La Storia insegna che ogni 70 anni circa il mondo umano cambia radicalmente il suo modo di pensare, di agire e di operare. E, in base a ciò, pure i costumi, gli ideali e le credenze, le necessità e le priorità.
E ciò che una volta si otteneva con la violenza vera e propria (uso della forza fisica o militare) oggi lo si ottiene in altri modi.
Un analista di norma è sempre materialista. Non nel concetto classico di agnostico, bensì in quello reale che fa uso della logica per sommare avvenimenti e intenzioni in un procedimento strutturale conoscitivo, basato sulla probabilità più che sulla possibilità.
L’escatologia religiosa porta al personalismo individuale. Tuttavia si impernia sul trascendente, perciò sul possibile; difficilmente sul probabile, appunto perché il probabile ha bisogno della “materia”, quindi della realtà contingente.
La probabilità, quindi, ha spesso poco a che fare con la possibilità, tant’è che il “miracolo” (trascendente o esoterico) non è previsto come prova nei tribunali.
Di conseguenza un analista mette in conto, non escludendola, la possibilità, notando però che nella procedura analitica e logica essa diventa infinita nella realtà, quindi ininfluente e irrealistica.
La possibilità è sempre all’ennesima potenza. Si riduce a numero primo reale quando diventa probabilità.
E quando il numero primo diventa 1 la probabilità è realtà!
Riducendo tutto ad un esempio banale poniamo la possibilità che un ottantenne maschio sia ancora sessualmente perfetto.
In via teorica ciò potrebbe essere possibile, perciò anche realistico.
Se analizziamo fisicamente l’ottantenne poniamo, ad esempio, che 10 anni prima costui sia stato operato da un tumore alla prostata, poi che un paio d’anni dopo abbia avuto un intervento al sistema cardiocircolatorio, che sia diabetico, che abbia ipertensione arteriosa e che la vita che conduce, nonostante l’età, sia, per impegni suoi, molto logorante perciò stressante; in conseguenza di ciò, appena costui si fermerà, tenderà ad addormentarsi.
E limitiamoci a queste reali, ma valide, deficienze fisiche, che creano, però, delle conseguenze probabili, quasi automaticamente certe, nel loro succedersi e accavallarsi.
L’analisi dei fatti materiali, perciò contingente, rende la presunta possibilità sessuale una chimera trascendentale.
Quindi il credere (ipotizzare) che l’ottantenne possa avere rapporti ricorrenti come un quarantenne, specie se con continuità e con una pluralità di femmine, rende il pensiero totalmente utopistico nell’ambito biologico dell’uomo. Più che un uomo anziano sarebbe un robot fantascientifico.
Posto ciò come provato dalla scienza medica, perciò reale nella sua materialità, le possibili deduzioni sulle azioni di merito del ruspante e arzillo ottuagenario o si incanalano nella probabilità effettiva, oppure scemano nel ridicolo logico anche e soprattutto a carattere legale.
Eppure certe volte mi imbatto in idioti patentati che affermano che ciò sia possibile, perché ora vi sono i ritrovati miracolosi come il viagra o similari. I quali possono sì dare stimolo, ma non possono sopperire alle invalidazioni precedenti, né rendere il fisico dell’ottuagenario quello di un ventenne.
I nostri avi dicevano: con la lingua e con il dito l’uomo anziano in amor è sempre ardito!
Frase che non ha bisogno di alcuna parafrasi per essere compresa.
Questo esempio casuale pone in essere come la possibilità sia spesso manovrata, da singoli o da gruppi, per ottenere la propria finalità, privandola del probabile e, con ciò, della logicità analitica.
Il pensiero umano dovrebbe svolgersi sempre su binari telematici, perciò su un’analisi attenta e rigorosa di cause ed effetto della realtà, viaggiante su due direzioni parallele, perciò conducenti ad uno stesso identico risultato.
La guerra (in senso sociale lato) vecchio stampo, basata sulla forza dei numeri e dei mezzi messi in campo, coinvolgendo troppi uomini pone una grande quantità di variabili che spesso portano a scambiare la realtà con l’agognata possibilità.
Ciò porta, in assenza di un’analisi logica, a risultati fuorvianti che castigano gli stessi ideatori.
Traslando il concetto alla realtà dei nostri tempi potremmo citare fatti politici, eventi economici e finanziari, oppure vere guerre materiali sul territorio, come quella in Iraq, in Afganistan o, in tempi remoti, in Vietnam.
Robert Strange McNamara, ad esempio, fidando sulla semplice logica della possibilità, ritenne che il dislocare un numero soverchiante di uomini e di mezzi conducesse a sicura vittoria.
Non inserì nella propria analisi logica, visti i risultati avuti, tutte quelle materialità vincolanti che portarono, di fatto, gli U.S.A. alla sconfitta effettiva sul campo.
Similari esempi molto recenti, forieri di risultati negativi, li possiamo trovare in politica, in economia e in finanza.
Spesso mi capita, come ultimamente, di analizzare determinati paragrafi di alcuni noti pensatori, trovando in coloro cha basano tutto il procedimento su dei teoremi trascendenti la stessa degenerazione logica e analitica.
Uno degli errori più frequenti è quello di mettere nel discorso come soggetto logico un vero oggetto, posto il quale è ovvio che l’uomo (soggetto reale operativo) possa diventare un semplice oggetto atto unicamente a veicolare l’azione.
Non più, quindi, attore reale dell’evento – con conseguente merito o demerito, colpa o pena -, ma solo mezzo di congiunzione, in pratica privato dall’operatività cosciente in un processo iniziato non si sa da chi e come, perciò vittima egli stesso dell’evento.
L’uomo subisce l’evento (realtà) anziché padroneggiarlo e controllarlo, diventando un predestinato e nello stesso tempo un oggetto transeunte.
Ciò porta il soggetto ad asserragliarsi in comunità, sfuggendo al proprio dovere d’essere popolo e attorniandosi di steccati atti a difenderlo da infiltrazioni esterne, capaci però anche di estraniarlo dal mondo esterno, quindi dalla realtà.
Ho notato che questo procedimento è spesso ben accolto da tutti quei fideisti professi e conclamati che basano il proprio credere su semplici frasi fatte, perciò che si limitano a prenderle come assodate e inattaccabili, anche se datate da millenni, pur avendo spesso la capacità per agire diversamente e di produrre un vero processo di analisi logica.
Cosa manca a costoro (pensatore e lettore)? Il procedimento logico basato sulla probabilità contingente che scaturisce dall’evolversi del tempo, perciò del modificarsi continuo del pensiero, delle necessità, degli ideali e delle priorità. In pratica delle dimensioni variabili atte a modificare la realtà e con essa il necessario giudizio conoscitivo.
Sono nell’ignavia dell’accettare o produrre un discorso complesso e articolato, incapaci di porsi nel mutuo consenso del confronto costruttivo che, tramite la reciprocità, fa compiere progressi significativi a tutte le parti in causa.
Pur vedendo la realtà è come se il tempo (del sapere) per loro si fosse fermato ad un punto insuperabile prefissato; perciò guardano al totem come se fosse il risolutore di ogni loro problema. La verità viene da quello ed è indiscutibile, sia questa conclamata da millenni o da altri (totem: media, politici, religiosi) a cui si fa riferimento.
Invidia trae le sue radici dal verbo latino invidère, che corrisponde all’italiano guardare di traverso. Di conseguenza la realtà non viene considerata come soggettiva all’uomo, bensì come oggettiva perché non analizzata nel verso giusto, perciò diretto, ma solo ponendosi ad una visuale trasversale.
Viene perciò “invidiata” (invisa), di conseguenza non considerata nel suo valore e aspetto reale.
Il totem innesca l’azione e loro diventano oggetti di semplice congiunzione e di successione fino al risultato finale.
In questa logica il male e il bene diventano soggetti trascendentali (entrambi i lemmi sono virtuali e non materiali/reali), mentre l’uomo un “oggetto” di semplice sviluppo, intersezione e congiunzione dell’evolversi di fatti e di reazioni.
L’individuo della comunità chiusa da steccati, in tale simile processo, assume la percezione di essere privilegiato, perciò di predestinato a depositario dell’unica verità.
La comunità si trasforma così in setta, ponendosi nell’enclave propria del ghetto.
Ciò avviene in politica, in religione e nella società, specie quando i flussi migratori non assumono, per varie cause contingenti (lingua, costumi, valori, ideali e necessità) quella reciprocità rispettosa dell’ambiente civile in cui ci si cala.
Dopo la rivoluzione industriale con vari passaggi siamo giunti alla rivoluzione telematica.
E questa porta seco non tanto la globalizzazione, anche se la favorisce, ma il controllo sistematico veloce di molte funzioni operative che prima necessitavano di molto tempo, di ingenti forze e di grandi risorse umane.
Tutto si adatta alla telematica: l’economia, la finanza, l’industria, la ricerca e anche gli apparati militari e sociali, oltre ai media, ovviamente.
Alware e malware sono oggi mezzi operativi per combattere su un fronte nuovo, virtuale nella posizione, ma reale nel risultato.
La questione iraniana inerente alla produzione di uranio arricchito, per fini forse militari, ha posto in essere una questione importante su come impedire la prosecuzione del progetto già in stato terminale.
Le sanzioni economiche non sono state un deterrente efficace e l’opzione militare sarebbe stata estremamente costosa, oltre che impopolare nella stessa società non potendo essere praticata a costo zero.
L’esperienza irachena e afgana, pur tra loro diverse ma combattute con vecchie modalità, hanno posto e pongono interrogativi pressanti non tanto di liceità e di opportunità, bensì di praticabilità e di convenienza.
Urgeva trovare un’altra via percorribile, atta a dare risultati consistenti.
E questa via nuova di combattere, impensabile solo un paio di decenni fa, trova il suo riscontro nella telematica.
Recentemente si è appreso che specifici attacchi informatici hanno danneggiato i server iraniani che sovrintendono il processo industriale di arricchimento dell’uranio, spostando la realizzazione del processo di almeno 4 anni.
Ciò è stato possibile perché oggi molte funzioni di controllo sono state delegate, per ovvia praticità, all’intelligenza artificiale, perciò ai supercomputer.
E ciò avviene in tutto il mondo.
Senza entrare nei dettagli tecnici è facile osservare che per non essere inutili i supercomputer devono sempre essere in rete, perciò in costante collegamento tra loro; ma la rete è necessariamente globale, perciò planetaria.
Ciò elimina la distanza geografica tra ricercatore e centro di ricerca, tra fornitore e acquirente, tra centro di controllo e produzione, tra progettazione e stabilimento, tra trasformazione e consumatore; ma, altresì, pone in costante collegamento anche soggetti tra loro contrastanti.
Le informazioni corrono in rete e queste possono essere intercettate pur lasciandole libere di compiere il loro percorso.
Se non erro le centrifughe usate dagli iraniani per arricchire l’uranio a fini atomici sono di produzione tedesca, come pure le turbine.
Ovviamente queste sono in commercio e perciò non prodotte solo con la finalità a cui gli iraniani le destinano. Possono essere acquistate tranquillamente per fini industriali disparati.
Per essere programmate e controllate devono tuttavia usufruire del sistema telematico, perciò dell’uso di potenti computer in grado di elaborare in frazioni di secondo anche milioni di operazioni matematiche. Diversamente il loro uso sarebbe problematico e reso quasi vano.
E sfruttando la conoscenza delle “necessità” operative delle centrifughe, facilmente acquisibili in rete dalle informazioni sulle caratteristiche commerciali, si è operato per programmare l’attacco informatico.
Un simile progetto non può essere fatto da un burlone perditempo che per diletto scrive un alware, ma ha bisogno di tanti mezzi tecnici e finanziari, oltre che di molti uomini capaci in grado di lavorare all’unisono nella reciprocità progettuale.
Ovvio, pertanto, che dietro questo attacco non vi sia una sola persona, per quanto capace, ma uno stato o più stati uniti da un intento comune.
Intercettando la comunicazione tra i vari centri operativi iraniani è presumibile che si siano introdotti quegli alware in grado prima di poter nidificare, per espandersi e riprodursi poi nel sistema operativo di gestione del progetto.
Risultato: modifica del sistema di difesa, modifica del sistema di gestione e di controllo e stordimento generale in grado di ritardare di molto la bonifica e la riprogrammazione nuova del sistema produttivo, oltre che di comunicare al sabotatore ogni eventuale nuova intromissione e modifica.
Nella finanza (mercati mobiliari), pur con modalità diverse, questo sistema è stato usato ultimamente per contrastare alcune speculazioni monetarie di attacco a determinate divise e a certi titoli sovrani, sia ritardando l’esecuzione degli ordini telematici istantanei (rendendoli spesso operativamente vani perché poi superati), sia bloccando per un certo tempo i sistemi automatici di acquisto/vendita che intervengono in prefissate situazioni; oppure, semplicemente, impedendo la visione immediata degli indici e dei flussi azionari.
Questi attacchi di guerra moderna telematica con il mio ragionamento iniziale ha un’importante prerogativa in comune, perché il cervello umano e l’intelligenza virtuale operano allo stesso modo.
Perciò basta distrarre l’uomo e la macchina dalla loro priorità esistenziale, che è poi operativa, spostando con un bombardamento mediatico o telematico le loro necessità operative dalle vecchie alle nuove, impedendo loro (uomo e macchina) momentaneamente di ragionare, quindi di analizzare ciò che avviene.
Ed è ciò che la storia, pur priva di telematica, ha realizzato con i cicli temporali di 70 anni, che corrispondono grosso modo alla vita di una persona: si apprendono certi valori e li si tramanda modificandoli in base alla propria esperienza, per tramandarli poi, ulteriormente variati, alle nuove generazioni nella successione dei cicli.
L’attacco telematico al sistema produttivo dell’uranio iraniano si basa sull’esperienza acquisita nello studio, nel secolo scorso, degli inserti subliminali. I quali possono essere usati anche in modo fraudolento per fini politici, commerciali o di business.
Purtroppo i vari Tg nazionali oggi impongono la notizia con una successione declamatoria rapida atta a stordire l’ascoltatore, privato, nel rapidissimo udire in successione, della possibilità di ragionare e di confrontare, perciò di effettuare la reciprocità tra percepito e pensato.
Il consumismo non a caso ha avuto come mezzo dirompente i media, proprio perché poté penetrare simultaneamente nella massa.
La fiducia non deve mai essere cieca, bensì data sempre ad occhi aperti. Diversamente porta a risultati nefasti o di sudditanza.
Ciò vale tra coniugi, perché l’attenzione all’operare effettivo dell’altro serve a migliorare il rapporto nella reciprocità costruttiva dell’essere coppia; vale anche in religione, perché diversamente si diventa comunità ristretta e setta che si rinchiude nelle proprie convinzioni trascendentali, rendendo il proprio intendere un puro relativismo ideologico ed etico. Vale anche in economia e nella società, perché la proclamazione del diritto acquisito tende ad asservire gli altri a sé stessi; come vale pure in politica quando, come spesso avviene, la realtà non viene analizzata nella probabilità analogica della reciprocità, bensì manipolata nella sola possibilità dell’utilità che può produrre.
L’uomo d’oggi ha bisogno di un sistema inattaccabile di difesa per non essere schiavizzato anche ideologicamente e politicamente; proprio come i computer per non essere infettati e prostrati a finalità diverse.
E questo sistema è il potersi concedere il tempo necessario per analizzare e comprendere ciò che ci viene quasi instillato con il bombardamento mediatico.
La reciprocità non può fare a meno del mutuo consenso; e senza di questo non si costruisce nella pace, ma si distrugge solo nella guerra, appunto perché i vari lemmi usati non vengono percepiti con lo stesso significato e finalità.
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