domenica 14 gennaio 2018

Lettera aperta ad un povero curato di campagna … scanzonato.


Oggi, venne in visita da me Sesac; e mi consegnò questo racconto che pubblico, come sempre, assai volentieri.
Tratta, come consuetudine, della vita degli animali della foresta e dei fatti di un tempo che fu.
Ogni accostamento del racconto a eventuali simili fatti della realtà è … puramente casuale.

Sam Cardell
 
Tratto da “i Dialoghi” di Sesac
 
Io, Sesac, da tempo non visitavo Leone.
Avevo saputo del suo infortunio casalingo e della sua prolungata convalescenza.
Seppi che aveva da poco ricominciato ad adoperare l’arto, grazie ad una placca in titanio di Leisinger, che mesi prima si era fatto volutamente impiantare.
Perciò, certo di non essergli d’impiccio, mi recai una sera sul tardi a visitarlo. Era un sabato sera.
 
Entrando lo salutai con una battuta: Ave, Leone bionico!
Mi sorrise e pure Billyno alzò il suo musetto per salutarmi, menando la coda, assiso comodamente sulle gambe di Leone che stava sdraiato sulla sua fantastica poltrona presidenziale.
Lo trovai in buona forma, nonostante l’età e i malanni.
 
Mi disse che in estate, prima dell’infortunio, era pure tornato con le dovute precauzioni in altura, accompagnato dall’amico bocconiano Piro.
Or, una volta, avvenne che Piro, data l’età e la mole, andando insieme un giorno per pigne di mugo per produrre mugolio, lassù oltre il Plagna sulla cresta del Visolo dove il Vandul strapiomba sul Dezzo, scaricasse le … pile.
Sicché, tornando, Leone gli consigliò di prendere delle bustine particolari di sali, onde recuperare velocemente e non creare dell’acido lattico nella muscolatura.
Il buon Piro prese sì quelle bustine, ma quelle per atleti, la cui dose, però, anziché essere diluita in un bicchiere d’acqua bisognava versarla in una bottiglia intera. Bevve, si ristorò e in un quarto d’ora recuperò una forma smagliante.
Sicché, avendo sempre osservato le femmine in minigonna con un certo compatimento da provetto cattedratico, avvenne che si ritrovasse per alcuni giorni, vedendole, a sentire … strani richiami … sessuali, comunque ben controllati.
 
Mentre amabilmente si chiacchierava, Leone mi offrì una fetta delle sue famose crostate, sfornata poco prima, accompagnandola con un bicchiere di pregiato Vin Santo dei toschi colli. Pure Billyno ne pretese, leccandosi i baffi.
Nell’ampia stanza, infatti, ancora aleggiava il profumo del lievito vanigliato, della farina di cocco e del vino liquoroso.
 
Leone era tornato in serata dal suo abituale orizzonte di analisi.
Non potendo quel giorno spaziare oltre, si era recato nella pieve del borgo, anche se il druido burino era ormai per lui un libro aperto, letto e riletto fino alla noia. Lo riteneva un pollo da ingrasso, perciò un cappone, uno di quei polli castrati destinati ad imbandire le tavole natalizie.
Tuttavia, nonostante ciò, era l’emblema d’una chiesa morente, arroccata su storielle, favole e fatti fantasmagorici che ai più non dicevano più nulla. Ragion per cui le pievi diventavano sempre più deserte.
Leone aveva scarsissima considerazione di costui, degno esemplare di quella casta di serviti che riteneva, com’era solito dire decenni prima al grande Aperitivo Purpureo, allevati nei seminari come tanti polli da batteria.
 
Or avvenne che il druido, durante l’omelia, s’infervorasse con quella voce da bue impazzito che usava nell’oratoria e nel canto, forse infastidito da alcuni fedeli, intenti o a guardarsi attorno per smaltire la noia, o a guardare l’orologio per vedere quanto costui la dilungasse, oppure intenti a meditare sui fatti propri.
Il druido notò, stando costui nei primi banchi – almeno tale gli parve – che uno addirittura dormisse beato, infischiandosene dei suoi sublimi insegnamenti di scienza infusa.
Sicché, anonimamente, lo citasse ai fedeli con voce sonante. Costui, tuttavia, gli parve che non si riscuotesse, per cui chiuse l’omelia con voce tonante e irritata in questo modo: Non dormiamo; svegliamoci!
 
Leone citava all’occorrenza il detto: Dio paga sempre il sabato. Aggiungendo di norma: Leone, invece, paga anche alla domenica o al lunedì o nel giorno che meglio ritiene opportuno.
Perciò, raccontandomi divertito il fatto, decise di prendere carta, penna e calamaio e così scrivere:
 
Lettera aperta ad un povero curato di campagna … scanzonato.
 
Carissimo druido,
mi consenta di usare tale lemma, così com’era solito iniziare le sue famose lettere Paolo di Tarso.
Lei mi dirà, correggendomi: San Paolo.
Guardi, sarà pure santo, ma per me è stato solo un teista farisaico che ha impregnato di mentalismo il cattolicesimo, compreso l’attuale.  – La prego: per capirmi bene tenga accanto a sé lo Zingarelli o il Treccani. Grazie! -
Tornando a noi, le scrivo per congratularmi con lei per la sublime omelia, or ora fatta, infarcita da varie invettive contro i fedeli, rei di non pendere dalle sue labbra, onde assorbire la scienza infusa che da queste fuorusciva come un fiume in piena.
Mai, oserei dire, mi sono ritrovato ad ascoltare un curato tanto saputo in teologia e in filosofia. Forse sarà perché il suo predecessore era un discreto filosofo, dedito nelle omelie a sviluppare un buon discorso per sé e a farlo recepire, nello stesso tempo, ai fedeli.
Teoricamente lei potrebbe essere un BarMaghreb, o, per dirla tutta, un trans-umanoide, intento a fondersi in un meta-umanoide. Noti bene: non ho detto transumanista o metaumanista.
Ovviamente ero colui che, secondo il suo encomiabile giudizio, dormiva.
Sa, il problema è che al Papa Gioanì mi han detto che quando il tremor essensialis si manifesta in modo virulento dovrei prendere 10 gocce di lexotan o 18 di valium. Essendo medicinali e avendo possibili effetti collaterali, ho trovato un metodo migliore e senza effetti collaterali, se non la … sua stizza: ascoltare le sue omelie. Hanno per me un effetto rilassante e risanante, oltre ad istruirmi in modo eccelso su dove stia andando la Chiesa attuale: verso il disfacimento totale!
Vuol sapere perché non mi sono svegliato al suo tonante richiamo? Semplice: non dormivo affatto, anche se ad occhi socchiusi. Uno che è perfettamente vigile non può svegliarsi.
Da scientist qual sono, seppur a riposo, infatti, ho imparato negli anni che lo stare ad occhi socchiusi e in posizione di rilassamento è uno splendido modo sia di analisi che di recepimento.
Ovviamente, potrei essere uno dei pochi ascoltatori – non voglio osare dire d’essere il solo – capace di riepilogare tutto ciò che lei ha detto con tale sapienza. Non solo; potrei citarle anche le omelie precedenti a cui ho assistito, comprese tutte le castronerie confusionarie nelle quali si è avventurato.
Pure la Leonessa, infatti, dall’alto della sua preparazione culturale e religiosa, me lo faceva annotare pochi giorni fa.
Sa, chi per ben cinque volte in un’omelia dice che i santi si adorano non fa un lapsus, ma un errore sostanziale teologico. Proprio come chi confonde più volte i Sadducei con i Farisei, nonostante abbia appena letto ciò. Oppure quando si confonde la presentazione al tempio con la circoncisione.
Ma così va il mondo, quando il ragionamento (eufemismo puro) usa sillogismi verticali e orizzontali come un … geometra di quarta falciata.
La sua  frase discorsiva emblematica preferita? No, non è così! Scusi: perché non aggiunge mai come dovrebbe essere, in modo che tutti noi, volgo beota, lo sappiamo e non restiamo nell’ignoranza?
Lei è esperto in diaclasi discorsive, sia religiose che teologiche. Mi congratulo con lei.
Conosce il Domine Jesu Criste? O forse non ha studiato il latino?
Ebbene, qua si era soliti recitarlo con il celebrante da quando il Vaticano II fu fatto. Scusi la domanda: lei, allora, c’era già?
Il mio grande amico e Gran Druido Lux – colui che secondo la stampa nazionale e internazionale più innovò la liturgia dopo il Concilio - afferma che può benissimo essere recitato in entrambi i modi, perché è una preghiera sia individuale che collettiva.
Poi, qua, giunse lei che dichiarò – Sic! Parole testuali. – che ciò era totalmente sbagliato, perché spetta al celebrante recitarla, in quanto costui è l’intermediario tra Dio e il Popolo. Guardi, non è per correggerla, ma il Concilio Vaticano II ha affermato ben altro: il celebrante è colui che presiede l’assemblea. Infatti, han girato pure l’altare.
E tornando al Domine Jesu Criste, che faccia irosa (educata?) faceva se qualcuno, abituato a farlo da decenni, iniziava involontariamente a dirla insieme a lei? Oh, mi consenta: quanta immensa carità!
Eppure qua nel borgo in decenni giunsero diversi preti e occasionalmente pure diversi vescovi, non trovando in ciò nulla di sbagliato. Solo lei ha trovato il … pelo nell’uovo.
Va da sé che per un breve periodo, ad un certo punto, in  parrocchia la sostituì un frate  - lei ha pure diritto alle vacanze – e notando nella sua prima comparsa che non la si dice, alla seconda invita i fedeli a farlo, perché – dice – è una preghiera molto bella. Risultato: il Popolo di Dio parte a vele spiegate nel recitarla, con un entusiasmo che manifesta questo sospetto (pensiero): ma prima di costui (lei) eravamo forse tutti grulli?
Ho spesso classificato i druidi in serviti e servitori. Dove la metto? Ovviamente tra i serviti!
Chi le è vicino e l’affianca nelle mansioni giornaliere sa che dice? È un tipo particolare e pretensioso.
Sa, come si diceva una volta? Vox populi, vox Dei!
Va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi. (Mc 10, 21)  Questa è la regola dei servitori.
E che dire poi della sua innata cortesia ed educazione nell’avvicinare le persone?
Tempo fa dopo una breve funzione funebre stavo parlando con un amico e collega che mi deve molto sotto l’aspetto umano. Ebbene, a noi si avvicina un druido che, senza chiedere alcun permesso, si rivolge all’amico, con cui sto parlando di cose importanti, per salutarlo. Ovviamente fu come se fossi invisibile: non mi rivolse alcun cenno di saluto; interruppe e parlò, poi se ne andò. Io non mi meravigliai, conoscendolo; il mio amico, invece, assai, e me lo fece pure notare. Mi permetta: quanta educazione e carità!
Vede, carissimo, forse sono stato abituato in ben altri modi e la mia dimora è stata spesso visitata privatamente da religiosi sia semplici, sia importanti. Ho talora ricevuto pure mandato di assistere psicologicamente alcuni e di aiutarli a ritrovare la loro personalità.
Potrei pure dirle che le mie mani sono state talora bagnate dalle loro lacrime, mentre mi dicevano sconsolati: mi sento un fallito!
Lei mi potrà  dire: donde giunge la predica? Con quale autorità?
Ebbene, le dirò solo due cose dal lungo elenco che potrei citare. Quando lei sarà stato chiamato a condurre corsi di insegnamento al M.I.T., alla Sorbona e alla Sapienza, non a studenti, ma a cattedratici, forse lo capirà.
Come lo capirà se la sua Focus varcherà i legni di S. Damaso, perché lì richiesto
… dove abiti?... Venite e vedrete! (Gv 1, 38-39)
Non voglio andare oltre.
Chi ha orecchi da intendere, intenda.
Cordiali saluti.
Leone
 
Leone piegò il foglio, lo mise in una busta e la chiuse.
Noi ci salutammo e, data l’ora, me ne andai.
 
Sesac

 

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