giovedì 26 febbraio 2009

Una situazione ingarbugliata dove latitano le idee.

Obama, nel suo primo discorso all’Unione, “arringa” l’America da bravo oratore quale è, cercando di infondere fiducia e sicurezza ai suoi concittadini.

Non avendo molte cartucce in canna non trova di meglio che rievocare il “bad Bush”, reo di tutti i danni economici e sociali degli States e del … pianeta.

Ovviamente i commentatori smaliziati fanno rilevare che ha elencato i problemi sul tappeto, ma se n’è guardato bene di proporre dettagliate soluzioni, cosa che un presidente dovrebbe fare nell’impugnare una situazione difficile.

Ma, tra una dissociazione e una fuga dei vari addetti, o papabili, dell’Amministrazione, la sua governance pone un quesito inquietante: sarà l’uomo giusto a risollevare la nazione, oppure un presidente a cui abbisogneranno molti mesi per comprendere il problema, considerato pure che può usufruire dell’aiuto dei migliori cervelli del paese?

Nel frattempo Israele affronta una situazione politica fluttuante con o senza l’appoggio americano.

Ponendo il problema da altra angolazione si potrebbe affermare che farà la sua politica indipendente, giacché la lobby ebraica americana è in grado di mettere in seria difficoltà la politica economica e internazionale del presidente U.S.A., perciò di influenzarla.

Ben Bernanke, dal canto suo, non condivide la fiducia verbale del “suo” presidente e in pratica opta per una politica monetaria della Fed un po’ diversa, quasi in contrasto con le parole e gli intenti di Obama.

La crisi, afferma, sarà ancora lunga e ci vorranno3/4 anni per uscirne se il 2010 non indicherà chiari cenni di ripresa.

Considerato che ad oggi non si sono ancora intesi appieno i guasti complessivi del sistema, è ovvio dedurne che la situazione non è affatto rosea e che, prima di affrontarla positivamente, bisognerà comprenderla nei particolari.

Le Borse, nel frattempo, sono nelle mani di grandi operatori istituzionali, che le fanno salire e scendere a loro piacere, svincolando il loro corso sia dai fondamentali che dai macroeconomici.

Diversamente non si spiegherebbe perché un giorno un titolo sale del 10% (o giù di lì) e il giorno dopo debba scendere per circa la stessa percentuale.

Sembra, ma è una mia personale impressione, che i grandi gruppi finanziari stiano procedendo ad una guerra sorda tra loro, cercando con il continuo depauperamento dei titoli di affossare la consistenza del patrimonio, e di conseguenza della possibilità operativa del “concorrente”.

La globalizzazione delle fusioni e delle acquisizioni sembra passata in secondo piano e si combatte una vera guerra economica distruggendo il capitale avversario.

Tutto ciò indica solo una preoccupante ipotesi, che, se si riuscisse a dimostrarla, porterebbe ad un’unica deleteria realtà: l’oligarchia plutocratica intende restringere il campo concorrenziale e impadronirsi del sistema economico globale, svincolandolo sia dagli stati che dalle banche centrali.

Abbiamo:

a) che l’importo complessivo dei Derivati è circa il 1300% del Pil mondiale;

b) che la trattazione dei Future sul petrolio raggiunge, talora, l’importo di 1,5 miliardi di barili al giorno, contro una produzione attuale di circa 80 milioni di barili;

c) che i titoli tossici sono per lo più dovuti all’uso indiscriminato dei Derivati;

d) che le aziende finanziarie hanno cercato di produrre valore aggiunto con beni fittizi (derivati) e non materiali;

e) che tutti gli Stati hanno imponenti debiti pubblici e che ne dovranno fare molti altri per cercare di contrastare la recessione attuale.

Traendone le conclusioni si può tranquillamente affermare che la ricchezza creata artificiosamente sulla (degenerazione) delle teorie keynesiane ha accumulato debiti imponenti che nessuno è in grado di quantificare e perciò di contrastare. Non era, perciò, ricchezza, ma una povertà ammantata da opulenza.

Siamo all’eccesso economico per antonomasia: il prodromo inevitabile del crollo di un sistema finanziario rettosi sull’effimero e sullo spreco di risorse, destinato inevitabilmente a sbriciolarsi ed ad essere sostituito da uno diverso, con regole chiare che rendano il capitale al servizio della persona e non teso a schiavizzarla.

Diversamente sarà la fine e il potere economico, quindi pure politico, si rannicchierà nelle mani di pochissimi.

Da noi sono passati i Tremonti bond e alcune banche, che prima dichiaravano che stavano benissimo così, si sono affrettate a prenotarne già 9 mld di € nonostante il tasso non sia dei migliori tra il 7,5% e l’8,5%.

Guarda caso sono proprio quelle[1] che hanno crediti in sofferenza con l’Est europeo o che hanno cercato di ricapitalizzare[2] in questo periodo, riuscendoci solo in parte.

Questi bond, che verranno sottoscritti dal Tesoro, dovrebbero essere indirizzati a potenziare la “patrimonializzazione” degli istituti di credito, onde poter immettere liquidità nel sistema sostenendo le PMI, perciò l’ossatura portante e flessibile dell’impianto economico italiano: il nocciolo dell’economia reale.

E questo sarebbe un bene!

Tuttavia, considerato che le banche non fanno beneficienza[3], è ovvio rilevare che, se applicheranno una maggiorazione aggiuntiva, la liquidità necessaria sarà sì sul mercato, ma a tassi decisamente alti e penalizzanti per le imprese.

A sua volta il Tesoro emetterà sul mercato titoli di Stato per pari importo, onde avere la copertura necessaria, ovviamente a tassi inferiori e pensando di lucrare sulla differenza tra i due tassi obbligazionari.

Perciò per tentare di smuovere l’economia si creeranno due bond distinti concatenati che, inevitabilmente, aggraveranno il debito pubblico con la formula della finanza creativa tra attività e passività che si equivalgono: un marchingegno contabile (cartolarizzazione) teso ad azzerare il debito contabile, ma non nella realtà. In pratica vi saranno altri tre debiti: banche, stato e imprese.

La situazione è comunque grave e molte imprese sopravvivono alla chiusura solo grazie alla CIG.

Il problema conseguente è per quanto questa situazione si possa protrarre nel tempo, perché, se fosse per altri 2/3 anni, pare impensabile che con la drastica riduzione della produzione, e il conseguente crollo delle entrate, il sistema sociale possa reggere simultaneamente su più fronti: welfare sociale di massa con CIG, stipendi e pensioni, sostegno alle imprese e alle famiglie, e lancio di imponenti opere pubbliche costose tendenti a smuovere l’economia.

Si giungerebbe facilmente ad una situazione di inflazione galoppante di tipo sudamericano e verso il default.

Nel frattempo alcune imprese vengono declassate nel rating internazionale, tanto che il titolo Fiat è classato, nella pratica, come un titolo tossico.

E ovunque, in Europa, la situazione è analoga.

Serve, perciò, un nuovo modello economico; ma per farlo oltre alle idee ci vuole coraggio politico, specie se questo striderà con l’interesse di potenti lobby finanziarie.

Innanzitutto le Borse dovrebbero avere delle commissioni[4] sulle operazioni acquisto/vendita di molto superiori alle attuali (diciamo a due cifre), onde azzerare la speculazione giornaliera e sistematica.

In secondo luogo l’uso dei Derivati dovrebbe essere drasticamente ridotto e proibito, incanalando l’economia nel binario del sistema finanziario reale.

Infine restringere la possibilità di utilizzare i Future sulle materie prime ai soli operatori del settore e stabilizzare i cambi con il solo rapporto tra Banche centrali.

Solo in questo modo la finanza riacquisterà il suo compito di sostegno al sistema produttivo, e questo si riapproprierà del suo ruolo fondamentale di produrre valore aggiunto.

E lo Stato potrà sviluppare, allora, quella funzione politica di guida all’economia che gli è sfuggita da tempo di mano, ponendola di fatto alla mercé della speculazione.

Oggi la nostra politica sembra frastornata da alcune problematiche sociali, non avvedendoci che, se il sistema crolla, tutto andrà nel caos.

Ben vengano pure leggi ad hoc per regolamentare il fine vita o altre simili questioni; però si tenga presente che il credente la vede in un modo e l’agnostico in un altro. E nessuno può imporre alla controparte i propri principi e valori esistenziali.

Solo la maggioranza democratica può stabilire le sue regole; e queste valgono finché poi non vi siano altre maggioranze che decidano di cambiarle nuovamente.

Perciò sono problemi importanti sì, ma di lana caprina e unicamente contingenti.

Perché di questo passo si andrà a finire che si regolamenterà pure il suicidio, cioè quando uno può decidere di porre fine alla sua vita.

E, considerando la nuova tecnologia biologica sempre più raffinata con l’uso di staminali in grado di riprodurre organi di ricambio, va da sé che in teoria la vita possa diventare “eterna” e che uno possa decidere di viverla solo per un determinato lasso di tempo.

Quello che serve, oltre all’attenzione all’economia, essendo basilare per la vita individuale, è il far crescere la coscienza individuale del cittadino con sani valori imperniati sul rispetto reciproco e sulla solidarietà sociale vicendevole.

Diversamente l’economia sarà intesa solo come una semplice prerogativa di pochi che la istituzionalizzeranno come essente a sé stante. E in questo caso sarà funzionale a sé stessa, inglobando come oggetti pure gli oligarchi che la manovrano.

È un po’ ciò che è già avvenuto con il Debito pubblico e con i Derivati, che sono sfuggiti ai loro creatori, trascinando nel baratro tutti.

Ora il Bilancio statale è prioritario alla persona, come i titoli tossici lo sono per la società.

Il liberarsi da questi laccioli che imprigionano aziende e persone non è facile, perché troppi interessi sono in ballo; ma se non si avrà il coraggio di tornare all’essenza di Persona e di ribadirne la supremazia sull’economia, correlandola direttamente ai principi e doveri sociali, allora forse si uscirà provvisoriamente dalla crisi, ma si otterrà il pratico risultato che tra non molto se ne avrà una peggiore.

Non vi è nulla di facile a questo mondo, neppure nell’espletare le semplici mansioni quotidiane. Serve impegno, dedizione, capacità e fatica.

Non vi è ricchezza a scapito dell’altro, perché è eticamente classabile come furto: e i Derivati e la speculazione sono rapine legalizzate.

Tutti si stanno muovendo per delle Costituenti e pure Obama propone la sua personale e nazionale. Ma le Costituenti le fanno le persone; e se queste sono Oggetti di un ingranaggio, anziché Soggetti tesi a realizzarle, la battaglia è persa in partenza.

È ciò che è successo a Veltroni che ha sfruttato la demagogia per ottenere consenso. Il suo tentativo è degno d’ammirazione, ma, forse, avrebbe ottenuto risultati diversi se si fosse liberato di quei personaggi che da anni “infestano” da politici di professione la scena nazionale.

Tuttavia era un figlio di un sistema culturale determinato, perciò era ovvio che così sarebbe finito. Diversamente non si sarebbe accasato all’IDV.

Il cittadino, oggi, è oberato da molte necessità e vaga ondivago fluttuando tra tendenze opposte, nella ricerca disperata di una sua dignità esistenziale. Guarda ormai alla sostanza individuale, più che a quella sociale.

E il perdere il proprio faro di riferimento (l’ideologia, compresi principi e valori) lo pone alla ricerca di via alternative che possono sembrare scorciatoie; perciò assistiamo a cambi di schieramento repentini che sono più sbandamenti di gruppo che vere alternative sociali.

Dai dati ufficiali risulta che la lotteria di capodanno ha venduto ben 18 milioni di tagliandi, mentre i vari gratta e vinci ne hanno piazzati ben, udite, udite, 2,5 miliardi di pezzi in un anno.

Ciò che significa? Che la maggioranza dei cittadini cerca la fortuna quale risoluzione alle proprie problematiche, magari affidando il magro reddito alla sorte più che a una decorosa esistenza.

Vige l’apparenza sulla realtà e la cieca aspettativa della fortuna; ma quando ciò avviene la speranza nel diritto e il dovere del rispetto sono svaniti da tempo nella mente dell’individuo.

Ed allora pure le elezioni diventano una lotteria: il tentare col voto la fortuna!

E se lo Stato continuerà ad alimentare, lucrandoci, questi falsi e deleteri concetti di valori esistenziali, è ovvio che le virtù vere saranno cancellate e che nessuna Costituzione, o Costituente, né alcun vertice istituzionale, sarà in grado di modificarne l’assetto.

I Derivati, infatti, non sono lo stesso escamotage esistenziale in campo economico?

Se ne deduce che uno Stato deve avere il rigore morale alla base del suo operare, onde essere guida al cittadino.

Se ciò non avviene e lo Stato è il primo a “truffare” il debole ed ad essere generoso col furbo, allora ci si può domandare quali alternative rimangano al “suddito” cittadino se non lo sperare nella dea bendata e nel cercare di “arrangiarsi”.

L’immagine dei Miserabili di Hugo, che stavano in piedi sostenendosi l’un l’altro, pone l’antitesi reale di un mondo eticamente truffaldino, dove i soggetti interessati si sostengono cercando di fregarsi l’un l’altro e dove il più furbo, il più scaltro e il più forte ha la prevalenza su tutti.

Questa è però la legge della giungla, quella tuttora esistente nel sistema finanziario globalizzato e in parte attiva anche nel rapporto tra stato e cittadino, perciò pure in politica.




[1] - Unicredit, Intesa S. Paolo, MPS e Banco Popolare per ora.

[2] - In proposito si fa rilevare che l’aumento di Unicredit è stato sottoscritto nei tempi canonici solo per lo 0,48% e che la Cariverona si è rifiutata, all’ultimo momento, di sottoscrivere la propria quota obbligazionaria pari a ben 500 milioni di €.

[3] - Si usa il condizionale non essendo ancora completamente chiaro il meccanismo che regolamenterà questi flussi.

[4] - Tali commissioni dovrebbero essere classificate in due modi diversi: a) come ora nel caso l’investitore tenda ad investire, perciò a mantenere l’acquisto per almeno 24 mesi; b) del 15% (ipoteticamente) per chi intende acquistare e vendere in breve tempo senza alcun vincolo temporale.

In tale modo si contrasterebbe la speculazione e si potenzierebbe l’investimento stabilizzando i titoli ai fondamentali economici.

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