lunedì 8 aprile 2013

La Cascina di Naziati.


Nel tiepido Natale, lassù tra il candido elleboro in fiore,
l’erica mostrava il suo smagliante sorriso colorato,
mentre la solitaria kokhiana irradiava il suo splendido cobalto
nel tramonto dell’infuocato fiero e severo Monginevro alpino.

Là la Cascina sorgeva solitaria, fiera, robusta e maestosa
osservando ogni dì l’albeggiare d’un pallido sole,
scrutando annoiata la piana che sotto languiva nella bruma,
mirando gli Appennini che lontani, silenti si stagliavano muti.

Le Alpi migravano, maestose vergini, di spalle tra nevi vicine
talora attraenti in una saga di picchi e di colli,
spesso minacciose con ardite e gelide forme svettanti
tra l’enrosadira serale e il riverbero d’una luna frettolosa.

L’aura serale diffondeva il primo casto languido bacio
al viaggiator femmineo che lassù saliva a scrutare;
una vita nuova iniziava audace tra un vasto orizzonte
composto da picchi, nebbiose piane e ormai nerastri laghi.

Quanto tempo è passato da allora all’immota cascina,
dove Gini peregrina le bestie tra pascoli erbosi,
dove Billy corre saettante felice con Bruno sul monte,
dove il cedrone diffonde sul crinale lo stridulo canto serale.

Pure Naziati ha rimesso i petali di nuovo bocciolo in fiore,
s’è rivestita di primaverile splendore danzante,
ha riempito la cascina di tanto calore che affascina il cuore,
ha riacceso il fuoco scoppiettante che nel Principe pareva ormai spento.

Là ogni giorno sorge puntuale nell’alba il vigoroso sole,
là la speranza arieggia sulla piana ridente e spaziosa,
là tra splendidi fiori scorre ridente la vita serena e gioiosa
Naziati e la Cascina si fondono in un’unica splendida cosa.

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