Molti giornalisti e commentatori si dicono meravigliati per il fatto che Grillo con il suo M5S sia diventato il primo partito italiano. Prevedevano una certa sua affermazione, ma abbondantemente al di sotto del 20%. Molti affermavano che avrebbe doppiato al massimo il già lusinghiero risultato siciliano, cioè il 18%.
Etichettarlo come voto di protesta sarebbe riduttivo e infantile. Chi lo ha fatto in precedenza ora si arrampica sugli specchi dicendo che, comunque, ora è giunto il momento anche per M5S di cominciare a costruire e non solo a protestare.
D'altronde quando 1/4 (25%) dell’elettorato premia una formazione politica, l’affermare che tutti lo fanno per protesta è fuori da ogni logica.
Grillo ha raccolto soprattutto non tanto il voto di protesta – anche se anche quello – ma, più di tutto, la richiesta di una nuova politica economica e sociale, oltre ad una correttezza morale dei parlamentari e dell’amministrazione pubblica che è degenerata continuamente negli ultimi decenni.
Non sarà, pertanto, una semplice rotazione di uomini che risolverà il problema. Ci vorranno anni perché una nuova cultura sostituisca quella affaristica e collusiva della Prima e Seconda repubblica.
Gli elettori “grillini” sono lo specchio di una società che richiede, gridandolo a squarciagola, una totale inversione di tendenza rispetto a quella precedente, soprattutto di Monti. Monti che, in sostanza, è con tutta la sua posticcia armata Brancaleone il vero e grande sconfitto di queste elezioni.
Perciò pure anche della politica Ue, tesa con il rigorismo penitenziale a penalizzare e a affossare l’economia dei paesi mediterranei.
Credo, in sostanza, che l’esito delle elezioni italiane sia l’antipasto della probabile prossima disfatta sia della linea Merkel in Ue, sia della sua permanenza alla guida della Germania.
Nella storia repubblicana italiana avevamo già due casi analoghi abbastanza eclatanti, anche se i risultati erano stati diversi per più motivi: la Lega e Forza Italia.
Erano tempi con problematiche differenti, ovviamente, ma comunque significativi.
La Lega si affermò come movimento locale che reclamava autonomia, non tanto come scissione – quello era solo folclore –, quanto come gestione e organizzazione del territorio.
Forza Italia riempì il vuoto lasciato dalla Dc colpita da Tangentopoli e già da tempo in emorragia di consensi in favore, al Nord soprattutto, della Lega.
Grillo ha ripetuto l’exploit in modo e con metodologia diversa, affidandosi alla rete. Cosa un tempo non solo inimmaginabile, ma, soprattutto, tecnicamente impossibile.
È stato favorito sia dal fallimento in campo economico della politica di Monti, sia dell’errore di Napolitano[1] di aver voluto (subito) a tutti costi un Governo tecnico.
Il suo successo indica che gli attuali rimborsi (finanziamenti) elettorali dati ai partiti non sono necessari all’uso della democrazia diretta.
Ho seguito con attenzione l’andamento dei Mercati (Borse), con particolare attenzione a quello di Milano.
Il dato più eclatante – ma non è una novità, bensì una conferma – è che tutt’oggi è in mano alla speculazione e che le istituzioni (Consob) latitano continuamente nella tempestività dei controlli e degli interventi necessari. Diversamente, nonostante i dati del corso serale della borsa di ieri sera, non si capirebbe perché la Consob abbia aspettato fino dopo le 12 a bloccare lo short selling (vendita allo scoperto) su alcuni titoli finanziari, nonostante la caterva di rinvii per volatilità e eccessivo ribasso di molti finanziari. Non potendo più attaccare allo scoperto gli stessi Titoli sovrani, la speculazione attacca quelli finanziari che li detengono.
Nei giorni scorsi molti – basandosi sui sondaggi – avevano speculato moderatamente al rialzo. Ieri lo avevano fatto in modo smodato.
Milano, dopo i primi errati “exit poll”, era schizzato in poco tempo addirittura oltre il 4%, seguito dalle Borse Ue e da Wall Street. Con i primi dati ufficiali che ribaltavano i primi 2 posti tra CentroDx e CentroSx, vi era stato un piccolo ripiegamento di mezzo punto, ma comunque marginale.
Il crollo avviene pochi minuti dopo una leggera ripresa al rialzo, quando appare chiaro che M5S si apprestava con il suo 25% a diventare il primo partito italiano, piazzandosi a ridosso delle 2 grandi coalizioni maggiori.
Perciò, oltre a perdere i 4 punti guadagnati chiude pure in ribasso, rimpinguandolo nella contrattazione serale con un altro -5%. Ribadito nella realtà e per la statistica ufficiale dalla seduta odierna.
L’esito del voto non si limita a Milano, ma trascina giù pesantemente tutte le Borse continentali e pure Wall Street, seguito nella notte dalle Borse asiatiche.
Questo forte ripiegamento ovunque è, in effetti, da un lato un dato significativo, perché indica l’importanza dell’Italia nello scacchiere internazionale finanziario. Parafrasando l’abituale affermazione di molti economisti l’Italia, in sostanza, sarebbe un Paese troppo grande per fallire.
Perciò se salta il sistema italiano lo seguono con effetto domino tutti gli altri stati. Salterebbe soprattutto l’€.
Che Grillo sia contro l’attuale gestione dell’€ non è un mistero, come non lo sono le molte idee similari e con motivazioni diverse che vi erano negli altri schieramenti elettorali.
In pratica solo Monti, con la sua compagine di “signorsì”, avallava in pieno l’attuale politica Ue basata sul diktat della Merkel. Non per nulla ha avuto un consenso fallimentare, Fini è stato estromesso dal Parlamento e Casini vi è entrato per il rotto della cuffia come miglior perdente.
I mercati finanziari in sostanza, agendo sullo spread tentano di condizionare a proprio favore la politica dei vari paesi.
Vale ricordare che nel periodo di turbolenza finanziaria dello scorso anno, la Bundesbank vendette in un solo giorno ben 50 mld di Titoli sovrani italiani, probabile preambolo alle probabili pressioni tedesche per un “domestico” Governo tecnico.
Ciò che però il Popolo italiano ha dichiaratamente evidenziato con il voto è stata la penalizzazione – perciò la sconfitta – di quelle coalizioni che avallavano con maggior entusiasmo la politica del rigore.
Monti è uscito con le ossa rotte e per poco non è rimasto fuori dal Parlamento, mentre Bersani ha visto drasticamente ridursi il consenso da cui era partito. Mentre Berlusconi, per soli 124 mila voti, non ha ottenuto il premio di maggioranza.
Ne consegue che Monti in primis e Bersani in seconda battuta siano i veri sconfitti di queste elezioni, mentre Grillo e Berlusconi i reali vincitori.
I risultati elettorali aprono molte nebulose sul futuro prossimo, considerato pure che, essendo nel semestre bianco del suo mandato presidenziale, Napolitano non può più sciogliere le Camere per nuove elezioni.
Le coalizioni presenti in Parlamento dovranno perciò trovare un accordo per eleggere un nuovo Presidente della Repubblica e, eventualmente, per fare altre cose che ritengano necessarie o improrogabili.
È comunque evidente che l’esito elettorale avrà un impatto anche in ambito Ue, soprattutto per una modifica dell’impostazione economica comunitaria, basata soprattutto sul rigorismo e sul salvataggio delle banche.
Variare la politica economica Ue di questi ultimi anni è proprio ciò che è indigesto al Mercato, perciò alla speculazione non solo continentale, ma pure di oltreoceano.
D’altronde anche le ultime vicende di MPS hanno evidenziato che è necessario non solo un maggiore controllo delle autorità preposte a certe pratiche rischiose, ma pure una ormai improcrastinabile nuova regolamentazione del mercato stesso.
I cittadini, infatti, sono stanchi di pagare per errori altrui. Il voto ha messo in rilievo proprio questo.