giovedì 25 dicembre 2014

Anche un superuomo può morire.


Pensiero anomalo di Natale
 
Anche un superuomo può morire.

Anni fa iniziai uno dei primi post natalizi con la prima parte del Vangelo di Giovanni: (1, 1-2)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio; e il verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio.
Ora aggiungo anche (Gv 1, 3-5):
Tutto fu fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto di quanto esiste. In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini.
E la luce risplende tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno ricevuta.
Il mio meditare attuale, tuttavia, non vuol essere a carattere filosofico/teologico, ma solo a livello sociologico personale.
Mi perdoni, il lettore, se a queste parole darò in certi passaggi una forzatura discorsiva.
 
Le vicissitudini personali di questi ultimi 2 anni non solo mi hanno portato a ritoccare notevolmente il mio ritmo di vita, ma a modificarne anche lo stile.
Già da oltre 3 lustri avevo gradualmente ridotto l’impegno operativo, sia nel lavoro che nello sport. L’età avanza per tutti e ciò può essere considerato un comune fatto naturale.
Il materializzarsi all’improvviso d’una malattia perniciosa ha fatto il resto: ha cambiato buona parte del mio modo di essere e di vivere.
Devo dire, tuttavia, che ciò non mi ha arrecato alcun trauma e vivo tuttora con grande serenità e tranquillità.
Perché - come dissi in risposta ad un amico prelato che mi chiedeva cosa avessi pensato e provato quando mi dissero per la prima volta “carcinoma maligno” – considero il tutto “un bel braccio di ferro tra Dio e me, giacché nessuno, neppure Lui, è in grado di condizionarmi a livello mentale”.
 
Personalmente ho vissuto come attore alcuni importanti passaggi della storia del secolo scorso. Ciò sempre in modo estremamente riservato e personale, sia nella cultura sia nel lavoro.
Sicché, leggendo poi i relativi resoconti dei media, sapendo e avendo vissuto la Verità (Verbo), con molto divertimento annotavo quanto la realtà (luce) di un evento fosse molto diversa - spesso addirittura contrapposta - all’essenza nella percezione (tenebre) dello stesso e del suo svolgersi. (E la luce risplende tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno ricevuta).
Molti mi hanno additato e considerato come un superuomo, anche se come tale non mi sono mai interiormente riconosciuto. Tuttavia, se qualcuno scrisse “colui che sempre parte dal punto in cui tutti gli altri si fermano arresi”, ciò significa che una certa difformità dell’individualità personale, rispetto alla molteplicità, probabilmente esista. Ciò, necessariamente, non implica la superiorità; ma solo la diversità.
Pure mia moglie spesso mi ritiene (accusa) d’essere un superuomo, forse perché la diversità dell’eccellenza fa comodo nel bisogno e dà molta noia nella normalità. Tanto è vero che in passato, quando mi capitò per motivi di lavoro di incrociare alte personalità istituzionali o ecclesiastiche, ho sempre squadrato tutti non nella superiorità, bensì nella parità d’essere comunque una persona come qualsiasi altra (perciò pure come loro), rifuggendo da ogni protocollo o deferenza dovuta a soggezione.
Non ho mai sofferto di solitudine e nell’autarchia personale potrei starmene decenni da solo senza alcun problema. Chi si sente solo è perché innanzitutto è solo interiormente in sé stesso, bisognoso del supporto o della stampella altrui.
 
La malattia non mi ha costretto, ma mi ha indicato una vita diversa, sempre nel piacere del vivere. Una vita che non ha progetti specifici né impegni da espletare, ma che si basa solo sull’estemporaneità del piacere dell’impegno personale in base alle possibilità del momento. Un impegno fatto delle piccole cose essenziali di tutti i giorni, senza l’aggiunta di alcun fronzolo o velleità superflua, dai quali, tra l’altro, ho sempre rifuggito.
 
Molti, specie ecclesiastici, si sono chiesti se sia un credente o no. A tutti non ho mai dato una risposta, lasciando ognuno nel dubbio della propria percezione. Nel mio intimo so cosa sono; e ciò basta e avanza, sia per Dio che per gli uomini.
Il Verbo era presso Dio; il Verbo era Dio.
Il verbo, in effetti, è la sapienza, quella capacità di fare e di agire pur nella possibilità di poter anche sbagliare. Non per nulla la teosofia si differenzia dalla teologia, perché se la prima è la scienza dell’agire, perciò pure del pensare, la seconda è l’astrazione assoluta del pensare, tanto d’essere stata definita da Kant la più inutile delle scienze.
La teologia è un ramo della filosofia. Ciò non significa che un teologo debba essere necessariamente un filosofo. Infatti tra i teologi è difficile trovare dei filosofi, mentre tra i filosofi vi sono anche dei teologi.
La differenza dove sta? Nel fatto che producendo un corretto ragionamento si può arrivare alla teologia, mentre se si parte da un postulato si crea solo un procedimento trascendentale che spesso è arruffato e privo di un reale consistenza dialettica. Da ciò trae origine la specifica definizione di Kant, poco fa citata.
 
Concludendo:
 
la filosofia parte dall’empirismo; la teologia fine a sé stessa dall’astrazione escatologica del pensiero.  La teosofia è la fusione tra la filosofia e la teologia. Il suo naturale divenire.
Il concetto di Dio è l’essenza della teosofia. La conclamazione di Dio è l’arroganza della teologia. Hanno procedimenti dialettici completamente opposti.
Proprio come l’essere per l’uomo è ciò che è, mentre l’apparire è ciò che vorrebbe (senza alcun merito) essere considerato.
Pure morire ha un senso nella vita. Non quello dell’annientamento del proprio essere persona che cessa di vivere, ma come naturale evoluzione della materia e, per il credente, pure dello spirito.
Gli uomini – e pure i superuomini (da non confondere con gli eroi e i martiri) – sono soggetti alla morte.
Considero che ogni giorno muoia una parte di me, sia per il naturale ricambio neuronico, sia perché la propria concezione ha un’evoluzione che può essere positiva o negativa. È importante che l’evoluzione sia condivisa e non subita. Per non essere subita ha bisogno dell’amore personale del vivere.
Morire è anche nascere: il passare da uno stato a un altro.
Pure il concetto di vita è un’astrazione della dialettica, perciò anche della filosofia. Infatti lo dividiamo in 3 stadi: minerale, animale, vegetale. Pure l’uomo morto, al di là della fede, ha una vita evolutiva: quella minerale.
 
Buon Natale a tutti!
 

domenica 9 novembre 2014

Renzi e Obama: un destino già scritto.

 
Il Senato americano – come si sa - non è eletto in un’unica votazione, ma ha la peculiarità di essere rinnovato in parte ogni 2 anni, anche se il mandato parlamentare dell’eletto dura 4 anni.
L’elezione appena conclusa – si eleggevano anche i governatori – ha sancito (non a sorpresa) la grave sconfitta dei Democratici; i quali, dopo la maggioranza alla Camera persa in precedenza, hanno ora ceduto pure quella del Senato ai Repubblicani.
La sconfitta è ritenuta da tutti una sconfessione per Obama da parte dell’elettorato, considerato che i Democratici hanno perso in stati chiave a loro sempre favorevoli.
Il Presidente si era adoperato assai durante la campagna elettorale, specie nel suo stato d’origine. Il risultato, tuttavia, non è stato per nulla favorevole né al Presidente, né al suo partito, sonoramente battuti.
Obama 2 anni fa era stato rieletto con un buon successo, nonostante gli scarsi risultati ottenuti nel suo primo mandato. L’elettore gli aveva dato credito sia delle buone intenzioni, sia delle difficoltà politiche e internazionali insorte.
Che a metà del secondo mandato il partito di maggioranza sia battuto è, in America, un fattore quasi strutturale. Pochi presidenti, infatti, nel passato hanno evitato d’essere l’anatra zoppa.
Le colpe di Obama sono tante e poche nello stesso tempo. Tante, perché delle promesse fatte a suo tempo all’elettorato ha realizzato solo quella della riforma sull’assistenza sanitaria, estendendola a una maggiore platea. Poche perché tante situazioni le ha ereditate dall’Amministrazione precedente. E a poco vale il bell’indice Pil ottenuto nell’economia nazionale che tira positivamente con buoni risultati, al contrario di quella Ue che da anni è al palo e peggiora.
Questo, tuttavia, considerato il bilanciamento di poteri esistente, è da ascriversi per lo più alla Fed, che grazie al suo statuto particolare può operare autonomamente anche rispetto al Presidente. Val la pena sottolineare, però, l’esplosione del Debito sovrano, che, oltre a raddoppiarsi, sarà una palla al piede dell’economia futura. 
 
Gli U.S.A. da alcuni decenni hanno assunto il ruolo di gendarme internazionale; ma il loro (spesso) miope imperialismo li ha portati in un groviglio politico internazionale da cui non riescono più ad uscire. Pur essendo lontana, la disfatta in Vietnam pare non aver loro insegnato nulla.
Perché, con chi ha una mentalità culturale molto diversa da quella occidentale, una sconfitta militare provvisoria non inficia la resistenza, prima passiva e poi attiva, in grado di ribaltare più avanti la situazione. Ciò è avvenuto prima per i russi in Afghanistan e ora per gli americani, là e altrove.
Controllare i sassi non significa nulla; controllare le coscienze, la volontà e la potenziale ribellione delle persone è ben altra cosa che non può essere raggiunta con le sole armi. A meno che si decida di procedere con la distruzione totale della popolazione grazie alla supremazia dell’attacco nucleare. Non per nulla i popoli biblici passavano a fil di spada tutti gli uomini, facendo schiavi solo donne e bambini.
Gli occidentali hanno costruito lo stato moderno fondandolo sul nazionalismo, perciò sull’orgoglio dell’appartenenza. Gli altri su un agglomerato tribale, dove il cittadino è un numero con propria entità fisica individuale. Perciò uno stato fragile e nello stesso tempo facilmente variabile che poggia, per lo più ma non sempre, sull’appartenenza ad un credo religioso.
L’esportare con la forza degli eserciti la “democrazia” occidentale è stato sia un grande sbaglio, sia un’enorme sciocchezza. Perché la democrazia oggi è mal compresa anche dagli stessi occidentali, giacché si ritiene che questa debba garantire i diritti, svincolandola però dai doveri. Figurarsi poi in chi la democrazia la intende come solo potenziale benessere.
Il mondo dal nazionalismo sta ora puntando sul regionalismo, che in ultima analisi è nella realtà un nazionalismo localizzato in una determinata aerea geografica.
 
I risultati di Obama in politica estera sono fallimentari. Non per nulla la Cina ha emesso un comunicato sul risultato elettorale, dove parla di Obama, presidente incapace e insignificante. E molti, pure negli U.S.A., lo ritengono non a caso il peggior presidente dal dopoguerra.
In politica economica non ha modificato nulla del sistema finanziario, che è poi quello che ha prodotto la crisi. Buon per lui e per gli U.S.A. che la Fed, con i vari programmi di Quantitative easing, ha sostenuto e salvato il sistema bancario e industriale, puntando dritta sul monetarismo e tenendo basso il valore del $, onde sostenere l’esportazione.
Tutte cose che, oltre alle mancate molte promesse, hanno spaventato il cittadino americano, impaurito più da una possibile drastica riduzione del benessere futuro che dalle varie guerre attualmente in corso e … lontane.
Guerre, comunque, il cui costo non è sopportabile a lungo dall’economia nazionale, senza dilatare ulteriormente il Debito sovrano e correre verso un Fiscal cliff incancrenito, preludio a un crack finanziario strutturale.
Renzi, dal canto suo, di promesse ne ha fatte e ne fa a iosa. Basta che apra la bocca e queste sgorgano come l’Arno in piena. Peccato per l’Italia e per lui che non dica mai come intende realizzarle.
A un locale convegno di Confindustria di pochi giorni fa, per due terzi del discorso ha inanellato sperticate lodi (degne da lecchino d’oro) all’industria locale, affermando pure che è meglio della Baviera. Ovviamente sottacendo che mentre in Baviera le industrie viaggiano, producono utili e occupazione, qua sono in crisi, cassa integrazione e con bilanci in rosso, quando non chiudono.
Poi, per farcire la torta, per il terzo terzo ha fatto una valanga di promesse, degne d’imbonitore maliardo, senza attirare le simpatie dell’assemblea che, dati i requisiti professionali, guarda al sodo e non alle chiacchiere.
 
Ma se Obama è stato eletto dal popolo per 2 volte alla presidenza, Renzi alla presidenza ci è andato per 2 motivi non elettivi: il primo operando un colpo di mano nel Pd grazie ad un manipolato voto esterno, il secondo grazie a dei poteri forti che l’hanno finanziato, non tanto convinti che fosse l’uomo giusto per l’Italia, ma quello per i propri interessi.
Ne consegue che nonostante la vis polemica con tutti – Pd, Parlamento e Ue – e il piglio da novello duce, perda gradualmente consensi nell’opinione pubblica, che, come si sa, è spesso più attenta alle facili promesse che alla possibile realizzazione delle stesse.
Non per nulla – ed è la convinzione di molti analisti – l’ascesa di Renzi in politica parte proprio da quella cena a 2 in quel di Arcore, prolungata poi con i vari incontri del Nazareno.
Le contestazioni al Premier stanno comunque diventando sempre più frequenti e significative. Nel popolo si esplicano già nelle frequenti manifestazioni di piazza i primi movimenti tellurici.
La Finanziaria (Legge di stabilità – per favore la si cambi di nome, considerato che di stabile proprio non ha nulla -) è stata presentata in un modo quasi borioso contro l’Ue. Salvo poi correre subito a correggerla di ben 4,5 mld per una semplice richiesta chiarificatrice di prassi. Correzione che, ovviamente, non sarà sufficiente e che – a mio modesto parere – dovrà essere rimpolpata con almeno altrettanta cifra se la Commissione vorrà essere oggettiva.
Questo solo per dire che mentre Renzi imbonisce l’opinione pubblica nazionale con le sue scaramantiche frasi da gradasso – Non andremo a Bruxelles con il cappello in mano – in realtà poi corra subito ai ripari, calando il “cappello” molto più in basso, non avendo neppure a disposizione le adamitiche foglie di fico per coprire le gravi lacune italiche (il re è nudo).
La mia impressione, a carattere istituzionale, è che, in effetti, Renzi ricopra un ruolo fittizio, visto che il vero Premier mi pare Napolitano, intento a richiamarlo al Quirinale quasi giornalmente, onde impartirgli le disposizioni necessarie su come procedere.
Mai, a memoria mia, ricordo un simile andirivieni di un premier chiamato al Quirinale per consultazioni.
 
Renzi, come Obama, ha ereditato una situazione economica e politica ingarbugliata. Che, secondo il suo modo di procedere, sta ulteriormente complicando.
Con l’Ue è in rotta di collisione; e la luna di miele diplomatica dovuta alla cortesia istituzionale è finita da tempo in un botta e risposta mortificante per l’Italia.
Che poi Juncker addolcisca diplomaticamente il suo duro comunicato di risposta “con il mio amico Renzi” non significa proprio nulla, perché diversamente dovrebbe dire peggio; e sarebbe offensivo se non altro per le istituzioni di un Paese membro che il Premier italiano rappresenta.
 
La crisi mondiale attuale ha molti padri e trae la sua origine dagli anni ’90. Ne consegue che i politici attuali – Obama e Renzi tra questi – siano in realtà tra i meno colpevoli.
La loro colpa, è, tuttavia, un’altra e non meno importante: quella di voler raddrizzare la barca che procede in un mare burrascoso senza provata capacità e professionalità, quasi andando allo sbaraglio.
Perché è indubbio che il popolo sia facilmente abbindolabile in campagna elettorale (politica o di segreteria) con facili promesse demagogiche e populiste, oppure con mancette elettorali; ma, poi, quando questi si avvede che la situazione peggiora anziché migliorare, è naturale che tolga col voto il proprio consenso elettorale.
Ciò è avvenuto già a Obama. E avverrà pure a Renzi se continuerà sulla falsariga attuale.
Se ciò accadrà, Renzi sarà tramandato alla storia come un ragazzo presuntuoso e arrogante che ha voluto ricoprire un ruolo per lui improponibile, senza le necessarie capacità e senza un effettivo consenso popolare.
 
Renzi ha un bel dire che bisogna smettere di piangersi addosso, considerato che da inizio crisi la politica ha sempre fallito, peggiorando continuamente la situazione.
Sarebbe interessante disquisire se in buona parte la crisi dei paesi Ue non sia addebitabile all’, costruito e realizzato in modo maldestro e infame, atto a favorire qualcuno e a danneggiare altri.
Perché è facile pensare che per rilanciare la crescista basti pagare 50/100 mld di debito dovuto alle imprese dalla pubblica amministrazione, perché questi tornino in circolo e producano (rilancino) investimenti, anche se ciò non corrisponde alla realtà.
In economia si investe dove la possibilità di reddito è reale, non dove la tassazione e il rischio è elevato, dove l’impianto strutturale statale è in disfacimento, dove le regole locali penalizzano imprenditoria e occupazione. Perché val la pena chiedersi perché un’opera realizzato da un privato costi ad esempio 100, mentre se la stessa è realizzata dallo stato costi molto, molto di più.
Lo Stato non può sempre fare il volano dell’economia, spendendo più di quel che dovrebbe, perché ciò poi diventa un costo che crea uno sbilanciamento economico e reale notevole, pagabile poi negli anni futuri.
In Italia e in Ue si addebita la mancata ripresa italiana alle riforme non fatte. Però se le riforme (Legge elettorale, Art. 18, Senato non elettivo,  …) sono quelle che sono in cantiere è ovvio che la ripresa latiterà ancora parecchio, acuendo disoccupazione e crisi. Non possono creare occupazione, non essendo parametri economici.
Se le aziende – come la Fiat – spostano altrove la propria sede e il proprio baricentro è perché là hanno margini economici (minore tassazione) maggiori che in Italia.
Se l’Irlanda ha messo a segno un Pil quest’anno del 5%, ciò è dovuto non alla bravura e laboriosità degli irlandesi, ma alle facilitazioni fiscali che è in grado di garantire alle aziende che là portano lavoro. Diversamente non avrebbero potuto ottenere un simile risultato, perché le stesse aziende sarebbero rimaste dov’erano prima a parità di benefici.
L’Italia “renziana” non può abbattere il costo del lavoro, né ridurre l’imposizione fiscale, perché ciò significherebbe avere minori introiti e proiettare in alto il proprio Debito, portando lo Stato all’implosione strutturale di bilancio. È in una spirale strutturale che si chiama Ue. Là deve operare perché le vere riforme vengano fatte.
La crisi nei paesi periferici resterà tale finché nell’Ue, oltre alla moneta comune (€), non vi saranno regole comunitarie che pongano tutti sullo stesso livello – imposizione fiscale, costo del lavoro, stato sociale, costo del danaro, accessibilità al credito, … -, togliendo quegli squilibri strutturali che portano le nazioni a farsi una concorrenza spietata tra loro, creando poi quei dissesti strutturali (come l’Irlanda col salvataggio delle banche) che hanno poi dovuto essere ripianati da interventi comunitari, addossando alle nazioni in difficoltà ulteriori costi aggiuntivi.
 
Le troppe promesse sono deleterie, anche se di primo acchito possono arrecare consenso. Perché il vecchio detto sapienziale “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” indica appunto che in politica il guado del Mar Rosso si basa sì sul consenso, ma pure sulla capacità di realizzare le promesse fatte.
In politica il mare è composto da: competenza, capacità e lungimiranza. Mai dal solo interventismo fine a sé stesso.
Diversamente si finisce nell’ignominia della futura e sicura bocciatura elettorale.
 

martedì 14 ottobre 2014

Viaggiando in filosofia tra guerra e pace, tra economia e politica.

 
 
A Redipuglia Papa Francesco ha affermato che la guerra è una follia.
Ovviamente, dato il contesto, non entra nel merito delle guerre giuste o ingiuste. Anche se ritengo che di guerre “giuste” non ve ne siano, per il semplice fatto che a una guerra si giunge solo dopo un determinato percorso o contesto economico/politico. Per litigare bisogna essere minimo in 2.
Interessante, per l’analista filosofico, è, però il fatto che il Papa – nel prosieguo del discorso – ricordi pure che non ci si possa disinteressare del proprio fratello che è in guerra, perché Dio poi ci chiede e ci chiederà: Dov’è tuo fratello?
Ciò, filosoficamente, implica una semplice deduzione secondo la Logica del sillogismo: se il Papa (inconsciamente o consciamente) sottintenda che difronte alle guerre attuali bisogni imbracciare le armi e andare a combattere per qualcuno. Quale? Quello che ci è ideologicamente “prossimo”, soprattutto nell’interesse economico. Giacché ciò che ci è prossimo dovrebbe essere individualmente giusto.
Perché a questo punto, al di là dell’ideologia di parte di ognuno di noi, lo scindere il giusto dall’ingiusto e il politicamente corretto dallo scorretto, equivale al detto che la Verità e la Giustizia non possano essere semplicemente divise con un netto colpo di spada, che separi perfettamente i concetti avversi.
La verità e la giustizia (personali), infatti, spesso sono compagne dell’interesse che segue ogni singolo uomo.
Marx affermava che la proprietà è un furto, proprio perché qualcuno, andando a ritroso nel tempo, si appropriò di un bene comune ch’era senza steccati e padroni. Come? Con il “diritto” che si diede per l’essere giunto per primo, oppure d’essere stato più svelto (furbo) di altri a concepire l’utilità di quella (futura) “proprietà”.
Infatti, oggi, la proprietà viene valutata un diritto acquisito e consolidato, non un sopruso. Proprio perché questa è da considerarsi un interesse economico individuale.
 
Obama, dal canto suo, se ne andò all’università del Cairo a fare un discorso politicamente moralistico, più che populistico. Con il risultato pratico di togliere l’appoggio americano al Governo egiziano, peraltro subito scaricato alle prime manifestazioni popolari.
Fu l’inizio delle varie primavere arabe, che hanno prodotto il risultato attuale nei vari stati islamici: instabilità, disordini, guerre civili o internazionali.
Un anno fa Obama era pronto a bombardare la Siria, perciò a invaderla dall’alto del cielo con la scusa della giustizia sociale difronte alle barbarie della guerra. Ora, non essendo cambiato nulla rispetto ad allora, di fatto, stringe un’alleanza proprio con quella parte, Bashar al Assad, che voleva detronizzare.
Che è cambiato nel frattempo? Forse Obama s’è ravveduto cambiando idea?  No. Semplicemente ha preso atto che una fazione delle parti in causa (ISIS- magari pure armata e finanziata tempo fa dagli stessi U.S.A.) oggi sta cambiando la situazione geopolitica in Iraq e in altri stati arabi: è diventata troppo potente per gli interessi americani.
Obama bombarda la Siria con un anno di ritardo; però per potenziare militarmente il regime e non per abbatterlo. È cambiato il “nemico”, non il fine.
E mentre un anno fa Papa Francesco indiceva un’apposita giornata di preghiera per la pace contro l’imminente intervento americano, ora … forse tacitamente lo approva.
 
L’usa e getta dell’ideologia sociale, commerciale e industriale americana si applica anche in politica.
Basti citare Osama bin Laden: istruito, addestrato, armato e finanziato dagli stessi americani per contrastare gli interessi russi in Afghanistan.
Perché a molti appare chiaro che in ogni situazione politica internazionale degli ultimi decenni gli U.S.A. ci abbiano messo sempre non solo lo zampino, ma pure tutto il corpo della loro potenza economica, portandoli però a dilatare in modo spaventoso il loro Debito sovrano. Più che a triplicarlo nell’ultimo decennio.
 
Nel mondo non vi sono solo le guerre che tutti conosciamo, ma pure molte altre dimenticate dai media e da tutti. Non per caso quelle dimenticate non attraggono l’interesse economico, perciò pure militare, delle potenze occidentali, quindi degli U.S.A. e dell’Ue.
Il mondo attuale si basa unicamente sull’interesse, perciò sul guadagno pratico che una determinata situazione può dare all’economia. Basti pensare anche solo agli interessi economici e commerciali che ruotano attorno agli F35.
Se si distrugge con una guerra, prima si fanno affari con le armi, poi con la ricostruzione e la sudditanza che quel popolo deve all’“invasore/liberatore”. Ovviamente solo se ha delle ricchezze da poter dare o concedere.
 
Un Papa è l’emblema dell’idealismo puro.
Che questo poi sia trascendente e basato sul totem quello è un altro discorso. Infatti, i fedeli sono per lo più mentalisti di turno.
Molti politici inseguono lo stesso idealismo, guardandosi bene però dal renderlo Logico, perciò non interessato.
L’idealismo di per sé è un semplice postulato da cui in modo trascendente si fa poi derivare tutto. Ma, come tutti i postulati ideologici si basa solo su delle supposizioni (teoremi) che nella realtà si scontrano con le esigenze di ogni giorno.
Pure i Vangeli sono concisi e sommari discorsi idealistici, anche se poi il totem Croce pare giustificarli tutti.
Curiosamente pure il Comunismo professa gli stessi ideali, anche se sostituisce al concetto Carità/Amore quello di Uguaglianza/Giustizia.
 
Va però annotato che all’atto pratico il Comunismo è ormai una concezione sorpassata, proprio come il Cristianesimo perde ogni giorno smalto, quasi “catacombazzandosi” nella società occidentale.
Nessuno potrà mai dimostrare materialmente che i privilegi concessi a un Papa o a un Capo di stato di una qualsiasi repubblica socialista (comunista) siano identici e uguali a quelli di un comune credente o cittadino.
Dove sta la differenza? Nel concetto trascendente che proviene dal simbolo/totem a cui tutti guardano succubi e al quale concedono un potere/proprietà (pure decisionale) che nella realtà originaria questo non aveva.
Non a caso il concetto di dio è superiore a quello dell’uomo.
 
I Vangeli raccontano che Gesù invitava a offrire l’altra guancia a chi ti avesse percosso. Ovviamente nessun teologo è in grado di aggiungere con certezza cosa sia giusto o ingiusto fare dopo la seconda percossa.
I Vangeli tacciono in ciò sia per un motivo valido che per un altro conseguente. Il primo consiste nel fatto che Gesù – secondo gli evangelisti – non sia andato oltre questa sua affermazione; il secondo nel fatto che pure lui, forse, non sapeva cosa si dovesse fare.
Infatti – secondo i Vangeli – offrì sé stesso morendo in croce. Poi resuscitò, ma … ascese in cielo ed evitò la terza percossa.
Va comunque annotato che il potere spirituale di Gesù in terra era in contrasto col potere religioso dei potentati di allora. Al di là del giusto o dell’ingiusto, era in guerra con quelli che lo detenevano, tanto da contrastare con la sua predicazione il loro carisma secolare.
Traducendo in poche parole: era in guerra con scribi, farisei e sommi pontefici. Perse la guerra e finì in croce perché il suo potere sulle masse, nonostante i supposti e declamati miracoli, non fu sufficiente a evitargli la morte.
E, stranamente, il potere portava con sé interessi economici non indifferenti pure a quei tempi, basato soprattutto sulla decima, occulta e palese tassa mosaica in favore del Tempio.
 
In passato, anche recente, abbiamo avuto papi che han promosso guerre più o meno giuste o ingiuste. Basti citare le Crociate su tutte. E, ultimamente, pure un papa che invocò un determinato intervento armato contro una parte in conflitto. Forse pure anche per questo poi lo fecero … “santo”.
Intervenire a favore di qualcuno significa schierarsi per i suoi diritti e interessi; ne consegue che ci si schiera apertamente in guerra contro altri, quando parte degli interessi (ragioni) diventano pure i propri.
Non sempre l’intervento può essere diretto; molto spesso è anche indiretto: io ti finanzio, ti addestro, ti armo, ti sostengo economicamente e politicamente e tu combatti anche per me.
La storia recente è piena di questi interventi spesso spuri: le sanzioni per l’Ucraina, la vendita di armi ai Curdi contro l’ISIS, la lunga guerra per procura che Saddam Hussein combatté per gli americani contro gli iracheni nelle paludi intorno a Bassora. Oppure le guerre attuali solo dal cielo, fatte con cacciabombardieri, missili e droni.
 
La Chiesa è una potenza economico/finanziaria mondiale, dietro alla quale ruotano molti interessi.
Stando ai teologi la Chiesa è guidata e sostenuta dallo Pneuma, il quale investe (guida) con la sua Sapienza papi, cardinali e vescovi. Tutti costoro, nella Chiesa cattolica, sono poi nominati dal papa, che opera quale strumento umano dello Pneuma.
L’infallibilità è comunque precaria, se tutti gli ultimi papi si sono prodigati a chiedere pubblicamente scusa per i peccati passati.
Per infallibilità, ovviamente, si intende l’operato umano e non un qualsiasi e indimostrabile dogma di fede, al quale uno può credere, oppure solo … sorridere.
I palesi, attuali e clamorosi casi di pedofilia ecclesiastica – che per inciso esiste ovunque e non solo nella chiesa - soprattutto di porporati, mettono in evidenza o l’inesistenza dello Pneuma nello sceglierli, oppure la caducità della tesi dell’infallibilità, pur considerando la diversità di concetto esistente tra “Chiesa” e “chiesa”, proprio perché la loro nomina si basa sul postulato dell’illuminazione (scelta diretta) divina.
Pure Giuda Iscariota venne scelto da Gesù (Dio); ma quello aveva un compito (divino) del Padre da espletare: tradire il Figlio. Usando un paradosso: era lo strumento (capro espiatorio) del redentivo progetto millenario voluto e stabilito da Dio, onde addossare all’uomo (come ad Adamo) la colpa del proprio volere.
 
Pure l’Economia è un’ideologia teorica che spazia dal politico al sociale. Infatti, non vi sono 2 economisti che condividano appieno una determinata teoria.
Pure lo statalismo keynesiano ebbe i suoi limiti, tanto che la crisi del ’29 finì soprattutto grazie alla seconda guerra mondiale. Basti ricordare la Germania, che si risollevò dal disastro del primo conflitto mondiale con il poderoso progetto hitleriano basato sull’industria pesante (riarmo), risolvendo così disoccupazione e crisi economica.
Rispolverata e corretta da molti economisti per l’attuale crisi, la teoria keynesiana non è stato comunque capace di risollevare la situazione economica e finanziaria del globo. Ovviamente non per colpa del Keynes, che la elaborò in un particolare contesto storico e per ben altri motivi.
 
La Bibbia racconta di Terra promessa e di guerre.
È interessante notare che la promessa di Dio di una terra al suo popolo coincide con una guerra sanguinaria (si trucidavano tutti gli uomini) contro i popoli che la abitavano, dopo l’esodo egizio.
Chiedersi se fosse giusta – e non una follia – sarebbe un paradosso retorico, considerato che l’iroso dio canaanita era assai diverso teologicamente da quello attuale cristiano.
Forse il “divenire” divino, con il Figlio e lo Pneuma, ha portato l’uomo teologo a variare gradualmente l’inerente concetto della sua reale essenza teorica, ponendo questa relativa conoscenza teologica in contrasto con il concetto della guerra e relegando il giusto o l’ingiusto bellico nel confine individuale.
Val però la pena sottolineare il mentalismo fideista o ideologico politico dell’essere schierati, tipico del “popolo arcobaleno” che s’è poi vaporizzato nel nulla.
 
Nella teologia e nella dottrina cristiana un tempo veniva considerata giusta solo la guerra di difesa; e in base a questa concezione era lecito distruggere, ammazzare, contrattaccare e occupare.
Ora questo concetto s’è sfuocato nel sociale; perché, forse, il giusto è l’ingiusto è ciò che crea “spettacolo”, quindi business per i media e per le parti in causa.
Le decapitazioni dell’ISIS da una parte, gli attacchi mirati israeliani dall’altra, la guerra dal cielo americana (più o meno con armi “intelligenti”) e le sanzioni e contro sanzioni russo/occidentali fanno parte d’uno spettacolo (gioco politico) inglorioso che attrae – magari creando orrore e nello stesso tempo famelica curiosità di sangue versato - le masse schierate.
Perché è ovvio che se nessuno bramasse guardare in modo ossessivo i vari videoclips delle decapitazioni operate da alcuni miliziani ISIS, queste perderebbero totalmente il loro interesse politico e mediatico al quale i miliziani puntano. Diventerebbero nella realtà un semplice e inutile sanguinario atto individuale dello stesso miliziano.
 
Un detto sapienziale afferma: mal che si vuole non duole.
Infatti, per paradosso, non “duole” a chi per interessi economici o politici si trova poi senza testa, a chi si serve di aerei e cloni per sprecare ingenti risorse finanziarie per distruggere la controparte, a chi con le sanzioni economiche e politiche lede gli interessi d’affari e commerciali di molte aziende, creando inevitabilmente crisi aziendali e occupazionali.
La crisi del ’29 sfociò poi - quasi indirettamente, ma non affatto casualmente – nella seconda guerra mondiale. Era una crisi prodotta da un’eccedenza di prodotti agricoli; mentre questa è stata prodotta da un “eccedenza” e da un uso spropositato e improprio di prodotti finanziari artificiosi e taroccati. In poche parole: la finanza creativa.
 
Renzi, da dilettante boyscout, cerca di dimenarsi nella palude di problemi molto più grandi della sua capacità culturale e conoscitiva, pur se affiancato da altri.
È in guerra con il popolo Pd (gli iscritti e non chi lo ha voluto artificiosamente e interessatamente segretario), tanto da perderne oltre 400 mila in un solo anno, con la minoranza del partito (che, in effetti, sarebbe poi la maggioranza reale), con altre forze politiche, con imprenditori, sindacati e non ultima, ma pure basilare, con una parte della dirigenza ecclesiastica.
Nonostante ciò, seguendo un malvezzo politico non solo italiano, trova il tempo d’essere sempre a zonzo a spese del contribuente, come se i problemi di casa non fossero sufficienti a tenerlo occupato.
 
Per fare la guerra non c’è bisogno d’imbracciare un’arma.
Sempre secondo un detto sapienziale: ne uccide più la lingua della spada.
La lingua dell’economia è spesso l’arma che oltre a determinare guerre materiali si serve della finanza per farla, con il massiccio ausilio dei media, pronti a giustificare tutto con il loro bombardamento mediatico.
Oggi non è tanto il business annuale di bilancio di società e stati che determina il corso economico, ma il “quanto perde l’altro più di me” per diventare mio succube. In questo modo si dilapidano ingenti ricchezze di tutti, vanificando il lavoro e il risparmio di decenni. L’esplosione dei Debiti sovrani è l’inevitabile conseguenza diretta.
Relativamente ai Debiti, val la pena ricordare che prima la crisi era causata dalle banche, in stato fallimentare senza gli imponenti finanziamenti pubblici Ue, Bce e nazionali.
Poi, in concomitanza con l’avvento di Monti (2012), grazie ad un imponente battage mediatico, affiancato da ingenti e massicci attacchi speculativi allo spread di alcune nazioni, gli imputati sono diventati i Debiti sovrani.
Perché l’imputato della crisi fu cambiato nel soggetto? Perché senza il nuovo capro espiatorio non si sarebbero potute imporre quelle manovre (tasse e tagli) che, di fatto, hanno poi strangolato tutta l’economia.
Cui prodest? Al progetto politico globalizzato che porterà inevitabilmente nel tempo alla riduzione di salari, per assottigliare il divario esistente con la manodopera dei paesi emergenti, dove il lavoratore è un Numero produttivo e non una Persona.
Infatti, sotto la battaglia in Italia sull’Art. 18 sta proprio questo.
Prima si crea crisi e conseguente disoccupazione; poi si riducono i salari. Non potendo svalutare la moneta (), si polverizzano i redditi.
 
È una guerra palese, e nello stesso tempo sotterranea, che si combatte a cielo aperto, facendo come gli struzzi per non vederla; salvo poi scandalizzarsi e inorridirsi davanti ad alcune teste che cadono.
Durante la Rivoluzione francese le teste rotolavano a decine ogni giorno sotto la lama della ghigliottina e il popolo correva assetato a godersi lo spettacolo, ammantato da motivazioni di giustizia sociale.
All’estero – compresa la Chiesa – tutti si arrabattavano per impedire che quella svolta basata su Liberté, Légalité, Fraternité contagiasse i propri domini, coalizzandosi per contrastare la nuova repubblica, a quei tempi una vera innovazione sociale.
La Rivoluzione francese nacque pure essa da una grave crisi economica, che vedeva il popolo affamato, mentre la nobiltà gozzovigliava e dilapidava. Famosa ed emblematica a tal proposito la frase di Maria Antonietta: Non hanno pane? Mangino brioche!
Ne seguì a livello internazionale un lungo periodo bellico, intramezzato da guerre di difesa e di conquista. Mentre, in Francia, repubblica e restaurazione tendevano a sovrapporsi con dittature più o meno palesi.
 
La crisi prodotta dai prodotti finanziari ha creato una turbolenza economica, poi politica e infine sociale. Grazie alla globalizzazione ha contagiato tutto il globo, creando un fertile terreno per inquietudini sociali e guerre localizzate geograficamente, ma internazionalizzate dagli eventi politici.
Affermare che il mondo è in mano a degli idioti sprovveduti sarebbe solo un paradosso discorsivo. Dire, invece, che gli interessi economici e finanziari ne sono la causa è abbastanza ragionevole.
Nel 2012 fu assegnato il Nobel per la Pace all’Ue, dimenticando le guerre indirette che l’occidente produceva. Poco prima, nel 2009, lo stesso Nobel era stato assegnato a Obama con similari affermazioni.
Tutto ciò nonostante Ue e U.S.A. abbiano esportato altrove le guerre, impegnate continuamente con proprie truppe a “diffondere” con la forza delle armi la loro democrazia.
Risultato pratico di tutta la vicenda è che Obama debba essere considerato il Presidente americano più guerrafondaio di tutti i tempi. Come molti altri capi di Stato promette da una parte e fa l’opposto dall’altra.
 
Bush condiva i suoi discorsi giustificativi chiamando in causa Dio. Il Papa lo chiama in causa contro (o pro) la guerra.
Il concetto di Dio, però, è un postulato teorico immanente del ragionamento umano, che serve a giustificare un discorso trascendente (postulati derivati: anima, coscienza, giustizia … democrazia), perciò idealistico.
Proprio come molto spesso la giustizia motiva la guerra, oppure la legalità la dittatura.
Ma se Dio cacciò, secondo la Genesi (mitologia sacra), Adamo (umanità) dal Paradiso terrestre per il suo Peccato originale – condannandolo, di fatto, alla morte corporale e non a quella eterna (i padri della Chiesa lo considerano santo) -, anziché prendersela con Sé stesso per non avergli dato nella creazione la conoscenza atta a non peccare, la guerra è già insita nello stesso concetto di Dio.
Prima, infatti, guerreggiò con Lucifero (relegandolo agli Inferi), poi se la prese con l’uomo cacciandolo, infine con il suo stesso Popolo eletto e l’umanità (diluvio, torre di Babele, Sodoma e Gomorra e … il giudizio universale finale).
Se ne deduce che la sua creatura per antonomasia – lo creò simile a Sé – compia gli stessi atti (o sbagli) del suo creatore.
Gli stessi dei ellenici guerreggiavano spesso tra loro sull’Olimpo per interessi personali, schierandosi poi da una parte o dall’altra nelle guerre umane terrene (Omero).
Proprio come il Cristianesimo nel corso dei secoli ora condannò e ora giustificò le guerre, secondo gli interessi di parte. Magari benedicendo le armi avverse su sponde opposte.
 
L’interesse crea l’economia di uno stato. L’economia crea la politica, perciò lo schierarsi da una parte o dall’altra per ottenere i maggiori benefici possibili.
Se ne deduce che la guerra e la pace siano il frutto di un processo economico e politico, che, in base alla sua intensità d’interesse, possa generare larvate guerre (contrapposizioni) sociali, oppure aperti e sanguinosi scontri bellici atti a concedere al più forte la supremazia sulla parte avversa.
La prima legge della giungla è quella della forza. E la forza della società è quella dell’economia i cui bracci armati sono la politica e la finanza.