martedì 25 giugno 2013

L’Economia degli psicofarmaci.


Negli articoli precedenti[1] ho trattato della società e della finanza, lasciando l’Economia come ultimo argomento, soprattutto perché questa è le trait d’union delle altre 2.
La Società funziona quando l’economia tira, dà occupazione e produce ricchezza. Per farlo deve avere una Finanza in grado di supportare l’economia.

In questi giorni il Governo Letta cerca di trovare accordi programmatici interni per rilanciare soprattutto il lavoro e l’occupazione, specie quella giovanile.
Ciò, ovviamente, considerando il discorso programmatico d’apertura come un semplice esercizio dialettico e mediatico, visto che sugli intenti sono tutti uniti, ma sull’operatività … disuniti, senza poi considerare il necessario avallo della dirigenza Ue. Letta percepisce l’idea, ma non è in grado di sviluppare il progetto.
Le risorse sono il problema principale da risolvere, visto come il credito sia difficile da ottenere dagli imprenditori e gli incentivi governativi ardui da trovare nella scarsa (inesistente) disponibilità di cassa. Condizione sine qua non è possibile rilanciale proprio alcunché.

Nel mondo occidentale nell’evolversi della crisi si sono contrapposte 2 linee diverse di pensiero economico, e con esso di azione: il monetarismo americano/giapponese e il rigorismo Ue/tedesco.
Nel primo caso si è stampata moneta creando svalutazione strisciante e aumentato il rispettivo Debito sovrano, nel secondo si è contenuto (non ridotto) il Debito e affossato l’economia, privandola del credito necessario e oberando le aziende e il cittadino di tasse.
L’economia nipponica/americana ha comunque retto un Pil positivo, tanto da indurre governi e banche centrali a manifestare la decisione di ridurre gradualmente l’ingente immissione di liquidità. Va pure considerato che la liquidità è stata immessa soprattutto per sostenere aziende e consumi, mentre in Ue lo si è fatto per salvare stati e finanziarie.

Il Giappone ha un altissimo debito, che ormai sfiora il 300% del Pil; mentre gli Usa si avvicinano al 150%. Importi ragguardevoli che non possono essere sostenuti all’infinito e che per un’azienda normale sarebbero giù fallimentari.
Perciò la domanda pratica è: che succederà quando gli Stati e le Banche centrali decideranno di fermare il monetarismo e di puntare su un maggiore rigore di bilancio?
La storia recente Ue indica ciò che è avvenuto e che altrove potrebbe succedere. Mentre i Mercati lo stanno chiaramente manifestando in questi giorni con pesanti flessioni dettate dall’isterismo.

Dire che l’Economia abbia bisogno di potenti psicofarmaci per reggere l’occupazione è scontato, considerato che questi medicinali corrispondono a: finanziamenti facili a basso tasso e riduzione delle imposte sul lavoro.
Nell’ultimo secolo è sempre stato così. Diversamente il sistema è sempre andato in crisi. Ultimamente le crisi sono diventate sempre più ravvicinate e frequenti, affiancate da bolle speculative rialziste o ribassiste.
Ciò significa che in tale modo (indebitandosi sempre più) non si può più procedere.

L’industria spesso si è avvalsa di incentivi statali; mentre nello stesso tempo lo welfare è intervenuto non tanto come ammortizzatore provvisorio, quanto come sostegno all’occupazione. Un cassintegrato, infatti, non figura come disoccupato, neppure con la CIG straordinaria in deroga. Ciò, tuttavia, non significa che sia un occupato, specie se le aziende hanno chiuso o faticano a reggere anche la già scarsa occupazione per la grave recessione. La CIG, ora, è diventata uno “stipendificio” (dispensatrice di stipendi) pubblico, più che un elastico economico per tenere provvisoriamente ancorato l’operaio al lavoro.
Considerato che l’occupazione italiana ha già toccato secondo l’Istat il 12%, sommando a questa i cassintegrati ormai senza speranza, i molti che sfiduciati vivono alla giornata non iscrivendosi neppure più nelle apposite liste, oltre agli autonomi che per il lavoro inesistente sono di fatto disoccupati, è ragionevole pensare che vi sia una carenza di lavoro tra il 25% e il 30%.
Il lavoro latita, favorito anche da pregresse e errate scelte politiche, tese a invogliare gli imprenditori a spostare altrove la propria produzione nei decenni scorsi.

Nell’Ue vi sono Stati che tentano le aziende estere sane con sostanziosi incentivi a trasferire nei loro territori la produzione.
Non è un mistero che l’Austria, e ora anche la Svizzera, si rivolgano ad aziende del nord Italia per invogliarle a spostarsi da loro, promettendo: tasse ridotte, facilitazioni, mutui a fondo perduto, agevolazioni fiscali. Ovviamente in cambio dell’impegno a radicarsi sul loro territorio per alcuni decenni, usando manodopera locale, con la conseguenza pratica di accrescere in Italia la disoccupazione.
Ma ciò avviene pure altrove – Olanda e Irlanda in primis – a scapito di altre nazioni viciniore.
E ciò succederà finché l’Ue resterà quella solo apparente dei Popoli, ma nella realtà quella della Finanza globalizzata.

Gli ultimi decenni hanno reso chiaro che la società occidentale sta implodendo, minata dal consumismo. Come oltre 2 decenni fa implosero le democrazie socialiste, sostenute dall’occupazione artificiosa nelle industrie di stato.
Perciò è lampante che l’attuale assetto sociale non possa più reggere, non supportato com’è né dalla politica, né dalla finanza, né, per inciso, dai bilanci statali in profondo rosso ovunque.
Il concetto di sviluppo basato sul consumismo ha fallito, proprio perché un’economia non può espandersi in eterno.
Il capitalismo di stato o di libera iniziativa è ora solo fine a sé stesso, avulso dalle esigenze sociali. Da servizio alla società s’è trasformato in vincolo coercitivo e prioritario della società.

L’ultimo G8 - stando ai media e alla consueta conferenza stampa ufficiale – ha prodotto accordi eccezionali, mai visti nei precedenti 5 lustri.
Poi, guardando bene, il conclamato accordo si riduce ad un misero decalogo, utile base di dialogo solo per una futura e eventuale regolamentazione dei paradisi fiscali per politici animati da … buona volontà.
Perché è chiaro che finché l’Ue non diventerà una vera confederazione con leggi, tasse e welfare uguali ovunque, l’economia reale reggerà solo con sostanziosi aiuti statali nelle varie forme oggi disponibili. Aiuti che tuttavia sono dei veri e propri psicofarmaci, utili non a guarire l’economia, bensì a renderla un paziente psicofarmaco dipendente.

L’Economia è stressata per troppi fattori e in passato lo Stato l’ha imbottita di tanti ansiolitici contrastanti per mantenerla in vita.
Per l’assurdo, mentre sprecava ingenti risorse per potenziare o sostenere il sistema strutturale industriale, spingeva anche le aziende a de-localizzare fuori dai confini nazionali, dando il là inevitabile alla lenta emorragia di posti di lavoro e di Pil.
Ultimamente si è anche aggiunta l’incapacità politica sia di trovare risorse, sia di poter progettare un nuovo assetto industriale. Il Governo Monti, ad esempio, da una parte riformulava in modo peggiorativo con la Fornero il mercato del lavoro e il sistema pensionistico – dall’altra, aumentando la pressione fiscale a livelli insostenibili, strozzava il sistema manifatturiero, quello commerciale e occupazionale. Più che creare occupazione l’ha ingolfata, facendola esplodere e impedendo il naturale ricambio generazionale.

L’Economia è ormai senza speranza, perché la politica procede con tentativi contrastanti ad ogni cambio di maggioranza.
La colpa, ovviamente, non fu solo di Monti e del suo staff ministeriale, ma pure dei partiti che lo sostenevano, incapaci di imporgli alternative valide al suo procedere dannoso, arrogante e insipiente. Anche se, con buona pace di tutti, fu imposto da forze esterne con simultanee e smisurate pressioni finanziarie sui mercati.
La dietrologia recente sui 3 Super Mario nazionali tutti la conoscono, elevati a salvatori della patria finanziaria, economica, politica e … footbaliera. Invocati e osannati dai media anche esteri e, ora, riconosciuti come rei di tanti disastri ed … errori.
Poi venne Letta e pensò di risollevare i patri destini con delle simboliche icone colorate o sportive, i cui risultati ingloriosi per i risvolti sociali, d’esempio e divisori stanno sempre più venendo alla ribalta.

In Ue, dopo aver pontificato tanto rigorismo, cominciano a nutrire dubbi sul fine perseguito ed ad ammettere errori. Però nessuno dei responsabili del disastro sociale e economico leva il disturbo, dando le dimissioni. Lo stesso avviene sia nel Fmi, sia nella Troika, sia nei singoli stati.
L’economia non è il gioco dell’oca, anche se a condurlo vi sono dei giocatori tanto declamati, ma forse incapaci di vincere la partita. Magari strapagati nel recente passato da potentissime finanziarie globalizzate.
E se non si vince, né si ha una strategia sicura per poterlo fare, l’Economia la si può tenere moribonda solo con gli psicofarmaci, ma non risanare.

La CIG, compresa quella in deroga, è giusto praticarla per non mettere sul lastrico milioni di maestranze. Deve, però, essere affiancata da un serio e innovativo progetto industriale del Paese, perché diversamente diventa solo un deprimente ammortizzatore sociale (psicofarmaco) che più che dare una reddito diventa un costo (debito) elevato e improduttivo.
Il cassintegrato, più che reclamare solo diritti, ha anche il dovere di rendersi autosufficiente entro un ragionevole lasso di tempo, altrimenti deprime sé stesso, la società e quel poco di economia che ancora regge il disastro. Il diritto reclamato non può prescindere anche dal dovere individuale di non essere solo un peso (costo) sociale … eterno.
Lo Stato, da parte sua, con la politica deve offrire alla nazione un serio progetto per il futuro, non imponendo solo tasse per bilanciare i costi, ma ideando una linea guida da implementare in tutto l’ambito Ue.
L’essere politico deve essere un servizio, non una professione.

Se l’unione diventa effettiva e reale è ovvio che né il singolo cittadino, né le singole aziende, siano interessati ad investire altrove ed a delocalizzare, né a spostare la propria residenza, se non in presenza di uno sviluppo ulteriore che si basa sul già operante.
L’attore francese Depardieu è l’emblema pratico di un malvezzo politico pubblico e di ottusità economica tesi a penalizzare chi sa oggi produrre reddito e ricchezza, spogliandolo con il falso moralismo della giustizia sociale di quasi tutto ciò che può guadagnare (il 75%). Perciò non v’è nulla di straordinario se il cittadino o l’azienda cerchino lidi dove non essere spogliati (defraudati) da quanto conseguito, al di là del mercenarismo oggi imperante.
Le economie socialiste erano guidate da una ristrettissima cerchia di gerarchi che imponendo l’appiattimento dell’uguaglianza sociale usufruivano pero di innegabili e imponenti privilegi personali. Gestivano un’economia basata sugli psicofarmaci, vivendo sull’olimpo dorato.
Il capitalismo, ultimamente con la globalizzazione, ha imboccato la stessa via delle ex dirigenze socialiste, traendo solo per sé i privilegi e addossando i costi a tutti.
Ciò, ovviamente, finché tutto non salterà.




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