sabato 7 marzo 2009

Vi sono ancora i Liberi e Forti?

Circa un secolo fa veniva lanciato questo appello ai cattolici di buona volontà:

A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e di libertà. [1]

I concetti di Patria, giustizia e libertà allora avevano un significato assai diverso da quello odierno.

Quello di Liberi e Forti, volendo, dovrebbe essere ancora inalterato; ma quello che, purtroppo, non lo è più, e che non si vedono più in giro gli uomini di quello stampo e, per la precisione, neppure molti religiosi nella gerarchia ecclesiastica.

Me lo faceva rilevare un amico, ex cattedratico di lungo corso, poco tempo fa in una sua mail a proposito del Card. Carlo Maria Martini, a cui, per inciso, va il mio caloroso incitamento e la mia totale amichevole fratellanza morale in questo grave momento di dolore, che restringe, ogni giorno di più, il suo già precario stato di salute per l’avanzare dell’età e della malattia.

Guardando attentamente, i gruppuscoli “popolari” sono numerosissimi ovunque nella nostra società, ma hanno il grave difetto d’essere schierati a testuggine intorno ad uno, o poco più, personaggi politici che viaggiano nella terza età.

Vi sono, è vero, anche altri più giovani, intenti a formare il loro nido politico dopo essersi sganciati dal proprio raggruppamento parlamentare in attesa dell’opportuno migrare in un altro, così tanto per salvare la faccia.

Quanti sono è difficile dirlo, ma se li cataloghiamo in una centuria non siamo tanto lontani del vero.

Questa frammentazione politica da dove trae le sue origini, considerando che sono soprattutto a matrice cristiana e che, ciò nonostante, non riescono ad aggregarsi per sostanziali modalità di intendere e di concepire la politica?

La risposta è ovvia e deprimente: i principi e i valori che tutti propugnano hanno, in ogni gruppo, un significato diverso, per lo più perché il loro concentrarsi è dovuto ad interessi settoriali contrastanti.

Abbiamo i popolari del PD, quelli del PDL, quelli dell’UDC e le innumerevoli forze minori facenti riferimento o a politici non militanti nei gruppi principali, o a ex parlamentari della vecchia DC, o, infine, a formazioni cattoliche di tipo paraecclesiale o sindacale.

Non solo: nei vari raggruppamenti parlamentari vi sono correnti disomogenee nello stesso intendere principi e valori.

Ciò significa che l’ideale religioso e sociale che li guida non ha né la stessa causa, né la stessa finalità.

Non per nulla, nel mio ultimo articolo “La concezione personalista.”, esprimevo la mia contrarietà al personalismo religioso[2], specie quando si trasforma, inevitabilmente, in individualismo egocentrico, considerandolo una deviazione esistenziale filosofica. Ne, a questa degenerazione, sfugge la Chiesa, la quale pone al vertice una concezione del personalismo ancora più dannosa, perché tende a diventare fenomenologica relativistica ancorata al solo intendere del vertice gerarchico: l’integralismo personalista!

Ciò che contraddistingue, all’analista, queste forze, di personalismo religioso, attive nel campo sociale è l’assoluta incapacità di proporre, perciò di saper creare un dettagliato piano civile alternativo al sistema attuale, di cui, invero, ce ne sarebbe estremo bisogno e non solo per la grave recessione in atto.

La loro caratteristica è solo quella di contestare l’operato altrui, di dissentire da ogni iniziativa, specie se governativa, e di reclamare diritti e assistenza sociale senza inglobarla nel sistema economico nazionale.

Ne consegue che se a livello ecclesiale, al vertice, si sfonda nel campo dell’integralismo personalista, in quello civile si defluisce nel settarismo corporativo, prospettando solo insignificanti palliativi settoriali scorporati dal contesto.

Vi è recessione e disoccupazione? Bene: diamo il sussidio di disoccupazione come vi è la cassa CIG per i lavoratori; poi il sostegno alle famiglie, alle aziende e via di questo passo finché … la cuccagna dura, perché è ovvio che per fare tutte queste belle cose ci voglia ricchezza e non ingenti debiti come noi abbiamo. Ma noi, non siamo forse il paese di Bengodi o di Pulcinella dove il problema si risolve sempre estraendo il coniglio dal cappello della finanza pubblica?

In verità nel cappello ci dovrebbe stare la “testa” e non il coniglio, ma alcuni non l’hanno ancora capito.

In “L'estinzione dei dinosauri.” ho trattato espressamente dell’incapacità di questi gruppi di saper proporre progetti completi e dettagliati, e del limitarsi solo alla declamazione di principi generali, propria del personalismo.

Il convegno di Todi, per quel poco che con fatica sono riuscito a racimolare, è la pratica attuazione di questa mera realtà operativa: il non saper costruire insieme perché si antepone l’interesse alla necessità.

E se alcuni volevano fare passi in avanti verso una costituente, altri si sono affrettati a dichiarare che bisogna aspettare tempi migliori, perché le attrattive di molti sono contrastanti e costringerebbero non a un passo indietro di tutti, ma a molti di più.[3]

Ciò significa che il tanto decantato e sbandierato Bene comune è solo un concetto astratto presente sì nel lessico politico, ma inesistente nella realtà, soppiantato dall’interesse individuale che vede il politico di professione lottare strenuamente per la difesa della posizione acquisita.

Sicché, stando così le cose, continueremo ad avere tanti Cicciobello arroccati intorno ai loro privilegi.

Tutto ciò, tuttavia, non è solo il frutto del nostro tempo se si ricorda come, cinicamente, le correnti minoritarie della DC sapevano affossare un governo con i franchi tiratori ogni circa sei mesi.

Perciò non vi è nulla di strano se i “seguaci” rimasti pratichino ancor oggi i loro giochetti di potere.

Il Governo attuale ha enormi difficoltà e pure limiti. Ma in tale situazione la contrapposizione frontale e il solo dissentire sempre non sono indicati. Serve costruire insieme; perché insieme si uscirà da questa drammatica situazione o si naufragherà tutti.

Ovviamente per costruire non vi è bisogno di appoggiare il Governo che ha già una solida maggioranza. Serve, però, il saper ideare e proporre un sistema sociale alternativo completo, o correttivi importanti in grado di farci uscire dalla recessione.

E bisogna farlo non erigendo barricate ideologiche, ma nell’offrire la propria competenza e professionalità nell’umiltà del servizio.

Si costruisce sempre nel confrontarsi costruttivamente!

Un accenno a parte merita la Costituente, ormai non più rinviabile a tempi migliori.

Una forza politica emergente e attiva deve saper trovare nella sua base, più che al vertice, le forze sane atte a produrre un nuovo soggetto omogeneo, produttivo e utile alla società.

Se ci guardiamo attorno vediamo tanti credenti che occupano posti importanti con mansioni direttive nella società: università, pubblica amministrazione, economia, finanza, industria, commercio, ordini professionali …

E pare impossibile che tra tutti questi non si possano trovare alcuni uomini capaci di saper costruire insieme qualcosa di nuovo, di positivo e di molto importante per il futuro.

Pure tra la base di molti gruppi popolari vedo delle persone preparate e valide, non solo tra la nuova generazione, ma anche tra la vecchia guardia politica che, pur con degli sbagli, ha saputo reggere per anni il Paese.

E anche nel tuo piccolo movimento, che tante aspettative ha inizialmente prodotto, vedo persone assai utili alla causa, anche se alcune demoralizzate dagli eventi e dal continuo procrastinare.

L’esperienza di alcuni e l’entusiasmo di altri può essere il mix giusto per implementare un nuovo soggetto politico importante.

La Lega è radicata sul territorio e nelle valli e fa la sua fortuna (anche alle prossime vicine elezioni lo sarà) col privilegiare, innanzitutto, la società esistente nella solidarietà strutturale del territorio.

La sua è una degenerazione pratica e pragmatica del personalismo religioso, ormai laico, che fa della solidarietà e del consociativismo spicciolo nelle varie realtà territoriali, anche se a carattere egoistico.

Purtroppo attrae una grande massa di persone da opposti schieramenti, tant’è che Cacciari e Chiamparino, non due qualsiasi, se ne sono accorti bene. Piaccia o non piaccia con il loro asserragliarsi in comunità danno una risposta, forse falsa e provvisoria, alle aspettative ansiolitiche della gente. E gli slogan “Prima i nostri e poi gli altri” non possono essere eticamente né contestati, né demonizzati come razzismo, perché è la regola prima esistenziale di ogni comunità.

Il Cattolicesimo, quello ancora sano e impegnato nella società e nel volontariato, non può più stare inerte a guardare la nave che affonda: deve reagire e riprendere il suo cammino sulla base di quei Principi e Valori che altri stanno usurpando e snaturando nel significato.

La Carità si basa anche sulla solidarietà; in quella compartecipazione sociale che è capace di offrire all’altro non solo un perbenismo di facciata, ma quell’aiuto a camminare e a crescere insieme che rende forte e autonoma una comunità.

Todi, Savino, forse ha indicato, più che un inizio, un capolinea terminale politico: un modo errato di intendere la militanza politica come professione invece che donazione.

Tra tanti arrivisti, pur con tutti i tuoi limiti oggettivi, sei uno dei pochi che è lì (in Parlamento) al servizio della comunità, senza altro interesse specifico. Non sei un carrierista!

Il tuo compito, ora, è quello di fare la tua strada con chi vuole costruire e non con chi vuole solo “conservare”.

Guardati attorno e vedrai tanti capaci e vogliosi di edificare insieme qualcosa di importante, magari anche sconosciuti, ma comunque altamente motivati. Aspettano solo che qualcuno si muova coagulando attorno a sé il seme germinale e fecondo di un grande albero futuro.

Sturzo non partì con un esercito pronto, ma con un manipolo di volenterosi. Le cose grandi si costruiscono dal poco, ma soprattutto con la dedizione e l’intuito della potenzialità futura.

Che poi la Dc sia degenerata questo non è addebitabile a Sturzo, ma a chi ha fatto diventare il partito un lupanario di potere.

Ci attendono non mesi, ma anni difficili prima di ricreare un nuovo benessere.

L’industria e il commercio si stanno fermando totalmente e il volano delle opere pubbliche necessita di tempo per rimettere in moto l’economia.

La CIG, in febbraio, è esplosa in Europa e molte aziende, anche italiane, sono sull’orlo del default; se ciò avverrà, il sistema finanziario, che in Italia finora, bene o male, ha retto, salterà come in America con un devastante effetto domino.

E la CIG, spiace dirlo, si dilaterà ulteriormente nei prossimi mesi.

Non ero entusiasta degli ecoincentivi alla rottamazione delle auto, specie se solo fine a sé stessi. E il mercato ha dimostrato che il trend del settore permane, perché senza reddito è impossibile spendere.

Serve lungimiranza, sacrificio, dedizione, parsimonia e … immensa tenacia.

Credo che uscire da una logica personalista, anche se di derivazione (positiva) sindacale “cislina” sia necessario, perché le problematiche sul tappeto non sono solo di tipo conflittuale aziendale, ma di tutto il sistema sociale.

E le prossime elezioni non debbono essere interpretate come una causa sine qua procedere, perché non è con un paio di deputati in Europa che si risolveranno i problemi.

Il mio non è un proclama alla Sturzo, ma solo un invito operativo che si leva da molte parti.

Serve una nuova società e i capaci non bisogna aspettare che aderiscano, ma serve soprattutto radunarli. Poi, quando il seme si espande, la pianta cresce da sé.

È possibile: basta crederci!

A meno che, invece dei Liberi e Forti, vi siano solo tanti conigli Cicciobello tremebondi per la recessione e incapaci di saper costruire nel sano pragmatismo cristiano, nonostante le tante qualifiche professionali poste davanti al loro nome quale fiore all’occhiello.

Credo che ora sia possibile e necessario attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, e sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti.




[1] - 18 Gennaio 1919 - Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano – Appello: Liberi e ai Forti.

[2] - Specie a quello di Mounier e Maritain, assai diverso da quello originale socratico/aristotelico.

[3] - Il concetto pratico era questo anche se le parole no.

Nessun commento: