sabato 11 gennaio 2014

Il demagogico uso politico dello spread.


In questi ultimi tempi diversi membri del GovernoLetta e Saccomanni in testa – sproloquiano sul fatto che lo spread italiano si sia ridotto a circa 200 ptb sul Bund (tedesco), decantando i risparmi che l’Italia avrà nel pagare gli interessi sui propri Titoli sovrani. Perciò ammantandosi di meriti per il risultato ottenuto.
Considerato che queste persone non sono degli sprovveduti in materia finanziaria,  ne consegue che i tanti decantati risultati ottenuti siano solo della pura demagogia per mantenere un minimo consenso popolare, già inesistente in percentuale.
Passi che l’uomo qualunque della strada e un segretario di partito – pivello qual è culturalmente – possano affermare una simile baggianata, data la loro totale inesperienza in materia. Perché, per quanto riguarda lo spread[1], non tutto ciò che a prima vista può sembrare reale lo è in effetti; anzi è l’esatto contrario.

Letta continua ad affermare che questo Governo ha fatto cose importanti, ad iniziare dal noto Decreto del fare. Il suo segretario di partito Renzi, invece, ritiene che si sia perduto troppo tempo e che sia ora di cambiare.
Infatti, a ben guardare, ha fatto tanti e tali pasticci da perdere, strada facendo, buona parte della compagine di maggioranza che lo aveva sostenuto in partenza. Ciò nonostante Letta afferma che il Governo è ancora più forte di prima.
Alla patria storia rimarrà indelebile il pasticcio sull’Imu, irrisolto tutt’oggi per buona parte degli italiani che, dopo dichiarazioni, controdichiarazioni e rinvii, a pochi giorni dalla nuova scadenza non sanno ancora cosa dovranno pagare. Indicative in tal senso sono le proteste dei commercialisti e dei Caf sindacali.
Per non dire dei Decreti di fine anno, che Napolitano ha fatto cortesemente sapere che non avrebbe potuto in alcun modo firmare. Per finire con i 150 € che gli insegnanti avrebbero dovuto rendere, annunciati da Saccomanni e poi smentiti da … altri.
Oggi non si sa più a chi credere nel Governo e nel Pd. Sicché non si capisce chi sia lo stratega, chi il carrettiere e chi la … comare.

Lo spread, come quotidianamente i media ci ricordano, è in realtà sceso sui 200/210 ptb. Questo è un dato inconfutabile.
Che tuttavia tale dato sia sinonimo certo di sicuri risparmi sugli interessi da corrispondere ai nostri Titoli sovrani è tutto da dimostrare.
Infatti, per dirla proprio ma proprio tutta, per le casse statali non cambierà assolutamente nulla: continueremo a pagare, stando così le cose, la stessa cifra di prima. Ciò per 2 ragioni inconfutabili.

a)      La prima è tecnica. La maggior parte dei Titoli sovrani è a tasso fisso. Sicché lo spread  inciderà solo sui titoli successivi e non su quelli già in essere, che continueranno a pagare gli stessi importi di prima.
b)      La seconda è finanziaria. I Tassi in Germania sono schizzati in poco tempo dall’1,20% al 2%, con un aumento secco di 80 ptb. Ciò ovviamente ha inciso sul Bund.

Prima dell’aumento dei tassi tedeschi lo spread italiano oscillava sui 280/300 ptb. Aggiungendoci 1,20 del tasso germanico  si arrivava a pagare il 4/4,20%.
Ora sta sui 200/210, essendo sceso di circa 80 ptb, che, guarda caso, coincidono con la stessa cifra dell’aumento sul tasso tedesco. Aggiungendo ora ai 200/210 ptb dello spread italiano attuale i 200 ptb (2%) del tasso tedesco si ottiene il quasi identico importo del tasso precedente. Perciò il 4/4,10%.
Considerando che dopo la sfuriata iniziale lo spread potrebbe anche crescere di qualcosa, arriveremmo anche ad avere tassi maggiorati rispetto a prima.

Che lo spread nostro sia sceso di 80 ptb è comunque un dato positivo. Sarebbe stato molto negativo se  fosse rimasto uguale a prima, perché ciò avrebbe significato pagare un 1% circa in più di interessi futuri, salendo di nuovo al 5%.
Che, tuttavia, ciò sia dovuto all’operato del Governo è estremamente improbabile, in quando i Mercati indicano che tutti gli altri spread nazionali hanno avuto la stessa contrazione di ptb. Basta guardare a quello spagnolo.

Lo spread, comunque, non è sceso ultimamente né per l’operato di Monti, né per quello di Letta. Paradossalmente davanti alle manovre capestro “montiane” la speculazione ha tratto i suoi maggiori benefici.
Gli strateghi della finanza globalizzata non hanno alcun interesse a far fallire gli stati; tant’è che non han fatto fallire neppure la piccola Grecia.
La speculazione selvaggia ha come obbiettivo lo spolpare gli stati il più possibile. Diversamente, portandoli al fallimento, avrebbe  grosse perdite sui capitali investiti.
Ne consegue che attaccando lo spread riduce il valore reale sul mercato dei titoli, potendo quindi comprare a prezzi vantaggiosi. Poi, stabilizzandolo al ribasso, può rivendere gli stessi titoli a prezzo maggiorato rispetto all’acquisto fatto.

Molti economisti pensano che la svolta impressa allo spread dalla Bce di Draghi sia il frutto di un cambio di strategia rispetto a quella punitiva di Trichet.
In effetti, le 2 strategie, apparentemente opposte, sono le 2 fasi della speculazione. La prima tesa a indebolire/acquistare, la seconda a stabilizzare/vendere/capitalizzare.
Perciò Draghi ha sì praticato una politica finanziaria di sostegno alle economie nazionali mediterranee, ormai al collasso strutturale, ma mentre si sedeva sulla poltrona della Bce aveva l’accortezza di inviare una lettera capestro di intenti al governo italiano, dando il via, di fatto ad un imponente attacco allo spread italiano.
Il fatto che Monti e Draghi abbiano assunto il loro ruolo dirigenziale quasi simultaneamente è estremamente sospetto - anche se non certo - specie considerando che entrambi sono stati International Advisor della  Goldman Sachs, quella che a detta di molti conduce e pianifica la speculazione del pianeta.

Lo Job act di Renzi è il frutto di buone intenzioni per … sentito dire (spot). Il patto politico di Letta un’idea ancora tutta da definire. Entrambi i piani sono idee più che realtà, visto che i problemi italiani  - per loro 2 – paiono essere identificati in una legge elettorale e non in un disegno economico e industriale di cui il Paese ha bisogno per ricominciare a crescere e per ridurre velocemente la disoccupazione che continua a salire inesorabilmente.
Tutto ciò proprio mentre le maggiori aziende nazionali continuano a delocalizzare all’estero, Fiat in  primis. La delocalizzazione cos’è se non, spesso, una fuga legalizzata di capitali all’estero?

Ogni piano politico dovrebbe avere innanzitutto una copertura finanziaria. Lo Job act di Renzi la copertura non sa neppure cosa possa essere, visto che lo stesso segretario si è scontrato con l’unico economista serio (Fassina) che il Pd abbia in questo momento.
Per quello di Letta la copertura è tutta da scoprire, visto che non è riuscito neppure a trovare le risorse per scongiurare prima l’aumento dell’Iva, poi quello delle accise e ora pure dell’irrisoria cifra sulla mini Imu.
Questo Governo non solo non sa come far quadrare i conti, ma neppure come risparmiare sulla spesa pubblica. Proprio mentre Draghi continua ad ammonire che bisogna essere cauti nell’affermare che la crisi è superata.
Il Governo, come i farisei, dichiara che ha ridotto le tasse, quando invece le ha notevolmente elevate, tanto che il gettito fiscale e i redditi calano vistosamente e paurosamente per l’economia nazionale per la contrazione dei consumi. In pratica dice agli Enti locali: voi tassate a più non posso per me[2].
E appunto per queste ragioni anche le dichiarazioni governative sulla discesa dello spread devono essere considerate un demagogico uso politico dello spread.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               



[1] - Per approfondimento vedere: Lo Spread.
[2] - La saggezza popolare di un tempo direbbe: voi rubate (tassate) a più non posso per me.

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