lunedì 20 ottobre 2008

Un pensiero tra i fatti nostri.

Quante volte, guardando alla Storia, ci siamo accorti che il pensiero ha creato disastri inimmaginabili nel genere umano?

La II° Guerra mondiale ha prodotto qualcosa come 60 milioni di morti: più di tutti gli abitanti dell’Italia di oggi.

Eppure di guerre ce n’erano state anche prima, e molte, senza che l’uomo ne traesse appropriati insegnamenti per il proprio vivere civile.

Egoismo, arroganza, protervia, disprezzo delle esigenze (diritto) altrui, bramosia, odio, integralismo, fondamentalismo, razzismo … sono le cause che spesso portano alla iattanza del potere: il voler essere superiore (sottomettere) all’altro.

L’altro è il nostro prossimo, identificabile nel termine latino alter homo: uno qualsiasi, uno qualunque, in pratica chi ci sta accanto, senza distinzione di parentado o di conoscenza.

Le guerre non vi sono solo tra nazioni, bensì anche nelle stesse famiglie, là dove queste vengono concepite solo come punto focale per sviluppare il nostro egoistico interesse e tornaconto.

Mi sono trovato spesso ad analizzare situazioni difficili di convivenza e sempre ho trovato che l’unione non era basata su un profondo legame consapevole affettivo, ma solo su quello istintivo.

E l’istinto, di norma, non si addice molto alla ragione e convive con quello altrui finché l’interesse dei soggetti associati collima su uno o più punti basilari; poi, se questi vengono a cadere, sorgono le difficoltà e i contrasti che possono talora concludersi pure con atti tragici.

Basta guardare i media per trovarne a iosa tutti i giorni; e pure loro, per fare il loro esclusivo interesse di parte (audience), non guardano troppo per il sottile e si avventano tanto sulla vittima quanto sul carnefice con sadica e famelica cupidigia.

Gli antichi filosofi dicevano che la nostra libertà finisce dove comincia quella altrui. E quella altrui comincia anche nel rispetto di una tragedia o nel comprendere un errore.

La grande recessione del ’29 non ha insegnato molto agli uomini, come la II° Guerra mondiale non ha impedito il succedersi di altre guerre, fortunatamente di minori dimensioni.

Oggi un'altra grande crisi economica – la finanziaria globalizzata – minaccia la nostra esigenza di un vivere sicuro e decoroso. E avviene sulla base del facile guadagno, perciò di strumenti finanziari generati appositamente per poter speculare, senza troppa fatica e rischio, a scapito del risparmiatore: i Derivati e tutti gli altri assimilabili a questi.

E tali strumenti non sono stati ideati da pazzi scatenati, bensì da “geni” della finanza appositamente “accolturati” (non acculturati) in prestigiose università americane ed europee.

Basti pensare agli Swap che tanti organismi pubblici hanno sottoscritto, e pure di casa nostra.

Perché lo hanno fatto? Semplice: perché hanno emesso troppi public bond che non si sa se riusciranno a rendere alla scadenza. Ed allora ecco lo stratagemma: trovo un soggetto (banca o finanziaria) a cui pago un rateo annuale e che si assume il rischio di garantire il sottoscrittore (investitore) in caso di mia insolvenza.

Ma siccome le ciambelle non sempre riescono con il buco, può darsi che il soggetto che emette lo swap lo faccia solo per incassare il rateo e che non sia, come è avvenuto, in grado poi di poter far fronte all’impegno perché troppo … grande per le sue possibilità.

A sua volta costui, spesso, ne sottoscrive con altri soggetti per proteggersi le spalle, in una garanzia a catena che porta ad emettere altri bond sul mercato, i quali creano altri swap con la facile conclusione che per 100 € di bond alla fine ne circolano sul mercato più di 1 milione.

Da qui la crisi attuale.

E il cittadino comune che fa? Pagherà non solo il debito emesso dall’ente pubblico, ma pure il premio che ha versato al garante e, dato il salvataggio statale stabilito dal G7, anche tutti gli altri debiti che sono stati innescati a catena in questo modo.

Perché si dice che in questo solo modo si salva l’economia e quindi anche il nostro tenore di vita attuale.

Ma una domanda, e non solo all’esperto, viene spontanea: quale economia, quella di chi ha intascato facendo il furbo?

Sì, anche per questo, ma pure per tutti i debiti, compreso quello enorme pubblico statale, che i nostri politici hanno accatastato sull’altare dello sviluppo.

Dopotutto chi ha legiferato in materia per consentire tali strumenti? I deputati e i senatori, rappresentanti del popolo che li ha eletti!

E magari, tra voi lettori, c’è pure qualcuno che ha sottoscritto bond, frutto di swap, che garantiscono il nostro debito pubblico?

Ma ciò sarebbe poco; magari tra i nostri piccoli investitori ve ne possono essere pure alcuni che, per guadagnare, hanno inconsapevolmente sottoscritto dei CDS (Credit default swap) che scommettevano sul fallimento dei soggetti garantiti da swap.

E questo, se ci pensiamo, è proprio il bello di tutta la faccenda: si è investito scommettendo sulla nostra rovina!

Grazie dell’attenzione!

3 commenti:

Giuseppe Sbardella ha detto...

Ciao caro Sam, questa tua riflessione è stimolantissima e la condivido pienamente.
Però non so quanti, nella attuale Italia, sono in grado di leggere più di 10 righe di un pensiero articolato.
Lo so purtroppo per esperienza.
Io ho provato a tagliare il più possibile le mie riflessioni e, magari, ad esprimerle in più blog.
Mi rendo conto che tagliare è uno sforzo tremendo, sentiamo che perdiamo qualcosa, che il nostro pensiero non è completo...ma mi sono chiesto: è meglio che il pensiero espresso soddisfi me stesso o è meglio che gli altri lo leggano?
Buona giornata

Anonimo ha detto...

“Viaggiando”, per caso, l’ho trovata pure qua, carissimo prof. ing. Sam.
Certo che sono lontani i tempi in cui ci dirigeva e insegnava a tutti facendo estrema attenzione ai bisogni di ognuno; e solo un maestro del subliminale come lei poteva mettere quell’emblematica foto fantastica, sia nel panorama che nel significato, accompagnata da quella semplice illuminante didascalia.
Che scrissero anni fa? Colui che sempre parte dal punto in cui tutti gli altri si fermano arresi!
Vado volentieri con il pensiero a Bonn quando calamitò per ore, con quel fantastico discorso, le migliaia di persone che l’ascoltavano in assoluto silenzio. E, mi permetta di sottolinearlo: che discorso tra cotante persone!
Trovo il suo pensiero sempre molto chiaro e lungimirante, attento al passato, ma sempre proiettato sul futuro.
Pure in questo piccolo intervento esprime, come sempre, l’attenzione positiva alle problematiche attuali con quel suo stile umoristico e sorridente che non è mai apocalittico neppure nei momenti drammatici.
Voglia, pertanto, gradire questo mio breve saluto e … ringraziamento.
Vittorio G.

Sam Cardell ha detto...

Gentile Vittorio,
lei mi mette in imbarazzo per più motivi e ho avuto la tentazione di cestinare questo suo commento.
Cita una frase, a me relativa, che Percoli inserì nella sua prefazione ad un mio libro: perciò non la posso negare.
Però posso aggiungere che Sam Cardell mai parlò a Bonn e che, perciò, forse lei si riferisce a qualcun altro.
Usufruendo della sua affermazione sull’umorismo, ne approfitto per aggiungere che di asini che si assomigliano ce ne sono tanti; ed io sono uno di questi: in tutti i sensi.
Per il resto posso condividere le sue osservazioni.
La ringrazio sia del commento che della visita.
Sam Cardell