giovedì 21 febbraio 2013

Monti e Napolitano gli sponsor migliori di Grillo!


Oggi penultimo giorno di campagna elettorale prima del voto.
È stata una campagna elettorale particolare, dove tutti si sono avventati contro tutti senza troppa cortesia: una campagna che ha badato soprattutto a promettereuna pancia piena e un portafoglio colmo.
Perfino Bersani, che apparentemente professa(va) calma olimpica, in realtà le ha sparate grosse con quel suo linguaggio gracchiante da carrettiere avvinazzato. Da bonaccione qual è mi sa che, se vincerà queste elezioni e se siederà a Palazzo Chigi, avrà le sue gatte da pelare, soprattutto mettendosi le mani in quei capelli disadorni che ormai non ha più.
Ultimamente, fiutando pericoli, si sta facendo affiancare dal suo ex competitor Renzi, uno che, più di ogni altro, si ciba del qualunquismo esasperato e delle ciance da gradasso sparate a più non posso senza alcun programma e costrutto logico. Chi non si ricorda la sua sicumera mediatica sulla sicurezza di battere Bersani alle Primarie[1], il suo ottimo (- eufemismo -) risultato amministrativo a Firenze, oppure la sua iattanza nel voler cambiare le regole a gara in corso? Bastava sentirlo ieri a Palermo su Sicilia e Lombardia: perfetta riedizione e reincarnazione di Guglielmo Giannini, non però nell’intelligenza culturale e politica.

Chi vincerà queste elezioni è indubbiamente solo uno, al di là delle percentuali di suffragio che stileranno aritmeticamente la graduatoria: Grillo!
Lui non teme le folle, non teme l’inclemenza del tempo, non teme la contestazione popolare. Riempie le piazze ovunque, mediatiche e non, sempre e comunque. Nessuno oggi sa attrarre e galvanizzare la protesta come lui.
Se allo stesso modo riempirà anche le urne non ce ne sarà per nessuno.

Un noto filosofo tedesco di Düsseldorf -  Jürgen Habermas, pure sociologo e storico - a suo tempo così definì con somma ironia l’operato di Napolitano sulla creazione del governo tecnico: un dolce, gentile, colpo di stato!
Perciò è più che plausibile che le ingerenze internazionali vi siano state, nonostante le smentite. Intromissioni che anche in questi giorni si sono ripetute in modalità diversa per influenzare il voto italiano, sia in ambito Ue che tedesco.

L’esplosione di Grillo, a lungo intorno ad un consenso del 5%, avviene durante il Governo Monti e trae il suo incipit dalla mossa (sbagliata) di Napolitano di aver voluto instaurare ad ogni costo un governo tecnico. Diversamente, ad elezioni immediate, avrebbe racimolato grosso modo quel risultato.
In Sicilia[2] esplode dopo quasi un anno di governo Monti, non tanto facendo leva sull’antipolitica, bensì sulla rabbia popolare generata dalle insensate manovre di Monti, ora riconosciute come tali anche dalla stampa internazionale. Manovre che hanno affossato tutta l’economia reale in brevissimo tempo.
I dati macroeconomici parlano chiaro anche in questi giorni; e la Commissione Ue stessa ha più volte bacchettato il suo operato, non ultima l’IMU e i Monti bonds.
M5S, infatti, in quelle elezioni diventa quasi a sorpresa il primo partito dell’isola. Quell’eclatante risultato diviene il trampolino di lancio nazionale del Movimento cinque stelle.

Ciò che, comunque, ha dato ancor più forza ultimamente a Grillo è stato proprio Monti con il suo scendere nell’arena politica  - pardon: salire in politica, anche se il … fiato non ce l’ha - e con il suo continuo conclamare che “ho salvato l’Italia dal baratro”. Quale non si sa e forse neppure lui lo sa, visto che ufficialmente non sa neppure quanto ha pagato di IMU perché … “di ciò si interessa mia moglie”. Perciò dopo le donne ombra regnanti o presidenti, ora ne scopriamo una anche … premier. Lui, infatti, dichiara d’avere 2 presidenti: il presidente Napolitano e mia moglie.
Ironia a parte Monti ha i suoi grandi torti e soprattutto uno: avere operato da Premier su una certa linea e l’averla sconfessata del tutto ora in campagna elettorale. Prima solo tasse a gogò, ora riduzione necessaria e rilancio crescita. Ha perso non solo la faccia, ma pure l’intelletto. Ha sbugiardato sé stesso e tutte le sue dichiarazioni e volontà precedenti.
Il suo voltagabbana operativo ha maggiormente fatto arrabbiare l’elettore, che non solo si è reso conto di aver fatto sacrifici inutili per errori d’impostazione economica evitabili - e ora sconfessati da un’antitetica linea politica -, ma si è pure sentito tradito e preso in giro da chi, in effetti, ha tanto declamato l’urgenza e la necessità della politica del rigore.
Nulla di male, quindi, se importanti testate estere[3], che lo avevano accolto a suo tempo come l’uomo giusto per l’Italia, ora lo sbertuccino e lo abbiano scaricato per manifesta incapacità.
Monti aveva una reputazione cattedratica - per la verità dovuta più al ceto sociale da cui proviene che per eccelsa coltura; non è Carlo Secchi, tanto per intenderci – che si è giocato in pochissimo tempo. Tuttavia è utile ricordare che in passato – là dove s’era cimentato in consigli d’amministrazione o in gestioni economiche – aveva sempre fallito. D’altronde, uno ferrato in economia valutaria, ora con l’ può trovarsi spiazzato, specie se il suo maggiore limite è quello di non capire le proprie vere capacità operative quando si mette in una determinata mansione. Il caso Fiat a suo tempo fu abbastanza indicativo.

Monti ha affermato ultimamente che vi sono, a suo vedere, 2 sole modalità di voto utili.
La prima è quella della protesta (a ragione) arrabbiata, perciò da dare a Grillo.
La seconda quella propositiva, impostata su un programma di riduzione delle tasse e del rilancio dell’economia, perciò da dare a Lui.
C’è però un inghippo: Monti non ha un programma economico e politico vero, ma solo un’accozzaglia di idee e di movimenti che lo sostiene, magari col mal di pancia e andando al voto turandosi naso e occhi.
Nella sua coalizione vi è di tutto: da Fini & Casini – antitetici come idee politiche e uniti solo da necessità – ad aristocratici e benestanti, con aggiunta preferenziale di rotaryani – montezemoliani, Vender, Bombassei – oltre a anonimi cattolici di contorno - integralisti o retrogradi - che gli servivano come tappabuchi per riempire le liste  elettorali non avendo altri candidati sotto mano.
Perciò è ovvio che tra una sbandata e l’altra non possa aspirare né a vincere le elezioni, né ad essere un eventuale alleato capace di dare ad una futura coalizione (necessaria) un assetto stabile e definitivo.
Rischia seriamente di fare flop e di avere solo uno sparuto numero di deputati e senatori se restasse al di sotto del limite minimo auspicato del 15%.

Grillo, al di là dei sondaggi, potrebbe rivelarsi una grande sgradita sorpresa per molti competitors, specie se dovesse (difficilmente per ora) ripetere l’exploit siciliano di essere il primo partito del Paese.
Certo che sarebbe molto interessante vederlo come Premier sedere, con quel viso da porcospino incazzato, accanto alla Merkel, nei periodici convegni Ue, e inveirle contro urlando e sbraitando in modo colorito, come sua abitudine da ottimo comico arrabbiato di successo.
Se vi sarà uno stallo istituzionale tra le forze in campo è facile che a breve si torni al voto.
Ragion per cui, Grillo, ha già comunque ampiamente vinto questa tornata elettorale, al di là del fatto che sia poi la prima, la seconda, la terza o la quarta forza del paese. Bisognerà soprattutto fare i conti con il suo movimento.
L’operato (errori) del governo Monti e la volontà di farlo nascere di Napolitano sono state le ragioni del suo successo. A loro insaputa sono stati entrambi i suoi 2 migliori sponsor.
Un successo, il suo, non dovuto solo alla protesta arrabbiata – non si faccia l’errore di considerarla solo tale, come fa Monti -, bensì una conseguenza dell’incapacità sia del binomio Monti/Napolitano, sia delle forze politiche del paese, di dare una risposta efficace alla crisi e ai problemi sociali.
Gli scandali di una società marcia – non solo politica, ma anche imprenditoriale e affaristica – hanno creato una tale nausea che in molti ha creato la convinzione che necessiti una vera rivoluzione politica e sociale, perciò da ottenersi con un ricambio totale dell’attuale classe parlamentare.
Una rivoluzione che per ora è e sarà solo pacifica e nelle urne; ma che in futuro potrebbe rivelarsi traumatica e dittatoriale, anche se l’Italia ha una concezione culturale civile che mal sopporterebbe una dittatura democratica forzata.
Potrebbe però, senza saperlo, appoggiarne una quasi plebiscitaria, proprio come quella che portò, a suo tempo, Hitler al potere.
Non per nulla le condizioni di crisi sono parallele a quelle, anche se diverse per ragioni economiche, dovute a tempi finanziari assai diversi.
Giulio Tremonti, in lizza con il suo Movimento 3L – Lista Lavoro Libertà[4], a chi gli chiede a chi dare il voto dice semplicemente e senza perifrasi: votate chi volete, ma non Monti!
Ciò significa che per lui votare Monti significa solo votare per altri disastri programmati, dando in mano la nazione a chi ha sempre servito l’Alta Finanza, facendone però pagare i danni sempre al cittadino.
   


[2] - Per approfondimenti vedere anche: Breve commento alle regionali della Sicilia.
[3] - New York Times, Financial Times …
[4] - Per approfondimenti vedere anche: Manifesto 3L – Lista Lavoro Libertà.

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