Che lo spread relativo a Italia e Spagna sia da tempo arrivato a livelli di guardia ormai insostenibili è sotto gli occhi di tutti.
Che le affermazioni dei politici e dei governanti siano da oltre 4 anni improntate all’ottimismo e immediatamente smentite dai fatti è un fatto ormai ovvio.
Che i Governi tecnici imposti dall’alto - e senza il voto dei cittadini - abbiano fallito il loro compito è storia di quest’Ue ideata con il cuore, ma costruita con i piedi e senza alcun acume intellettivo, specie nella moneta: l’€.
Un Governo tecnico di solito persegue degli interessi specifici. Il governo Monti gli interessi di chi lo ha voluto, dell’alta finanza che l’ha promosso (imposto) e dei partiti che lo sostengono, incapaci, per manifesta deficienza politica, di attuare correttivi atti a risanare la situazione.
Sostengo da tempo che chi ha voluto la fine del governo Berlusconi in pratica ha voluto abbattere non tanto un presidente cabarettista, e eventualmente effeminato e vizioso, bensì la linea economica di Tremonti a livello Ue, sgradita alla finanza globalizzata ed agli interessi economici specie della Merkel (Germania).
Purtroppo il cliché già attuato con la Grecia – rovina totale dell’economia reale ellenica – si sta ripetendo in fotocopia ora anche in Spagna e Italia, con un circolo vizioso che porterà al disfacimento dell’€ e dell’Ue stessa.
Basti ricordare che il mancato ingresso della Turchia nell’€ - per veti politici, religiosi e culturali - è stato la salvezza della stessa Turchia: ha potuto difendere la propria moneta, non ha dovuto imporre manovre d’austerità capestro e ha condotto una politica economica e finanziaria senza alcuna imposizione e pressione esterna. Ciò le ha permesso di coltivare i propri interessi nazionali senza condizionamenti esterni, potenziando pure la propria economia e il benessere dei suoi cittadini.
Ora, che i danni di una struttura Ue approssimativa appaiono chiari a tutti, non si vedono più le richieste di altri stati di farvi parte. Anzi, cominciano a manifestarsi chiaramente spinte nazionali per poterne uscire.
Dire che la politica dei maggiori stati Ue sia stata orientata proprio a questa disgregazione forse è un po’ forzato, anche se un’attenta analisi degli avvenimenti di questi ultimi anni sembrerebbe proprio confermare ciò.
La Grecia, infatti, è stata portata volontariamente ad un default continuo e progressivo, lasciando che la speculazione si accanisse sullo spread con altissime dosi di strozzinaggio finanziario: 28.500 ptb. Nessuna azienda sana – o stato – può pagare interessi del 30% a breve/medio termine senza crollare.
Si è stati attenti più a produrre speculazione sul Debito greco che a salvaguardare l’esistenza economica della Grecia.
L’emissioni di un Titolo sovrano è soggetta ad una domanda e ad un’offerta.
Lo stato raccoglie sul mercato i soldi necessari emettendo titoli in garanzia. L’investitore guarda alla convenienza dell’offerta e decide di investire sul debitore. Tra le 2 parti vi è il vincolo della durata, per cui fino alla scadenza del relativo contratto l’interesse e il capitale pattuito tra le parti permane fisso. Perciò non vi dovrebbe essere alcuna oscillazione reale nei costi dello stato.
Questa però avviene sul mercato secondario, dove questi titoli sono quotati. Perciò nelle Borse.
Il monte titoli trattato è infinitesimale rispetto al complessivo del titolo stesso; dunque l’oscillazione tra acquirente e venditore in borsa non dovrebbe incidere affatto sul titolo stesso, anche perché nell’economia nazionale non varia di una virgola la spesa interessi, anche se può condizionare in modo orientativo l’emissione futura.
Il problema strutturale serio è però quello relativo ai meccanismi che regolano il mercato e che permettono certe aberrazioni. Le stesse aberrazioni che hanno condotto alla crisi finanziaria esplosa negli U.S.A. a metà 2007, portando al fallimento un’importante banca: la Lehman Brothers.
Se esistesse solo il Titolo materiale (possesso) la speculazione sarebbe relativa e non potrebbe incidere tanto violentemente sullo spread. Chi venderebbe per necessità (monetizzare per motivi vari), infatti, lo farebbe con l’esiguità del monte titoli, sia che fosse un privato (retail) o un investitore professionale.
Ciò che cambia lo stato delle cose, invece, sono le degenerazioni sistematiche concesse dal mercato: leva eccessiva, vendita allo scoperto, prodotti correlati teorici al titolo stesso (Derivati, con in primis i CDS).
Infatti, avviene che molto spesso il 90% del monte titoli trattato sia dovuto alla vendita allo scoperto (short selling).
E è ciò cha cambia l’assetto delle cose e che poi si usa per stabilire lo spread nell’oscillazione tra domanda e offerta. Dunque: oscillazione su una trattazione speculativa teorica più che reale.
Se la Germania avesse uno spread di 500 ptb in più sarebbe costretta a imponenti manovre di austerità, castrando, di fatto, l’efficienza della propria economia reale: 500 ptb in più sono quantificabili in ben 105 mld di € in oneri d’interessi aggiuntivi all’anno, insostenibili con lo Stability compact.
Tuttavia al di là di questo importantissimo fattore finanziario – stimabile a breve tempo – le manovre capestro, volute dalla Merkel negli altri stati con spread alto, agiscono nel medio lungo termine allo stesso modo, assommando danno su danno anche all’economia tedesca, specie nell’esportazione.
Esportare è l’oro di Creso delle economie capitaliste, perché dà vero valore aggiunto all’economia nazionale, non basabile solo sul consumo interno.
Per esportare bisogna trovare l’acquirente. Se l’acquirente lo si costringe alla fame con l’austerità è ovvio che riduca all’essenziale i propri acquisti, specie nell’import; se invece compra, allora bisogna finanziarlo nel tempo, dandogli la necessità di recuperare il capitale per pagare il venditore. Perciò diventa un acquirente a rischio che può creare danno, non potendo magari rendere il capitale.
Ne consegue che pure la florida e trainante economia tedesca sia oggi ferma al palo con il Pil bloccato sullo zero; eventualmente in recessione nel prossimo anno se i crediti dovuti all’export non saranno esigibili.
La Germania, perciò, alla fine pagherà le stesse manovre capestro che ha imposto agli stati confederati!
I politici e i governanti – seguendo l’orientamento neoliberista – oggi sono tutti indirizzati sulla via dell’ignavo tracollo, di cui la crisi del ’29 sarà solo uno sbiadito ricordo di paragone.
La globalizzazione dei mercati, l’ingente monte dei prodotti finanziari teorici – i Derivati con oltre 200 trilioni di mld (prudenziali) – sono minacce serie per tutti gli stati, anche per quelli emergenti oggi ancora in espansione Pil, pur se in contrazione.
Se l’Occidente non consuma (acquista) e salta è ovvio che tutti ne subiscano i contraccolpi: i paesi emergenti esportano dove si consuma, e là si investe anche. Dunque: si esporterebbe molto meno, si avrebbe seria difficoltà a recuperare i crediti, si rischierebbe di vedersi vanificati in fumo gli investimenti fatti.
Un circolo vizioso e pernicioso partito dalla speculazione finanziaria selvaggia, che nessun governante ho voluto drasticamente regolamentare e ridurre per impedire che continuasse a produrre danni.
In Italia l’ammucchiata di partiti che sostengono il governo Monti capisce – con molto ritardo – che sulla via dell’austerità si sta rovinando tutto: non è pensabile seguire la speculazione per arginare il crollo del mercato e l’innalzamento dello spread. La stessa cosa la comprende ora pure Monti, anche se da un professore ci si dovrebbe aspettare che ciò l’avesse dovuto aver chiaro in mente già quando accettò di fare il Premier; ma ciò non solo è il suo difetto culturale, bensì anche il suo invalicabile limite.
Infatti, le manovre capestro imposte da Ue, Bce, Fmi e Merkel non hanno sortito ad alcun risultato pratico, se non con sporadici rimbalzi di giornata.
L’economia reale, infatti, è stata soppiantata nelle valutazioni dalla finanza.
Nessuno si illuda che la situazione possa migliorare a breve e che i mercati possano essere instradati in una ferrea regolamentazione seria che impedisca loro di creare danni speculativi, diventando un punto focale dell’investimento produttivo.
L’Occidente ha lasciato correre volontariamente (interessatamente) la speculazione, specie le nazioni forti intente a monetizzare la debolezza altrui.
Sempre più spesso si sente parlare – pure in Italia – di fuoruscita dall’€; ma questo è un campo minato che non lascerà scampo a nessuno, neppure alla Germania: tutto crollerà in breve come un castello di sabbia.
Serve un colpo d’ala importante, capace di bloccare la speculazione, rovina dell’economia reale.
Nell’Ue si è troppo tergiversato per interessi (egoismi) specifici nazionali; ciò non ha generato unione, ma disgregazione.
Ne consegue che la strategia politica debba essere totalmente cambiata soprattutto a livello comunitario. Diversamente sarà la fine per tutti. Separarsi sarà solo un palliativo che durerà lo spazio di un mattino: o insieme si vive o insieme si muore.
L’Ue ha troppo tergiversato e dilapidato il tempo. Anche il rinvio attuale al 12 Settembre è il segno dell’idiozia manifesta della politica: non si sa decidere e perciò si rinvia, facendo incancrenire il problema fino alla … morte.
I mercati diventano turbolenti e nell’innalzare lo spread affossano le quotazioni, aggiungendo altri problemi a quelli esistenti.
Le banche iberiche sono già sull’orlo del default, la JP Morgan ha perso oltre 9 mld con i derivati, le banche nostrane devono correre ai ripari per il crollo delle quotazioni. In pratica la speculazione sta annientando sé stessa, proprio perché chi la conduce sono soprattutto le grandi finanziarie, perciò le banche stesse.
Agosto ci indicherà a che punto siamo: sarà un mese estremamente caldo e turbolento se non si interverrà subito.
Mi viene perciò spontaneo chiudere con il monito di Paul Krugman, lanciato dalle colonne del New York Times: Convertitevi, peccatori!
Chi sono costoro? Politici, governanti, finanzieri d’assalto e economisti neoliberisti incapaci di vedere oltre il proprio naso.
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