Oltre un paio di decenni fa ero ad Amburgo per lavoro. Allora non c’era, come ora, la rete telematica e bisognava recarsi sul posto per capire bene la situazione.
Avevo appena finito il mio impegno nell’azienda in cui ero ospite che mi giunge una telefonata; serve urgentemente il mio operato giù alla punta dello stivale: è successo un guaio e bisogna fare molto presto!
Un aereo è pronto per me, ma a conti fatti ci vogliono poi alcuni appoggi logistici; in più sono con Mexico (la mia auto) e dovrei tornarci per recuperarla; essendo pomeriggio inoltrato ho pure bisogno di dover riposare.
Rientro in albergo, ceno subito nonostante l’ora, mi corico e alle 4 di mattina il motore è già acceso tra il buio della primavera appena iniziata.
Non trovo nebbia fin quasi a Monaco e Mexico corre veloce con i suoi due carburatori in azione. Poi a banchi, e infine scompare, grazie a Dio.
Mentre viaggio ogni tanto allungo la mano sul sedile passeggero e dal contenitore viveri, che l’albergo mi ha premurosamente preparato, traggo ciò che mi capita a tiro: assorbo liquidi, zuccheri, frutta e altro cibo.
Mi devo pure fermare per il pieno e per un bisognino naturale.
Siamo ai tempi della Baader-Meinhof e so che alla dogana perderò un po’ di tempo. Perciò nell’avvicinarmi cerco di ideare su come evitare le lungaggini.
Mi sovviene che quello sventato di Red deve aver lasciato la sua particolare valigetta degli attrezzi nel mio baule: figurati che pacchia. Fortuna che sono là ufficialmente.
Trovo coda e punto deciso verso il parcheggio degli addetti alla dogana.
Un Polizist non vorrebbe lasciarmi entrare e gli sbatto sul grugno il passaporto con la perentoria frase: Ich brauche, mit dem Kommandanten zu spreche! E fortuna che la frase mi viene pure bene
Annuisce, mi fa parcheggiare e mi dice di seguirlo.
Dal baule traggo la valigetta di Red e lo seguo.
Un Oberleutnant è di turno e mi accoglie benevolmente.
Gli mostro la valigetta e gli dico che deve essere riportata urgentemente a Monaco. Mi chiede che contiene e gliela apro: fa un salto indietro dalla meraviglia.
Faccio un veloce discorso e lo invito a controllare un codice. Lo fa e si mette sull’attenti.
Mi saluta, mi accompagna alla porta dopo aver messo sull’… i subalterni presenti e mi augura: Gute reise, Oberst! Lo ringrazio e lo saluto a mia volta.
Toh, mi devono pur aver … militarizzato; questa mi giunge nuova!
Austria e poi … Italia, dove trovo acqua a scrosci fino oltre Verona.
… e venne notte e poi … l’alba, mentre ero sulla Salerno/Reggio Calabria.
Mi sussurro: Superba tirata, Sam!
Dopo 28 ore sono in vista dello stretto e i viveri sono esauriti da un po’.
Mi stanno attendendo e mentre faccio uno spuntino sostanzioso mi aggiornano sulla situazione. Perciò si procede e alle 16 è tutto Ok. Dio sia lodato!
Mi accompagnano in albergo dove devo distendermi dopo un frugale pasto. Prima di coricarmi faccio due passi in compagnia per digerire e nell’oscurità del tramonto un venticello fresco mi investe.
Che vento è? – “È il vento di Tramontana!” – Pure qua così fresco? – Sì! – mi si dice ridendo – Scende dai versanti orientali ancora innevati dell’Etna per poi attraversare lo stretto.
Ecco, quella montagna mi manca ed è pur sempre un tremila. Tanto non scappa e mi saprà aspettare.
Dallo stretto il soffio di “tramontana” risale, ora, da sud verso nord, dove però di solito soffia da ovest.
Qua siamo abituati al Phon, al Favonio, alla Bora da est e pure, a sera, al tramontano, fresco d’estate e gelido d’inverno. Conosciamo pure lo Scirocco, ogni tanto.
Provare a chiedere a Savino!
Lo ascolto, il soffio lontano e leggero, e mi pare che pronunci parole … antiche.
Ovviamente potrebbe trattarsi di frasi della Sibilla, che da quelle parti sta; ma … non mi pare.
Sembra arieggi l’eco di un movimento (partito) antico, fulgido per i patri suoli alcuni decenni fa, ma estintosi poi nella storia praticamente per degenerazione senile.
Tra le voci sussurranti trovo virgulti nuovi, ma anche tralci antichi, quasi pronti per essere … tagliati, apparentemente ancora vogliosi e vigorosi. Sembrano voci nostalgiche … e lamentevoli, talora quasi di Sirenetta suadente.
Diversamente dai Fratelli Bandiera, laggiù morti e sepolti con i loro compagni, per ora sono un po’ meno.
Ma da nord il gelido Favonio irrompe a caduta tra le Alpi nevose e mi spazza via queste voci languide e silenti, scompaginandole insieme alle foglie secche del faggio, affioranti tra l’alta neve; mentre un terso tramonto, lassù in cascina, mostra nel rosseggiare intenso il nerastro e triangolare Monviso a oltre 300 km a SW.
Lui parla diversamente: di un’Istituzione e non di una riedificazione!
Che sarà?
Il tempo lo dirà!
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