Che un Papa si dimetta non è un normale fatto quotidiano. Credo che solo 4 o 5 papi l’abbiano fatto in passato.
In verità, per quanto possano sembrare un fulmine a ciel sereno – come dice Bertone –, queste dimissioni erano già nell’aria da tempo.
Ma, si sa, talora la Chiesa, per ragioni più o meno chiare, ogni tanto dice pure che il bianco è in realtà nero.
L’estate scorsa ero in una città toscana per impegni; e durante il pranzo con l’amico prelato che mi stava accanto si parlò della visita, avvenuta qualche mese prima, del Papa ad Arezzo.
Il discorso ci portò alle esternazioni di Romeo – cardinale a Palermo – proprio su questa ipotesi, fatte pochi giorni prima. In pratica il cardinale, in visita strettamente riservata in Cina con un gruppo di amici imprenditori, aveva fatto riferimento al fatto che entro un anno ci sarebbe stato un nuovo Papa, non specificando comunque se per decesso dell’attuale o se per dimissioni.
Considerata l’età e la decadenza fisica di Benedetto XVI entrambe le possibilità restavano aperte.
L’amico prelato, su mia precisa domanda rispose: “Romeo è mio amico. Tuttavia può anche capitare che pure un cardinale perda la testa, anche se non conosco bene il contesto esatto del discorso.”.
Mi chiese, comunque, cosa ne pensassi in proposito.
La mia risposta non si soffermò sulle dichiarazioni di Romeo, ma sull’analisi che potevo farne osservando il Papa da immagini mediatiche pubbliche.
Benché il fare della simbiologia su brevi filmati non sia il massimo, argomentai dicendo che Papa Ratzinger non reggeva più l’usura degli anni e che, con la lucidità che gli era naturale, molto probabilmente si sarebbe dimesso quando avrebbe capito che il gioco per la Chiesa non valeva più la candela.
La sua mobilità era ridotta al lumicino, tanto che anche per brevi spostamenti si usavano mezzi mobili (elettrici) adatti per non stremarlo. Si diceva apertamente che anche nel suo appartamento privato il Papa facesse ormai uso continuativo di una sedia elettrica mobile.
Pure la sua voce spesso languiva nel discorso; e quando ciò avveniva il suo viso, contratto e raggrinzito più del dovuto, denotava una certa sofferenza per la fatica.
La sua lettura di discorsi o omelie era spesso frettolosa, come se non vedesse l’ora di potersi rilassare e riposare.
Ad Arezzo un elicottero era pronto per portarlo al santuario francescano della Verna. Cosa che non avvenne non tanto per le condizioni meteo non troppo favorevoli, ma, soprattutto, per il fatto che la Verna non è adatta a mezzi mobili, sia per il percorso lastricato sia per i dislivelli che un po’ ovunque seguono con salti o gradini la conformazione del terreno.
La visita si sarebbe pertanto ridotta ad una semplice toccata e fuga, utile solo ad affaticarlo ulteriormente. Il Papa quel giorno pareva più vecchio e stanco del solito.
Ultimamente i testi letti dal Papa avevano una composizione linguistica e strutturale diversa da quella – tanto per intenderci – delle sue Encicliche. Ciò significa che molto probabilmente il testo era scritto da altre mani, pur se su indicazione del pontefice stesso.
Tra testi latini – come l’italiano – e testi anglosassoni – come il tedesco – vi sono sostanziali diversità linguistiche, che pure un ottimo traduttore, o poliglotta, non può del tutto celare.
Un fatto che poi aveva fatto rizzare le antenne agli esperti era la nomina e consacrazione vescovile del suo segretario personale, Padre Georg Gaenswein, avvenuta il mese scorso. Un riconoscimento che è prassi per i pontefici riconoscere al proprio fidato collaboratore solo quando capiscono che si è prossimi alla fine del proprio mandato.
La naturale decadenza fisica, tuttavia, non inficia la grandezza di un gesto che deve essere inteso sia come Servizio verso la Chiesa, sia come Donazione alla Chiesa stessa.
La globalizzazione, l’istantaneità della comunicazione, la frenesia degli avvenimenti, la complessità delle problematiche e della crisi che sta avvolgendo il globo, impongono un Papa nelle sue piene capacità e funzionalità. Cosa che Ratzinger intuì, in questo ultimo anno, che non poteva più dare e garantire.
La lunga, anche se encomiabile, agonia e calvario del suo predecessore gli devono pure aver insegnato in passato che in simili situazioni la Chiesa non ha più una guida unica, ma una suddivisione di ruoli che porta a linee programmatiche guida che possono anche essere antitetiche. Perciò anche controproducenti e dannose sia per il Magistero che per la Fede.
Ratzinger non è (stato) ovviamente un Papa latino. Nelle sue encicliche e nei suoi insegnamenti ha impersonato più che altro il rigorismo anglosassone. Soprattutto quello fenomenologico già tracciato dal suo predecessore.
Le sue encicliche più quotate hanno tuttavia fatto riferimento a encicliche latine precedenti, come la Rerum Novarum o la Populorum Progressio. In pratica, più che aggiungerne contenuti, ne ha fatto un’opportuna e proficua parafrasi per i tempi attuali.
La grandezza di un Papa non è comunque quantificabile solo dai suoi scritti e dalla sua opera. Talora, come in questo caso, le eclatanti dimissioni danno una grandezza significativa al suo già notevole spessore. Perché vanno quasi contro la logica della prassi consolidata da secoli. Perché, pur se ipotizzabili, sono una diaclasi esplosiva nelle coscienze. Perché tracciano una linea etica e morale anche per i suoi successori.
La Chiesa già da decenni è in caduta libera, specie in vocazioni e in fedeli. Perciò necessita in ogni momento di una guida autorevole, forte e decisa. Cosa che un Papa molto anziano non può più dare; specie questo.
La grandezza di Ratzinger è proprio quella di averlo capito e non solo da ora. Perché una tale decisione, in una persona della sua statura, si matura sia col tempo, sia nel comprendere coscientemente il ruolo che si può o non si può più fisicamente svolgere, pur nell’affido assoluto alla Provvidenza Divina.
È una decisione sicuramente sofferta, meditata, lungamente soppesata anche nel dolore della decadenza fisica naturale che coinvolge ogni persona. Si instaura nell’animo un doloroso conflitto aperto tra dovere e possibilità.
Un Papa, pur servito e assistito, ha degli orari di impegno che impongono delle energie che il suo fisico non poteva più dare, abusandone delle quali pure la mente perde lucidità e si spegne anzitempo.
Un Papa che fa il pensionato è una novità nei nostri tempi. La sua decisione di stare comunque in Vaticano - presso il nucleo voluto dal suo predecessore di suore di clausura (forse le Benedettine di Rosano, con cui da decenni ha un certo feeling) - significa che il suo successore potrà comunque consultarlo.
Ratzinger è ancora un Papa lucido e in grado d’essere d’utilità alla Chiesa con la sua cultura e la sua grande esperienza, se non stressato da troppi impegni quotidiani.
Un Papa che, comunque, sarà a disposizione, ma nell’assoluto riserbo che il suo consapevole e volontario ritiro gli impone.
Ratzinger è un Papa che ha fatto un gesto tale da renderlo comunque grande, indipendentemente di quanto fatto in precedenza.
Grazie del tuo pontificato e della tua decisione, Benedetto XVI!
Bravo!
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