venerdì 1 luglio 2011

Imperativo categorico: correggere il mercato.



Venerdì 24-06-2011 vede i mercati cercare un rimbalzo alle flessioni precedenti. La mattinata scorre tranquilla con il FitseMib che oscilla in positivo tra lo 0,75% e 1,30%.


Le altre piazze europee seguono lo stesso solco e all’orizzonte non vi sono cattive notizie, né dati macroeconomici significativi.



L’Ue ha ufficializzato la nomina di Draghi a futuro presidente della Bce; ma questa non avrebbe dovuto essere una notizia tale da condizionare i mercati, essendo già nota da molto tempo. A meno che un attacco speculativo assuma il rilievo di rivalsa.


La sera prima Moody’s ha annunciato che, dopo aver messo sotto osservazione il Debito sovrano italiano, ora metterà sotto analisi anche diverse banche nazionali in vista di una possibile riduzione del rating.


Se il bilancio economico del padre (Italia) è sotto osservazione può benissimo essere compresa anche l’analisi del patrimonio della prole (banche).


Va tuttavia rilevato che i principali istituti nazionali hanno già subito degli stress test poco fa e che li hanno superati.


L’Ue è nella bufera per il Debito sovrano greco, ormai in chiaro default; ma le banche italiane non hanno in portafoglio titoli sovrani greci, se non, eventualmente, in minime quantità.


Chi, invece, detiene importanti quantitativi di tali rischiosissimi titoli sono in prevalenza le banche francesi, seguite dalle tedesche e in misura minore da una inglese.


Sottoporre perciò ad un stress test le banche italiane è catalogabile ad una miope scelta operativa, specie se quelle tedesche (a suo tempo soccorse dal Governo federale) e francesi non sono sottoposte ad analogo processo pur detenendo nel proprio portafoglio ingenti titoli sull’orlo del default ormai certo.



Le società di rating sono americane e fanno il comodo loro non essendo soggette ad alcun controllo, non solo del loro operato, ma pure del loro giudizio.


Hanno interessi enormi che le vedono coinvolte in intrecci societari che, appunto perché tali, dovrebbero escluderle dal compito che svolgono.


Sono talora in disaccordo tra loro nei giudizi espressi; e nella grave crisi economica/finanziaria che ha coinvolto il pianeta possono essere considerate i colpevoli maggiori, avendo certificato molte banche, fondi di investimento e hedge fund da tripla A (il massimo dell’affidabilità) fino al giorno prima del tracollo.


Obama, nella sua lungimirante politica, non ha provveduto a tagliare le unghie a queste società con una regolamentazione rigorosa, lasciandole libere di procedere come prima in giudizi e interessi.


I loro annunci influenzano il mercato, dando adito spesso a importanti manovre speculative.



Verso le 11,45 della mattina, proveniente da oltremanica, solo sulla borsa italiana si scatena un grande attacco speculativo ribassista di oltre mezz’ora, che vede coinvolti tutti i principali titoli bancari e anche i titoli sovrani italiani. Le altre borse del continente rimangono inalterate nel loro ciclo positivo senza alcuno scossone.


Capofila di questo attacco pianificato nel dettaglio sono 2 importanti hedge fund londinesi, affiancati da altri minori e da istituti finanziari.


Per capire bene l’entità dell’attacco basti dire che in una sola giornata sul mercato borsistico italiano sono stati riversati una tale quantità di titoli che, di norma, vengono trattati in un’intera settimana di forti scambi.


Le quotazioni che erano largamente positive flettono sotto le vendite allo scoperto, soverchiate nelle resistenze da milioni di titoli.


Alcuni titoli in pochissimi minuti vengono rinviati per eccessiva volatilità (eccesso di ribasso) e altri raggiungono perdite di oltre il 10%, solo in parte corrette nel prosieguo della seduta.


Alcuni titoli finanziari hanno in corso aumenti di capitale; ma, nonostante ciò, il titolo scende a precipizio ben sotto la quota di sottoscrizione dell’aumento.


Mentre altri, che l’aumento l’hanno già concluso da tempo, scendono a loro volta sotto la quota di adesione.


Questo fatto è importante per capire una cosa molto semplice: chi sta sottoscrivendo l’aumento di capitale, o lo ha appena fatto, sarebbe idiota a vendere sottocosto.


Però, quando ciò avviene, è ovvio che per l’azionista investitore vi sia un duplice danno sia nel titolo che nell’esborso.


Le vendite che inondano i mercati sono perciò tutte allo scoperto: in pratica chi vende non possiede in portafoglio i titoli, ma vende speculando assai, fidando di ricomprarli a prezzi molto più bassi.


I grandi guadagni sull’azionariato oggi capitalizzano i maggiori profitti facendo precipitare le quotazioni.


Sintomi e prove di questa strategia si erano già avuti nei giorni precedenti osservando la quantità dei titoli trattati, specie di quelli soggetti ad aumento di capitale. Le quotazioni, infatti, erano progressivamente scese in molti casi quasi azzerando il valore dei diritti.


In pratica oltre al fatto di far scendere le quotazioni si voleva boicottare l’adesione all’aumento stesso.


E ciò sta avvenendo da tempo a tutte le grandi aziende finanziarie nostrane impegnate con aumenti.



Il differenziale dei titoli sovrani italiani nella stessa mattinata raggiunge i 212 punti, quasi raggiungendo i 220 toccati tempo addietro nel momento peggiore.


Eppure l’Italia in questo momento non è a rischio. Lo sarebbe in prospettiva futura se il rigore di bilancio fin qui espresso venisse a mancare o per un cambio sostanziale della politica di questo governo, o per un cambio di maggioranza che procedesse in modo diverso.



La crisi greca dovrà essere risolta politicamente dall’Ue, considerato che questa è una piccola nazione.


La soluzione deve essere trovata internamente e la lezione avuta dovrà servire pure per ridimensionare gli ingenti Debiti sovrani di molte altre nazioni.


Lasciare al default la Grecia è far saltare l’Ue stessa, perché sotto gli attacchi speculativi neppure le grandi nazioni possono reggere. E con la Grecia salterebbero pure alcuni importanti istituti francesi e tedeschi.


Non per nulla l’asse franco/tedesco ha fatto pressione sui proprio istituti di credito in modo che volontariamente procedessero ad un rollover dei titoli ellenici, che, come pare, saranno rinnovati e quindi diluiti a lungo termine (30 anni).


La ristrutturazione del Debito sovrano greco, benché sempre dichiarata improponibile dalla Bce, è l’unica via possibile per mantenere a galla la Grecia, anche se vincolata alla draconiana manovra correttiva che il parlamento ha appena approvato in queste ore.


Va rilevato che né la manovra correttiva, né il sostegno finanziario Ue saranno sufficienti; e che altre su ambedue i fronti dovranno seguire non essendoci altre alternative.



Le vicende nell’azionariato italiano di questi giorni hanno messo in rilievo che il mercato, se lo si vuole intendere come risparmio ed investimento, dovrà essere velocemente riformulato nella sua operatività, purgandolo da tutte quelle formule operative che poco hanno a che fare con l’investimento stesso e moltissimo con la sola speculazione.


Diversamente l’investimento produttivo verrà distrutto e l’azionista vero sarà invogliato a lasciare.


Troppi prodotti finanziari impropri sono stati prima permessi e poi legalizzati; e molti di questi, pur essendo stati considerati spazzatura, inondano i mercati e pure i portafogli di molte aziende finanziarie.


Sono i cavalli di Troia utili a destabilizzare il mercato e a creare crisi finanziarie che portano inevitabilmente con sé delle gravi crisi economiche.


Ciò nonostante, da quando la crisi dei mutui americani è esplosa, nessun governante di stato o di banche centrali ha voluto metterci mano.


Molti affermano che il mercato è il mercato; ma se il mercato distrugge le economie è ovvio che allora il capitale diventi un soggetto nefasto atto a schiavizzare, anziché un oggetto utile allo sviluppo ed al benessere.



Il mercato mobiliare italiano è sceso più di altri ultimamente. E lo ha fatto sotto ondate di vendite allo scoperto e raggiungendo minimi mai visti prima.


La vendita allo scoperto deve essere abolita perché è eticamente scorretto che chi non possiede un bene lo possa vendere: è un controsenso logico, pur se il mondo moderno è pieno di tali controsensi anche esistenziali.


L’abolirla o il proibirla è possibile e basta averne la volontà. E, essendo le varie piazze azionarie indipendenti e soggette a regolamentazioni proprie, per farlo non vi è bisogno dell’assenso delle altre.


Già in passato ci sono stati interventi provvisori per impedirla, che hanno dato immediati risultati soddisfacenti. Basti per tutti ricordare la Merkel.


Lasciare affossare le quotazioni vuol dire oggi non solo rendere le nostre aziende possibili e facili prede a costo quasi zero di soggetti esterni, ma pure il vanificare in parte gli stessi aumenti di capitale in ossequio ai rafforzamenti patrimoniali di Basilea 3.


I titoli in portafoglio, infatti, sono parte importante delle attività dei bilanci; ma se questi si azzerano è ovvio che il bilancio ne risenta.


Servono pure a quantificare la ricchezza/risparmio privata, utile a bilanciare in economia il Debito sovrano.



Pure i Titoli sovrani devono essere tutelati e in parte sottratti alle ondate speculative. Diversamente l’investimento fiducioso dell’affidamento di capitale ai vari stati diventa una pura speculazione.


Vanno perciò regolamentati nella trattazione in modo diverso, vincolandoli a precisi parametri non affidati esclusivamente alla volatilità del mercato.


Correggere le regole sbagliate del mercato mobiliare vale oggi molto di più che praticare tagli draconiani alla spesa pubblica.


Deve essere la prima modifica strutturale tra quelle tanto invocate.


Diversamente i tagli ridurranno redditi, investimenti e sviluppo; e la speculazione, lasciata libera di galoppare, creerà ulteriori danni in aggiunta a quelli sinora prodotti.



Sento parlare di nuove formule e tasse (nuove o rimodulate) nella finanziaria in preparazione.


Tutto può essere utile a correggere i conti; ma se non si correggono prima le regole del mercato a nulla serviranno se non a peggiorare la situazione.


Le vecchie ricette non hanno evitato il tracollo del mercato, quindi la crisi finanziaria e la conseguente crisi economica che ha portato recessione e stagnazione.


E se si dimentica da dove è partita la crisi e come questa sia stata prodotta, allora siamo al punto tale da dover pensare che la Grecia non si potrà guarire e che si prolungherà solo la sua agonia, e che, poi, la speculazione sui mercati porterà a morte altre nazioni.


La speculazione prima attaccava in modo consequenziale seguendo i vari anelli deboli, quasi su una logica procedurale.


Ora, invece, questa avanza in modo quasi referenziale attaccando anche nazioni forti, per cui nessuno può considerarsi al sicuro.


Vi sono riforme strutturali importantissime che possono avere un costo zero e dare benefici inimmaginabili alle economie delle varie nazioni.


Proibire per sempre la vendita allo scoperto, e ogni marchingegno utile ad aggirarne il divieto, è l’imperativo categorico primo utile a bonificare i mercati, oltre alla necessità di sottrarre i titoli sovrani alla speculazione.


Poi, ben vengano pure anche i tagli agli sprechi e tutte quelle economie strutturali atte a ridurre notevolmente i debiti sovrani.


I governi occidentali, da quello greco a quello italiano, mi pare che stiano puntando solo su nuove tasse, su privatizzazioni e su alchimie di finanza creativa. Serve ben altro!


Credo che senza una immediata ristrutturazione dei mercati tutto ciò sia inutile. O meglio: utile solo a produrre tanta rabbia sociale, quella rabbia che, pur in modo diverso di percezione, Paolo VI indicò come la rabbia dei popoli.


E la rabbia sociale porta con sé tre conseguenze perniciose: la voglia di autoritarismo, il populismo e il qualunquismo. Tutti requisiti che anche nelle ultime elezioni – amministrative e referendarie – si sono chiaramente sovrapposti nel nome della democrazia.


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