Il terremoto, quello naturale, è arrivato in una settimana dell’anno particolare: quella della Pasqua.
Un altro, quello che smuove le coscienze, è arrivato un po’ più tardi; e non nella settimana santa liturgica, ma in quella della globalizzazione, cioè della comunicazione, audio e video, quasi istantanea.
Quasi, sottolineavo, perché l’evento naturale, il disastro, giunge in ritardo nella mente di tutti, con quell’assommarsi di immagini e di voci che, in un crescendo continuo, fanno comprendere appieno la gravità della situazione, i lutti, la distruzione e l’ampiezza della … catastrofe.
La catastrofe non è mai un evento (disastro) naturale, ma è sempre opera dell’uomo: della sua inettitudine e del suo egoismo.
Bene a fatto il Presidente Napolitano a parlare di “responsabilità diffuse”, anche se non ha ben spiegato, ma solo lasciato intuire, quali queste siano e di chi siano.
E sono quelle che hanno prodotto la catastrofe.
Peccato che siano … tardive. Ma, come dice il detto sapienziale: meglio tardi che mai!
Il tutto, detto da uno che da mezzo secolo (circa) vive di politica, è indice di “mea culpa”, anche se non professa.
Le mappe dei terremoti si conoscono da secoli, specie in occidente.
Ne consegue che il Friuli e tutta la dorsale appenninica, dalla Garfagnana alla Calabria e Sicilia, sono spesso e ciclicamente devastati da forti movimenti tellurici.
Perciò nulla di nuovo!
Similmente si sa che la Valtellina è una valle franosa che, quasi, non dovrebbe neppure essere abitata.
Come l’area vesuviana è una zona vulcanica che può risvegliarsi da un momento all’altro.
Eppure si hanno insediamenti urbani non confacenti, oppure costruiti in zone conoidali o soggette ad eruzione sugli stessi contrafforti eruttivi.
Non posseggo la televisione e perciò non vedo; però sento e … ascolto.
E la mia casa, pur non essendo in zona sismica, è da anni assicurata contro gli eventi naturali.
E dal mormorio dolente vedo la speranza di un mondo migliore e un Uomo che più che un politico è un imprenditore: si muove, è presente, organizza, soffre, piange e si unisce al dolore di tutti.
E fa programmi e non solo promesse!
È un uomo che si è prestato alla politica e che intende cambiare il modo turlupinatore di fare politica.
Benché non abbia, io, la veneranda età di Matusalemme, non ricordo un politico che in circostanze analoghe non sia stato fischiato.
Cos’è cambiato? L’uomo politico o la mentalità popolare?
Nessuno dei due. Si ha la fortuna d’avere come capo di Governo un uomo pragmatico che sa fare, si da fare e non intende restare ad … osservare. Magari sbagliando pure, però operando e non procrastinando. Un imprenditore e non un tattico.
Non è un politico perché non vive di politica, anche se ha usufruito di questa per fare affari.
Non è un politico perché non fa calcoli personali, anche se cavalca i sondaggi.
Non è un politico perché non è cinico nello sfruttare gli eventi, ma cerca di condurli secondo una linea logica che fa dell’operatività la linea d’azione prefissata.
Non è un politico perché vede le necessità, dando a queste una certa priorità per l’utilità nazionale.
E se guardiamo ai predecessori non si può fare a meno di capire come sarebbero andate le cose con questi al comando.
È vero: Berlusconi non è un grande politico, né uno statista! Ma alla nazione non servono i tatticismi di molti politici dediti più agli intrallazzi e alle parole che all’operare.
E se guardiamo a quelli tanto decantati che lo hanno per decenni preceduto, tolto uno gli altri son proprio da … buttare.
La sua operatività non si ferma solo alla necessità contingente, ma prende da questa lo slancio per aggiornare il sistema strutturale e operativo del paese.
Rifiuti, fine vita, recessione, immigrazione, ordine pubblico, giustizia … e terremoto sono stati affrontati con decisione, magari con lacune ed errori, ma pur sempre con l’intenzione di risolvere subito l’annoso problema.
E al funerale non si è piazzato nella “fredda” enclave istituzionale dei “privilegiati”, ma tra il popolo dei parenti, perciò degli afflitti, dei dolenti, dei senza tetto e dei … disperati: di coloro che aspettano che il samaritano li tragga dalla disperazione dandogli speranza e offrendosi come uno di loro, là davanti alle bare allineate di coloro che potevano esserci e non ci sono … più.
È stato ed è un soccorritore, proprio come quelli che scavano tra le macerie o risolvono e alleviano le necessità giornaliere del dover sopravvivere.
Ha pianto, ha sofferto, ha abbracciato, ha consolato: è stato popolo e uomo e non politico.
Nessuno lo ha chiamato “Signor Presidente”, bensì per nome: “Silvio …”.
E lui, con il suo abituale modo di essere, infonde fiducia nel futuro, incoraggia, programma, è presente e … lavora. Non se ne sta appartato e rintanato nel palazzo del potere, ma tra la gente comune che ha bisogno innanzitutto di sentire lo Stato fisicamente vicino nell’enormità della tragedia.
La sua vita non è un esempio limpido di cristianesimo; tutt’altro, ma neppure il samaritano lo era. E il buon ladrone si accaparrò il paradiso unendosi al dolore di Cristo.
Come non sono tutti cristiani (cattolici) coloro che sono accorsi sul luogo del disastro per soccorrere, sia come organizzazione istituzionale sia civile. Magari battezzati sì, ma praticanti no!
So di conoscenti che, pur essendo a centinaia di chilometri di distanza, hanno piantato tutto e con il loro gruppo già alle 10 del mattino, del giorno stesso, erano operativi sul posto.
Eppure sono spesso tacciati sia dalla gerarchia ecclesiastica, sia da altre forze politiche, di razzismo e di egoismo.
Ben vengano tali uomini razzisti ed egoisti che sanno prontamente donarsi!
Anche gli imponenti mezzi di una ditta specializzata bergamasca, con gli addetti necessari a farli funzionare, venivano trasportati in loco, a meno di 24 h dal sisma, onde rimuovere travi e detriti per salvare vite umane.
Cosa c’è dietro un simile movimento di popolo?
La voglia di essere Popolo e Nazione!
Pure l’opposizione si è comportata bene, ma difronte ad un simile disastro non poteva fare diversamente. Tant’è che ora si cominciano a sentire alcuni “distinguo” sporadici e stonati di singoli esponenti.
Nel complesso l’anima di un popolo, quella che indica la coscienza dell’intendere nazionale, ha abbandonato l’egoismo individuale per proiettarsi nella dedizione totale: uomini, donazioni, disponibilità, supporto, compartecipazione al dolore e … responsabilità nella grande dolenza che ha unito il Paese e sprofondato nel lutto.
Nell’Abruzzo molti scampati si son messi subito all’opera come soccorritori, altri han dato supporto logistico ai senza tetto, altri ancora, affranti dalla disperazione e dal dolore, si sono pure abbandonati ad una comprensibile lamentela per il loro stato personale; ma ciò è perfettamente nella norma dopo un simile sconquasso.
“Responsabilità diffuse” disse Napolitano.
E disse molto bene: responsabilità innanzitutto della politica, poi degli amministratori, poi dei tecnici, poi dei costruttori, poi degli abusivismi e dei condoni, poi … anche dell’indifeso cittadino, che se ne è stato nella propria ignoranza inerme invece di aguzzare l’ingegno.
Basti pensare a quanti avevano assicurato la propria casa contro gli eventi naturali o avevano guardato a come si costruiva e si ristrutturava.
È vero: non tutti possono essere ingegneri, perciò in grado di capire la tecnica costruttiva. Ma per chi spende decine di migliaia di € per una casa il fatto della sicurezza dovrebbe essere primario, più del colore e del disegno delle piastrelle del bagno o dei fregi decorativi del soffitto.
La sostanza prima dell’apparenza.
Ciò non lo dico solo per gli abruzzesi, perché, ovunque, siamo tutti uguali.
Quello che il terremoto ha evidenziato positivamente è stata la coscienza individuale ancora esistente, la quale, fuoruscendo dalla crosta personale screpolata dell’egoismo, ha manifestato che un popolo ancora esiste e che si sente unito e solidale.
Il dolore e la tragedia sono i maggiori collanti che favoriscono la solidarietà tra persone, perciò quella necessità civile che impone d’essere fratelli.
La grave recessione in atto aveva già manifestato in molti questa disponibilità ad essere uniti su quei valori di solidarietà civile che traggono la loro origine da una cultura cristiana, anche se non da una pratica cattolica.
Anche la maggioranza attuale, pur con l’inevitabile dialettica politica di parte, si è accinta al ruolo del governare con la ferma intenzione sia di amministrare il Paese sia di ammodernarlo nella stessa e incanutita struttura istituzionale.
Sicuramente in futuro vi saranno cose da migliorare ed errori da rimediare, ma è ovvio che il fare produca quel surplus che dona ricchezza, non solo economica, alla Nazione.
La coscienza è risorta!
È uscita dal sepolcro, imbiancato dalla politica e dall’individuale vivere appartato.
Pure la Chiesa si è data da fare e non con il … funerale.
E la collaborazione sarà maggiormente prosperosa nel futuro prossimo se chiesa e stato sapranno dialogare nella sinergia di valori e principi che impongono una libera Chiesa in un libero Stato, dimenticando lo sproloquiare dialettico di alcuni politici e religiosi.
Perché, a parte le parole e il ruolo di rappresentanza istituzionale, sono proprio questi che non sono “risorti” a vita nuova, vanificando la passione di Cristo e dei terremotati.
Siamo una Nazione! Una nazione fattiva che intende risorgere non solo dai vari terremoti (gravi problemi) locali, ma soprattutto dal terremoto recessivo.
Per farlo non c’è bisogno d’essere necessariamente cattolici praticanti, ma cittadini coscienti del proprio diritto e, soprattutto, del proprio dovere: il dovere d’essere imprenditore, commerciante, politico, amministratore, religioso, operaio, impiegato … docente.
Il dovere d’essere cittadino!
L’essere Samaritano col nostro prossimo che giace nella necessità.
Agli amici parlamentari, che hanno offerto, quasi istituzionalmente (forzatamente), 1.000 € della loro indennità parlamentare per i terremotati, vorrei rivolgere un invito, non prima d’aver fatto una semplice osservazione.
Spulciando tra le vostre pubbliche dichiarazioni dei redditi vedo che la stragrande maggioranza di voi possiede redditi che superano di gran lunga i 100.000 € annui, al netto dell’indennità parlamentare. E molti anche assai di più.
Molti di voi si sono “arricchiti” con la politica, quella di professione, che ha generato pure poltrone, ben retribuite, in società o in organi istituzionali.
Un parlamentare della mia terra, appartenente alla maggioranza, ha avanzato la proposta di raddoppiare tale cifra, facendo affidamento alla coscienza individuale.
Non voglio dire quanto costui ha dichiarato, come non mi interessa catalogarlo per altri.
Osservo solo che l’indennità parlamentare percepita vi pone in un ruolo di grande privilegio economico, al riparo da qualsiasi recessione e terremoto.
Serve uno scatto di orgoglio, di quell’orgoglio che vi faccia sentire popolo e nazione!
Date almeno una mensilità della vostra indennità parlamentare, proprio facendo affidamento alla vostra coscienza di privilegiati. Specialmente se siete cattolici.
Diversamente, cari amici che decantate il Bene comune in ogni ragionamento e discorso, il vostro incedere evidenzierà solo quel personalismo egocentrico che pretende privilegi e mai doveri. Quel dovere di radicalizzarvi nelle problematiche della gente non offrendo una sola goccia del vostro avere, ma qualcosa di più sostanzioso: parte di voi stessi, che dovreste essere al servizio della comunità.
E sarebbe bello sentire un capogruppo alzarsi in Parlamento, chiedere la parola e annunciare che tutti i componenti del gruppo di appartenenza sottoscrivono l’iniziativa di donare una mensilità.
Mi rendo pure conto che ognuno nel privato può dare molto di più nel riserbo personale che impone di dare senza pubblicità.
Ma è appunto per la vostra posizione pubblica di rappresentanti del popolo che una tale iniziativa comune sarebbe opportuna, onde far sentire la politica accanto al cittadino.
Diversamente avverrà che tra poco, quando il clamore dell’evento si dissolverà insieme alla polvere dei crolli, tutto ritornerà come prima.
Proprio tutto direi di no!
Difatti la prontezza dei soccorsi e la vastità dell’adesione all’evento ha evidenziato che alla base e in alcuni politici le cose sono cambiate.
Ed è appunto su questa flebile percezione personale che il popolo trae la fiducia nel proprio futuro, specie in tutte quelle persone, politici o semplici cittadini, che si son date da fare prontamente oltre ogni logica individuale e istituzionale.
Chiuderei con un richiamo al dialogo, a quel dialogo che indica nelle persone fattive la controparte con cui poter prima dialogare e poi costruire senza preconcetti.
Non siamo un popolo confessionale; ma la politica spesso lo diventa in quell’asserragliarsi contrapposto su ideologici schieramenti: in quel demonizzare l’avversario che incute reverenza e timore per quanto sa fare e ideare.
Il samaritano si china su tutti, non guardando al colore dell’ideologia o dello schieramento politico.
E non lo fa perché è cattolico, ma solo perché quello è il suo dovere di cittadino.
Buona Pasqua a tutti quelli che mi seguono e, soprattutto: Buona Resurrezione!
Perché non vi può essere Pasqua senza Resurrezione.
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