venerdì 9 gennaio 2015

“Diventeremo l’Eurabia?”: Viaggio nell’integralismo e nel fondamentalismo islamico.


In “La rabbia e l’orgoglio.” – libro denuncia di Oriana Fallaci, edito nel 2001 – la scrittrice definiva Parigi la capitale di Eurabia, per tante e ovvie ragioni.
Non a caso, in queste ore e giorni, Parigi è al centro dell’attenzione mondiale per i tragici e sanguinosi fatti di cronaca.
Da svariati decenni ho rapporti con il “mondo islamico”, sia per ragioni di lavoro, sia per ragioni culturali.
Per cui, benché non un esperto in materia, ho una certa conoscenza dell’evoluzione che i paesi arabi e islamici hanno, e hanno avuto negli ultimi decenni.
 
La mia analisi non intende avventurarsi nelle idee della Fallaci sulla decadenza occidentale nel rapporto col mondo islamico, sia della società intellettuale sia della Chiesa, né sul problema politico che l’immigrazione clandestina – perché quella che non si esplica per via legale tramite i canali ufficiali è da intendersi clandestina, anche se ammantata a fini umanitari con Mare nostrum - crea all’Italia e all’Ue.
Ovviamente sono lontani (ma non troppo) i tempi in cui la voce di un cardinale (Siri, se non sbaglio), si levava solitaria contro la linea ufficiale della Chiesa su certe tematiche, considerato che il concetto di pariteticità è politicamente, individualmente e religiosamente sconosciuto nel mondo islamico.
Addirittura concettualmente abiurato. Infatti, per rendersene conto, basta recarsi in un paese arabo tradizionalista e filo occidentale come l’Arabia Saudita, dove non solo non esistono chiese, ma si è ufficialmente invitati a togliersi di dosso ogni possibile segno religioso diverso da quello “ufficiale”.

Il discorso di Obama all’università del Cairo fu uno stupendo (voluto) assist politico ai Fratelli musulmani. Che a breve promossero la primavera araba in tutto il Magreb.
Questo movimento islamico, sorto nel 1928 ad opera di al-Ḥasan al-Bannā ad Isma'iliyya (Egitto), tra le altre cose si proponeva di re-instaurare un nuovo grande stato musulmano sui territori occupati all’epoca medioevale, perciò anche in alcune zone europee, come la Spagna. È, sostanzialmente, quasi lo stesso progetto politico che l’Isis oggi persegue.
Ovviamente, nonostante la vasta organizzazione politica, con le dittature in essere ante e post belliche, il movimento dovette operare per lo più nella clandestinità, fallendo, allora, i propri obiettivi.

Un alto ufficiale di uno stato arabo tempo fa mi confidò che secondo lui il musulmano intendeva la democrazia come il poter vivere da sceicco senza lavorare: tutti diritti senza alcun dovere. Aggiunse che ciò era insito nella loro religione, che per lo più prometteva il potere. Come il cristianesimo, invece, promette la salvezza eterna. Altro potere.
Tuttavia non è la distinzione tra radicalismo, fondamentalismo, integralismo e moderatismo islamico che può condurre ad un discorso sociologico, perché la storia la fanno per lo più i singoli e non le masse.
Pure in Europa ciò fu evidente con i vari fascismi (comunismo, nazismo, fascismo), portati avanti dapprima da violenti gruppi minoritari, poi diventati maggioritari perché le masse sono come le pecore che ad un certo punto seguono il montone senza altro ragionamento, trascinate solo dal fatto che sta davanti. Non per nulla il “renzismo” da minoritario è poi diventato nell’area Pd maggioritario in consenso. Fortunatamente non nella nazione dove perde colpi ogni giorno.
Pure guardando la storia della Chiesa si evince che, più che i martiri – che amavano farsi ammazzare pur di non inchinarsi all’imperatore -, la storia la fecero quel manipolo di seguaci che affiancò Costantino nella battaglia di Ponte Milvio, preferendo la violenza della spada in battaglia al buonismo sociale del porgere l’altra guancia.
 
Buona parte degli stati Ue sono il paese di origine di molti combattetti dell’Isis, con numeri da capogiro. Benché non esistano dati ufficiali, molti parlano di 3 mila in Inghilterra, oltre mille in Germania e Francia e a scalare nelle altre nazioni. È naturale chiedersi chi controlli o abbia controllato tutto questo esercito di “teste calde” nel loro andirivieni. Alcuni parlano addirittura di 30 mila.
Perché, se i 2 fratelli che hanno attaccato il giornale satirico parigino risultavano già noti, allora più che il dispiegare poco meno di 100 mila uomini per dargli la caccia sarebbe stato opportuno metterli in “sicurezza” prima per non nuocere. Ma, come si sa, la politica cerca sempre di coprire non solo le proprie magagne, ma soprattutto la propria incapacità e inefficienza nel prevenire le problematiche sociali.
Forse è anche per questo che nell’era della tecnologia anche militare, anziché catturare si preferisce ammazzare, eliminando per sempre qualsiasi possibile legame con collusioni politiche. Infatti, oggi, con un solo proiettile si è in grado di immobilizzare all’istante un pachiderma, ma non di … catturare vivo un terrorista.
 
Affermare che sono lupi isolati è pericoloso e riduttivo. Se poi si sottolinea che questi fatti avvengono un po’ ovunque con tragici risultati anche macroscopici (Nigeria, Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan), oppure isolati come altrove, ben si capisce che di per sé vi sia stato prima un progetto con una testa sola (Al-Qaida, talebani), ed ora un progetto replicante sé stesso che può avvalersi anche di sigle diverse (Isis, Boko Haram), capaci di alimentare singole cellule un po’ ovunque.
Vale perciò chiedersi cosa non vada nei dettati religiosi islamici se queste aberrazioni avvengono, considerato che in primis e molto spesso sono gli stessi moderati islamici che ne subiscono le gravi conseguenza politiche e fisiche.
Come andrebbe pure ben analizzato perché certe nazioni abbiano scelto nel nome della democrazia di destabilizzare politicamente, direttamente o indirettamente, certe nazioni islamiche, magari pure finanziando, istruendo e addestrando in casa propria certe frange estremiste che, prima o poi, facilmente sfuggono di mano per svariati motivi o disegni politici.
 
Tempo fa sono apparsi in Israele i primi kamikaze imbottiti d’esplosivo. A seguire anche altrove, comprese le Torri Gemelle.
Il “martirio” di queste persone ha solo una ragione sociale e politica, oppure anche una forte connotazione religiosa? Perché per l’islamico morire per Allāh (Jihad) ipotizza una metempsicosi quasi immediata in uno stato sociale nuovo e più importante del precedente. Diversamente non sarebbero tanto numerosi.
E, caso strano, un’idea similare aleggiava pure nei “martiri” cristiani, convinti d’essere accolti subito in cielo da Dio tra gli eletti per la loro dedizione e fedeltà fino alla morte.

Come già affermavo tempo fa, vi è il pericolo che lo stesso incolpevole islamico occidentale diventi alla fine vittima indiretta di questo estremismo politico e religioso.
Dire, come fa Ferrara, che “Questa è una Guerra Santa, se non lo capite siete dei co....ni” (mi si consenta la piccola censura) è eccessivo. Non è eccessivo, però, pensare che con quest’andazzo nel futuro si possa ricreare una nuova Notte dei cristalli (10/11/1938), stavolta non contro gli ebrei, ma contro gli stessi musulmani. E, caso strano,  proprio anche allora la miccia giustificatrice politica fu innescata da uno sprovveduto ebreo, ancora a Parigi, con l’uccisione di un addetto d’ambasciata tedesco.
La storia ha i suoi sinistri corsi e ricorsi nel suo snodarsi elicoidale. A Dresda decine di migliaia di persone manifestano contro l’Islam, fallendo per ora il contagio alle altre città. Che poi siano addebitabili alla dx xenofoba – così viene etichettata dal buonismo giustificativo della Merkel – è tutto un altro discorso.

Il mondo è in ebollizione. Proprio come lo era tra la prima e la seconda guerra mondiale.
Sta replicando una diversa, ma nello stesso tempo similare, gravissima crisi economica: la prima durò 10 anni e si concluse con la seconda guerra mondiale, questa sta ripetendo lo stesso iter, contrapponendo ancora gli occidentali alla Russia, con la scusa dell’Ucraina. Nel bel mezzo di queste mascherate lotte geopolitiche economiche vi stanno i movimenti estremisti politico/religiosi a connotazione spesso fanatica.
Movimenti che, a ben guardare, sono indirettamente prodotti da interessi economici esterni – ora il petrolio che crolla continuamente, allora le derrate alimentari – per i quali gli stati si contrappongono per ottenerne vantaggi e il predominio. Diversamente sarebbero incomprensibili le guerre in Iraq, l’appoggio alle primavere arabe, l’attacco occidentale alla Libia di Gheddafi … e via dicendo.
E la storia, per puro caso, ci dice pure che entrambe le crisi sono nate negli U.S.A., per poi essere esportate ovunque.
Strana e preoccupante coincidenza.
 

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