sabato 10 novembre 2012

La nuova Legge elettorale: dalla porcata alla maialata.


Negli USA si vota da ormai oltre 2 secoli con la sempre identica legge elettorale e nessuno si sogna di metterla in discussione.
È pur vero che là vi è un bilanciamento di Poteri diverso: un forte Presidente, un Senato e una Camera che si bilanciano e che bilanciano il potere del Presidente, una Corte Suprema che sta sopra di tutti.
Tuttavia pure in Italia vi sono poteri diversi che però, più che bilanciarsi, si ostacolano spesso con sommo piacere, cercando di soggiogare o destabilizzare gli altri come la patria storia, più o meno recente, da tempo ben sottolinea.
Volendo metterla in sociologia si potrebbe affermare che i poteri italiani amano essere quasi sempre l’un contro l’altro armati, in ossequio alla concezione che la democrazia non è un fattore popolare, ma solo una … lotta tra istituzioni.
Concezione assai distante da quella di circa 2.500 anni fa di Pericle.

Il Porcellum nelle ultime elezioni ha dato un’ampia maggioranza parlamentare alla coalizione bipolare vincente: quella di destra.
Che poi questa coalizione forte si sia sfaldata strada facendo è dovuto a ben altri fattori che non hanno nulla a che vedere con la democrazia, ma solo con il potere personale di alcuni esponenti; a cominciare da quello di Fini, attuale presidente della Camera, che da decenni se ne sta asserragliato nelle stanze del potere, ben imitato da altri suoi illustri colleghi che tanto a dx, quanto al centro o a sx, han fatto della politica una remunerativa professione “pro domo mea”.
A ben guardare una grande percentuale di parlamentari è assai longeva, secondo il detto: Dio mi fece, Dio mi mise, Dio mi toglierà.
Per cui, più che riformulare una legge elettorale, basterebbe limitare la rielezione di certi politici dopo un paio di mandati. Si eliminerebbe molto clientelismo che spesso porta favoritismi, e volentieri anche corruzione, si avrebbe un ricambio di idee e di generazioni, e si renderebbe la politica più democratica, riconducendola a quella rappresentatività effettiva che viene spesso impedita nel ricambio dalla permanenza dei soliti e inossidabili noti.

Più che non andare nella legge elettorale attuale, cos’è che non va nell’interesse di alcuni? Molte cose, ossia interessi personali o di gruppo, che possono contrastare con i progetti politici di coalizione e della nazione.

Cominciando dallo sparuto Centro, si nota che è presente in Parlamento con esponenti quasi tutti datati e di provenienza dalle macerie della Dc, eletti per il rotto della cuffia dello sbarramento per una manciata di voti. La sua esistenza parlamentare attuale è dovuta ad una fortuita sovrapposizione per l’alleanza elettorale propedeutica tra la Rosa Bianca (Baccini, Pezzotta, Tabacci; tra l’altro quasi subito divisisi dopo il voto) e l’Udc. Poi, per interessi politici contingenti, si sono aggiunti il Fli di Fini e l’Api di Rutelli, provenienti rispettivamente dalla dx (Pdl) e dalla sx (Pd).
Queste forze, comunque, stanno al centro solo per interesse momentaneo, perché tra loro hanno assai poco politicamente da spartirsi. La stessa Udc con le sue due anime (Casini e Pezzotta) stava insieme solo per fare opposizione; ma è ovvio che se la legge elettorale li costringesse a entrare in una coalizione si frantumerebbe facilmente. Pezzotta, infatti, preferirebbe morire piuttosto che entrare in una coalizione di centrodestra, anche se attualmente sta proprio nel Centro con Fini che viene dal fascismo puro. Casini, a sua volta, in una coalizione di sx sarebbe destabilizzante sia perché è sempre stato di dx (poi rifiutato), sia perché è sempre stato il Pierino della politica: mai cresciuto nonostante sia stato anche presidente della Camera.
Il Centro, per sopravvivere, ha bisogno del proporzionale con uno sbarramento basso, oppure di assemblare più forze disomogenee – come ora – per non diventare una forza extraparlamentare, che però sarebbe la sua fine. Non possiede una linea politica e programmatica propria, se non quella tattica di aspirare ad essere l’ago della bilancia tra 2 opposte forze bipolari con la politica dei 2 forni.

La Dx (Pdl) vive un momento drammatico. Berlusconi, infatti, più per l’età (acciacchi) che per impicci legali ha fatto il suo corso e con le sue dimissioni ha fatto un errore madornale appoggiando il governo di Monti. Sicuramente sarebbe stato vinto alle elezioni, ma la coalizione di sx sorta per batterlo sarebbe già naufragata nelle secche della crisi come l’Ulivo di “prodiana” memoria.
Monti ha fatto ciò che doveva; o meglio: ciò per cui era stato chiamato. Ha svolto il suo compito secondo i poteri forti extranazionali che lo hanno imposto e voluto, incurante dei destini del Popolo che blandisce con continue (false) ottimistiche previsioni da una parte, mentre dall’altra lo riduce con tasse e disoccupazione alla fame con il placet totale dei media asserviti.
Perciò è ovvio che i danni della crisi davanti all’elettorato li paghi soprattutto il Pdl, essendo il partito “sine quo” il governo di Monti non potrebbe assolutamente reggersi in piedi.
L’attuale legge elettorale darebbe con il premio di maggioranza una forte rappresentanza alla Camera alla coalizione di sx (prima bisognerà però fare i conti con Grillo) e forse una risicata anche al Senato.
L’interesse del Pdl, pertanto, è quello di cercare di limitare al minimo i vantaggi del probabile vincitore, cosa che l’attuale Porcellum non gli garantirebbe affatto.

La Sx (Pd) per vincere ha bisogno o di una grande coalizione – tipo Ulivo -, oppure d’avere un premio di maggioranza come partito vincente, onde poter ottenere una certa maggioranza parlamentare. Il Porcellum attuale la premierebbe alla Camera, ma la lascerebbe assai debole al Senato. Perciò si preme e si tratta per cambiarlo.
Che poi alle Primarie vinca Bersani o Renzi è un altro discorso, perché allora si innesterebbe un diverso progetto politico non essendo tuttora stato abbozzato alcun programma completo. E non si dimentichi, infine, la partecipazione di Vendola con il Sel e l’attuale estrema sx extraparlamentare.

Poi vi è la Lega, attendista su una nuova coalizione, e l’Idv di Di Pietro in cerca di una nuova identità, pronti ad essere la mina vagante sulla nuova legge elettorale per trarne i maggiori benefici.
Un discorso a parte merita l’M5S di Grillo, il cui eclatante successo di primo partito alle recenti elezioni regionali della Sicilia non dà sicura vincente neppure la Sx. Potrebbe essere il vincitore reale – assai temuto - e non solo morale delle prossime politiche, scombussolando giochi, alleanze e rimettendo tutto in discussione, specie l’operato politico di Monti/Napolitano.
Ecco perché una nuova legge elettorale diventa prioritaria non tanto per le forze politiche italiane, ma soprattutto per l’Ue e per quelle forze finanziarie che hanno imposto Monti, abbattendo la linea economica (indigesta specie alla Bce) di Tremonti.

Napolitano si sbraccia spesso su ciò - anche più del dovuto - e i partiti mugugnano, intenti a fare i propri interessi.
Perciò dal cappello a cilindro del prestigiatore ecco venirne un primo verdetto provvisorio:
premio di maggioranza del 12,5% solo alla forza o coalizione che raggiunga il 42,5% dei voti.
Diversamente l’assegnazione avverrebbe col proporzionale.

Chi appoggia ciò? Ovviamente tutte le forze politiche che si sentono già battute in partenza e che cercano di limitare i danni.
Chi mugugna? La Sx che si sente probabile vincitrice e Grillo che comunque sulla legge elettorale non ha alcun potere non essendo ancora in Parlamento.
Quindi: i probabili sconfitti contro i possibili vincitori.

Si cercherà di mediare, anche perché il Porcellum ora favorirebbe quel vincitore capace di ottenere la maggioranza relativa.
Ed allora ecco gli stratagemmi:
a)       Il Pd propone d’abbassare il quorum al 40% e di innalzare il premio al 15%, fiducioso di poter raggiungere tale tetto con un’ampia coalizione.
b)       Gli altri un solo premio del 10% al partito che raggiunga la maggioranza relativa senza superare il tetto del 42,5%.

Perciò tra contentini e baratti si procederà a fare una nuova legge elettorale – pessima e peggiore dell’attuale – capace di salvare le capre e i cavoli di tutti. Salvo poi doverla rimettere in discussione subito alla prossima legislatura.

Un piccolo accenno storico è dovuto a 2 tra le varie leggi elettorali fatte in Italia, compresa la nota Legge Truffa voluta da De Gasperi col premio di maggioranza a chi avesse raggiunto il 50%+1 dei voti. Legge che, rispetto all’attuale e a quella proposta, legge “truffa” proprio non era.
Pure la Dc, travolta dallo scandalo di Tangentopoli, provvide a cambiarla all’ultimo momento in suo favore, salvo poi essere quasi cancellata dal voto popolare.
Nessuna legge elettorale è perfetta e neppure democratica. Diventa democratica solo se la si stabilisce e la si mantiene al di là degli interessi di bottega, come gli States insegnano.
La stabilità non si ottiene con una legge, ma solo con la vita democratica dei partiti intenti a espletare quel Bene Comune che tutti declamano, ma che poi tutti rinnegano a cominciare dal mondo cattolico.
Come a dire: se vi erano difficoltà v’era proprio bisogno del governo Monti per cambiare le cose a continui voti di fiducia? Oppure non si poteva fare una coalizione tra forze contrapposte come avvenuto in Germania per fare ciò ch’era necessario?

Chiudo con 2 miei[1] twitters, postati 2 giorni fa dopo la vittoria di Obama, assai indicativi pur nella loro concisa brevità:

1)       Differenza indice democrazia tra Usa e Italia è la legge elettorale. Se da noi vi fosse quella, sarebbe già stata cambiata 1.000 volte e più.
2)       In Italia la Legge elettorale è come il pane sulla tavola. Diventa rafferma e da cambiare -contro qualcuno- ad ogni occasione utile e inutile.

Perché è ovvio che probabilmente la nuova legge non sarà altro che il passaggio dalla porcata alla maialata.
Si otterrà un semplice cambio di aggettivi, restando inalterato la sostanza stessa della legge: il proteggere gli interessi di qualcuno contro quelli d'altri.
Perché il dubbio che più che agli italiani la nuova legge possa essere utile alle forze esterne che hanno imposto Monti è sempre più forte e preoccupante.
Il Bene comune, infatti, per il  Popolo non è l’essere ridotto alla fame per tasse, né di vedersi tagliare i diritti, né di trovarsi con disoccupazione e recessione, né, infine, d’avere un Governo non votato né voluto da alcuno, se non dalla sola casta.
Sicché, ora, lo stesso popolo rischia d’essere privato anche del diritto di voto con una legge assai … annacquata.
Salvo probabili sorprese, come negli anni ’90, per i partiti e per le forze esterne che premono in tal senso.



Nessun commento: