domenica 2 febbraio 2014

Viaggiando tra parole, concetti, zuffe e baruffe.


Gli scontri alla Camera sono il termometro di una degradata situazione generale della società italiana. Nulla di strano, dunque, se pure i suoi rappresentanti ogni tanto si azzuffino davanti a telecamere pronte a riprendere parole e gesti per fare scoop e audience, più che informazione corretta e ponderata oltre che meditata.
Il Parlamento dovrebbe essere il luogo del parlamentare, perciò del termine latino parabolare, che sostituì nell’uso comune - con la contaminazione ellenistica, ma non solo quella - il verbo loqui: parlare. L’accostamento parabolare, parabola e parlamentare è noto e comprensibile a tutti. Non per nulla i Vangeli sono lo scrigno della parabola.
Nell’antichità il parlamentare era l’inviare propri addetti alla controparte per esporre le proprie ragioni, sentire quelle altrui e vedere se si poteva trovare un accordo transazionale che salvasse capra e cavoli, oppure per costruire alleanze o progetti comuni.
Spesso prima di iniziare una battaglia era quasi abituale che le due parti tentassero un conciliabolo per vedere se si poteva evitare lo spargimento di sangue, oppure per stabilire delle regole minime sull’aiuto a feriti e sul trattamento futuro riservato ai prigionieri della parte sconfitta.

Il Parlamento dovrebbe essere il luogo della “parola”, quindi il luogo di incontro delle idee: la fucina di come modificare e migliorare la società. Perciò il “parlamentare” (dialogare, comunicare) per trovare un modo migliore di procedere, offrendo ognuno le proprie idee all’altro, confrontandole e cercando dal tutto la sintesi della miglior soluzione.
Invece talora diventa un luogo di scontro, di invettive, di violenza verbale e fisica, dove l’insulto e la violenza sostituiscono il dialogo. Violenza e scontro tra “parlamentari” (deputati) che vengono alle mai – più o meno realmente – invece di parlamentare.
Ed è interessante vedere come persone in giacca, camicia e cravatta si azzuffino in tal modo. Proprio perché il fatto d’essere vestiti con giacca, camicia e cravatta è indice di predisposizione ad un livello superiore del vivere civile: quello della festa e della gioia di vivere nella condivisione.
Un livello che, ovviamente, non è di tutti i giorni, perché poi vi sono le mansioni del vivere quotidiano, quindi del lavoro, che impongono ben altro abbigliamento. Gli eserciti non vanno in giacca, camicia e cravatta.

Davanti a tali fatti alcuni si scandalizzano, altri si arrabbiano, altri ancora sorridono divertiti, altri, infine, usano il “fatto” stesso come arma per far valere la propria “ragione”, addossando il torto all’altro.
Criminalizzare un comportamento è facile. Capirne gli antefatti e le cause un po’ più difficile. Proprio perché se uno decade nella violenza fisica e verbale ciò succede perché qualcosa o qualcuno lo ha indotto a ciò, perciò all’esasperazione. In pratica relegandolo o alla soggezione nichilista, oppure alla rivolta plateale.
Ne consegue che, come diceva il Manzoni, la ragione e il torto non stanno mai da una parte sola. Anche se oggi è uso comune cercare di mettersi dalla parte della ragione per addossare all’altro il torto, come se le due cose fossero sempre distinte in modo netto.
Ovviamente per litigare bisogna almeno essere in 2 disposti a farlo.
Pure la religione con le sue regole prospetta una parte di ragione (santità, perfezione) e di torto (peccato, dannazione), come se il passaggio tra le 2 parti fosse una cosa semplice e non complessa.
Emblematica, in proposito, la frase di Papa Francesco in una delle sue quotidiane omelie mattutine a Santa Marta: Siamo tutti peccatori! Se uno dice che non ha tentazioni o è un cretino o è tutto scemo.[1]
Ne consegue che non ritenendomi uno in tentazione, debba essere un cretino o tutto scemo. Viva la Carità cristiana della sublimità della parabola!  

Lo scontro in Parlamento ha degli antefatti, anche se il “quid” scatenante è il Decreto d’urgenza sulla privatizzazione della nostra banca centrale: Bankitalia. Vi era proprio assoluta urgenza o serviva maggiore ponderazione, quindi un parlamentare maggiore. Quali interessi lobbistici nasconde questo decreto?
E una maggioranza tanto solida – come sostiene Letta – con l’uso della tagliola/ghigliottina  - peraltro usata ora per la prima volta nella storia parlamentare italiana – non nasconde forse dei ritardi nella votazione finale per sicuri contrasti in materia all’interno della stessa maggioranza? Perché non è stata calendarizzata prima in modo che il pericolo di decadenza non sussistesse?
Perché - me lo si lasci dire - i deputati di M5S, iscrivendosi in massa a parlare anche solo per i 10 minuti ciascuno stabiliti dalle regole, non rispettavano forse i dettami costituzionali e parlamentari che concedono all’opposizione la possibilità tecnica e legale (ostruzionismo) di far decadere un provvedimento (decreto)? Perciò, l’uso della tagliola/ghigliottina, non può essere considerata già di per sé stessa una violenza coercitiva?
In realtà la decisione del Governo, perciò della Boldrini, è già un abuso di potere: una violenza istituzionale atta a nascondere le magagne all’interno della maggioranza. È la negazione del concetto di parlamentare (verbo e non persona).

Si è detto che la decadenza di tale decreto avrebbe portato milioni di italiani a pagare la seconda rata dell’Imu. Perciò – è il ragionamento della maggioranza – la colpa sarebbe stata di chi si serviva “costituzionalmente” del proprio “diritto” di fare ostruzionismo.
Ovviamente dopo le tante tasse, imposte e programmate, da parte di Letta, questo ragionamento (Speranza) mi pare la foglia di fico – neppure valido secondo la logica sofista - per coprire la vergogna del proprio operato governativo, istituzionale, parlamentare e programmatico.

Lo scontro in verità non è da oggi. È quello tra un vecchio modo di vedere la società (vecchi partiti) e quello tra una “rivoluzione” (M5S) non violenta basata sul consenso elettorale. Rivoluzione (assetto istituzionale e modo di fare politica) che, volenti o nolenti, nasce dal profondo delle istanze di una parte della società. Quella del Popolo che è poi maggioranza nella nazione.
Perché proprio in ciò sta non solo il nocciolo della questione, ma pure il nuovo Italicum, figlio legittimo del Porcellum con lievi differenze somatiche per aggirare la sentenza della Corte costituzionale. Progetto – per ora – di Legge elettorale fatta su misura per mantenere il potere ai vecchi partiti.
Le leggi elettorali in Italia sono sempre state fatte contro qualcuno. Pure Mussolini ci pensò a suo tempo, anche se poi non ne ebbe bisogno perché vinse alla grande ovunque. Solo quella che in un certo senso doveva dare stabilità al paese e voluta da De Gasperi – con premio di maggioranza solo al 50%+1 dei voti - fu considerata Legge truffa.
L’attuale, al confronto, è una legge … ladrocinio legalizzato: la negazione della democrazia rappresentativa.
E a poco vale il confronto con quella francese, grazie alla quale Hollande ha vinto con solo il 29% dei voti, ottenendo in compenso il 54% dei seggi; proprio come la coalizione di Sx ha vinto con la stessa percentuale le ultime politiche, portando però il Pd ad avere alla Camera il 55% dei seggi.
È forse un caso che l’accordo sulla legge elettorale Italicum non sia nato nelle aule parlamentari, ma solo da incontri privati tra 2 “ducettari” che vogliono essere nei propri partiti i soli al comando?

Le parole nella società hanno un senso quando queste sono condivise nei concetti.
I Padri della Costituzione, reduci dai disastri dell’uomo solo – e dal partito solo – al comando, puntarono sul Bicameralismo perfetto, onde evitare che un Governo facesse a memo del Parlamento, assumendo troppo potere.
Ora questo modo di vedere le cose - secondo quegli stessi partiti figli di quella costituzione – non è più attuale e lo si vuole cambiare con intese bicefale, onde perpetuare sé stessi anche a costo di liquidare il parlamentarismo.
Ne consegue che il Senato non sia più necessario, perché diventa un bastone tra le ruote del vincitore che, secondo il Porcellum o l’Italicum, magari con meno di 1/3 dei voti espressi[2] ottiene col premio di maggioranza il 53/55% dei seggi, perciò la maggioranza assoluta.

A mio modesto parere già la politica è comandata ovunque e retta dalle potenti lobby finanziarie che intendono fare i propri interessi a scapito del voto procapite e della maggioranza proporzionale.
Non è, infatti, un mistero che chi controlla le maggiori società del globo lo faccia con risicate partecipazioni comprese tra un 10% e un 30% massimo.
Emblematica è a proposito la cronaca di questi giorni sugli avvenimenti in casa Fiat, dove non desta tanto scalpore lo spostamento della sede legale e fiscale[3], ma il bonus che l’azionista di riferimento (Famiglia Agnelli) si è dato in assemblea per fare con partecipazioni minoritaria il bello e il cattivo tempo in azienda.
In che consiste? Nel dare all’azionista stabile – colui che detiene da tempo il pacchetto azionario, perciò la finanziaria di famiglia Exor – il voto doppio. Ciò significherà avere con un 30% totale di partecipazione azionaria in Fiat il 60% di voti decisionali, a scapito, ovviamente, dell’eventuale voto contrario del rimanente 70% dell’azionariato, che si vedrebbe ridurre il proprio voto maggioritario a solo il 40% effettivo decisionale.
Se si considera poi che Exor sia una società quotata al Listino e che quindi buona parte degli azionisti non sono gli Agnelli, ne consegue che costoro, detenendo il controllo di Exor, con un 10/15% di partecipazione in Fiat controllino, di fatto, in modo assoluto tutto il sistema.
È il loro “Italicum porcellum”!

La maggior parte della ricchezza in Italia è controllata da circa il 10% delle persone. E, a ben guardare, sono quelle stesse persone che hanno in mano non solo la leva del potere finanziario, ma pure di quello politico.
Ovviamente se non lo fanno in prima persona trovano i “polli” adatti al … mercato delle vacche grasse. Non per nulla l’attuale Governo non ha mosso un dito nella lunga sequela Fiat.
Il problema vero, tuttavia, non è quello che si arricchiscano continuamente a scapito del restante 90% della popolazione, destinata ad impoverirsi sempre più, ma che, con gli stessi stratagemmi regolamentari applicati nelle aziende, intendano pure assumere il potere politico senza alcun intralcio costituzionale. Vi è la tendenza (strategia) a rendere la società civile come una società privata.
Le multinazionali stanno già riducendo i salari dei lavoratori, privandoli pure di ore lavorative.
L’intento è chiaro: equiparare nel tempo i salari dei paesi industrializzati a quelli dei paesi emergenti. Ovviamente non innalzando questi, ma riducendo i nostri. Ciò, tuttavia, è difficile farlo senza detenere anche la leva del potere.
Potere (Governo) che deve dare una parvenza di democrazia popolare; ma che, con gli stratagemmi costituzionali, diventi, di fatto, una dittatura finanziaria istituzionalizzata. Non per nulla l’arma dello spread oggi è il terrore d’ogni nazione in crisi.
Nel secolo scorso con i fascismi (fascismo, nazismo, comunismo) si detenne il potere. Ora che con questo modo non lo si può più fare per non essere fatti letteralmente a pezzi con la violenza della rivoluzione sanguinaria, si sta cercando il modo di perpetuarlo in maniera “costituzionale”.





[1] - Mi perdoni il lettore se la citazione non è per caso esatta nelle parole, anche se lo è nel concetto. Stavo viaggiando e non ho potuto annotarmi subito la frase pronunciata.
[2] - Dai quali andrebbe poi dedotto il forte astensionismo per ottenere il reale consenso del partito vincente, o della coalizione, nel Paese.
[3] - Già di per sé chiaro indice di sano amor patrio.

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