere superata ha bisogno di decenni e di intuizioni appropriate. Lo fu con la Grande crisi del 1872-1895 e con quella del ’29.
La prima, più che dai politici fu risolta dalla buona volontà del popolo, che unendo le poche forze economiche disponibili ha creato con le banche popolari e di credito cooperativo un assets strategico per il rilancio dell’economia e per la sopravvivenza delle masse indigenti.
La seconda fu risolta con una disastrosa guerra mondiale capace di produrre ben sessanta milioni di morti.
Ora sotto la pressione delle multinazionali si è prodotto la globalizzazione, che, con la conseguente derivata delocalizzazione, è la protervia e la predominanza della finanza sulla persona.
Tecnologicamente oggi “siamo” tutti più avanzati. O, meglio: siamo tutti più schiavi e sudditi di un sistema comunicativo di cui pochissimi ne hanno il controllo, potendo con facilità condizionare scelte (pure politiche) e consumi di massa con input e inserti subliminali fuorvianti.