martedì 28 ottobre 2008

I miei passi solitari in cresta.

Un amico mi scrive, su uno dei miei ultimi articoli:

Ciao caro Sam, questa tua riflessione è stimolantissima e la condivido pienamente.
Però non so quanti, nell’attuale Italia, sono in grado di leggere più di 10 righe di un pensiero articolato.
Lo so purtroppo per esperienza.
Io ho provato a tagliare il più possibile le mie riflessioni e, magari, ad esprimerle in più blog.
Mi rendo conto che tagliare è uno sforzo tremendo, sentiamo che perdiamo qualcosa, che il nostro pensiero non è completo... ma mi sono chiesto: è meglio che il pensiero espresso soddisfi me stesso o è meglio che gli altri lo leggano?
Buona giornata.

Credo che il problema, così posto, sia un falso problema.

Vorrei partire dall’ultima domanda “è meglio che il pensiero espresso soddisfi me stesso o è meglio che gli altri lo leggano?”.

In verità quando lavoro (e lo scrivere lo è!) lo faccio sempre con gioia e con piacere, perché ritengo che ciò non sia un mio divertimento, magari narcisistico, e neppure un dovere; ma, come afferma Kärl Häbsburg, sia solo il voldere[1]: il volere (desiderare e perseguire) il dovere, perciò l’essere Persona consapevole nell’interezza del concetto.

Io faccio il mio dando ciò che mi è possibile alla comunità (e pure a me stesso), che a sua volta deve dare il suo. Se non lo fa il problema non è più mio, ma altrui.

Purtroppo noi veniamo da una cultura degenerata (in senso positivo) che eticamente ha imposto il dovere (sopportazione morale) come imperativo categorico sociale; e la Chiesa per secoli ci ha messo del suo e ultimamente … pure.

Si parla, oggi, di papa teologo; ma, sinceramente, dopo Paolo VI non ne ho più visti di tali; e forse sarà, a questo mondo, la mia sola tesi in questo senso, con tutto il rispetto dei successori.

In sostanza vedo solo dei “praticanti”[2] di concetti filosofici fenomenologici datati e non la creazione (sviluppo) di nuove teorie adatte ai tempi: ci si ancora al passato come se il tempo si fosse fermato.

Perciò succede che le problematiche diventino stantie e si incancreniscano avvitandosi su sé stesse.

Il rapporto con la scienza, la morale sul sesso, la problematica relativa al celibato dei preti, l’etica nell’economia[3], la concezione dell’amarsi[4] tra coniugi … e il rapporto tra nazioni e religioni sono alcuni esempi significativi che non sono stati risolti con il solo riaffermare i concetti precedenti: sono tutt’oggi sul tappeto in una società amorfa in movimento, non tanto nella realtà esistenzialista sociale, ma per lo più come sviluppo concettivo e risolutivo dei vari problemi.

Manca uno specifico concetto analitico e procedurale logico, che amalgami tutto in modo uniforme.

E non li si risolverà mai (i problemi) se non si creeranno dei canali privilegiati di dialogo, onde sviluppare e far comprendere appieno le ragioni di tale settoriale disposizione etica/morale.

Le problematiche sul tappeto le si risolve solo nella condivisione simultanea sia dell’autorità che le emette che della parte che le deve applicare; diversamente si viaggia su canali contrapposti destinati solo ad allontanare le parti e le leggi (civili o morali) assumono unicamente l’aspetto delle “grida” manzoniane che tutti vedono affisse, ma che nessuno legge: ognuno va per i cavoli suoi.

La stessa cosa vale in campo sociale, quindi politico.

Ecco perché le chiese si svuotano continuamente e i partiti disseccano le loro radici nel territorio (gente)!

Non ho mai tagliato il “mio” pensiero, ma l’ho sempre ulteriormente sviluppato per farmi comprendere meglio.

Probabilmente è vero quanto l’amico afferma “Però non so quanti, nell’attuale Italia, sono in grado di leggere più di 10 righe di un pensiero articolato.”; però questo è un problema di cultura, perciò di preparazione e di abitudine al colloquio (e il leggere lo è) che coinvolge nella responsabilità formativa paritetica tanto la chiesa, quanto lo stato (scuola).

Ovvio che il fermarsi a discutere con certe persone sia tempo perso, perché l’articolare non appartiene al loro modo di sviluppare il proprio essere Uomo. Sono incapaci di pensare, di ragionare e poi comprendere: non hanno avuto un’appropriata formazione e quella dettata dai media è assai carente.

Il pensiero è come un’equazione e se noi lo scindiamo in più parti che ne otteniamo? Non più un discorso completo teso a sviluppare (risolvere) una problematica ed a farla comprendere, bensì un insieme di pensierini sconnessi che hanno bisogno di ulteriore capacità intellettiva (inesistente) per essere nuovamente assemblati in un discorso completo: il destinatario non ne sarà mai capace!

Di che abbiamo bisogno? Di input sparpagliati o di un ragionamento completo e condiviso?

Diverso è il discorso se si usano gli inserti subliminali per stimolare il pensiero ed indirizzare la massa verso un certo modo di essere; ma il pensiero a pezzi difficilmente può essere un inserto se slegato dal contesto reale di un ragionamento articolato.

Quando mi è stato proposto di formattare un nuovo blog, sul quale inserire o un nuovo filone o la copia degli articoli pubblicati su quello sorgente, ho analizzato con attenzione il problema sollevatomi ed ho deciso che, per ora, era assai più utile creare un doppione maggiormente pratico e semplice, nell’operatività, al visitatore, piuttosto che uno nuovo.

[5], il sorgente, come continuazione del lavoro iniziato, che si snoda seconda un certo ordine programmatico, quasi come un libro diviso in molteplici capitoli; qua[6] un accesso più semplice e diretto pur con l’identico contenuto.

In pratica ho anticipato, nella modalità operativa, l’interrogativo dell’amico lettore, senza tagliare alcunché, ma solo seguendo un determinato specifico programma attento agli avvenimenti e alle problematiche.

Chi da circa un anno mi segue con attenzione (ma pure il nuovo lettore che voglia rivedersi il percorso fatto) avrà trovato una certa continuità discorsiva, tesa non solo ad analizzare la problematica trattata in essere, ma pure il proporre, al contempo stesso, delle ipotesi risolutive (anche se incomplete e personali): mai una critica fine a sé stessa, ma sempre propositiva.

Ho inserito la foto della Cresta di Rochefort con la didascalia “I miei passi solitari in cresta”, appunto per sottolineare la difficoltà del percorso e la complessità delle tematiche che oggi affliggono la nostra società.

Entrambi (foto e didascalia) sono un inserto subliminale stimolante che genera inconsciamente un “seguito”.

Cartesio disse: Cogito, ergo sum!

Il problema dell’uomo comune di oggi è che non pensa affatto, ma segue con l’istinto i suoi bisogni primari e secondari. Ciò porta, inevitabilmente, alla manipolazione dell’uomo comune, deviandolo, per interessi politici o commerciali, verso le aspettative (programmi) di alcuni. Perciò non ci si meravigli se anziché essere concepito come Persona viene trattato da oggetto!

Siamo in una società consumistica e perciò non c’è di meglio che pascolare il cittadino con il “prodotto” usa e getta.

Nella didascalia ho inserito due aggettivi significativi: miei e solitari. E posso confermare che le tracce lasciate su quella cresta erano solo mie; non per nulla è stata percorsa[7] da pochissimi scalatori tra il Dente del Gigante e le tre vette della Grandes Jorasses.

Una lettrice mi ha chiesto se questa era una sfida intellettuale lanciata nell’iperspazio telematico.

Ho risposto che nelle mie intenzioni proprio non lo è; al contrario è solo un invito ad effettuare un determinato percorso che non può essere solo ripetitivo, ma veramente personale: diversamente non si raggiunge alcun risultato pratico e sarebbe solo emulativo.

La cresta è impegnativa e la foto non rende completamente giustizia alla realtà: un solo sbaglio e si vola … via.

Perciò serve concentrazione, preparazione, volontà e convinzione nelle proprie possibilità.

Sviluppare un pensiero complesso non è semplice, specie se si vogliono raggiungere determinati risultati atti ad armonizzare il tutto.

Oggi lo vediamo chiaramente pure in politica, dove si procede spesso con progetti isolati, quasi meri pragmatici tentativi slegati dal contesto complessivo. E la situazione sociale attuale ne è il frutto inequivocabile.

Ovviamente ciò significa che i nostri rappresentanti (non tutti) hanno una preparazione sommaria per effettuare il loro compito e non per nulla siamo nell’era del bipartitismo e del “biliderismo”[8]: ci si schiera e si seguono le direttive del leader, o del partito, come tanti intellettuali organici, con la differenza che di intellettuali veri ce ne sono pochi nei palazzi del potere.

Una delle dottrine di Keynes maggiormente seguita è quella che risponde al postulato: lavori pubblici uguale a rilancio dell’economia e dei consumi.

Keynes, però, la concepì in un determinato contesto sociale e non credo che, se ci fosse ancora, approverebbe l’enormità del debito pubblico che ogni stato ha collezionato, specie se si è giunti al risultato attuale.

Similmente, nel Trattato sulla moneta, elucubrò sull’uso opportuno delle imposte e della leva sui tassi (il TUS) per controllare l’inflazione e di riflesso i consumi.

Perciò l’applicare una teoria datata in un contesto storico diverso è sempre rischioso.

Poco fa Trichet ha annunciato che nella prossima riunione della BCE si taglierà ulteriormente il TUS[9] onde dare ossigeno all’economia ed alle imprese.

Rivado, perciò, con piacere a mesi fa quando ero uno dei pochissimi che contestava la politica della BCE sul rialzo continuo del TUS, motivandola pure.

Ovviamente non sono tanto idiota da sostenere che la riduzione attuale sia il frutto delle mie personali considerazioni; ma ho citato questo fatto, come potrei citarne molti altri, per sottolineare come il pensiero articolato nella realtà sociale ed economica possa portare, prima o poi, alle stesse identiche considerazioni e deduzioni: se si vogliono raggiungere certi risultati la cresta dobbiamo affrontarla tutti, perciò percorrerla da solitari, con il nostro pensiero, ripercorrendo l’eziologia epistemologica di chi ci ha preceduto.

E ciò è valido pure nell’ambito religioso.

Fare brevi pensieri non è disdicevole e può essere estremamente utile al lettore, specie se sono input a carattere religioso, sociale e morale; è un po’ come i proverbi sapienziali dei nostri vecchi che instillavano nelle menti, non avvezze all’architettura del pensiero, le piccole e significative regole comportamentali.

Quello, però, che rende opportuno un discorso complesso, o il pensiero breve, è l’obbiettivo che si sta perseguendo: il target a cui è destinato.

Personalmente ho sempre notato che i miei testi hanno un seguito significativo e una media molto alta di presenze giornaliere, anche se non dell’uomo comune; ma, considerati i contenuti non potrebbe essere diversamente.

Rispondendo, in chiusura, alla domanda di fondo “è meglio che il pensiero espresso soddisfi me stesso o è meglio che gli altri lo leggano?” possiamo concludere che un pensiero complesso ed articolato ben fatto deve innanzitutto soddisfare l’autore[10], perché in tal caso significa che ha espresso un buon lavoro.

E su questa base (soddisfazione) è ovvio che potrà pervenire pure il lettore che troverà nel lavoro eseguito una piattaforma utile di confronto per sviluppare il proprio convincimento.

Poi, è ovvio che la Logica di Hegel non sia per tutti, come non lo è la comprensione di un’enciclica a carattere teologico.

Ma, se mi è concesso, neppure la Cresta di Rochefort è consona all’escursionista domenicale.

A costui, pertanto, è utile osservarla da un comodo belvedere vallare: il pensiero semplice e breve come i proverbi sapienziali.




[1] - Filosofia, sociologia ed etica nel nostro tempo - 1984

[2] - Papa Ratzinger è molto ferrato in teologia, tuttavia non è un teologo, nel vero senso della parola, che ha espresso (od esprime) nuove concezioni; lo ritengo un grande esperto di storia della teologia.

[3] - Basti pensare alla suddivisione economica dell’utile delle “sue” impresa in C. Lubich, che, pur in ambito ecclesiale, giunse a considerazioni analoghe alle mie sociali, espresse nei vari articoli raggruppati sotto la voce Verso una Costituente. - Parte I° e successive.

[4] - The warrior and the power of the love. - C. Cinco - 1984

[7] - L’ho affrontata due volte e sempre in solitaria. La prima fino alla Punta Margherita, battendo poi in ritirata per il maltempo; la seconda con traversata completa e con discesa al rif. Gervasutti.

[8] - Neologismo coniato da alcuni politici per indicare la contrapposizione pratica, in politica, tra due soli leaders.

[9] - Ufficialmente: perché l’inflazione non fa più paura; ma questa è solo una pratica scusante per salvare la faccia e non ammettere i propri errori.

[10] - Stiamo parlando di pensiero filosofico/sociologico e non di agglomerato casuale di semplici e disparati pensieri.

3 commenti:

Giuseppe Sbardella ha detto...

Ciao Sam, ho scoperto che abbiamo un amico in comune: Giovanni Battista Montini in arte Paolo VI, il più grande Papa "incompreso" del XX secolo.

Buona notte

Anonimo ha detto...

Mesi fa mi sono imbattuta per caso nel suo blog e guardando le foto l’ho riconosciuta, anche se il suo nome allora era diverso. Lei non conosce me, anche perché non sono mai riuscita, anni fa, a fendere la sicurezza che la proteggeva per presentarmi. Più volte ho cercato di comunicare con lei sul blog, ma mi veniva sempre richiesto un ID; ho pure tentato di registrarne uno ma si vede che la mia familiarità informatica è carente. Vedendo questo articolo ho trovato in nota il nuovo indirizzo blog per cui … ci sono. Ho scoperto pure Sesac e gradirei conoscere qualcosa di più su questo suo amico scrittore che ambienta tutto nella foresta: propone temi e contenuti molto interesanti e ha una grande cultura. Scrivo qualcosa anch’io, per cui qualcosa ne capisco: talora ha un tratto pittorico molto fine. Questo suo articolo riepiloga bene la sua personalità e riassume il metodo operativo ed analitico che lei usa.Trovo questo blog molto più accessibile e facile da navigare; perciò la ringrazio a nome di tutti gli indecisi … asini di Buridano assai imbranati in materia, per aver pensato pure a noi comuni mortali.
Avanzo solo un ipotesi: Sam Cardell è il suo vero nome?
Saluti. Paola Martin

Sam Cardell ha detto...

Gentile Signora Paola,
cercherò d’essere conciso nel rispondere alle sue domande.
La navigazione nel blog sorgente è abbastanza facile ed intuitiva. Se lei ha visionato le foto con un po’ d’attenzione sarebbe pure arrivata al mio recapito.
Difatti cliccando su “profilo” compare una prima videata; e cliccando su “visualizza dettagli profilo” si giunge poi all’aspetto web e a quello Messenger, dove trova pure l’e-mail.
Se uno è registrato può accedere ad altri contenuti riservati con la mia autorizzazione personale, diversamente no.
L’autorizzazione la concedo solo alle persone qualificate alla materia, essendo i contenuti non per tutti.
Relativamente a Sesac il nome stesso è un acronimo e l’identità è soggetta alla privacy dell’autore, per cui non è di mia competenza. Personalmente ospito con piacere alcuni suoi scritti.
Talora mi capita, e pure ultimamente, di dover rispondere sull’identità di me stesso e la cosa mi pare assai semplice oltre che ovvia: nel blog trova pure la copertina di un mio libro con tanto di nome ben visibile, per cui …
Poi, se volessi celarmi dietro un nick, non crede forse che eviterei di mettere le mie foto alla visione pubblica?
Altro discorso è invece quello relativo al suo dichiarato mancato incontro nel passato, sul quale, non avendo alcun riscontro, non posso esprimermi.
Faccio solo rilevare che un conto è un possibile servizio d’ordine ed un altro quello sulla sicurezza: non credo d’essere tanto importante da essere ferreamente (stato) protetto.
Perciò, probabilmente, lei mi confonde con altri.
Faccio una piccola osservazione sul layout del suo gradito commento: scriva pure tranquilla senza remore in futuro compresi i capoversi, giacché non vi è alcuna restrizione e limitazione al testo.
La ringrazio e saluto.
Sam