mercoledì 19 ottobre 2011

Somos un poco todo de los indignados.


Parlare di crisi comincia a diventare assai noioso perché questa, anziché esaurirsi, continua ad avvitarsi su sé stessa peggiorando la situazione di tutti. Deprime non solo il mercato, ma pure il morale di molti che cominciano ad avere scarsa fiducia non solo nei governanti, ma pure nei politici.


Di tutti proprio non direi, perché nel mondo vi sono pochissime persone e moltissimi enti finanziari che da questa traggono benefici rilevanti: guadagnano speculando e aumentando il loro benessere e attingono con abbondanza alle casse pubbliche.


Gli strateghi, dominus della situazione, forse perseguono un progetto particolare che - a pensar male - lo si quantifica nel ridurre volontariamente il benessere generale, onde aumentarne il proprio. Ciò avrebbe dei contraccolpi importanti economicamente; ma l’economia reale, quella produttiva e del lavoro, oggi è passata in subordine alla finanza proprio come il parente povero giace miseramente davanti al nababbo. La finanza può produrre utili senza impianti strutturali costosi e deperibili all’uso, è assai flessibile, mobile e non è vincolata ad una tempistica produttiva più o meno lunga tra materia prima e utilizzatore: è estremamente intercambiabile e volatile. Ha il solo difetto d’essere accessibile a pochissimi.


Chi sta nelle stanze del potere finanziario proviene quasi sempre dal potere politico. Per citarne uno solo basti ricordare Christine Lagarde, femme d’un certain âge, che da membro del governo francese è passata alla direzione del Fmi, dopo l’imboscata tesa al suo predecessore e connazionale Dominique Strauss-Kahn appartenente, casualmente, ad uno schieramento politico opposto.


Costei, dopo essere stata ministro, ora si avvede che bisogna velocemente ricapitalizzare le banche, proprio come dice Trichet, altro suo connazionale. Non a caso, tuttavia, le banche francesi sono quelle maggiormente esposte sui bonds ellenici insieme a quelle tedesche.


Una domanda sorgerebbe spontanea: ma costoro si sono accorti solo ora di ciò?


Tuttavia fino a circa un mese fa tutti questi strateghi dichiaravano ufficialmente che le banche europee erano sufficientemente capitalizzate e in grado di poter reggere l’urto del default greco, almeno la maggior parte di quelle sottoposte a stress test. Perciò una cosa è ovvia: o costoro erano inetti prima o mentivano spudoratamente.


Cosa è cambiato da allora? Semplice: è crollato progressivamente il mercato a causa della speculazione sui differenziali, specie di quelli italiani che hanno superato in costo d’interesse quelli spagnoli.


Tant’è che la Bce ha quasi imposto al Governo italiano un’immediata manovra finanziaria bis, nonostante che, 10 giorni prima, quella appena fatta fosse stata dichiarata oltre la sufficienza.


Molti istituti bancari, inoltre, in ossequio a Basilea 3 hanno provveduto ad effettuare forti ricapitalizzazioni, per cui non si capisce bene (eufemismo dialettico) dove queste montagne di soldi siano evaporate e a cosa siano servite.



Le banche invece di fare il loro classico mestiere – prestare soldi agli imprenditori per potenziare e finanziare la produzione, quindi l’incremento del Pil – hanno preferito dedicarsi alla speculazione finanziaria, creando tutte, magari in concorso con altre, o dei Fondi o degli Hedge fund, che con leve elevate tentano di inseguire il mito di Creso: rendere oro anche il … letame, cioè tutti quegli strumenti finanziari creati ad arte (Derivati) che non dovrebbero neppure esistere e che la storia ha in buona parte etichettato come titoli spazzatura.


I politici, Obama in testa, davanti ai primi sinistri scricchiolii e fallimenti, sono corsi ai ripari salvando le grandi banche in maggiore difficoltà; le quali, passata la prima paura, si sono messe a speculare di nuovo ancor più potenti di prima.


Per cui, ora, ci vengono a dire che bisogna ricapitalizzarle. Andando sul mercato a raccogliere l’aumento tra gli azionisti? No! Solo usando risorse pubbliche o il Fondo salva stati Efsf.


Domanda particolare: salva stati o … salva banche? Anche se lo portassero a 5.000 mld non servirebbe a risolvere la crisi, proprio perché le varie imponenti immissioni di Quantitative easing in America hanno lasciato le cose come prima.


Tutte le multinazionali manifatturiere, inoltre, invece di svolgere il loro lavoro produttivo si sono dedicate a creare opportune divisioni finanziarie, onde non essere escluse della spartizione della torta speculativa. Per cui, oggi, si rischia un tracollo generale per effetto domino di dimensioni inimmaginabili.


Quanti sanno per quanto è indebitata la nostra maggiore industria?


Alcuni Debiti sovrani sono ingenti, ma tolta la Grecia il pericolo non viene da lì: il vero problema sono le banche, perché se saltano svanisce tutto il sistema di risparmio di aziende e di privati. Ecco perché le Società di rating continuano a declassare molte banche europee e nazionali.



I politici parlano della necessità di mettere in atto delle riforme strutturali, spalleggiati (sollecitati) dai dirigenti delle varie banche centrali, ai quali si aggiungono, onde non stonare nel coro, anche le varie organizzazioni industriali.


Ovviamente tutte queste riforme hanno la coda di paglia, perciò si basano su tagli, tasse, esuberi (licenziamenti) e innalzamento dell’età pensionabile a scapito del lavoratore, onde favorire il pro domo mea.


Perciò si procede con il detto goliardico: tam pro papa quam pro rege bibunt omnes sine lege!


Nessuno, vedendo da dove è venuta la crisi e da dove continuano a sommarsi i pericoli maggiori, mette mano a quella riforma internazionale utile a far diventare il mercato un luogo di investimento e non di speculazione, abolendo ovunque e su tutto lo short selling, le leve esagerate, i prodotti finanziari inutili e dannosi e … via dicendo, forse perché questa sarebbe una riforma epocale e dal costo veramente a zero. Più che a zero in utile, perché eliminerebbe la quasi totalità delle disfunzioni del mercato e eviterebbe molti pericoli esterni ai bilanci aziendali e statali.


E se si tornasse alla parità di cambio delle monete, invece della fluttuazione di mercato, cosa farebbero quelli che ogni giorni minimo con leva 1:2.000 speculano sulle divise?



Emettere un’obbligazione, perciò pure un titolo sovrano, sottintende una domanda ed un’offerta, proprio come avviene tra un privato e una banca: io cerco soldi e offro tot di interesse per tot anni, tu vuoi investire e accetti la percentuale proposta, oppure la contrattiamo per accrescerla non sembrandoti congrua al rischio. Finché tra le due parti avviene la transazione su un determinato tasso e spazio temporale, indicato in mesi oppure in anni.


Ora, tuttavia, un titolo sovrano viene continuamente trattato al mercato mobiliare, nonostante la sua scadenza; e, quasi sempre, viene scambiato per il 90% con vendita allo scoperto, perciò senza possedere il bene materiale (titolo), mettendo in ridicolo non solo il tasso pattuito ma anche la durata temporale fissata, oltre che a variarne continuamente il valore stesso.


Nell’Ue l’Eurobonds risolverebbe molti problemi speculativi, ma non è gradito alle nazioni forti che in questo modo sarebbero maggiormente condizionate ad una politica economica comunitaria.


Eppure quando gli Stati Uniti si formarono molti dei 16 stati fondatori avevano debiti enormi ed erano sull’orlo della bancarotta. Il dollaro assunse il ruolo di moneta comune e i debiti di tutti diventarono l’investimento sicuro del creditore che, sottoscrivendo nel concambio i Treasures, finanziò lo sviluppo di un nuovo grande stato e di una florida economia. Da creditore ormai tradito ad investitore e finanziatore del nuovo stato.



Maggioranza ed opposizione si rimpallano le responsabilità; ma questo è il gioco della politica. L’opposizione reclama governi di larghe intese o di unità nazionale, guardandosi bene però di proporre un programma e di prospettare la possibilità reale di creare un tale governo. Con chi se pure tra loro sono assai divisi?


In ambito Ue vi sono governi di dx e di sx; ma non per questo vi sono isole felici dove la crisi non esista. E dove l’alternanza è avvenuta spesso la situazione è pure peggiorata.


Nel frattempo l’uomo maturo si sente frustrato perché non sa se domani avrà ancora il suo posto di lavoro e di che vivere. Quello anziano rischia la pensione e il giovane si ritrova sul groppone della sua vita l’allegro malgoverno della concertazione, che nei decenni scorsi ha reso il debito pubblico un buco nero infinito.


Tutti guardano in cagnesco la politica e molti si estraniano anche dal voto, accomunando tutti nella stessa considerazione di perfetti idioti eletti, non riuscendo a trovare una persona affidabile in capacità e coerenza sociale. L’antipolitica si fa strada non solo nelle paure, ma anche negli intelletti.



A Todi vi era un tempo Jacopone, religioso, poeta e post mortem anche beato. Ora ve ne sono andati altri per meditare sul libro di Giobbe della vacuità politica, probabile perditempo a mo’ di conclave di un’intellighenzia cattolica che cerca una possibile via propria, pur con personaggi datati, affermati e sicuramente benestanti, che filosofeggiano (male) sul Bene comune senza mai qualificarlo e quantificarlo, essendo economicamente tutti anni luce distanti dal comune mortale che vive ogni giorno sulla sua pelle l’indigenza della vera crisi.


Pure Bagnasco, oltre che mentore, ha detto la sua nella prolusione iniziale, dicendo chiaro a tutti i cattolici che il non impegnarsi in politica è (secondo lui) un grave peccato di omissione.


Ovviamente ne prendo atto e lo metterò insieme a tutti i miei altri gravi peccati che non … confesserò mai, essendo un cattolico degenere oltre che sui generis.


Ma spesso, chi accusa, dimentica o non sa che la traduzione della parola ebraica satana significa accusatore.


Da simbiologo, però, posso accostarlo a Ruini anche fisicamente, con quegli occhi da furbetto e da surfista scafato, con quell’identico modo di parlare, di ragionare e di deambulare. Non ha caso ne è il degno successore, cliché controverso della chiesa attuale.



Da quando la Dc esalò l’ultimo respiro la diaspora cattolica ha cavalcato gli opposti schieramenti in cerca più di un sicuro posto al sole che dell’impegno reale. Infatti, molti di coloro che declamano la difesa dei valori cristiani sono spesso i primi a ripudiarli nella loro vita privata, iniziando dalla sacralità del matrimonio, per finire al diletto … sessuale. Di ciò la cronaca rosa ne è zeppa, specie partendo da quelli più illustri.


Alcuni cattolici sono scesi nell’agone e han provato a rilanciarla come partito, pur con nome nuovo; ma dopo i primi entusiasmi il tutto si è spento per incapacità pratica e mentale di ideare una nuova società da proporre e per la carenza assoluta di forze fresche, con il pratico risultato di creare altri piccoli cespugli.


In questi giorni ho sentito il promotore del Forum dichiarare che i cattolici dovranno trovare per forza un nuovo De Gasperi, tanto in capacità quanto in coerenza.


Trovarlo oggi non sarebbe difficile perché di ottimi cattolici coerenti e capaci ce ne sono in giro, specie tra coloro che sono insensibili alle sirene di Mammona. Il problema è che nella nostra società attuale servirebbe a nulla, perché un partito cattolico oggi sarebbe solo minoranza e a fatica raggiungerebbe le 2 cifre nella migliore delle ipotesi.


La dirigenza ecclesiastica di questi ultimi decenni batte spesso il tasto del relativismo, non avvedendosi che il personalismo stesso è una fenomenologia assai relativista e perdente e che in politica il cattolico e più relativista di altri.


Bonanni, braccio politico del conclave, si è spinto oltre, invitando il governo attuale a levare il disturbo perché inadeguato. Lo affermò serioso e conscio della forte (eufemismo) base elettorale che possiede, considerato che in questi giorni nei lavoratori del più importante quotidiano cattolico la Cisl ha perso i 3 rappresentanti che aveva in favore della Cgil.



Nell’immediato dopoguerra in seno alla curia vaticana l’idea di formare un partito cattolico era molto controversa. Tra i 2 sostituti di Pacelli Tardini era contrario, non ritenendo necessario un partito cattolico che poi tale non sarebbe stato per le varie anime culturali, poi sviluppatesi in altrettante correnti.


Montini, invece, d’estrazione borghese e figlio non casualmente di un ex deputato del partito popolare, propendeva per questa necessità. Ma subito all’interno della neonata Dc vi furono strategie politiche diverse che videro contrapporsi soprattutto De Gasperi e Dossetti.


Come abbia poi governato la Dc, quanti governi e di che durata siano stati e come sia finita lo dice la storia. La quale dice pure che non era un partito, ma un agglomerato di partiti. E di quei governi oggi ne stiamo pagando lo scotto.


Credo che fondare oggi un nuovo partito cattolico sia andare contro la storia ed essere fuori dalla storia, proprio perché l’essere cattolico può avere varianti implicite che possono reggere nella Chiesa ma non nella società.



In Grecia le manovre correttive imposte dalla Troika Bce/Ue/Fmi stanno riducendo il popolo non solo alla fame, ma pure alla disperazione. Una statistica ufficiosa dichiara che tra nuove tasse e tagli agli stipendi il benessere (bagget) familiare e individuale sia sceso in 2 anni del 60%. Infatti, scioperi generali e manifestazioni di piazza sempre più imponenti si infittiscono ogni giorno, nonostante che vi sia un governo di sinistra.


La Grecia, se deve essere salvata, non può essere distrutta totalmente portando il popolo alla fame; soprattutto perché le manovre di (falso) risanamento non hanno ancora mostrato il loro apocalittico scenario di continua implementazione.


Il movimento trasversale degli Indignados si sta espandendo dalla Spagna al mondo, sia perché i giovani sono quelli maggiormente colpiti dalla disoccupazione, sia perché il loro futuro è stato gravemente compromesso non tanto da genitori e nonni, bensì da politici incapaci e da dannose speculazioni finanziarie.


Oggi siamo tutti un po’ indignati, chi più e chi meno; e domani lo saremo ancora di più, perché il futuro che pensavamo di aver costruito farà ripiombare indietro il nostro benessere di decenni, se non di un secolo.


Domenica prossima vi sarà l’ennesimo G20 in cui si spera, proprio perché la speranza è l’ultima a morire.


Tuttavia se da quando è iniziata la crisi non sono riusciti a trovare la strada per risolvere i problemi, mi pare utopistico pensare che ora ci riescano, specie se sono sempre quelli, pur con qualche alternanza, che in questa situazione ci hanno cacciato. Quegli stessi che ci stimolano ad essere tanti Indignados.


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