I politici e i governanti ormai ci hanno abituato a qualsiasi proclama; di norma ottimistico.
Monti, essendo un tecnico (almeno tale si crede d’esserlo), alle previsioni, totalmente sballate e più che ottimistiche sulla crescita, alternava prospettive disastrose, onde incensare la sua icona di salvatore della patria e per far passare ogni provvedimento rivelatosi deleterio all’economia.
Ad ogni summit ciò si ripete. Puntualmente avviene anche per l’attuale Vertice Ue.
Ciò, tuttavia, accade pure ad ogni Consiglio dei Ministri, dove, di norma ogni lucciola microscopica diventa non una lanterna, ma un faro potente e visibile anche di giorno, specie per i media.
La ripresa non è dietro l’angolo – con buona pace di Monti - e Squinzi lo ha dichiarato chiaro e tondo. Poi lui spera che si sia toccato il fondo e che il prossimo anno una tenue ripresa possa manifestarsi.
Quest’anno avremo un Pil intorno al -2% se tutto … procederà bene. Personalmente non sono tanto ottimista come Squinzi, anche se sperare tiene alto il morale e aiuta ad andare avanti.
Il Governo Letta afferma che la proroga dell’Iva non costa altre tasse. Però dovrebbero ben spiegare se l’aumento degli anticipi sui redditi non imponga al cittadino ed alle aziende un ulteriore esborso con ben 6 mesi di anticipo. Considerato che lo Stato per i pagamenti frazionati o ritardati impone un costo aggiuntivo, l’anticipo, per non essere considerato una tassa nella tassa, dovrebbe perlomeno avere un analogo sconto.
Dopo l’austerità in Ue e nelle nazioni avanza la priorità del lavoro, perciò dell’occupazione, specie giovanile. Su cui a parole tutti proclamano risultati che nei fatti sarà difficile poi vedere. Basta ricordare cos’abbiano ottenuto provvedimenti analoghi.
Il Ministro del Lavoro Giovannini ha illustrato i provvedimenti per ridurre di 2 pt percentuali la disoccupazione italiana, puntando sull’assunzione dei giovani. Prevede, bontà sua, che vi potranno essere 200 mila assunzioni giovanili grazie agli incentivi fiscali messi in campo, pari a 1,5 mld di €.
Però, analizzando i dati macroeconomici, si nota che l’industria ha normalmente ogni anno, per l’usuale rotazione generazionale (pensionamenti e dimissioni), tra le 150/200 mila assunzioni. Sorge pertanto il dubbio più che fondato che questi incentivi all’occupazione vadano non ad un potenziamento occupazionale, ma solo a favorire il costo del lavoro delle aziende interessate. Anche se ciò sarà positivo per la competitività internazionale dei nostri prodotti.
Intanto, secondo Confindustria, la disoccupazione ha già toccato il 12,2%; e proseguendo di questo passa è probabile che alla fine dell’anno possa raggiungere anche il 13%. Ciò dipenderà dal corso dei consumi che paiono in ulteriore riduzione.
Pure l’Ue, timidamente, intende scucire soldi per investire nell’occupazione, anche se le risorse messe sul tappeto sono una piccola goccia nell’oceano del problema. All’Italia, infatti, andranno circa 500 mln nel 2014 e 2015, con i quali non si produrrà proprio niente. Più altri 500 mln possibili futuri.
Rispetto al 6/9 mld max programmati ce ne dovrebbero essere almeno 120 mld per poter incidere sul problema.
Molti commentatori affermano che ciò è un piccolo passo positivo, capace di dare il via ad un’inversione di tendenza. Un: meglio di niente.
Nella realtà il pachiderma Ue da inizio crisi insegue le problematiche con il suo passo greve e lento, ignorando che queste problematiche sono velocissimi levrieri globalizzati che lo distanziano sempre di più: i Mercati.
Portandolo alle persone, sarebbe come ipotizzare che la Merkel, con la sua goffa stazza, potesse inseguire e superare Usain Bolt. Fantascienza!
La Merkel, più che altro, è la palla al piede dell’Ue con la sua politica rigorista. Siamo in prossimità delle elezioni federali tedesche di settembre, vicine nella tempistica, ma lontane per i problemi sul tappeto. Inoltre nella primavera del 2014 vi saranno le elezioni comunitarie. Per cui i problemi verranno quasi sicuramente congelati fino a quella data.
Il competitor della Merkel, Peer Steinbrück, è talmente goffo e insignificante che difficilmente riuscirà a superarla, perché, soprattutto, è amante delle papere per scarso intelletto e opportunità politica. Tra i 2 sarà difficile scegliere il meno peggio, anche se è tutto ciò che passa il “convento” Germania.
Il rinvio di 3 mesi dell’aumento dell’Iva non incentiverà di sicuro i consumi. Al massimo li manterrà invariati. Ciò perché il costo dei prodotti ha raggiunto un valore eccessivo, specie in una recessione come l’attuale.
Lo stesso discorso vale per il rinvio dell’IMU, rimandata ma non soppressa.
Perciò fino a nuove iniziative governative si può tranquillamente affermare che questo Governo opera sulla sintonia Ue, specializzata non nel risolvere i problemi, bensì a rimandarli sine die, sperando che il vento cambi e si risolvano da … soli. Fidando pure che alla scadenza delle proroghe attuali questo Governo sia ancora … operativo.
Va dato atto che per ora ha evitato un ulteriore collasso dei consumi, che l’aumento dell’Iva avrebbe inevitabilmente prodotto.
Letta nella conferenza stampa del Vertice Ue invita le aziende ad assumere, perché il pacchetto di incentivi toglie ora ogni alibi.
Peccato per lui (e per l’Italia) che le assunzioni non siano legate ad un puro desiderio o alla buona volontà, ma ad una specifica situazione di mercato. Questa indica che se vi sono consumi le aziende producono, se i consumi aumentano le aziende potenziano strutture e assunzioni, se, invece, ristagnano o calano, mantengono o riducono personale e strutture.
Perciò è ovvio che con questa inamovibilità politica, che si ripercuote su quella economica, gli incentivi servano a poco, se non a niente.
Il problema dei problemi è uno solo: l’altissima imposizione fiscale che priva aziende e cittadini di risorse utili ai consumi.
Ovviamente lo Stato ha i suoi problemi di bilancio e una marcata riduzione dell’imposizione fiscale è irrealistica se non producendo ulteriore Debito. Ergo: la ripresa e le assunzioni latiteranno ancora.
Nessuno parla più di Fiscal compact. Pure nei periodici Vertici Ue, ed è un … peccato. Pare un desaparecidos.
Ovviamente incombe!
C’è da annotare che sotto Monti il Debito sovrano italiano si è dilatato in modo oltremodo anomalo, continuando tuttora la sua corsa al rialzo. Siamo a 2.050 mld circa; anche se ciò avviene non solo in Italia.
Trovare oltre 40 mld annui – e per 20 anni – per ridurlo sotto il 100% del Pil sarà un vero problema, senza massacrare la nazione e i cittadini.
Il problema principe, perciò, non sarà quello di assumere i giovani, ma di trovare le risorse soprattutto per il Fiscal compact.
A meno che i Governanti Ue, dopo aver rovinato con il rigorismo tutta l’economia, non abbiano la bella trovata di metterlo in soffitta, seguendo il vezzo della loro politica del tergiversare e rimandare. Proprio come Letta con Iva e IMU.
Ma forse il problema non sta proprio nel rimandare, bensì fino a quando questo sistema basato sulla Finanza e sul Debito possa reggere, avendo le fondamenta sul solo consumismo.
Il capitalismo va ripensato? No! Va soprattutto riformulato, privandolo di quei circuiti viziosi che creano danni ingenti a tutti privilegiando pochi.
Nel Vertice Ue si è pure discusso su come procedere con le banche in fallimento. Accordo raggiunto, ovviamente, anche se operativo (forse) nel 2018. Peccato che vi siano ancora più di 4 anni.
Idem con gli incentivi all’occupazione, peraltro esigui, che diverranno operativi a iniziare dal 2014.
La politica del tergiversare e soprassedere continua imperterrita, aspettando il Messia salvatore.
Peccato che l’Ue non sia neppure il Popolo eletto; e i suoi cittadini siano solo degli elettori di politici dediti soprattutto alla ripresa. Quella, però, delle … chiacchiere.
Giappone e Usa hanno affrontato la recessione immettendo grande liquidità nel sistema produttivo, anche se i risultati avuti non hanno ancora risolto i problemi.
Citarli è d’obbligo, calcolando che la Fed ha immesso per molti mesi ben 85 mld di $, e lo farà ancora se la situazione economica lo richiedesse.
Gli Usa hanno meno abitanti dell’Ue; l’Ue, però, si limita a 9 mld di € massimi in 3 anni per l’occupazione.
La nudità delle cifre indica la differenza abissale tra i 2 sistemi di affrontare la recessione.
Ciò indipendentemente dai risultati ottenuti. Perché essere pragmatici non vuol dire risolvere il problema, anche se le cifre indicano soprattutto la serietà dell’impegno profuso.
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