martedì 26 marzo 2013

Bersani: il fallimento di un’utopia.


Il lavoro di Bersani penso sia destinato a fallire.
Per saperlo bisognerà aspettare solo altre 48 ore. Poi, quasi sicuramente, Napolitano cercherà un’alternativa a questo tentativo pleonastico, perché tale proprio dall’incarico già era. Infatti, non può neppure sciogliere nuovamente le Camere, essendo nel semestre bianco.
In verità il Presidente più che dare un incarico diretto esplorativo doveva procedere in altro modo; magari con un incarico esplorativo istituzionale, onde individuare la personalità adatta a formare un nuovo esecutivo.
Sicuramente avrà avuto le sue buone ragioni.

Incrociai Bersani per la prima volta circa 2 decenni fa, in Veneto ad un’inaugurazione. Al di là della cultura che mi differenzia da lui lo ritenni una bonaria persona, sicuramente rispettabile, ma con poca visuale davanti a sé. Un uomo dal classico slang popolare da Casa del popolo provinciale.
La sua attività (carriera) politica è il percorso di chi la pensa a suo modo e per quello se ne va senza badare ad altri.
Non è un uomo di dialogo, né di costruzione. È un uomo di scontro e barricate, pur con l’etichetta di “democratico”.
È avvenuto ciò alle Primarie, è avvenuto in campagna elettorale, avviene ora come Premier incaricato. Non cerca le alternative possibili, ma segue solo la sua. Ha il paraocchi … organico.
La sua carriera raggiunge l’apice in questo ultimo periodo, quando conquista la Segreteria del Pd. La ottiene più per l’inesistenza di vere menti grigie nel partito che per carisma proprio.
Le 2 eminenze – D’Alema e Veltroni – s’erano tirati da parte per ragioni di opportunità politica e proprie, lasciando sguarnito il partito.
L’esperienza Franceschini (lanciato da Veltroni) aveva reso palese che il partito era stato affidato nelle mani di un ragazzo, tanto che i risultati furono fallimentari. Per cui le varie correnti pensarono a Bersani, forse più come atto transitorio che come vero leader.

Il Pd, infatti, è un partito arlecchino. Dentro ci sono i vecchi esponenti del Pc – tra cui Bersani – e ex Dc,  oltre ad altri agglomerati della Sx. È il frutto del valido progetto di Veltroni di creare un bipolarismo reale, basato su 2 forze vere, moderne e d’ispirazione democratica, in grado di alternarsi eventualmente al comando. La sconfitta elettorale subita portò l’allora segretario a dimettersi, affossando così un progetto estremamente valido. E il partito non ebbe il tempo di trasformarsi totalmente.
Da allora il Pd ha vivacchiato, ma mai puntato veramente a formulare nuove idee.
L’avvento di Renzi ha smosso l’apatia latente di un partito votato all’opposizione, creando perciò nuove correnti e divisioni e scompaginando la statica gerarchia organica propria dei partiti di derivazione comunista.
In questo substrato culturale di scarsa levatura, dalle primarie per la Segreteria è sorto l’astro di Bersani, peraltro culturalmente assai spento. Astro che si è riconfermato alle Primarie per la candidatura a Premier.

Dopo la sconfitta/vittoria elettorale - assai risicata per una manciata di voti soltanto - Bersani ha reclamato per sé il diritto a condurre le consultazioni per la formazione di un nuovo governo, mettendo perciò in difficoltà Napolitano. Lo ha fatto però non capendo che la campagna elettorale era alle spalle e che per governare bisogna cercare ampie convergenze. Non ha il senso né della tattica, né dell’opportunità, neppure in un momento difficile e straordinario come l’attuale.
Non si capisce Bersani, tuttavia, se non si entra nell’ottica del classico uomo di scontro e non di confronto.
Per cui, odiando Berlusconi e il Pdl, ha voluto puntare solo su Grillo. Costui non è sceso a patti e perciò Bersani ha conquistato la presidenza di Camera e Senato, aggrovigliando ancor di più e senza saperlo la matassa.

Le possibilità numeriche per formare un governo non sono molte[1]; le probabilità reali ancor meno. Queste sono addirittura inesistenti se basate sul progetto irremovibile di Bersani di procedere con un monocolore programmatico basato su 8 punti, senza una maggioranza precostituita. Ragione per cui Napolitano gli ha “dovuto” affidare solo un incarico esplorativo.
Che poi un segretario di partito, e incaricato premier, debba consultare le parti sociali per capire la drammaticità del Paese è emblematico del distacco totale, suo, dalla realtà.

In sintesi:
Il piano A di Bersani prevede Grillo, ma questi non ci sta in alcun modo e per nessuna ragione. Capisce che le diversità ideologiche e programmatiche sono enormi e che l’unirsi con il Pd sarebbe come rinnegare tutta la campagna elettorale fatta. Basti citare solo il referendum popolare su Ue e €.
Come piano B invita ora la Lista civica; ma questa è stata boicottata da lui per la presidenza di Monti al Senato. Forse i numeri – con la benevolenza sistematica dell’opposizione – potrebbero anche esserci in pratica, ma non nella realtà. Sarebbe comunque una maggioranza precaria come l’Ulivo di Prodi.
La compagine di Italia Futura (Montezemolo) è stata boicottata dallo stesso Monti per i capigruppo, per cui  dichiara esplicitamente che è disponibile ad appoggiare l’eventuale governo solo se nella compagine ci sarà anche il Pdl. Che però Bersani non vuole.
Il piano C – che Bersani esclude categoricamente, ma ben visto da buona parte del Pd e proposto da Berlusconi – ipotizza un governo di unità nazionale Pd/Pdl, con eventuale aggiunta di Monti, per fare pochi punti programmatici necessari prima di tornare al voto. Perciò un esecutivo a tempo.
Sarebbe il più logico e razionale; ma pare che la razionalità non appartenga a Bersani. Lui ama solo … l’utopia.

Bersani, a meno di stravolgimenti improvvisi, è costretto a fallire, anche se il partito per ora è lacerato sulla tattica, ma sostanzialmente unito intorno al suo tentativo. Fallirà se persisterà nella sua testardaggine. Rischiando di far implodere il partito.
Dopo la sua probabile rinuncia al mandato bisognerà vedere cosa accadrà e se il nuovo incaricato riuscirà a formare un governo, almeno a tempo minimo, per poter eleggere il Presidente della Repubblica. Causa sine qua non si potrà procedere a nuove elezioni.
In verità Bersani potrebbe tentare, con l’appoggio di alcuni elettori grillini o montiani, di ottenere anche un Presidente della Repubblica d’area Pd, anche senza avere un governo.
Ciò, però, sarebbe forse catastrofico per la pace sociale e acutizzerebbe maggiormente la crisi dell’economia reale sotto il sicuro attacco speculativo dei Mercati, già velatamente in atto.



[1] - Per approfondimenti vedere anche: Politica in evoluzione o in dissoluzione?

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