martedì 29 marzo 2016

La Parasceve.


Oggi, venne in visita da me Sesac; e mi consegnò questo racconto che pubblico, come sempre, assai volentieri.
Tratta, come consuetudine, della vita degli animali della foresta e dei fatti di un tempo che fu.

Sam Cardell
 
Tratto da “i Dialoghi” di Sesac
 
La Parasceve.
 
ovvero:
 
La Pasqua tra Vangeli, leggenda e apocrifi.
 
In quel tempo … s’era alla Parasceve; e Leone se ne stava disteso in poltrona, assorto nei suoi filosofici pensieri.
Da alcuni giorni non era al meglio e perciò centellinava le forze per giungere a sera, or sonnecchiando, or riposando, or facendo qualche piccolo lavoretto casalingo onde non arrugginirsi del tutto. Subiva ancora, non avendole smaltite del tutto, le tossine accumulate da inizio anno.
Ormai viveva alla giornata, snobbando tutte le mansioni che per anni lo avevano accompagnato e impegnato.
In mattinata s’era cimentato come pasticciere a preparare una famosa crostata delle sue, arricchita da farina di cocco, vin santo, latte e uvetta sultanina. Non usava marmellate preconfezionate; perciò l’aveva ricoperta con golden frullate, miscelate con cognac e zucchero.
Aveva preparato più impasto del dovuto per un preciso motivo: sopra voleva guarnirla con l’effige d’una colomba. Cosa che, infatti, fece, lasciando poi lievitare il tutto.
 
Nella casa si diffondeva un gradevole profumo di crostata; ma Leone quasi non se ne accorgeva neppure. Dopotutto aveva messo il timer e, salvo guasti imprevisti, una bruciatura era impossibile.
Essendo disteso in veranda sbirciava ogni tanto lo specchio lacustre, che sinuoso e blu intenso si snodava nella valle.
Sbirciava e meditava.
Fuori la primavera era esplosa radiosa, coi peschi, l’albicocco e la forsizia in fiore. Dentro, in veranda, le clivie mostravano orgogliose alcuni grappoli di fiore arancio. Gli ultimi, ormai, di una dinastia rigogliosa iniziata a Natale.
 
Della Parasceve poco, in verità, gli importava. Leone non amava le festività pompose, né i riti eleusini. Riteneva che i venerdì storici non avessero ragione di esistere nel periodico riproporsi, ma che si dovessero sostituire con i venerdì speculativi.
Lui apprezzava certe teorie di Giansenio; perché il cannibalismo religioso e storico rievocativo non era nelle sue corde. Su ciò non aveva mai capito né chi lo aveva creato, né chi lo praticava. Riteneva tutto ciò un rito arcaico propiziatorio pagano.
In ciò era più … protestante di Lutero.
 
Leone s’era recato pure al tempio con la Leonessa, trovando la liturgia sciatta, il druido burino come sempre intellettualmente arrapato nei suoi concetti preconfezionati, e il tempio disadorno … di fedeli. Erano i segni inequivocabili – pensava - di quel decadentismo che di norma anticipa di poco la fine di una religione.
Il druido s’era, come sempre, incartato nel canto, scegliendo brani che conosceva solo lui, quasi strozzandosi negli alti e cambiando tono ad ogni piè sospinto. A disappunto di Leone non s’era potuto sentire il trio eccelso, giacché né il vecchio falegname stonato né la capra tibetana erano presenti.
Come sempre, a Leone, il druido parve uno di quei capponi castrati, ben preparati e curati per essere serviti in tavola nelle solenni occasioni. Ovviamente non alla tavola del pensiero culturale, ma a quello del volgo plebeo che tutte le beve, giacché gli entra tutto da un orecchio e tutto gli fuoriesce dall’altro, attraversando i condotti d’Eustacchio solo per moto statico indipendente.
Ovviamente il collegamento tra Parola di Dio e sociologia era sconosciuto a costui, forse perché - insinuava Leone – non sapeva cosa fossero entrambe. Più che ragionare era solito procedere per fisse linee geometriche, come se la filosofia fosse un semplice dettame euclideo.
Da studioso qual era, Leone si dilettava, osservandolo, a sviluppare la sua analisi simbiologica, traendone continuamente conferme e interessanti spunti. Come: capelli e sembianze da maghrebino, voce metallica e tonante, mani con dita affusolate femminee, pollici che spesso roteavano avvolgenti su sé stessi in un tic espressivo nervoso.
Il druido s’era soffermato sul correre mattutino della Maria di Magdala, scordandosi (ignorando) che, in effetti, costei non era poi altro che la Maddalena.
Che, secondo molti esegeti, non era poi altro che la Maria di Betania, sorella di Lazzaro, e l’Adultera salvata da Gesù dalla lapidazione.
Sicché, Leone, pensando a ciò si ritrovò in modo naturale a dialogare col Buon Dio.
 
Ciao!
Ti vedo in pompa magna, fresco di Resurrezione.
Su, non dirmi ‘Noli me tangere!’.
Al massimo Ti contesto, ragionando, qualcosa. Non Ti profano mica, se non Ti sei ancora presentato al Padre. Tu sei spirito ed io carne. E non sono la Maddalena da volerTi abbracciare e baciare a tutti i costi.
Con lo spirito ci ragiono solo. Mi sarebbe impossibile abbracciarlo, a meno che fossi del tutto … matto.
A proposito di costei le leggende si sprecano. E si sprecarono pure i Tuoi Evangelisti, pur essendo restii e reticenti a considerare una donna al pari loro, per di più se gran peccatrice in precedenza.
Dici che mi sbaglio? Forse sì; o meglio: no! Chi si sbagliò, eventualmente, fu chi lo scrisse e chi li ispirò.
 
Se non vado errato con la memoria – sai, invecchiando il cervello fa talora giacomo, giacomo – tutti la citarono.
Se permetti: Mt 27,55; 28, 1; Mc 15, 40-41; 16, 1-2; 28, 5; Lc 23, 55-56; Gv 19, 25; 20, 1-2, 17-18.
Troppo poco? Dici che ciò non è sufficiente a identificarla con l’adultera? Beh, se è per quello molti la identificarono pure come la tua sposa. Tant’è che in un apocrifo (Giuda) si dice pure che per evitare il patibolo Tu in croce mettesti il Tuo traditore, svignandotela in India con lei.
Già, hai ragione. Sarebbe in contrasto con la resurrezione e con i passaggi che ho ora citato. Però solo se si dà interamente adito ai Vangeli. Ma non divaghiamo su questioni di … lana caprina.
Il Tuo sommo druido, Gregorio Magno, già nel 591 in un suo celebre sermone la identificava proprio come la donna citata (Pericope adulterae) in Gv 8, 1-11.
In effetti la Tua Chiesa, dopo l’ultimo concilio, nel 1969 ridiscusse la faccenda, dando in parte torto al Gregorio Magno, che però non fu ridotto a micro per questo e rimase ancora Magno. Tanto per dire che la verità sta pure nello ... sbaglio. Sai, che si fa, comunque, per restare … infallibili.
Ora, tralasciando la Leggenda Aurea, che potrebbe essere tacciata di fagocitare false mitologie – ma sulla base della quale si imperniano le credenze principali della Tua Chiesa -, mi soffermerei sul fatto che Maria di Magdala, la Maddalena e Maria di Betania fossero la stessa persona.
Su che basi? Beh, su un ragionamento logico da studioso.
 
Vediamo se mi segui.
Nei Vangeli vi sono, con scarse differenziazioni, 4 teofanie relative a chi Ti lava con le lacrime i piedi, Te li asciuga con i suoi capelli e poi Ti unge il capo di profumo di nardo. Quantità e valore dell’unguento corrispondono ovunque.
Nelle prime tre è citata chiaramente come Maria di Betania in Gv 12, 1-11, in Mt 26, 6-13 e Mc 14, 3; e è posta a ridosso della Parasceve.
La quarta appartiene invece a Lc 7, 36-50, che però non cita il nome della donna, ma la identifica come gran peccatrice (meretrice) - Ed, ecco, una donna in città, che era una peccatrice, quando lei seppe che Gesù sedeva nella casa dei Farisei, portò una scatola di unguento, e si levò in piedi ai suoi piedi dietro lui piangendo, e iniziò a lavare i suoi piedi, e li pulì con i capelli della sua testa, e baciò i suoi piedi, e li unse con l'unguento.-
La scena, a differenza delle precedenti, si potrebbe ipotizzare a Nain, anche se è bene rilevare che Luca non segue la tempistica storica, ma affastella il tutto secondo una logica diversa dalla cronologia. Non per nulla era il discepolo del Tuo teista Paolo.
I racconti sono posti nella casa di un certo Simone: lebbroso nei primi tre e fariseo in Luca. Considerata la tempistica mi pare improbabile una sovrapposizione di più fatti analoghi.

Perché mi guardi così, come se Ti raccontassi panzane? Dai, non essere cocciuto!
Dopotutto nel Dies Irae non ho messo io: Qui Mariam absolvisti et latronem exaudisti mihi quoque spem dedisti ; e neppure nella Tua messa in latino attuale: Peccatricem qui solvisti et latronem exaudisti mihi quoque spem dedisti. È stata la Tua Chiesa!
Come puoi vedere le due frasi si sovrappongono perfettamente; e Tu, sicuramente, non hai assolto Tua Madre … peccatrice.
A meno che si dia adito a quel (velenoso) vangelo apocrifo – di cui ora mi sfugge l’autore – che affermava che Tu eri in effetti il figlio di un legionario romano, che avrebbe abusato – consenziente a no – della Vergine.
Già, se così fosse addio … all’Immacolata concezione, al Concilio di Calcedonia (451) e a tutto il … resto.
Sai, non è una contestazione. Dopotutto la questione del monofisismo è di secoli antecedente ad oggi e pure allora si ponevano questi interrogativi.
Mi dici che fu tutto dovuto al Latrocinium di Efeso nel 449 e all’irremovibilità di Teodosio? Forse; però non ne sarei sicuro. Infatti la conseguenza pratica di Calcedonia fu la prima grande scissione nella Tua chiesa.
Già: Pulcheria era un’altra … Maddalena col … Marciano? Buon per Te che Leone I, con il suo Tomus ad Flavianum del vescovo di Como Abbondio - tranquillo; non è quel povero balla del … Manzoni -, dettasse (imponesse) così la linea da seguire:
Quibus etiam epistulam maximae et senioris urbis Romae praesulis beatissimi et sanctissimi archiepiscopi Leonis quae scripta est ad sanctae memoriae archiepiscopum Flavianum ad perimendam Eutychis malam intellegentiam, consequentissime coaptavit utpote et magni illius Petri confessioni congruentem et communem quandam columnam nobis adversum prava dogmata exsistentem, ad confirmationem rectorum dogmatum.
Fu così che con una maggioranza molto, molto … relativa si stabilì la Tua natura ipostatica.
Calcedonia fu anche il primo diritto canonico? Credo di sì.
Certo è che se oggi fosse ancora attuale il Canone II (presbiteri dediti ad affari mondani) le condanne fioccherebbero ad iosa per curie e affaristi tonacati.

Comunque Ti dirò pure di più.
Ciò che ora si accredita come il Vangelo di Giovanni, molti in passato lo ritennero di Maria di Magdala, detta Maddalena. Non per nulla la Chiesa lo accreditò ufficialmente a Giovanni solo nel secolo scorso.
Non ultimo in ciò Ramon Jusino (Maria Maddalena, autrice del Quarto Vangelo?- 1998), basando tutto sul fatto che essendo la prima che annunciò la Tua Resurrezione questa fosse identificabile nel tuo ‘amato discepolo’; quindi pure fondatrice della prima comunità giovannea. Il tutto basandosi sugli studi dell’insigne biblista cattolico Raymond Brown.
Pur essendo rimasti pochi frammenti, vi fu pure un Vangelo gnostico, detto Vangelo di Maria, che ripete certi passaggi del giovanneo.
Molti la accreditarono pure come la Tua sposa, perché, secondo l’apocrifo di Filippo Tu eri solito baciarla.
Pure nei Codici di Nag Hammâdi si può leggere: la compagna del Salvatore è Maria Maddalena, Cristo la amava più di tutti gli altri discepoli e soleva spesso darle dei baci.
Anche se i baci nel Nuovo Testamento possono avere una valenza diversa dal solo senso erotico, considerato che Paolo dice: salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio (Rom 16, 6). A cui fa il verso Pietro in 1P, 5, 14.
 
Secondo il Codex Askewianus (Pistis Sophia) si sostiene che Tu ti sia trattenuto sulla Terra, prima di ascendere, per altri 11 anni, onde istruire i Tuoi discepoli sui misteri. Teoria espressa anche in altri vangeli gnostici dei primi secoli.
Ciò, ovviamente, implica una rivelazione segreta ai tuoi discepoli, per l’occasione riuniti in un’assemblea allargata a quattro donne: Tua madre (Madonna), Salomè, Marta e Maria Maddalena. Rivelazione comunque parziale (Cap I), perché per essere perfetta questa doveva essere prima coronata dalla tua ascensione con la relativa e non sottovalutabile trasfigurazione. Cosa che avviene nei Cap successivi.
Emblematica è, in proposito, la Tua frase rivolta alla Maddalena, sinonimo della Tua predilezione per lei:
Detto questo ai suoi discepoli, soggiunse: - Chi ha orecchie da intendere, intenda! Udite queste parole del Salvatore, Maria rimase un'ora (con gli occhi) fissi nell'aria; poi disse: Signore, comandami di parlare apertamente. Gesù, misericordioso, rispose a Maria: Tu beata, Maria. Ti renderò perfetta in tutti i misteri di quelli dell'alto. Parla apertamente tu il cui cuore è rivolto al regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli. (Cap 17)
Tuttavia ciò che è interessante rilevare è che mentre le altre tre donne intervengono solo poche volte e in maniera marginale nella discussione con gli apostoli (Madonna: Cap 59, 61,62; Salomè: Cap 54,58,145; Marta: Cap 38,57, 73, 80), la Maddalena si addentra in contesti rilevanti ben 67 volte, intercedendo presso di Te pure per gli Apostoli che sono tardi a capire il significato dei tuoi insegnamenti (Cap 94), tanto d’essere lodata espressamente da Te più volte.
Tanto da simboleggiare nella Pistis Sophia la Conoscenza (gnosi), incarnando il ruolo umano della Sophia e come tale, quale Sposa e Sacerdotessa di Cristo.
 
Sposa, compagna, amante o diletta discepola non fa molta differenza, Buon Dio.
Perché tutto ciò indica che l’importanza della Parasceve non si limita al venerdì storico (Croce) o alla Tua resurrezione, bensì va molto oltre, proseguendo un percorso che Tu hai iniziato e che i Tuoi fedeli dovrebbero realizzare verso la perfezione.
Sai, tempo fa feci una domanda a un Tuo gran druido, ch’era con altri suoi druidi: qual è la festa liturgica essenziale (più importante) senza la quale il Cattolicesimo sarebbe nullo?
Uno mi rispose il Natale, altri la Pasqua, uno il triduo pasquale. Risposte non proprio pertinenti, come vedi.
Perché il Giovedì Santo, con la Cena domini e il punto di partenza, sine qua pure Morte e Resurrezione sarebbero nulle, come la tua Ascensione finale e Trasfigurazione.
 
Pure la tradizione delle uova pasquali colorate è dovuto alla Maddalena. Infatti ciò è riconducibile al presunto banchetto presso l’imperatore Tiberio, dove la Maddalena, tenendo nelle mani un uovo puro (bianco candido)  pare gli proclamasse, mostrandoglielo: Cristo è risorto!
L’aneddoto racconta che Tiberio ridesse di ciò, dicendo che la resurrezione era tanto probabile quanto che l’uovo nella sua mano si colorasse di rosso. Cosa che avvenne prima che Tiberio terminasse di parlare.
Beh, Buon Dio. Considerato il Tuo ‘Noli me Tangere’, ora ti lascio andare.
Sai, non vorrei che il Padre poi se la prendesse con me perché Ti ho troppo trattenuto.
Sarà impaziente di vederTi. Forse, nella Sua Misericordia, vorrà scusarsi per averTi fatto subire la crocifissione.
Buona Pasqua, Buon Dio!
 
Il timer diede il segnale stridulo di fine cottura.
Perciò Leone si alzò dalla poltrona e tolse la crostata dal forno.
Su di questa spiccava l’effigie ocra d’una colomba: la colomba della Pace e della Parasceve.
 
                                                                            Sesac
 

venerdì 4 marzo 2016

Penitenza, perdono e misericordia.


Oggi, venne in visita da me Sesac; e mi consegnò questo racconto che pubblico, come sempre, assai volentieri.
Tratta, come consuetudine, della vita degli animali della foresta e dei fatti di un tempo che fu.

Sam Cardell
 
Tratto da “i Dialoghi” di Sesac
 
Penitenza, perdono e misericordia.
 
Era una bella giornata, irradiata da un terso sole del meriggio.
Lassù, in Cascina, Leone si godeva l’agognato riposo, considerate le tribolazioni che lo avevano investito da inizio anno. Non che tutto fosse passato; ma una pausa nella solitudine e nel silenzio, seppur breve, ogni tanto ci voleva. Almeno così riteneva.
Ovviamente, tutto ciò non aveva modificato né il suo umore, né il suo modo di essere; neppure quando, da solo nella tana, una notte s’era sentito mancare; riprendendo i sensi poi, dopo un certo indefinito tempo, rannicchiato nella vasca da bagno, dove incosciente s’era accasciato.
Nei momenti difficili, specie quando gli inconvenienti (eufemismo) si assommavano, egli era solito dire: aprite la porta, così entrano tutti insieme e si possono guardare subito in faccia per saperci regolare.
Era con il fido Billyno.
 
Il rustico pietrificato Gini, con Bruno, gli aveva già fatto visita. Andandosene poi, dopo le abituali chiacchiere “ciosote” (di Chioggia), a regolare il bestiame, non prima d’essersi sorbito un colmo bicchiere di chianti.
Le giornate, infatti, s’erano sì allungate, ma non avevano ancora assunto il lungo assetto primaverile ed estivo.
Billyno e Bruno, come al solito, un po’ s’erano leccati e un po’ contrastati, specie se il sempre affamato Bruno puntava verso la ciotola con la zuppa mista. Per cui dal vicendevole gioco si passava repentinamente alla lite.
Tra il ringhio rissoso dei due, allora, s’ergeva imperiosa la tonante e minacciosa voce di Gini, quasi in stretto gaì, rivolta a Bruno: Lasèl istà che lù l’è pisèn! Al védet mia? (Lascialo stare. Non vedi che è piccolo rispetto a te?)
 
Leone decise di uscire fuori, considerato il tepore primaverile esterno. Perciò prese una sdraio e si adagiò sotto il porticato, onde sorbire la ritemprante aria montana e godersi lo spettacolo che da lassù si godeva.
Lo Sparavento era ancora innevato, mentre il lago e la piana si stagliavano limpidi circa mille metri più giù.
Leone sbirciò verso l’alto la lontana cima, distinguendo con precisione la tozza croce sommitale in rude pietra, là voluta dallo psicotico druido eleusino, seguace del Grignion de Montfort. Leone, che per un certo periodo lo aveva seguito nell’analisi psicologica, supportandolo, non si esprimeva su ciò; forse per segreto professionale.
Aborrendo sulla materia, sorridendo, pure il detto sapienziale popolare: vox populi, vox dei.  Detto già citato nel Medioevo da Alcuino (Capitulare Admonitionis ad Carolum IX), ma derivante in realtà dal biblico Libro di Isaia (66, 6)
Il druido era fondamentalmente un buonuomo, anche se psicologicamente un po’ instabile. Molti lo additavano con tendenze gay a carattere pedofilo, specie verso i giovani rampolli.
Alcuni anni prima il soccorso alpino lo aveva cercato lungamente, considerato che per una sua solitaria escursione nelle Orobie, su un sentiero d’altura s’era trovato uno zaino abbandonato. Quello zaino gli era stato donato tempo prima da Leone e, avendo un determinato marchio, era stato facilmente riconducibile al proprietario. Il quale, bontà sua, dopo aver girovagato per vallette e valloni alpini, creste e cime, aveva infine divallato – grazie alla protezione misericordiosa del Buon Dio - sano e salvo, pur stremato, a Vilmaggiore in quel di Scalve.
Che ti fa il Buon Dio per i suoi … eletti!
 
A Leone, riconoscendo la tozza croce lontana, parve d’essere lassù; pur sdraiato, vicino al grande noce, al tepore del sole.
Assorto nei suoi filosofici pensieri gli parve di toccarla con una mano e col Buon Dio ricominciò a dialogare.
 
Mi chiedi come va Madame? Sai, bene non direi.
Che ha? Una stupenda polmonite bilaterale di quelle tanto ceffe che di norma portano lassù da Te pure i giovani.
Come l’ha presa? Ti dirò: ah, ah; credo che sia dovuta alle troppe orazioni che le saranno finite di traverso sulla trachea. Infatti, in piena notte, ebbe ad inizio anno una crisi respiratoria tanto evidente che il respiro era in realtà un rantolo. Perciò, come ben già saprai nel Tuo tutto scrutare e prevedere, l’ho caricata sul potente Terra, portandola in ospedale. Buon per lei che ebbi vista. Diversamente Te la sorbiresti già nella … Tua gloria.
 
Comunque non mi distrarre; e non farlo appositamente per evitare il discorso che in questi giorni, sentendo il Tuo gran druido Tunghina bianca, m’ero ripromesso d’intavolare con Te, essendo un po’ … perplesso.
Non conosco i Tuoi fini, ma sicuramente, scegliendo per questo ruolo Scarpantibus - come lo chiamo – devi aver toppato assai. Perché lo chiamo così? Semplice: ragiona proprio come cammina.
Dopotutto, Tu, anni fa, lo mandasti in quel di Tubinga per civilizzarlo in cultura e pensiero, non cavandone però un ragno dal buco. Infatti, il tipo, dopo meno di un anno, se ne tornò ai patri lidi scornato, perché la teologia e la filosofia non erano proprio pane per i suoi denti. Anzi: con quelle si ruppe pure le … corna.
Dici che nello scegliere sono molto diverso da te?
Sì, sì; lo so che la pietra scartata dai costruttori è diventata – per Te - testata d’angolo. Però, se permetti, prova a scegliere pietre un attimo più consone e sicure, se non vuoi che la testata d’angolo si sbricioli sotto il peso della costruzione.
Dopotutto il Buonarroti, per il Tuo massimo tempio, sceglieva con cura le pietre. Altro che … testate d’angolo scartate dai costruttori. Infatti è là ancora intatto, dopo diversi secoli, da vedere e da ammirare. E non farmi venire il dubbio che Tu, per comodità, stia usando proprio quelle scartate dal Buonarroti e lasciate lì in loco. Sai, con la crisi che c’è potrebbe essere anche un’idea utile per fare un … muretto culturale, specie se a secco … di idee.
Guarda quanti guai han poi combinato nel tempo le Tue tante testate d’angolo. Ed ora è venuto assai di moda, per queste testate, chiedere scusa per i peccati dei predecessori. Figurati, se chiedessero scusa per quelli che combinano loro ora, che casino succederebbe.
Già, scusa, m’ero scordato che loro sono Sua Santità. Hai fatto bene a ricordarmelo per ricondurmi al rispetto istituzionale, anche se sai benissimo che non sono della loro … parrocchia.
Però, in una delle sue interviste impossibili, quel tale (Eco) che prima credeva a occhi chiusi in Te e poi un mattino, riaprendoli, stabilì che proprio Tu non esistessi affatto, faceva dire al personaggio che intervistava Muzio Scevola – mitico eroe romano -: Sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi.
Sicché io aggiungo: Sfortunato quel gregge che ha bisogno di santi.
Mi chiedi perché? Eh, lasciamo perdere. Perderei troppo tempo a spiegartelo; che poi, magari, ti verrebbe l’emicrania per alcuni secoli.
Domanda impertinente: all’Eco Umberto hai poi dimostrato che esisti e che s’era sbagliato, accogliendolo con Te nella Tua gloria, oppure lo hai messo in castigo altrove per la sua apostasia?
 
Beh, sai, un tempo v’era il sacramento della penitenza. Ora, Tunghina bianca, mi pare abbia cambiato registro e lo confonda con la misericordia.
Sarà pur vero che il tuo libro per eccellenza spesso Ti chiama Dio misericordioso; tuttavia tra penitenza e misericordia vi è una certa differenza, anche se tra le due, teologicamente, vi è in comune, talora, il perdono. Talora, ma non per forza! Infatti il derelitto nella parabola del Samaritano che aveva da farsi perdonare? Le percosse ricevute?
Pure il tuo collega Allah - () - è spesso chiamato così, anche se i suoi seguaci dell’Isis pare che la misericordia se la siano non solo scordata, ma pure cancellata dal loro vocabolario culturale.
Sai, io credo che un Dio misericordioso non dovrebbe proprio esistere, se è giusto, perfetto, onnipotente e con tutte quelle qualità che la teologia ha conclamato per secoli. Ma, come Tu sai, la teologia non è la teosofia. Per cui … lasciamo perdere.
Mi chiedi perché? Sai, la misericordia va bene, ma non può essere svincolata a ogni costo dalla giustizia. Sicché il sacramento della penitenza mi pare ragionevole, perché implica la presa di coscienza del peccato (sbaglio) e il perdono nel ravvedimento. I tuoi Druidi non hanno poi inventato Paradiso, Inferno e Purgatorio per spiegare la Tua Giustizia?
Dici che li hai inventati (creati) Tu? Scusa: pure il Limbo? Sarà pur vero che l’universo è infinito come Te, ma dove li hai … piazzati?
Hai ragione, forse oggi sono scanzonato, anche se tutto ciò non è proprio tutto … misericordia.
Che dico? Beh, prova a seguirmi nel discorso.
 
La parabola del Samaritano non l’ho creata io. Perciò vediamo di intenderci.
Lo sventurato aveva avuto la disgrazia – non la colpa – d’essersi imbattuto nei briganti. Era esanime a terra e nessuno, neppure i tuoi adepti preferiti (levita e sacerdote), lo degnavano d’uno sguardo. Anzi: lo scansarono pure.
Forse perché la misericordia non l’avevi ancora … creata. Non prendertela, dai, è solo per alleggerire il … discorso.
Poi arriva un samaritano. Uno di quelli, per la storia, che non era un ebreo, ma un pagano. I samaritani erano infatti gente trapiantata da altri luoghi dai potentati di turno, che avevano deportato altrove il popolo ebraico, onde non lasciar sguarnito il territorio.
Era allora consuetudine, anche per i pagani, omaggiare il dio locale oltre ai propri. Perciò pure Tu, se capitava loro di giungere a Gerusalemme. Dopotutto non per nulla erano politeisti. Tra tanti dei, magari, trovavano quello vero che li ascoltasse.
Costui si fa carico del malcapitato e tralascio il resto perché, avendola formulata Tu, la storia la conosci meglio di me.
Insomma: gli si fa prossimo. Che, in latino sarebbe proxĭmus. Lemma che ha il suo corrispettivo linguistico in alter homo. Un altro, uno qualunque: quello che ti è in quel momento vicino. Lo fa al momento e pure, per il futuro, a proprie spese, finché il malcapitato non sia di nuovo autonomo.
Il samaritano, ovviamente, è misericordioso e caritatevole nello stesso tempo. Perché misericordia e carità van sempre a braccetto. E, è bene sottolinearlo, al malcapitato non deve perdonare nulla.
Però, se permetti, il Samaritano, oltre a caritatevole e misericordioso, dà, anche al cristiano e al cattolico in particolare, innanzitutto un segno di civiltà, quindi di grande capacità culturale.
Perché, se permetti, misericordia, carità e cultura van sempre insieme. Diversamente si è solo degli “zuccabanchi” bigotti che non sanno pure ciò che fanno, dediti solo al buonismo peloso e al pietismo urticante quando gli conviene o spinti dal mentalismo mediatico.
Ergo: analizzando i sermoni di molti tuoi druidi e il sapere di altrettanti tuoi catechisti, Ti dico: Buon Dio, qua non ci siamo.
Perché? Semplice: tanti, oltre a non sapere neppure ciò che dicono – procedendo con frasi fatte –, non sono in grado non solo di istruire, ma neppure di tramandare ai fedeli – più o meno giovani – i tuoi dettami sapienziali.
 
Ora, se permetti, Ti racconterò un fatto che già sai. Però, non dirmi poi: Vanitas vanitatum et omnia vanitas! Perché allora ti risponderei con quest’altra locuzione: Nihil sub sole novum. Tratta in origine nientemeno che da uno dei Tuoi libri sacri per eccellenza (Qohelet - Eccle 1,9); proprio come la prima.
Ti citerò comunque, per completezza, pure un paragrafo del Dizionario filosofico di Voltaire, che alla voce Salomone parla proprio di questo libro:
Chi parla, in quest'opera, è un uomo disingannato dalle illusioni di grandezza, stanco dei piaceri e disgustato della scienza. È un filosofo epicureo, che ripete ad ogni pagina che il giusto e l'empio sono soggetti agli stessi accidenti; che l'uomo non ha niente in più della bestia; che sarebbe meglio non esser nati, che non c'è un'altra vita, e che non c'è niente di buono né di ragionevole se non il godere in pace il frutto delle proprie fatiche assieme alla donna amata. L'intera opera è di un materialista a un tempo sensuale e disgustato. Sembra soltanto che all'ultimo versetto sia stata aggiunta una frase edificante su Dio, per diminuire lo scandalo che un tal libro doveva provocare. I critici stenteranno a persuadersi che quest'opera sia di Salomone. Non è naturale che abbia detto: «Sventura al paese che ha un re bambino!» Gli ebrei non avevano ancora avuto re simili. Non è affatto naturale che egli abbia detto: «Io osservo il viso del re» È assai più verosimile che l'autore abbia voluto far parlare Salomone ma che, per quella mancanza di coerenza di cui son piene tutte le opere degli ebrei, abbia dimenticato spesso, nel corso del libro, che stava facendo parlare un re. Quel che sbalordisce è che quest'opera empia sia stata consacrata fra i libri canonici. Se si dovesse stabilire oggi il canone della Bibbia, non ci si includerebbe certo l'Ecclesiaste; ma esso vi fu inserito in un tempo in cui i libri erano molto rari, ed erano più ammirati che letti. Tutto quel che si può fare oggi è mascherare il più possibile l'epicureismo che prevale in quest'opera. Si è fatto per l'Ecclesiaste come per tante altre cose ben più rivoltanti; esse furono accettate in tempi d'ignoranza; e si è costretti, ad onta della ragione, a difenderle in tempi illuminati, e a mascherare l'assurdità o l'errore con allegorie.
 
Ero, in quel tempo – (scusa se Ti copio nel Tuo modo di dire) -, nella città del Taurus per studi e per lavoro nello stesso tempo. Sai, non erano vacche grasse, allora.
Là in un grande teatro, vi era un’importante tavola rotonda settimanale, che durò praticamente più di un anno e mezzo. Venne sospesa solo nel periodo estivo delle ferie.
Allora ero giovane, ma non per nulla l’ultimo degli idioti. Anche se ora, guardandomi indietro, spesso mi dico: quant’ero imbecille allora.
Tornando al dunque ci andavo sia per ascoltare, sia per capire, sia per imparare.
Tra gli oratori vi erano: il Tuo gran druido Falco Pellegrino, dei padri conciliari, un insigne giornalista, grandi e rinomati teologi e sociologi e … via dicendo. Chi fissi e chi a turno.
Un giorno, dopo un paio di volte che ci andavo, sfruttando lo spazio riservato alle osservazioni degli spettatori, decisi di salire sul palco e prendere la parola. Tu sai come sono: se comincio è dura fermarmi, perché non sono il bambinetto della domandina.
Nella seduta s’era dissertato proprio degli argomenti attuali, di cui stiamo dialogando. Anche se i tempi e le concezioni di allora erano diverse da quelle del giorno d’oggi.
Falco Pellegrino e il teologo Valloso – così detto perché abitava giù in Valle, nomea assai comune in quella città - avevano fatto un buon discorso, collegandolo al Concilio; ma alcune parti non mi tornavano. Perciò, forte della mia preparazione in materia, entrai nel dettaglio non contestando, ma correggendo in modo articolato e filosofico il discorso. Dopotutto i dibattiti son fatti proprio per questo: per conoscere, ampliare e perfezionare nel confrontarsi.
Credo che parlai nel silenzio e nell’attenzione assoluta forse più di mezz’ora, citando i passaggi controversi che prima, nell’ascoltare, m’ero appuntato su un foglio.
 
Finii e tornai a sedere in platea al mio posto nel silenzio generale.
Dopo alcuni istanti Falco Pellegrino si alzò, prese il microfono e rompendo il silenzio con poche parole mi ringraziò per le “perfette correzioni fatte”, invitandomi ufficialmente, se lo avessi voluto, a entrare tra i relatori stabili della tavola rotonda; perché – disse - il seme buono va seminato nel terreno fertile perché fruttifichi.
Quindi si mise ad applaudirmi, trascinando seco tutti gli altri a lungo.
Ecco, credo che sia stato uno dei migliori gesti di misericordia visti nella mia vita.
Ora, non fraintendermi. Intendo dire che la misericordia sta anche nel capire e nel comprendere ciò che in buona fede prima non si era capito, superando l’amor proprio.
Perché, in sostanza, uno non può essere misericordioso con gli altri se non lo è innanzitutto con sé stesso.
La misericordia è una cultura di vita, prima ancora d’una virtù.
 
Beh, credo che le osservazioni di allora siano valide pure ora, perché mi pare che nella Tua Chiesa le cose siano peggiorate assai invece di migliorare: in conoscenza, in cultura e in capacità.
Già, come dissi allora, il Concilio disse: andate tutti di là, indicando la strada. Tuttavia druidi e devoti, invece di seguire quella strada, procedettero tutti all’inverso, perciò all’opposto, disperdendosi progressivamente.
Perché è successo? Mi pare ovvio: il Concilio è il luogo della perfetta democrazia teosofica; ma il Corpo (fedeli) della Chiesa non ha la capacità di capirla e il Tuoi druidi quella di insegnarla.
 
Ora si parla continuamente di migranti, tanto che ciò è diventato il tormentone attuale sia della cultura mediatica che della chiesa, scambiando il tutto con la … misericordia.
Le cause, sai, sono molteplici. Tu, ciò, lo sai meglio di me.
Tuttavia a me pare che innanzitutto il migrante sia una cosa ben diversa nel suo significato reale, perché questi non sono né migranti, né emigranti. Questi per lo più sono, senza generalizzare, … pretenziosi e … opportunisti.
Ora, se le stime Ue sono esatte, alla Comunità costeranno tra gli 8 e i 14 mld annui solo quest’anno. Chi li sborsa questi soldi? Tu, la Chiesa (Tunghina) o il cittadino Ue con tasse? La risposta è … ovvia. Sono una montagna di soldi e l’Ue non è Creso. Anzi!
Se il problema fosse solo quello dei migranti sarebbe di per sé poca cosa, se non si implementasse su un tessuto sociale e culturale di per sé già ampiamente logoro e sfilacciato. Infatti sperano nella prossima riunione nel Land bizantino, onde frenare e porre limite all’ondata … manovrata.
In pratica è la stessa cosa che fece a suo tempo il tanto vituperato Bausia con Beduino, anche se ci si guarda bene dal dirlo.
Sai, misericordia “politica” potrebbe essere anche quella di andare a bombardare con droni. Ovviamente per ragioni “solo” difensive. Dove siano le ragioni difensive quando si bombardano terre altrui lontane, non è però facile da … comprendere.
Poi, Buon Dio, vi è la misericordia “religiosa” per i gay, per quelli che convivono o han cambiato coniuge più volte; perché, dopotutto, se stanno fuori dalle chiese … mica rendono. Sicché agli interessi (diritti?) degli adulti pensano tutti, ma a quelli dei figli … nessuno.
Già, scusa, m’ero dimenticato che il pollo etrusco mugellese, da buon cattolico, ora vuole anche la stepchild adoption dopo quella delle unioni civili, perché è una di quelle riforme che non si possono non fare senza peccare di … misericordia.
Conosci il motto: libera Chiesa in libero Stato. Così ognuno fa … come gli pare.
Chissà se tra poco, essendoci troppi furti nelle abitazioni e per svuotare le carceri, non farà anche un Decreto per legalizzare il furto. La tendenza ideologica, infatti, mi pare semplice: dove non si riesce a correggere si … legalizza.
Mi consola il fatto che ha prodotto la Buona scuola. Con questa, sicuramente, si sarà in grado di istruire adeguatamente tutti per evitare altre gravi disfunzioni sociali, sia antropologiche sia culturali. Con chi? Ovviamente con quegli stessi docenti che prima facevano la “cattiva scuola”. Sai, basta la bacchetta magica, renderli da precari a ruolo e da scarsi son diventati tutti cime … di rapa.
Suvvia, abbi pazienza, e non dirmi che non sono affatto misericordioso con queste battute. Mentre discorriamo lasciami pure divertire.
 
Tu, scusa, per cosa ti sei fatto mettere in croce?  Per la misericordia del Padre, per un incidente di percorso, oppure perché, tanto, sapevi già benissimo che dopo tre giorni saresti resuscitato?
Già, Buon Dio, raccontano che Ti sei fatto Uomo, nato povero come uno qualunque. Però, a pensarci bene, non so se il povero sia stato in effetti Tu o tutti quegli infanti periti – a Tua causa, indiretta dialetticamente ma storicamente diretta – sotto la lama di Erode. Nel Tuo essere povero, infatti, avevi l’angelo che sollecitava i tuoi genitori a fuggire in Egitto per sfuggire alla morte. Peccato che non abbia sollecitato anche gli infanti, poi periti, a fare altrettanto.
Dicono che la misericordia del Padre fu (è) tanto grande da sacrificare Suo Figlio alla morte in croce. Ovviamente per redimere l’uomo.
Forse s’era (s’è) dimenticato che più volte fece sentire la sua voce dal cielo: Questo è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo! (Mt 17, 1-8; Mc 9, 2-8; Lc 9, 28-36)
Sai, sarò umano assai, ma questa predilezione tanto vistosa mi pare un puro e perfetto anacronismo. Permettimi l’ironia dissacrante: che gran predilezione metterti in croce!
Scusa: da cosa doveva redimerlo e salvarlo l’uomo? Dal farlo nascere incapace e imbelle, e dal farlo morire spesso ebete, oppure dal fatto che lo aveva creato destinato alla morte? Perché, se così fosse, dovrebbe essere l’uomo ad essere … misericordioso con Lui.
Dici che mi scordo il Peccato originale? Quale? Quello dell’essere stato creato tanto ignorante da non capire che il serpente lo stava turlupinando?
Ti dirò: lascia perdere ‘sta storia, che va a finire che poi Ti tiri la zappa sui piedi.
Sai, non sono come quel prete che confessava con rigidità, dimenticando però il De principiis di Origene.
 
La giustizia, Buon Dio, credo che abbia poco a che fare con la misericordia. A meno che giustizia e misericordia siano la stessa cosa. Perché è ovvio che se uno è giusto sarà pure misericordioso.
L’essere giusto, però, significa guardare anche ai meriti o ai demeriti altrui. E se i demeriti possono essere soggetti a misericordia con la penitenza, i meriti devono essere riconosciuti nella giustizia. In pratica: i diritti si ottengono ottemperando ai doveri.
Il Samaritano vide, passando, il derelitto e lo soccorse. Non istituì un servizio di sicurezza per proteggere tutti quelli che potevano avere l’eventualità di imbattersi nei briganti, viaggiando sulla faccia della terra o tra le onde del mare.
Però, oggi, parlando di misericordia, forse metteranno in discussione pure il Tuo Giudizio finale.
Scusa: come farai a condannare se perdoni le malefatte a tutti nella tua misericordia?
Già, hai ragione: pure l’operaio della vigna dell’ultima ora pagasti come quello che ci lavorò tutto il giorno.  (Mt 20, 1-16) Però venne a lavorare almeno un pochino. Non pretese d’essere pagato facendo nulla o ciò che non doveva fare.
 
Sai, pensavo: ma quando sei diventato misericordioso? Dopo aver preso diverse cantonate … bibliche?
Dopotutto non sei quello che distrusse col fuoco la Pentapoli e l’umanità col diluvio? Per farne cosa, poi? Già, per creare degli incesti, sia con Lot (eterosessuale - Gen 19, 30-38) che con Noè (omosessuale – Gen 9, 18-27). Salvo poi maledire la prole per l’incesto. E sempre ciucchi li rendesti. Le colpe, infatti, alla prole, perché il genitore nell’incesto era solo … mezzo incosciente, perciò non colpevole di “colpa grave”. Conosci le tre parche del peccato? Colpa grave, piena coscienza e deliberato consenso!
Tu dicesti: Andate e moltiplicatevi! Ma, scusa, come facevano a moltiplicarsi se tutti gli altri li avevi arrostiti o annegati senza troppa … misericordia?
Certo, forse non ce l’avevi tanto con l’omosessualità di Sodoma, ma col fatto che dissacrarono – volendo conoscere i tuoi angeli – l’ospitalità. Valore a quei tempi più sacro della verginità/eterosessualità. Infatti Lot per salvare i Tuoi due angeli/messi offrì le sue 2 figlie; ma quelli rifiutarono. (Gen 19, 1-29)
 
Conoscere, nella Bibbia, ha diversi significati, compreso quello sessuale. Infatti, nella descrizione dell’annunciazione la Vergine all’angelo chiede perplessa: Come potrà avvenire questo, se io non  conosco uomo? L’angelo le rispose: Lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell’altissimo ti coprirà della sua ombra: per questo il bambino che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. (Lc 1, 34-35)
Pure nel Protovangelo di Giacomo (metà II sec.) si dice similmente: [Maria] presa la brocca, uscì a attingere acqua. Ed ecco una voce che diceva: "Gioisci, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne". Essa guardava intorno, a destra e a sinistra, donde venisse la voce. Tutta tremante se ne andò a casa, posò la brocca e, presa la porpora, si sedette sul suo scanno e filava. Ed ecco un angelo del Signore si presentò dinanzi a lei, dicendo: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia davanti al Padrone di tutte le cose, e concepirai per la sua parola". Ma essa, all'udire ciò rimase perplessa, pensando: "Dovrò io concepire per opera del Signore Iddio vivente, e partorire poi come ogni donna partorisce?". L'angelo del Signore, disse: "Non così, Maria! Ti coprirà, infatti, con la sua ombra, la potenza del Signore. Perciò l'essere santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio dell'Altissimo. Gli imporrai il nome Gesù, poiché salverà il suo popolo dai suoi peccati". Maria rispose: "Ecco l'ancella del Signore davanti a lui. Mi avvenga secondo la tua parola.
Già, proprio così, Buon Dio: ti coprirà! Conoscere e coprire hanno spesso lo stesso significato biblico.
Sicché, essendo la Vergine Tua figlia prima e poi pure Tua madre, si è compiuto un … doppio incesto!
Che ti devo dire? Bravo; hai dato un bell’esempio!
 
Ed è forse anche per tutto ciò che oggi Chiesa e Stato tendono a legalizzare tutto con … manica larga.
Sai, la misericordia è tanto infinita che basta varcare una Porta Santa per essere redenti e … intonsi.
Già, scusa: dici che secondo le disposizioni canoniche bisogna prima fare il sacramento della  penitenza e poi comunicarsi?
Chiedi a me? Beh, Buon Dio, Ti dirò: visto che intonso è un lemma con il doppio significato opposto – bianco/candido, sporco/lurido – ritengo che intonso per intonso sempre e comunque intonso rimarrei.
Grazie, comunque, per avermi donato una mente … filosofica.
 
Alla prossima, Buon Dio!
 
Il sole era appena calato dietro le Cozie; ma guardando lontano Leone era in grado di riconoscere lo skyline dei monti anche a 300 km di distanza.
Salutò pertanto il Monviso, il Granero, l’Orsera, la Rocca di Maja, l’Aiguille de Chambery e il Pelvo d’Elva prima di rientrare.
 
Sesac