Che la Goldman Sachs sia la banca che comanda il Mercato non è un mistero.
Che suoi ispettori siano stati inviati come consulenti al capezzale del malato Governo greco – sortendone i disastrosi risultati che tutti vediamo – è una cosa nota.
Che suoi consulenti[1] siano stati piazzati (chiamati) in posti di rilievo, spesso e volentieri in situazioni democratiche particolari, può sembrare anche “sospetto”.
Che l’Italia, con il Governo Monti, abbia ripetuto gli stessi provvedimenti restrittivi fotocopia della Grecia, ottenendone identici risultati è altrettanto naturale e … ovvio.
Insomma: vi sono troppi indizi che possono portare a naturali considerazioni logiche.
La Democrazia italiana sta vivendo uno dei suoi momenti peggiori, specie sotto il versante economico, occupazionale e di stabilità e credibilità politica. Non solo non vi è un partito maggioritario, ma ben 3 gruppi contrapposti che con poca differenza di consenso si contendono il potere: CentroDx, CentroSx, M5S.
Le elezioni hanno dato un responso chiaro, specie dalla gente che vuole poter vivere, lavorare e progredire non nell’opulenza, ma nel modesto e necessario decoro: basta con questa degenerante politica economica che peggiora la situazione! È la sentenza chiara emessa dal Popolo italiano, che ha bocciato totalmente la velleitaria e superba coalizione di Monti, entrata in Parlamento solo per il rotto della cuffia.
Negli ultimi decenni - dal dopoguerra in poi - il numero dei disoccupati non è mai stato così elevato, la recessione del Pil non è mai stata tanto violenta, il Debito sovrano non ha mai raggiunto tale apice. E ciò nonostante l’auspicato (eufemismo) apporto di un “normale” spocchioso professore[2] - fatto diventare tanto “immenso”, dai media e da pressioni politiche internazionali, quanto degeneranti sono stati i suoi provvedimenti fatti passare con continui voti di fiducia e con la minaccia di “o così o è ancora così” - che ha solo peggiorato la situazione.
L’Ue, ovviamente, non è che vada molto meglio, considerato che, ad ogni piè sospinto, pare implodere tra continue e ricorrenti crisi dei vari stati, non ultima la Slovenia.
Lo scorso anno gli asserviti media si erano premurati con continui battage a innalzare sul monte delle divinità (l’Olimpo dell’eccellenza globale) i 2 Super Mario del momento, salvatori della patria con modalità diverse: Mario Monti e Mario Draghi.
Il primo chiamato ad essere Premier italiano, il secondo Presidente della Bce. Entrambi – ed è uno strano caso – sono da annoverarsi tra gli International Advisor della Goldman Sachs.
Tuttavia ciò non sarebbe di per sé una prova della connessione tra potere politico e alta finanza, se i casi più che sospetti non interessassero altre persone.
Draghi, per intenderci, è colui che Giulio Tremonti sta da tempo indicando sotto l’epiteto di “criminale” per la sua lettera ricattatoria inviata, come Presidente della Bce, al Governo Berlusconi e prodromo all’avvento di Monti. Tanto che a Umberto Bossi fece dire a suo tempo che la lettera era una fucilata a tradimento. Infatti, alla Spagna, che stava molto peggio dell’Italia, una similare ingerenza ricattatoria non fu praticata.
Le coincidenze, ovviamente, non si fermano qua, considerato pure che Romano Prodi pare tornato in pubblica visione in questi giorni di turbolenza politica. Strano a dirsi altro International Advisor della stessa Goldman Sachs; e, strano a dirsi, chiacchierato possibile pretendente alla poltrona di Presidente della Repubblica.
Nell’ombra vi è pure un altro personaggio che con “leggi” riformiste indirizzò a suo tempo l’Italia verso il baratro: Giuliano Amato, ex premier ed ora commissario straordinario del Governo Monti, pur essendo stato estromesso anni fa dal Parlamento dal voto popolare. Definito a suo tempo da molti come il “dottor sottile”, e come il “tisico intellettuale” da alcuni analisti che la vedevano diversamente. Altro chiacchierato soggetto che viene indicato nel toto presidente.
Pure Draghi era stato gettonato come possibile candidato, prima come probabile presidente del Consiglio e poco fa come possibile presidente della Repubblica. Entrambe le cariche sono state subito rifiutate per opzione alla poltrona della Bce.
Draghi, Monti, Prodi e Amato sono coloro che credono non nell’Ue, ma in una certa Ue, che va ad identificarsi, sovrapponendosi, ad una specifica gestione dell’€: quella dipendente e al servizio del Mercato. Di cui la Goldman Sachs regge a suo piacimento le fila e, per conseguenza, ne indirizza, guidandola, la speculazione, che spoglia gli stati delle loro ricchezze.
Amato fece a suo tempo un’imponente finanziaria di 90 mila mld – definita salvifica -, dopo che in 2 settimane con Ciampi – allora governatore della Banca d’Italia, poi diventato presidente della Repubblica – si bruciarono in una dissennata scelta finanziaria di difesa della ₤ (Lira italiana) riserve per oltre 120 mila mld, dovendo svalutare comunque poi la valuta italiana.
Prodi è colui che si beò di averci portato in Europa con altre manovre capestro, capaci di affossare a suo tempo Pil e produzione solo momentaneamente per la sua breve durata come premier.
Le connessioni, insomma, sono molteplici e sono assai … intriganti.
L’italiano non è un nazionalista, ma un europeista convinto. Non però dell’Europa del mercato.
Perciò monta tra i cittadini, e soprattutto tra le imprese, l’avversione ad una certa politica, specie a quella asservita al mercato. Il Popolo si sta ribellando arrabbiato.
Pure Bersani, dopo la batosta elettorale, sta innalzando le sue scarse antenne cognitive verso un’Ue diversa, incalzato in casa da quel qualunquista – Renzi – che coglie ogni occasione favorevole per proporsi come possibile leader e presidente del Consiglio. Destabilizzatore più che rottamatore.
Con lui l’Italia sarebbe sicuramente alla frutta: è un politico (scarso intellettualmente, ma grande in ambizione) di professione e con limitati risultati amministrativi al suo attivo, se non quello pubblico di mostrarsi come la novità del nostro tempo.
Renzi ha subito la batosta delle primarie, nonostante che al primo turno vi siano stati più di 1 milione di votanti fuori dal partito, perciò avvicinati con manovra pilotata esterna. Al voto politico i suoi candidati sono stati bocciati dall’elettorato, compreso quel Gori artefice mediatico del suo lancio.
Vuole incalzare Grillo e M5S, che però ha una potenza di fuoco e di consenso travolgente. Se prenderà la leadership, per dimissione dell’attuale direttivo PD, avvierà il partito, già in decadenza, alla dissoluzione progressiva.
Appare strano che 3 International Advisor occupino, o abbiano occupato, posti chiavi della politica e della finanza. Appare sospetto che questi – o altri che sono asserviti alla stessa ideologia finanziaria – siano fatti balenare come possibili pretendenti alla presidenza della Repubblica.
Appare coinvolgente che tutti questi abbiano perseguito una certa politica e che abbiano praticato, o forzato, - ognuno nel loro ruolo - grandi manovre restrittive sulla nazione, auto referenziandosi e sostenendosi nel sostituirsi o riciclarsi.
Appare addirittura assurdo che tali manovre abbiano favorito grandi gruppi finanziari, che queste persone non siano mai intervenute a regolamentare gli abusi e le storture del Mercato o che si siano interessate dell’economia reale del Paese sostenendola.
Portando il discorso al paradosso si potrebbe avanzare l’idea che tra Popolo italiano – spalleggiato soprattutto da Grillo e Tremonti – e Goldman Sachs vi sia in corso una guerra istituzionale. Il primo cerca di difendere la propria autonomia operativa e istituzionale, la seconda cerca di piazzare ovunque i propri uomini per trarne tutti i benefici possibili.
In questo scenario di disfacimento poco edificante e rassicurante va a sovrapporsi la crisi del Fiscal Cliff [3], che alla fine del 2012 è solo stata procrastinata, ma non risolta. Obama, com’era prevedibile, ha dovuto oggi alzare bandiera bianca, per cui gli U.S.A. andranno in recessione e produrranno poco meno di 1 milione di disoccupati in più nel 2013 per i tagli lineari.
Ciò inciderà sia sui mercati che sull’Ue in modo negativo.
I Repubblicani si sa dove stiano e i loro capitali pure. Perciò, nonostante la multinazionale Goldman Sachs finanzi la campagna presidenziale in modo bipartisan, è utile chiedersi a chi giovi. I grossi investitori di Wall Street, infatti, pensano che il loro status reddituale non venga intaccato dalla conseguente recessione, stando così le regole di Mercato.
Diversamente dagli States, l’Ue è solo una larvata e ipotetica federazione. Perciò la grandezza, sicurezza e stabilità del $ non ha proprio nulla da spartire con l’€.
Teoricamente il Fiscal Cliff potrebbe essere una potente arma atta a condizionare ulteriormente l’Europa, utile a chi specula principalmente sul Mercato.
A Draghi va dato atto che col suo avvento alla Bce ha cambiato buona parte della politica finanziaria di Trichet. Dal rigorismo esasperato e dall’uso errato del TUS si è passati ad una via operativa intermedia di LTRO, perciò di sostegno ai Titoli sovrani dei vari stati, operando sul finanziamento delle banche che li detengono.
D’altronde una politica di vero Quantitative easing non è possibile oggi in Ue, considerata la differenza abissale tra lo status della Fed con quello della Bce. Perciò: monetarismo interventista ausiliario, più che reale.
Monti ha dichiarato più volte che la fine della crisi è dietro l’angolo. Draghi che siamo ancora in recessione, ma che tra pochi mesi inizierà la ripresa graduale, anche se debole.
In realtà la ripresa è ben lungi dal venire; mentre la recessione non ha ancora toccato il proprio apice. Le loro affermazioni debbono solo essere considerate psicologiche iniezioni di fiducia sul futuro, ad uso e consumo … dell’ammalato.
Monti, dal canto suo, più che gestire il Debito ha prodotto il problema del Debito, con un battage mediatico da terrorismo psicologico che i Mercati hanno prontamente saputo sfruttare. Non per nulla con lui il rapporto con il Pil ha toccato il 127%.
Su questo scenario complesso spuntano le dichiarazioni di Grillo, che vede tra non molto l’utilità (certezza) che il Paese vada in bancarotta. Solo da allora si potrà pensare ad un rilancio sotto il governo di M5S.
Grillo, ovviamente, non è i deputati “grillini”. Il mondo di Grillo è un mondo trasversale di protesta e di forte richiesta di un cambio sostanziale della politica, da ottenersi con un ricambio di uomini e idee.
Appunto per questo la totale implosione e bancarotta del Paese non sarà intesa come salutare e propedeutica sia dalla base degli elettori che degli stessi onorevoli (Ndr, cittadini). Il tanto peggio tanto meglio non è adatto all’Italia di oggi.
La crisi è venuta dalla speculazione selvaggia, perciò dal Mercato. Chi l’ha finora pagata sono stati sempre e solo i cittadini.
Però il Mercato nessuno l’ha voluto e saputo riorganizzare, regolamentandolo in modo nuovo.
Chi dirige il Mercato ha però dei suoi uomini nei punti chiave. Advisors che retribuisce con opulenza.
Perciò Grillo è utile a scardinare questa ragnatela di connessioni, anche se è rischioso portare volontariamente il Paese al collasso strutturale.
Come diceva Aristole: est modus in rebus. Spetta a Napolitano, e al suo successore, trovarlo per il bene del Paese e di tutti i cittadini.
Un Napolitano che però in passato ha subito forti pressioni per agire in un determinato modo.
Si spera solo che il suo successore non sia ancora un International Advisor della Goldman Sachs; perché allora il potere dell’Alta finanza non potrebbe più essere considerato uno strano e sospetto inciucio, ma solo un’assoluta e inconfutabile certezza.
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