venerdì 22 marzo 2013

L’ultimo pasticcio del Governo Monti per conto Terzi.


Tutta la vicenda dei 2 marò ha dei connotati tali da far pensare che coloro che l’hanno gestita, dall’inizio fino ad ora, siano stati degli sprovveduti.
Comunque la si guardi è come un pasticcio indigesto, apparentemente agrodolce, ma del tutto nauseabondo e confezionato dal peggior cuoco di questo mondo.
Ovviamente i Ministeri interessati al caso sono più d’uno. In ordine: Presidenza del Consiglio, Ministero degli Esteri, Ministero di Grazia e Giustizia e Ministero della Difesa.
Ciò indipendentemente della colpevolezza vera o presunta dei 2 militari, che hanno ucciso dei pescatori indiani scambiandoli (?) per pirati.
Pirati, gridati subito come tali al mondo e addossando colpe all’India che ne avrà pure di gravi, ma non in questo caso.

Chi conosce bene la prassi, la politica e la diplomazia sa che certe cose non succedono mai per caso, salvo poi addossare il tutto a dei capri espiatori. In questo caso i 2 marò.
Perché è ovvio che Latorre e Girone sono le ultime due pedine della storia, anche se, in effetti, gli “ubbidienti” esecutori – più o meno volontari – di tutta la vicenda, compreso il loro attuale ritorno in India.
Convocati da Monti per la drammatica notizia, benché militari, potevano, in base alla Costituzione Italiana, rispondere: “No, grazie. Se la vicenda le sta tanto a cuore ci vada lei al posto nostro!
Per cui personalmente sarei stato il primo a capirli e ad approvare la loro decisione. E pure gli Italiani.

Le coperture diplomatiche di chi opera nei servizi speciali e nell’esercito italiano sono da sempre inesistenti, specie quando si opera fuori dai confini nazionali.
Chi ci va ci va a suo rischio e pericolo, secondo il detto diplomatico qui lo dico e qui lo nego. Non importa se pagato bene o male.
Se si confronta la copertura data con quella ad esempio offerta da Usa e Russia ai propri uomini siamo proprio agli antipodi.
Basti pensare a fatti ben più gravi, come al Cermis o a Abu Omar, le cui sentenze, per i cittadini statunitensi coinvolti, sono solo parole al vento o scritte sul bagnasciuga battuto dall’alta marea.

Quando avvenne l’incidente la nave era in acque internazionali.
È prassi consolidata che il comandante informi immediatamente l’armatore e i militari il loro comando. Dati i mezzi oggi a disposizione  tutto ciò avviene in tempo reale. Armatore e comando comunicano immediatamente con i ministeri interessati e questi con la Presidenza del Consiglio.
Da qui vengono subito impartite le disposizioni operative, sia che si sia trattato di un vero attacco di pirati, sia che vi sia stato un tragico incidente per qualsivoglia ragione. Anche se, oggettivamente, i pirati operano e attaccano in modo ben diverso.
Le forze indiane sono lontane e non potrebbero neppure intervenire in acque internazionali senza creare un casus belli. Né in zona hanno mezzi militari atti a costringere la nave a entrare in un porto indiano per gli accertamenti del caso.
Perciò: chi ha dato ordini e disposizioni in modo che la nave, invece di proseguire il suo cammino, dirigesse la prua verso la costa indiana? Sicuramente né il comandante né i 2 marò. E neppure l’armatore che è tra i danneggiati economicamente per il sequestro del mercantile.
E questo è il primo ingrediente del … pasticcio. Un fatto d’una gravità tale per cui i responsabili  andrebbero … processati.

Tutti sanno poi come si dipana la storia, considerato che l’India ha una giurisdizione anglosassone e non latina.
Il nostro Premier deve far visita in India; e là fa pubbliche dichiarazioni di ottimismo. Questione risolta? No. Il bello deve ancora venire.
La magistratura indiana non solo interroga i 2 militari e compie rilievi e prove balistiche sulle armi in dotazione, ma procede pure all’arresto dei due accusandoli di omicidio.
Terzi tuona a vuoto come una grancassa, ma il risultato non cambia.

Passa quasi un anno, durante il quale la Corte del Kerala si destreggia con continui rinvii sulla decisione relativa alla giurisdizione. Ciò che si ottiene nel frattempo sono gli arresti domiciliari dopo alcuni mesi.  La diplomazia italiana latita e non ottiene alcun risultato pratico, indice di una grande considerazione internazionale, mentre l’Ue si chiama fuori.
Verso Natale si chiede per i due indagati un permesso alla Corte indiana per una licenza di 2 settimane, che viene concessa previa cauzione e giuramento dello stesso ambasciatore Mancini, che in pratica si offre a garanzia dei 2 indagati.
Un ambasciatore ha l’immunità diplomatica secondo la Convenzione di Vienna; ma se si offre sua sponte a garanzia degli indagati è ovvio che ciò significhi rinunciare alla stessa immunità nel caso gli stessi non tornassero.
Tutto fila comunque liscio e i 2 marò tornano in India alla scadenza del permesso.
L’occasione delle elezioni politiche porta un’altra richiesta, questa volta per la durata di un mese. La stessa Corte la concede alle stesse condizioni, ad eccezione della cauzione.
E qua avviene il pasticcio del Governo Italiano.
Dopo alcuni giorni, infatti, dichiara ufficialmente che i 2 marò non torneranno in India. I marò e i familiari tirano un sospiro di sollievo, ma non è … finita.

La prima osservazione, visto che per gli italiani all’estero vi è la possibilità di votare comunque, è la scusa che viene chiesta per ottenere la licenza. La seconda l’ampiezza del permesso. La terza, che se ne deduce, è che sia una mossa di antefatto per tenerli in patria.
Ovviamente in India non ci stanno; e la polemica divampa coinvolgendo lo stesso ambasciatore, al quale in pratica viene negata la possibilità di poter lasciare l’India.
Gli indiani non sono idioti e sanno benissimo che un nuovo ambasciatore non sarebbe perseguibile, per il semplice fatto che il giuramento di ostaggio in garanzia è individuale. Perciò le relazioni si aggrovigliano anche nei rapporti commerciali a partire da Finmeccanica, per coinvolgere poi l’intero interscambio.
La Farnesina cerca di barcamenarsi; ma è ovvio che fare il ministro è un conto, fare l’ambasciatore è tutt’altro. Proprio come lo è fare il Premier di un grande Paese o il professore alla Bocconi.

Si arriva alla scadenza della licenza, prima che scattino le ritorsioni indiane.
E il Governo Italiano, che ha prodotto il pasticcio, che fa? Il coniglio … tremebondo. Convoca i 2 marò e in pratica ordina loro, come militari, di volare subito in India. Per contentino li fanno accompagnare dal sottosegretario.
Costoro, con la morte nel cuore dei familiari, fanno il grande errore di “ubbidire”.
Presidente del Consiglio e titolare della Farnesina si arrampicano sugli specchi, dichiarando a tutto il mondo che inviano i marò in India perché le assicurazioni ottenute cambiano le carte in tavola.
Quali? L’assicurazione della diplomazia indiana che, se vi sarà una condanna, i 2 militari non avranno la pena di morte.
Magari però – possiamo aggiungere – il carcere a vita.
Perciò, secondo logica, i governanti attuali italiani ammettono senza dirlo che i 2 marò sono rei di omicidio colposo, magari anche preterintenzionale alla … rambo.
Non per nulla la magistratura militare li ha incriminati per questo, anche se, si afferma, per un atto dovuto.

Indipendentemente dalle eventuali colpe i 2 marò sono vittime designate, capri espiatori di un ingranaggio più grande di loro.
Primo perché sono stati mandati a proteggere una nave commerciale senza – è una mia opinione – una preparazione operativa, psicologica e professionale adeguata per simili evenienze.
Secondo perché sono stati proditoriamente consegnati, di fatto, alla giurisdizione delle autorità indiane invece d’essere tenuti sotto di quella italiana, facendo allontanare subito la nave e facendoli rientrare immediatamente in patria per l’indagine del caso, sostituendoli con altri.
Terzo perché hanno prima ottenuto dichiarazioni ufficiali – fatte pure al mondo –, per essere abbandonati (traditi) poi l’ultimo giorno al loro triste destino.

Le questioni economiche di interscambio commerciale hanno avuto il sopravvento su quello giuridico; mentre un governo Azzeccagarbugli, per lo più ora dimissionario, ha abdicato al Diritto per perseguire l’interesse di importanti gruppi industriali e finanziari.
Vedremo se il prossimo Governo saprà fare meglio, rimediando alla figura barbina fatta davanti a tutto il mondo, anche se c’è poco da sperarci.
Perché un conto è conclamare ai quattro venti che si è riconquistata la credibilità internazionale, un altro averla realmente.
Tra il dire e il fare ci sta di mezzo il mare. Quello in cui è avvenuto il fattaccio e quello di guai in cui hanno fatto “annegare” i 2 marò, insignificanti pedine per uno stato, ma preziose per le loro famiglie.

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