martedì 21 gennaio 2014

I pasticci dei … pasticcieri.


La mini Imu sulla prima casa ha fatto il suo ingresso ufficiale tra la pletora di tasse italiane, anche se sinceramente non se ne sentiva alcun bisogno.
Tuttavia questo Governo del “fare”, spesso sinonimo del pasticciare, e della conclamata “riduzione” del peso fiscale non ne ha potuto fare a meno.
Ovviamente la tassa ha tanti padri che è difficile dire chi l’abbia generata per primo. Sicuramente tra i principali vi è la pessima amministrazione dello Stato e il Fiscal compact, perciò l’Ue, con il vincolo del 3% sul bilancio. Ultimo, a mio parere – e non  per fare il suo difensore d’ufficio  -, è il  ministro Saccomanni.

L’Italia è stata “graziata” mesi fa con il rientro tra i Paesi virtuosi, che proprio tanto virtuosi non sono se ogni anno sforano i propri bilanci di quasi il 3%. È una virtuosità … rovesciata che accresce il Debito sovrano ogni giorno che passa inarrestabilmente.
La mini Imu, complessivamente, vale sui 350/400 mln di €; che, rapportati al bilancio annuale italiano sono briciole tali che valgono decimali: intorno allo zero per cento.
Tuttavia per non sforare il Fiscal compact la si è dovuta per forza addizionare alle tasche del contribuente, dopo tanto tergiversare sulla “genitrice” Imu.
Non solo: per non superare il muro del 3% non la si è neppure potuta posporre ad altra data, per il semplice motivo che dopo il 24/01/2014 non la si sarebbe più potuta inglobare nel bilancio 2013. Cosa che ci si è guardati bene dal rendere palesemente pubblico, onde non infrangere la millantata nomea, solo mediatica, di governo virtuoso.
Il cittadino oggi è diventato il … servo pagatore dello stato, colui che deve correre veloce, ubbidiente ad ogni suo comando. E come tale viene trattato da tutti questi politici (di carriera) che a parole  vorrebbero rivoluzionare lo stato.

I pasticci e i pasticcieri  della mini Imu, però, non stanno solo al governo. Stanno, soprattutto, in quei Comuni italiani – circa 2.400 – che facendo le furbizie di bilancio l’hanno deliberata, senza alcuna distinzione tra municipalità grandi e piccole.
Che a Roma  non vi siano politicamente dei campioni amministrativi lo si sa da decenni, in pratica da quando è stato evidente che a tutti piaceva la … marmellata, tanto da mettere non solo le dita nel barattolo, ma di tuffarcisi pure dentro a capofitto.
Il tuffo nei benefit, nelle spese personali addebitate al cittadino, negli abusi, negli sprechi, nelle ruberie, nel peculato, nelle tangenti e via dicendo, tra i politici è diventato lo sport  nazionale prediletto, nonostante le continue inchieste della magistratura. Ovviamente anche in periferia, dove molti si … arrangiano come possono.
E la stessa cosa, con naturalezza, avviene anche nella stesura dei bilanci (allegri) di ogni singolo ente amministrativo. Di tagliare nessuno ci sente, specie in quelle spese che a ben guardare spesso non solo sono superflue, ma utili pure a foraggiare il clientelismo.
A questa regola non sfugge alcuna amministrazione di tutto l’arco politico, andando da dx a sx o viceversa.
Nulla di strano, perciò, se la mini Imu ora è da … pagare … in fretta e furia.

Nei comuni, tuttavia, ad amministrare molto spesso ci sono assessori, sindaci e consiglieri incapaci non solo di stendere un bilancio, ma pure di sapere cosa questo sia e come funzionino le attività, le passività, i costi e i ricavi. E a poco serve il segretario comunale, intento più a dare un appoggio logistico che a sovrintendere il corretto funzionamento dell’ente.
A questa regola non sfuggono neppure i comuni così detti virtuosi, perché allo sperpero nella spesa non sfugge nessuno, anche se il cittadino da ormai un lustro stringe la cinghia.
Il bilancio previsionale è un’astrusità tale che a molti deve sembrare un oggetto … sconosciuto o fantasioso.
Perciò, poi, si arriva a fine anno con spiacevoli sorprese contabili, tanto da dover “inventare” qualcosa per far quadrare il bilancio.

Il pasticcio continuo e prolungato sull’Imu per la prima casa è stato uno dei genitori della mini Imu.
Il tira e mollo del Governo e dei partiti sull’abolirla, sul posporla, sulla modalità di poter poi finanziari i comuni, privati da tale introito, ha portato diverse municipalità poco lungimiranti e a forte astinenza di sagacia contabile a trovare l’escamotage per far quadrare i bilanci che facevano acqua ovunque.
Infatti, pareva a tutti che se l’Imu sulla prima casa non fosse stata pagata, lo stato avrebbe dirottato nelle casse comunali l’importo mancante.
La furbizia dell’italica pedata, scambiata per intelligenza da molti, ha così fatto sorgere a catena questo ragionamento: se noi aumentiamo i coefficienti (tassazione) sulla prima casa, lo stato ci trasferirà un maggior gettito e così sistemeremo il buco di bilancio che abbiamo.
Detto e fatto; favoriti pure dal governo centrale che si è prodigato assai concedendo ai comuni (che fossero interessati) a deliberare nuovamente nuovi aumenti, anche se in tal senso si era già statuito, fino a fine novembre. In pratica a pochissimi giorni a ridosso della scadenza dicembrina.
Solo che i marpioni della politica con questa mossa astuta volevano gabbare tanto la capra (amministratori locali) quanto i cavoli (contribuenti), perché la sorpresa fu poi quella che si trasferiva solo un determinato importo, lasciando che il resto (quello mancante dell’aumento) i sindaci lo imponessero ai cittadini.
Ecco perché gli apparenti pasticcioni hanno sfornato un pasticcio sopraffino agli indigesti palati sia degli amministratori locali, sia a quelli … nauseati del cittadino. Da pasticcioni a … pasticcieri.

Ora si discute della nuova legge elettorale, alla quale già si è trovato un nome latino dal suono … sinistro: Italicum.
Ovviamente con il contorno dell’art. 5 e dell’abolizione del bicameralismo perfetto, forse perché la perfezione da noi è odiata e vilipesa.
In sé la nuova legge elettorale ricalca a piene mani l’incostituzionale Porcellum[1], con la variante del premio minimo di maggioranza fissato al 35%  (per ora), o eventuale ballottaggio,  e con le circoscrizioni piccole, perciò provinciali e non più regionali.
Sicché tutti coloro che tanto avevano esultato per la sconfitta del bipolarismo e del bipartitismo, ora dovranno ricredersi e correre, per non essere estromessi dalla politica parlamentare, a trovarsi il nuovo reuccio di turno  per ottenere il titolo nobiliare di principe, duca, marchese, vassallo, conte …
Le liste bloccate, anche se corte, vanno proprio a potenziare il reuccio del bipolarismo, perché chi oggi vuol comandare ha bisogno della pletora di fedeli servi (nobilitati dal titolo di onorevoli) che gli stanno intorno  riverenti e ossequienti.
Salvo poi ritrovarsi qualche ranocchio, che ambisce a diventare reuccio, che cambia casacca con il suo piccolo gruppo di cortigiani. Fatto che la nuova legge elettorale per ora non intende regolamentare.

La governabilità non sarà assicurata, perché con 1/3 dell’elettorato non si può governare una nazione.
Così come i problemi italiani non dipendono da una legge elettorale, visto che anche con l’attuale Porcellum si potrebbe tutt’oggi votare in maniera proporzionale. Cosa che i grandi partiti ora aborriscono.
La montagna ha partorito il topolino?
Credo di sì, vista la spaccatura non da oggi nel Pd tra la dirigenza precedente (allora maggioranza) e quella attuale (allora minoranza).
Il contrasto nel partito di Sx sta proprio in modi diversi di vedere, perché la coabitazione con Renzi è probabile che non duri molto a lungo. La scontro, oltre che politico, è pure elettorale, perché è ovvio che una scissione nel Pd cambi sostanzialmente l’esigenza dell’Italicum, ponendo ben altre prospettive a Sx.
La Cgil e la Fiom non mi pare siano allineate sulla linea e sugli obbiettivi di Renzi. Il che vuol dire che chi crede già d’aver vinto (Renzi) le elezioni possa poi essere la vittima sacrificale della nuova tornata elettorale, anche perché attualmente la Dx ha maggiori capacità elettorali d’aggregazione.
Grillo tuona sul Pregiudicatellum, scoprendo in  letteratura che sulle leggi elettorali il latino maccheronico è tornato assai di moda.
Le elezioni paiono lontane, ma potrebbero essere anche dietro l’angolo. E M5S potrebbe essere la sorpresa delle nuove elezioni, specie se nelle coalizioni prossime i piccoli partiti coagulassero non sugli storici dx o sx.
Ora tutti si dichiarano vincitori e soddisfatti, magari a denti stretti. La discussione e la votazione in Parlamento ci dirà come stanno esattamente le cose, non solo nei vari possibili schieramenti elettorali, ma pure all’interno dei 2 partiti maggiori.
Perché, dopo tanto farneticare sulla decadenza di Berlusconi, la Sx ha scoperto che deve trattare non tanto all’interno del Pd, o con gli (inesistenti) alleati di governo, ma proprio con colui che pensavano d’aver estromesso per sempre dalla politica italiana col privarlo del seggio senatorio.
Perché alla fine l’Italicum è probabile che si identifichi con l’Italicum porcellum; magari con una … cinta pezzata: The indigienous Cinta breed of pig in Tuscany!





[1] - Per approfondimento: La torre di Babele.

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