lunedì 27 aprile 2009

L'ottimismo non è mai troppo, ma talvolta è dannoso

Sono un po’ in ritardo. Lo ammetto.

Ma l’amico Antonio sa che avevo altro da fare di assai più … importante.

Andrea fa una declamazione “confessionale”; e lo capisco per la sua … età.

L’entusiasmo è utile, l’esperienza carente, la duttilità sociale scarsa: sono i limiti della gioventù.

Serve sottolineare che il futuro è “loro” e il presente è comune con noi.

Pertanto sintetizzando, come disse Savino nel suo intervento: “Facciamo crescere i giovani e diamogli passo.”.

Antonio sta migliorando, come il vino … vecchio.

Il suo post è completo e equilibrato, anche se forse un po’ cerimonioso verso alcuni personaggi. Va sottolineato che lo ammette da sé.

È, pure, a mio parere un po’ enfatico, erratico e ottimista in alcuni passaggi. È nella sua indole.

Entrando nel merito sento parlare di “ghetto” confessionale e, nonostante l’integralismo religioso di Andrea, vorrei sottolineare che certi giudizi sono “poco” cristiani.

I cattolici, infatti, farebbero bene ad astenersi dal giudicare gli altri, specie se nel proprio circondario vi è di peggio di chi si intende “taggare”.

L’essere cattolico non è automatico con l’essere migliore, e non solo in religione.

La “Dottrina della Chiesa” è per i “fedeli” e non deve essere mai traslata nel sociale. Questo è bene non dimenticarlo mai.

Il perché è ovvio: il comportamento individuale non può mai essere sociale, anche se certi principi e valori possono essere condivisi in una società laica. E per laica non intendo, ovviamente, il laicismo degenerato alla Fini, bensì quello democratico.

Siamo in una società che di confessionale ha quasi proprio nulla, perciò certi intendimenti di esigua minoranza non possono essere generalizzati.

Sarebbe improduttivo ricostituire un partito confessionale, considerato che neppure la DC lo era.

Era ad impronta cattolica, quello sì; ma ciò non impedì che degenerasse proprio su quei valori cristiani che innalzava per bandiera.

Perciò Andrea stia … tranquillo: la santità non è quella di andare in … S. Pietro.

Se si vuole costruire un nuovo partito basta ottenere la condivisione degli aderenti. Dubito che in base alla fede comune la sx e la dx cattolica si riuniscano al centro in un’unica bandiera.

E ciò per un semplice motivo: la visione sociale ed etica delle forze schierate sui fronti opposti è dovuta a contrastanti modi di intendere la società e l’economia.

Come si vede è un problema insanabile.

Pertanto non ci si faccia illusione che chi è già accasato cambi prontamente casacca perché un “treno” locale è … partito.

Per dove non si sa e neppure per quanto procederà. Ci si augura che non deragli o che finisca su un binario morto.

Si vedrà!

Per ora vi sono solo confluenze interessate su idee generali: belle e facili da pronunciare, ma difficili poi da tradurre in pratica nel dettaglio della realtà quotidiana.

Si parla pure di Maastricht e della possibilità di sforare. In verità a farlo si dovrebbe stare molto attenti perché i debiti eccessivi hanno solo e sempre portato alla bancarotta.

Il nostro debito pubblico è oggi al 106% del PIL, e nel prossimo anno salirà al 121%. Una cifra che nessuno al mondo può vantare in tale percentuale.

Ciò significa unicamente una cosa: il Governo attuale ha raschiato il barile e non c’è più neppure il … fondo.

In un mio articolo[1] di mesi fa dicevo che nel ’29 la recessione borsistica durò 11 trimestri prima di invertire la sua tendenza. Gli 11 trimestri sono ormai superati e le Borse stanno riprendendo di slancio, anche se l’economia reale ci metterà molto di più.

In pratica il sistema ha salvato i grandi e boicottato i piccoli. Difatti questi ultimi stanno pagando, come sempre, lo scotto e le colpe altrui.

Se una casa automobilistica fallisce non è molto importante: il consumatore può comprare da un’altra; ma se fallisce una banca o una grande finanziaria è ovvio che si crei un effetto domino dirompente.

Ecco perché si è “dovuto” salvare le Banche. E con queste le Borse, per ridare capitalizzazione e plusvalenze agli istituti stessi.

In questi giorni vi sono diatribe internazionali riguardo al comportamento Fiat. Interrogativi importanti.

Difatti, se andiamo a vedere, il parziale risanamento Fiat di Marchionne è dovuto al colpo di fortuna (al nord si direbbe in modo diverso: colpo di culo) del ritiro con penale, tempo fa, della GM dal capitale del Lingotto. Diversamente oggi Fiat non sarebbe più italiana e forse neppure sul mercato.

Questa casa automobilistica non nuota tuttavia in buone acque economiche se in autunno ha chiesto alle banche un prestito imponente di alcuni miliardi di € per non fare default e se le aziende di rating l’hanno classata come titolo tossico.

Caso strano a dirsi, le banche che hanno concesso il finanziamento “interessato”, essendo pure azioniste, sono poi quelle che hanno sottoscritto i Tremonti bonds.

Come si vede una catena … malefica.

Sulla vicenda ho pure pubblicato due articoli[2], per cui non mi dilungo.

L’unica cosa che osservo è che tra poco il popolo non debba pagare una … terza volta: la prima per gli incentivi e per l’acquisto di auto “nazionali” (nel solo assemblaggio - e neppure di tutti i modelli), la seconda con i Tremonti bonds connessi al prestito concesso, e la terza per sanare i probabili deficit eccessivi futuri (come con Alitalia).

Perché ne parlo? Perché è sulle tematiche concrete che bisogna coagularsi ed operare, specie se economicamente importanti; e non sulle ideologiche declamazioni di principio che lasciano il tempo che trovano, specie se fatte da personaggi da anni sulla cresta dell’onda politica e intenti a fare surfing.

Perciò, con buona pace di Frattini intento a sostenere l’onore nazionale, sono dialetticamente allineato ai … tedeschi nei dubbi finanziari.

Si parla anche di tesseramenti e qua sorge già la prima diatriba operativa su chi è già partito e su chi è solo movimento.

Perché, diciamola francamente, una cosa è simpatizzare e un’altra è sottoscrivere.

Da analista indipendente la cosa non mi tange, se non come pura tematica.

I distinguo in atto, nei discorsi e nei commenti, sono assai emblematici.

Ciò significa che con tutta probabilità si creeranno correnti più o meno superficiali, sempre ammesso che l’adesione sia di tutti.

Siamo ad Esaù e a Giacobbe, per rimanere in un tema religioso caro ad Andrea.

Alcuni si sono staccati dell’UDC perché, affermano, non esistono più i partiti, perciò questo non è partito ma solo semplice aggregazione.

L’UDC stessa con la Rosa Bianca, e non sempre in sintonia di veduta, procedono verso le imminenti amministrative ed europee.

L’intento è di presentarsi da soli e uniti, ma vi sono già le eccezioni che confermano la regola: da soli e uniti, da soli … divisi, alleati alla dx al primo turno, eventualmente al ballottaggio in base ai programmi (escamotage dialettico - Sic!).

Diciamo che come treno … partito non c’è male! Se poi ce ne aggiungiamo altri il risultato si … vedrà.

Il processo costituente avanza e la crisi dell’economia reale … pure.

Migliaia di operai in cassa integrazione, entrate fiscali crollate del 6% nei primi due mesi dell’anno, Borsa degli speculatori in ripresa e … aggiungiamoci pure il terremoto.

Qua, in verità (ma pure su altre cose) si è ben operato e dopo soli 20 g si sta già programmando la ricostruzione.

I fondi dell’UE sono disponibili, ma alcuni dovranno essere pure nostri, perciò delle casse statali.

Ecco perché la situazione non è rosea.

Andrea solleva il problema delle “solite facce” e si sogna il ricambio generazionale; ma per questo ci vorrà tempo: molto tempo!

Sicché si procederà sul binario dell’Orient Express in gita di piacere, senza una meta non ancora perfettamente concepita.

Perché se, nonostante i sondaggi di Andrea, la coalizione posticcia alle prossime elezioni farà flop il deragliamento è assicurato.

Allora sì che sarà utile andare in S. Pietro; perché quanti, allora, faranno la quaglia e salteranno sul treno del Cavaliere.

Le alleanze in essere sono già assai sintomatiche.

Ecco perché, cari amici lettori (se mi è concesso chiamarvi così), il vostro ottimismo non è il mio.

Auguriamoci solo che nel prossimo trimestre la struttura industriale tenga e la CIG non si dilati oltre.

Perché allora, se così sarà (come sembra ad alcuni), forse il nuovo partito avrà perso smalto sociale, ma la situazione economica sarà migliore per la gioia di tutti.

E forse, nei discorsi sulla Costituente, vi saranno meno slogan e più raziocino, meno interesse corporativo e più voglia di operare.

La crisi non sarà risolta, ovviamente, ma staremo comunque a galla.

Ultimo pensiero è alla Resistenza vista come unità nazionale.

In questi giorni se ne sono sentite ad iosa, specie su in alto.

Non ho mai apprezzato molto tale “festa”, ritenendola più un’occasione di divisione che di unione.

Molti “noti” politici affermano che è la madre della nostra Repubblica e pure della Costituzione.

Sicché Costituzione e Costituente sembrano andare a braccetto.

La Resistenza in alcune zone italiane è stata utile, in altre sanguinaria e deleteria. E molti fatti, anche se quasi celati all’opinione pubblica per anni, sono emblematici.

Vale comunque ricordare che la vera “resistenza” è a Nettuno, in quel cimitero americano che raccoglie migliaia di morti.

Perché senza tale sacrificio oggi non si starebbe a disquisire di Resistenza, nata solo in seguito all’avanzata americana.

In città importanti, come Milano, entrò sfilando prima la Resistenza, ma solo perché le truppe alleate le lasciarono tale onore.

Sono passati moltissimi anni e gli attori di quel tempo sono quasi tutti scomparsi.

L’Italia, e lo dico democraticamente con il rispetto per l’idea diversa di importanti cariche istituzionali, ha bisogno di nuovo slancio e di nuovi obbiettivi ed ideali. Serve pacificazione sociale e non settarismo; serve guardare avanti e non … indietro nostalgicamente.

Per raggiungere i nuovi importanti obbiettivi bisogna accantonare (non dimenticare!) il passato e unire in uno sforzo comune tutti i cittadini di buona volontà, siano questi cattolici, agnostici o laici.

Le feste di un tempo sono utili a ricordare, ma per questo c’è la storia; diversamente si sconfina nel paternalismo storico ignorando il presente e il futuro.

Molte feste con lo scorrere dei secoli si sono quasi perse e tra queste tappe importanti della nostra storia, come quelle dell’Unità d’Italia o delle guerre d’indipendenza.

Forse è l’ora propizia per accantonare pure questa, perché ha perso la sua naturale connotazione politica.

Pure la Carta costituzionale è invecchiata ed ha bisogno d’essere ringiovanita e rapportata ai tempi in base alle necessità.

Molti affermano che è ancora valida e in parte è vero: va solo concepita in modo diverso socialmente e politicamente, perciò modificata dove il meccanismo strutturale già da tempo ha evidenziato non solo l’inefficienza, ma pure l’impiccio esecutivo che pone operativamente.

Sul tappeto vi sono grandi problemi irrisolti e pressanti e non si può pensare di uscire stabilmente dalla crisi solo con un patto di welfare, che può unicamente essere un palliativo economico provvisorio; né con la declamazione di principi cattolici (Dottrina della Chiesa) in una società dove “cattolico” è ormai un ghetto catacombale.

Servono nuove convergenze, nuove aggregazioni e una nuova forma di fare politica. E questa nuova forma non potrà mai essere il ricreare un partito confessionale o la vecchia idea di DC: la storia le ha già classificate fallimentari come il massimalismo, il fascismo, il nazismo o, attualmente, il fondamentalismo arabo.

Perciò bisogna rinegoziare tutto di nuovo, consci che il mettere sul tappeto i nostri principi e valori non significa abdicare, ma il valorizzarli nel confronto con altri.

Solo in questo modo si entrerà in comunione con gli altri partendo pariteticamente senza alcuna primogenitura alla Esaù o alla Giacobbe.

Ed allora si comprenderà che il problema “tessera” non avrà più ragione di esistere, perché le tessere servono solo ad un partito tradizionale e superato e non ad un’Istituzione sociale.

Oggi, cari lettori e amici, non serve un treno, anche se veloce, ma serve ben altro. Necessita una superba astronave in grado di portarci e proiettarci in un mondo globalizzato con estrema attenzione: l’UE e la società multirazziale.

Ma se per piloti si hanno solo dei modesti macchinisti con la paletta in mano (I Capi Treno hanno alzato la paletta verde ed hanno fischiato, la Freccia WHITE è partita!!!), allora è ovvio che ci si appoggerà dialetticamente ancora a quei personaggi datati, come Ciampi & C., che hanno creato la “cartolarizzazione” i cui effetti dirompenti ci hanno portato alla crisi finanziaria e poi alla grave recessione attuale.

Forse non tutti si ricordano chi, allora, manovrava il potere e chi, in quei tempi, legalizzò in Parlamento l’uso dei Derivati e tutti i loro connessi.

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