domenica 18 luglio 2010

Lettera aperta a Savino Pezzotta.

Per non abusare dell’ospitalità solo la parte iniziale di questa lettera aperta è stata postata, quale commento personale, sul blog di Savino al post IL FATTORE B.

Lettera aperta a Savino Pezzotta.

Carissimo Savino,

è un po’ che non ti seguo.

Il nostro ultimo e crudo scambio sintetico privato non ne è la causa, ma la conseguenza di due mondi culturali opposti di vedere e di agire.

Ciò, tuttavia, non cambia, almeno per me, il “valore” di una persona, pur con tutti i possibili limiti che questa possa avere.

Vi è libertà di pensiero e di azione in democrazia.

Un caro conoscente mi ha segnalato due dei tuoi ultimi interventi[1], pregandomi di dargli un’occhiata. Cosa che ho fatto non solo per gli articoli, ma pure per i commenti.

Questa mia lettera aperta, non a caso, ho voluto postarla qua, perché quello che tu chiami “B” non è altro che Chiesa, specie se consacrato “in eterno”, pur se ora allo stato laicale e … che in passato alla stessa molto ha dato.

In giro vedo molti “zuccabanchi”; e tu sai che significato abbia dalle nostre parti: chi (farisaicamente) segue la Legge, la declama, la osserva sterilmente ma non la … applica. E di norma … se ne gloria pure come il … giusto; non quello vero che opera nel silenzio e tace, ma quello simile alla rana di Fedro che vuol diventare bue.

Sai quanti “santi” conclamati (da sé stessi) vedo in giro?

Eppure sono dell’idea di quel mio conoscente giornalista, che per esperienza personale conobbe fisicamente uno che è ora santo e va assai di moda. Un giorno mi disse: “Che sia santo per la chiesa può essere, ma che fosse un cafone per me è pure assodato.”.

Perciò, con l’aiuto di Clio, una rapida ricerca può evidenziare lo status sociale dei vari soggetti e vedere quanto di effettivamente cristiano questi abbiano o … quanto lavorino solo per … sé. Certi indici sono il redditometro della religiosità e della socialità vera o solo presunta.

Il reddito, come sai, non è solo un fattore economico; ma, spesso, l’indice della “disponibilità” cristiana dell’essere “samaritano”, o dell’essere solo “prete” o “levita”: nella famiglia, nel lavoro, nell’impresa, nella politica, … nella Chiesa e nella stessa società.

E a chi non è culturalmente profano la storia dice chiaramente cosa fosse nella realtà politica e sociale la Samaria (Shomron) e i samaritani stessi.

Ecco perché vi è il cammello e la cruna dell’ago, l’opulenza sbandierata di chi possiede e l’indigenza dei molti che si “vuole” addossare solo alla società.

Una domanda utile sarebbe: quanto siamo materialmente ricchi noi che ci professiamo cristiani?

Le encicliche servono? Dipende da cosa dicono e, queste, – è bene sottolinearlo – non sono verità assoluta; anzi, talora, possono essere dei miopi saggi di filosofia o di sociologia fine a sé stessi. Difatti un tuo commentatore ha sottolineato saggiamente la sostanziale essenza di due papi del secolo scorso rispetto ai successori.

Un breve “conto spese”, declamatomi in quel di Rosano, è il metro giusto per comprendere quanto la carità e la virtù ipotetica possano essere vere o indicative di una certa superficialità cristiana pure lassù in … alto.

Non tutti, ovviamente, sono nelle “maniche” della curia vaticana; e qua sta appunto la differenza tra l’essere Uomo nella propria interezza o … pecora che segue docilmente il montone.

Il brano domenicale del vangelo della scorsa domenica è abbastanza indicativo in proposito, proprio perché pone sostanzialmente il dilemma. Forse quello stesso dilemma operativo che spesso manifesti e che turba la tua coscienza di uomo sfiduciato, di politico ora e di sindacalista in passato.

Un dilemma proprio dei discepoli di Emmaus.

Un dilemma imperfetto di chi non ha in sé un progetto completo e compiuto, ma solo input sapienziali e escatologici a cui non sa dare attinente risposta: Noi pensavamo che …!

Tempo fa in un commento sul post di un comune amico ho già elucubrato sul caso - tanto da te sottolineato - sulla pedofilia ecclesiastica.

E, riassumendo con due parole, è molto strano che questo problema sia stato affrontato solo ora, pur se da secoli conosciuto, dopo oltre un lustro di pontificato quando non si poteva farne a meno perché esploso alla pubblica attenzione.

Sono forse attacchi anticlericali de-legittimisti della Chiesa o incuria dell’amministrare la Chiesa? Ci si dimentica forse che vi furono anche cardinali rei confessi? Anche se è bene sottolineare la rarità numerica di tale peccato rispetto alla santità della moltitudine degli altri.

E perché, a suo tempo, non si procedette ad un nuovo Concilio, richiesto da molti esponenti religiosi e laici cristiani di un certo rilievo?

Lo scagliare la prima pietra, ma pure le seguenti, non è un’edificabile attività cristiana e, se mi consenti, neppure politica. È solo un modo farisaico di estraniarsi dalla propria realtà: in quel declamare sempre il diritto (che tanto spesso tu difendesti) magari dimenticando il dovere. Un dovere non da imperativo categorico, bensì il “Voldere” di Häbsburg.

È il distruggere anziché il costruire.

E vorrei solo aggiungere che, contrariamente a quanto comunemente si intende, la Chiesa non è una monocrazia teocratica, ma una perfetta democrazia teosofica. Perciò vi è sostanziale diversità tra Chiesa e Curia vaticana (chiesa).

Citi con indignazione il caso dell’episcopato belga, dimenticando il cancan che la Curia vaticana ha sollevato diplomaticamente a proposito, come se qualcuno avesse il diritto divino d’essere non nella Legge ma sopra la legge.

E poi ti meravigli (si fa per dire) che ciò succeda continuamente anche in politica.

Conoscendo Sesac spesso mi verrebbe spontaneo pensare come lui; ma lui parla degli animali della foresta e pure di quelli da cortile e fattoria.

Tuttavia il suo raccontare può essere rapportato all’attualità, specie se si considerano scelte personali organizzative e di convenienza elettorale: i compagni di ventura dell’armata Brancaleone.

Spesso parli di bene comune, di puro (ricordi il nostro contendere ultimo?), raramente di ciò che è giusto; mai di un progetto compiuto e dettagliato.

Parli di esperienza politica e sindacale - nella storiografia personale quasi ti giustifichi e assolvi - condanni gli ultimi tre lustri come degenerazione; e allora mi domando da quale cultura e andazzo provenga il dissesto attuale del debito sovrano, della cultura e dell’organizzazione sociale di quelli che chiami come maestri e esempi sia politici che religiosi.

Ognuno ha i suoi Totem forse perché ci si schiera non tanto alla Giansenio - come annoti – ma alla Mānī, perciò nell’essere non corrotti, ma manichei.

La corruzione è un divenire culturale che non dovrebbe mai avvenire specie nella santità della Chiesa; di una Chiesa che dovrebbe essere Popolo di Dio e non comunità in cammino divisa in tante classi e lobby sociali di serviti e servitori.

Il Centro deve essere una fissazione di moda; sicuramente un modo di fare politica, oggi, in modo marginale.

Citi Bagnasco che suggerisce l’idea già espressa a suo tempo da Ruini sui cattolici in politica, pur con piccole varianti. Entrambi, però (permettimi il però), hanno il viso da furbetti: di quelli che comunque sono al sicuro e super partes sia socialmente che giuridicamente e finanziariamente, crisi o non crisi, pronti a cambiare ed a cavalcare una nuova idea se questa diventa di … moda.

Ti ricordi come fu considerato all’inizio il federalismo anche se proposto e ideato da un gruppo di cattolici non ortodossi al loro intendere? E come, invece, ora venga considerato?

Non credo nel Centro, né nella sua costruzione, né nella sua potenzialità futura, comunque si formi e venga denominato.

Infatti, se la sinistra è nel marasma culturale e politico babelico, la destra poggia le sue attuali fondamenta sul decisionismo e sul carisma di un uomo solo che non potrà perpetuarsi a lungo nel tempo. E dietro vi è lo stesso “nulla” della sinistra.

Tuttavia non mi considero un pessimista e ritengo la legge elettorale un falso problema.

Poi viene la recessione, l’imponenza del Debito sovrano, il malaffare e quella cultura globalizzata da New Age cara anche a molti cattolici, basata su quel personalismo (a te tanto caro) che pone la preminenza della coscienza individuale su tutto. Una coscienza personale, perciò soggettiva, sommaria e imperfetta nella conoscenza non solo del bene e del male, ma pure nell’intendere compiutamente cosa sia il bene comune, confondendolo spesso nel diritto acquisito e nell’interesse personale.

Parafrasando Sesac: con il vino vecchio difficilmente si potrà fare il nuovo.

Perciò con gli uomini che ci hanno condotto in questa situazione, specie se da carrieristi consumati di professione da decenni, non potrà mai nascere una nuova forza politica in grado di radicarsi tra la gente e creare un ciclo nuovo. E lo sbandierato azzeramento dei ruoli potrà essere solo di facciata.

Non ci credi? Aspetta l’elezione della nuova dirigenza e vedrai quanti passi indietro (o in avanti) si saranno fatti.

Oggi una nuova forza politica deve essere rivoluzionaria (innovativa) per attrarre un grande consenso, ma di una rivoluzione nuova e culturale basata su principi e valori nuovi e non stantii.

E i cattolici, come evidenziai a lungo ad una conferenza a cui partecipai tempo fa[2], hanno il dovere d’essere luce nel mondo e non la luce del mondo: essere testimoni di un mondo e di una società diversa anche se minoritari.

Ciò significa essere coerenti in ciò in cui si crede e non timorosi d’apparire, restringendo il proprio essere credente nel ghetto o nell’enclave confessionale. Si è prima cittadini che credenti, perciò appartenenti ad un Popolo sociale prima che al Popolo di Dio.

Non vi è antagonismo tra i due essere popolo, ma solo perfetta parallela convergenza. Il primo essere popolo è prioritario al secondo se si vuole essere servitori (uguaglianza) e non serviti (privilegiati teologicamente eletti).

E la coerenza impone di anteporre, anche socialmente, il diritto altrui al proprio, proprio come il Samaritano fece scendendo da cavallo, avvicinandosi (facendosi proximus) al malcapitato, piegandosi su di lui, sollevandolo e soccorrendolo con i propri averi.

E il Samaritano era un pagano politeista e non un Ebreo, a scanso di equivoci.

Vi è bisogno di una cultura diversa non solo d’essere operaio o imprenditore, laico o religioso, ma soprattutto di concepire il proprio ruolo di Persona nell’essere Popolo nello Stato e nell’Ue.

E non mi pare che né tu né quelli che “vogliono” fondare il nuovo partito abbiano in tal senso una visione complessiva di tutto ciò degna del lemma di Progetto.

Vorrei chiudere con uno degli ultimi paragrafi di un mio articolo[3]:

L’interesse generale deve prevalere, quale principio esistenziale, sul benessere individuale immediato o futuro.

Va pertanto rivisto lo welfare, il sistema strutturale di stato, il concetto di diritto, l’uso del lavoro con le sue regole e con il radicarlo sul territorio, la codificazione del mercato, l’eliminazione degli strumenti finanziari rischiosi e spuri, il controllo delle aziende che pur essendo giuridiche devono sottostare alla fisicità di sentirsi esse stesse Popolo.

Innovare significa cambiare il proprio concetto/diritto d’essere un servito per diventare un servitore, onde essere tutti popolo, specie là dove il benessere e le immunità di reddito (pure di indennità) elevano i singoli a privilegiati.

E per farlo bisogna mettere il capitale disponibile e i talenti individuali al servizio di tutti; serve donarsi specie per chi ne ha bisogno, nella convinzione che l’opulenza individuale sia solo l’usurpazione del diritto altrui e la negazione del dovere proprio.

I beni, in sostanza, li dobbiamo ritenere in affidamento e non abusarne per l’interesse individuale..

Diversamente che saremo? Il serpente tentatore annidato sull’albero della conoscenza: quello che può creare consenso (voti) ma non cambiare lo stato delle cose e della società.

Aborri tanto il berlusconismo. Eppure in giro non vedo nulla di meglio, neppure tra i cattolici.

Sempre con immutata simpatia.

Cari saluti, Savino.