martedì 4 ottobre 2011

Secessione? Se e quando avverrà.

ovvero:


Quando l’economia detta i tempi della Storia.




In questi ultimi giorni in Italia è in corso una querelle artata tra Presidente della Repubblica e Leghisti sulla Padania. Polemica di cui se ne farebbe volentieri a meno da ambo le parti, considerando il difficile momento attuale e la possibile turbolenza che può generare sul mercato, peraltro già depresso per altre e più importanti ragioni.


Sarà anche pur vero che non esiste un popolo padano, ma è anche pur vero che, pur viaggiando molto, non ho mai visto neppure un “vero” e univoco popolo italiano.


L’unità della geografica Italia ha 150 anni; l’unità e l’identità del popolo italiano è ancora lungi dal venire.


Le etichette non sono sempre esatte e perciò l’errore è sempre possibile; per cui l’analisi, quando è proiettata al futuro, può assumere un aspetto fantapolitico.



I grandi politici internazionali con l’ultimo G20, pur non dicendolo apertamente, stanno preparando il mondo occidentale ad un evento pilotato che se gli sfuggirà di mano - come sarà probabile vista la loro sagacia finora dimostrata sul campo - creerà un’apocalisse economico/finanziaria inimmaginabile: il default della Grecia. E per farlo hanno bisogno di circa un anno onde limitare i danni al minimo indispensabile.


La Grecia e ingestibile e irrecuperabile, nonostante le dichiarazioni ufficiali e di facciata di molti importanti capi di stato; stando così le cose la Grecia è solo mantenibile con continue sovvenzioni (prestiti) a fondo perduto.


Giorni fa un noto economista ha dichiarato che il problema Grecia sarebbe risolto se la Bce acquistasse tutti i titoli sovrani ellenici sul mercato, cosa che avrebbe dovuto già fare un paio d’anni fa emettendo altra moneta. Pur con il rispetto per costui non condivido affatto questa soluzione molto semplicistica: infatti, anche togliendo tali titoli dal mercato le spese greche non si ridurrebbero, perciò il debito greco si rigenererebbe come l’ameba in poco tempo.


Lo Stato ellenico può solo fallire e poi ripartire con nuove regole sociali.


Infatti, lo stato ha:


a) Uno spropositato numero di dipendenti, che alle 14 staccano e se ne vanno per cavoli loro.


b) Non ha un catasto moderno; e per farlo ci vorranno almeno vent’anni, per cui ha un’evasione enorme.


c) Vanno in pensione a 52/53 anni, quando altrove si va minimo a 65.


d) Hanno stipendi e pensioni elevate che l’economia non può sopportare.


e) La redditività procapite greca è di almeno il 30% inferiore alla media Ue e il tasso di disoccupazione raggiungerà a breve, con il drastico taglio di 30.000 dipendenti pubblici, il 20%.


f) Sono in forte recessione da un paio d’anni e non hanno alcun surplus commerciale, perciò un deficit estero continuo imposto dal consumismo interno.


g) Hanno un Governo di facciata che è in pratica commissariato dalla troika Ue/Fmi/Bce e con scarso appoggio sociale interno, testimoniato dai ricorrenti scioperi e moti popolari.


h) Ha un debito sovrano in continua rapida espansione di circa il 10% annuo (da stime ufficiali: 8,5% quest’anno, 6,8% nel 2012).


Tali cifre sono impressionanti e indicano chiaramente due cose: la prima che gli aiuti sinora dati sono sufficienti solo a pagare stipendi e pensioni, la seconda che lo Stato greco deve essere completamente riformulato.



I dati greci hanno molte analogie in comune con quelli del Sud italiano, riassumibili principalmente in: enorme abusivismo edilizio, grande evasione, forte assistenzialismo pubblico (forestali in Calabria, dipendenti regionali in Sicilia, alta percentuale di invalidi), dipendenza strutturale (rifiuti urbani in Campania), insufficiente redditività e alta disoccupazione. Tutte cause che da decenni lo rendono dipendente finanziariamente dello stato centrale.


Basti pensare che nel trentennio di esistenza la Cassa per il Mezzogiorno ha elargito al Sud circa 47.000 mld di £ (aggiornati), ai quali vanno aggiunti altri circa 31.000 mld di £ (aggiornati) erogati nel ventennio ‘60/’80 dal Ministero delle Partecipazioni Statali. Importi citati nei dati ufficiali Istat.


Ciò nonostante – e non considerando le somme successive da altri enti elargite e dallo stesso Stato trasferite – il Sud attualmente produce solo 1/3 del Pil prodotto dal Nord e per gestirsi (stipendi pubblici, mantenimento opere strutturali, pensioni, costi di gestione) ha bisogno di sovvenzioni pubbliche, senza le quali sarebbe nella stessa e identica situazione della Grecia.



Se le banche franco/tedesche non fossero zeppe di titoli sovrani ellenici, il tandem Merkel/Sarkosy avrebbe già scaricato la Grecia da tempo, abbandonandola al suo tragico destino, in parte – è bene sottolinearlo – portata al collasso dopo essere entrata nell’€.


Le prossime elezioni politiche, che avverranno nelle varie nazioni, spazzeranno inevitabilmente via i governi attuali, perché la gente vede nero e addossa – più o meno giustamente – l’incapacità di risolvere la crisi ai governi in carica.


Che poi quelli che seguiranno facciano magari peggio è un altro discorso; ma il malumore e il pessimismo sono palesi.


Perciò per quanto i tedeschi vogliano ancora addossarsi il mantenimento della Grecia è assai ipotizzabile: finché saranno pronti a limitare e a circoscrivere i danni di questo default.


La Grecia non è la sola e vi è pure il Portogallo quasi nella stessa situazione finanziaria; mentre Irlanda, Spagna e Italia hanno problematiche diverse.


I primi 2 paesi hanno un default palese, mentre l’Irlanda gode economicamente buona salute e l’indebitamento è dovuto in primis al salvataggio statale delle sue banche, affossate da fallimentari investimenti in titoli americani (basti pensare ai Subprime).


Spagna e Italia, pur non essendo in florida salute, hanno comunque un Pil importante e i bilanci sotto controllo (per ora), messi però a rischio dalla speculazione sui differenziali. Entrambe, messe insieme, producono circa il 35% del Pil Ue.


La politica non ha voluto correggere le storture del mercato lasciando campo libero alla speculazione. Perciò è ovvio che pure l’economia francese e tedesca stia imboccando la strada della recessione, già ampiamente annunciata dallo sprofondare degli indici borsistici.


Il mercato, dopo un breve e emotivo rimbalzo, ha bocciato la manovra da 3.100 mld del G20 e anche il potenziamento limitato dell’Efsf, intuendo ciò che tra non molto potrà accadere.



Quando la situazione diventa drammatica ognuno tende a pensare per sé e la solidarietà spesso diventa un lusso che non ci si può permettere se non si vuol fare la stessa fine di chi si soccorre.


L’Ue, perciò, sosterrà la Grecia finché la Germania vorrà, perciò finché questa non deciderà di mettere in opera il piano di auto salvataggio che da tempo tiene nel cassetto.


A questo punto molti paesi sprofonderanno ed oggi è difficile ipotizzare come poi si sarà e come le nazioni si coaguleranno in forme associative diverse da quella attuale.


È ipotizzabile (auspicabile) che la Germania possa cadere in piedi e calamitare verso di sé le nazioni potenzialmente forti, cioè le aree a maggiore industrializzazione ed ad alto tasso tecnologico.


Il Lombardo/Veneto più che una cultura italiana ha una cultura mitteleuropea, che trae le sue origini da quando era parte dell’impero austroungarico. Periodo nel quale non casualmente si espanse l’industria.


La Lombardia, infatti, è a pari merito con la Ruhr come prima area maggiormente industrializzata ed ad alto tasso tecnologico in Europa.



Le Lega ha preso piede come protesta non verso il Sud – è bene sottolinearlo, nonostante gli slogan – ma verso la gestione della politica italiana che in oltre mezzo secolo non è riuscita a risolvere l’annoso e costosissimo problema dello sviluppo del meridione. È stata un’esigenza (forse inconscia) di Popolo frustrato nelle sue aspirazioni di libertà e di vera democrazia, magari attratta più dallo slogan pedestre che dall’intuizione della ragione vera.


L’essere italiano o germanico non cambierebbe la sostanza del problema, specie in una terra dove da secoli i miscugli di razze e di costumi è perenne tra autoctoni e orde più o meno barbariche. Lo cambierebbe, invece, la sicurezza economica, un’economia compatibile non gravata da vincoli esterni (il Sud), uno sviluppo sano e sicuro basato unicamente sull’individuo/persona che fa sistema, libero da laccioli burocratici che solo uno stato centralista e allo sfacelo può generare.


Basti solo pensare alla grande differenza strutturale (istruzione, sviluppo, industria, Pil prodotto) esistente tra il lombardo/veneto e il resto d’Italia prima dell’Unità d’Italia. Ciò rese il Nord, in cultura e progettualità, più mitteleuropeo che mediterraneo, attento sempre all’innovazione e alla vera libertà, come l’idea federalismo può prospettare.


Se l’€ crolla – e i mercati lo stanno ipotizzando – è naturale che salterà pure L’Ue com’è ora concepita. È facile immaginare che allora vi sarà un profondo rimescolio, atto a unire i popoli similari e a disunire quelli convenzionali.


Le ragioni economiche saranno il disgregante e il collante di nuove identità.



Le ipotetiche logiche che indurranno la Germania ad abbandonare la Grecia saranno le stesse che indurranno il Nord ad abbandonare il Sud, perché non saranno né Bossi né Napolitano a dividere o ad unire l’Italia, ma solo le ragioni dell’economia reale.


Sarà, in pratica, una questione basilare di sopravvivenza e di sviluppo che la solidarietà nazionale non potrà evitare, pena l’affondare tutti insieme.


Le aree forti è probabile che si coaguleranno, formando perciò un ipotetico grande rettangolo geografico che dal Baltico giunga fino al Nord Italia, composto da aree macroeconomiche omogenee, unite magari in modo federativo.



Secessione è una parola forte, che però può includere anche altri concetti, come ad esempio un nuovo assetto geopolitico europeo.


È ovvio che né la Grecia né la Germania attueranno una “secessione” unilaterale dall’Ue se non saranno costrette da forzose ragioni economiche per sopravvivere, che, pur essendo diverse, avranno in comune uno sviluppo compatibile con le proprie possibilità e potenzialità.


Una tartaruga non può correre come una lepre, pena ridurre la lepre a fare la tartaruga. E l’Italia non ha costretto il Nord a fare la tartaruga, ma a foraggiare continuamente il Sud per farlo sopravvivere in nome dell’unità nazionale.


L’Ue è un’unione di popoli disomogenei, in grado di viaggiare economicamente a velocità diverse e non compatibili. Vi sono stati degli errori nel comporre la nuova Europa; ma non si può pretendere che questi errori possano essere perpetuati per … un altro secolo e mezzo.


La finanza ha prodotto l’€; l’economia reale, se necessario, porrà rimedio alla stortura attuale in un modo o in un altro. Compito della politica è quello di risolvere i problemi. Se non ci riesce, piaccia o non piaccia ai politici, l’economia tratteggerà gli eventi e i tempi della Storia tanto nell’Ue che in Italia.


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