domenica 10 marzo 2013

Crisi, politica e disagio sociale.


Quasi giornalmente, specie dopo le manovre restrittive del Governo Monti, anche in Italia vi sono stati e si susseguono fatti tragici che coinvolgono le coscienze di tutti: suicidi e omicidi, generati (indirettamente ma sostanzialmente) dalla grave crisi che ha colpito sia la nazione, sia buona parte del globo.
Il disagio sociale nasce soprattutto dalla convinzione interiore che il futuro sarà peggiore del già precario presente e senza speranza. Perciò un futuro nebuloso e incerto al quale né la politica, né la società sanno dare alcuna risposta o rimedio.
Giornalmente si perdono posti di lavoro per la chiusura di attività individuali o manifatturiere, creando disoccupazione crescente. Il 2/3 delle famiglie non riesce più ad arrivare alla fine del mese e si intacca il risparmio, se c’è. Le aziende non riescono più a riscuotere e quelle di credito innalzano gli interessi degli affidamenti concessi e le spese, strangolando ciò che ancora regge il mercato. L’economia reale è sottoposta a troppo stress e si sta collassando del tutto.
Lo Stato, inoltre, regge a fatica lo welfare; e per ragioni di bilancio è “costretto” a tagliare e ridurre, per la pressione dei Mercati, quegli ammortizzatori sociali o prestazioni che ancora esistono.

In questi ultimi giorni 2 fatti eclatanti hanno interessato i media e l’opinione pubblica: il suicidio di un dirigente di MPS e l’omicidio/suicidio di cui è stata teatro la sede della Regione Umbria.
A prima vista i 2 fatti potrebbero sembrare non correlati alla crisi – per sconforto individuale e pazzia -, ma, in effetti, lo sono perché a scatenare l’input è sempre un fattore destabilizzante. E la crisi, quando è grave, è sempre squilibrante per la sicurezza economica dell’individuo.

Il dirigente di MPS, infatti, è vittima indiretta di un sistema finanziario che ha spinto le aziende a rischiare più del dovuto in operazioni rischiose, le quali hanno prodotto perdite ingenti.  La crisi, a sua volta, è stata generata dalla mancata e insufficiente regolamentazione (codificazione) di basilari regole di mercato finanziario, perciò dagli errori politici dei governanti e dei legislatori nei decenni passati.
È ovvio che senza lo scandalo MPS il dirigente non si sarebbe suicidato. Come è altrettanto ovvio che, se certe pratiche rischiose non fossero state legalizzate e permesse, l’allegra gestione di MPS non ci sarebbe stata, o bloccata subito dalle autorità di controllo al suo nascere.
Perugia è l’emblema del Far West che si innesca nelle menti deboli soverchiate dalla crisi: una giustizia sommaria che ha bisogno innanzitutto della vittima “sacrificale” espiatoria, prima di accanirsi contro di sé.
In entrambi i casi la crisi – e l’insicurezza/disperazione nel futuro – ha prodotti atti diversi in persone diverse, coinvolgendo degli innocenti.
A Perugia le 2 impiegate in modo diretto. A Siena i familiari del dirigente in modo indiretto, ma non per ciò meno traumatico.

Se la crisi avanza è ovvio che alla fonte vi siano stati degli errori strutturali nello Stato. Perciò che la politica non abbia saputo prevedere, in primis, le conseguenze d’una codificazione permissiva e, in secundis, che non sia stata capace d’intervenire prontamente per rimediare e non far degenerare la situazione.
Tutto ciò ha prodotto il disagio sociale che porta con sé all’inizio preoccupazione, poi disperazione, infine violenza diretta o civile.

La situazione greca è emblematica al proposito, anche se i media ormai sorvolano, ignorandola, l’evolversi della grave situazione attuale che il paese ellenico sta vivendo.
Vi sono manifestazioni di piazza quasi giornaliere e spesso violente che rendono palese sia la disperazione, sia la povertà, sia la disoccupazione generalizzata, spesso coinvolgendo banche o negozi che vengono assaliti, distrutti o svuotati.
Troppe famiglie non hanno risorse per vivere, riscaldarsi, dare educazione alla prole, curarsi e usare persino i mezzi di trasporto per andare al lavoro. Certe madri portano i propri figli piccoli sulle porte dei conventi, ivi abbandonandoli perché i religiosi potranno offrir loro maggiore assistenza dei genitori. La povertà è ormai generalizzata, ovunque e sempre più preoccupante e destabilizzante.
Atene – mi diceva un conoscente giorni fa – dopo l’imbrunire pare una città morta e nei palazzoni residenziali pochissime finestre appaiono illuminate. Al loro interno mancano spesso la luce e il riscaldamento e talora anche l’acqua, perché i servizi vengono tagliati per morosità manifesta (forzata) degli utenti.

La Grecia è stato il primo paese Ue a subire le conseguenze della crisi, generata anche da una fraudolenta gestione politica del bilancio.
Altri paesi l’hanno seguita; e il rigorismo penitenziale Ue la sta rendendo ormai generalizzata ovunque, pure nella prospera Germania che nell’ultimo trimestre è andata in recessione di Pil.
La situazione italiana è precipitata sotto Monti, indiscusso esecutore dei dettami Ue basati sulla preminenza del Mercato, perciò asservito alle manovre speculative dell’Alta Finanza.

L’insicurezza, sempre crescente nel futuro, crea quel disagio sociale che rende l’individuo aggressivo come la bestia della foresta che lotta per sopravvivere. E quando uno Stato non sa dare risposte pronte e utili a risolvere le problematiche, allora il malcontento e la protesta, prima civile e poi violenta, accrescono la rabbia sociale, che diventa diffusa specie nei giovani, piagati già da tempo da carenti sbocchi di lavoro.
Questo degradato stato sociale non solo genera atti inconsulti e tragici, ma è fertile terreno per i populismi e i qualunquismi, spesso anticamera delle dittature.
Ne consegue che la crisi attuale ha prodotto progressivamente: crisi dei Mercati (Borse), crisi economica, crisi politica e istituzionale, rabbia contro la casta e i partiti, protesta sempre più forte, lotta sociale, antipolitica, qualunquismi e populismi, radicalizzazione dello scontro politico e atti inconsulti tragici. Insomma: un grande disagio sociale generalizzato.

Il risultato elettorale è stato la conseguenza della crisi e dell’incapacità della politica di saper dare risposte adeguate. Perciò, vista l’impostazione voluta dall’Ue, è una crisi strutturale di sistema. Una crisi che si aggraverà ulteriormente se il Fiscal compact non sarà riveduto e corretto.
Il cittadino cerca nuove vie anche senza una prospettiva precisa, affidandosi a promesse che non potranno essere mantenute.
Un cambiamento pone sempre la speranza di una possibilità diversa, a cui il debole e l’incompetente si affida. Ecco, dunque, il crollo del consenso verso chi ha fallito e il sorgere di nuovi movimenti o forze politiche.

La nostra società occidentale è a una svolta epocale, condizionata da risposte che devono essere concrete. Senza le quali è probabile che vi siano stravolgimenti politici e sociali che si basino su risposte opposte alle attuali, magari anche violente come già in Grecia succede.
Queste risposte sono il frutto di qualunquismi e populismi e si chiamano: uscita dall’€ (perciò dall’Ue) e ritorno ai nazionalismi contrapposti.
Nazionalismi che tuttavia l’Ue non ha saputo estinguere per insufficiente visione, capacità e volontà politica.


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