Talora mi si chiede quando questa crisi finirà.
È una domanda a cui è difficile rispondere perché non dipende solo dalla crisi con annessa recessione e disoccupazione, ma da molti fattori umani tra cui: politica, Governo e capacità culturale e industriale. Cose, tutte, che a questo nostro Paese mancano da anni.
E l’eventuale ripresa è proprio legata a questi fattori.
Per iniziare vorrei citare un detto sapienziale: can che abbaia non morde.
Proprio per indicare che non è con la sola voglia di fare e con il continuo cianciare che si risolvono i problemi. Se così fosse l’Italia, con Renzi, avrebbe già risolto tutte le proprie difficoltà, perché a lui le parole, e le promesse, escono dalla bocca con … estrema facilità. È un diluvio … naturale.
Ormai è a cavallo da 3 mesi; ma, personalmente, non ho ancora visto realizzato alcuno dei suoi punti programmatici, che con cadenza di 1 al mese avrebbero dovuto rivoluzionare l’Italia. Perciò si vede che usi un calendario diverso dal comune cittadino, dove forse il “suo” mese supera in giorni gli … anni.
Non per nulla prima dichiara che possiamo abbattere subito la disoccupazione sotto le 2 cifre, salvo poi vedere nel Def che solo per il 2017 si scenderà (forse) al … 12%. Un’inezia, considerato che ora siamo al 13%!
Se son rose ... fioriranno e … pungeranno.
Al di là della battuta il problema non è Renzi. È, semmai, di una classe politica che, nella quasi sua totalità, è incapace di governare. Lasciando, di conseguenza, un vuoto dirigenziale sfruttabile da abili e spericolati arrampicatori.
Oggi – ma pure ieri con la premiata coppia ossidata Monti/Fornero; e prima con altri – si lancia il nuovo Job Act per creare lavoro, dimenticando che il problema non è il lavoratore, ma il lavoro che manca.
Magari qualche giovane in cerca di trastullo intellettuale ripropone i prepensionamenti per fare posto ai giovani, con l’ovvio risultato che vi sarà un doppio costo finale da pagare: pensionato e lavoratore.
Un piano sul lavoro non può prescindere che solo da un dettagliato piano industriale del Paese. Nessuna legge sul lavoro ha mai prodotto un posto di lavoro, né mai lo produrrà se non vi sarà dietro una precisa strategia industriale.
Abbiamo smantellato quasi tutto o per imposizioni Ue, o seguendo l’imperante moda ideologica della globalizzazione e delocalizzazione. Termini che, pur essendo industrialmente e economicamente molto diversi, per la cultura imprenditoriale attuale si sono come fusi in un unico concetto: andare a produrre dove è più conveniente economicamente e non … socialmente. Miopia industriale e politica.
L’Italia ha circa 60 mln di abitanti, contro gli 82 mln della Germania. Tuttavia la politica dei decenni passati ha creato da noi un mastodontico apparato burocratico di “stipendificio” pubblico con quasi 3,5 mln di dipendenti statali, contro i soli 1,7 mln della Germania.
I numeri di per sé non sono mai catalogabili in base alla sola grandezza, come apprese a sue spese il ministro Robert McNamara negli U.S.A. durante la guerra del Vietnam.
Ciò per dire che, pur avendo solo la metà dei nostri dipendenti pubblici, non per questo la Germania funziona peggio dell’Italia. Anzi!
L’avere tanti lavoratori pubblici è indubbiamente un costo eccessivo per lo Stato; ma, potrebbe essere anche un’enorme ricchezza.
Pre-pensionarne 85 ml, come intenderebbe con grande acume strategico e economico la Madia, non risolverebbe né il gap burocratico sull’impiego pubblico tra Germania e Italia, né inciderebbe affatto sul costo economico complessivo. Sempre da pagare sono, anche da pensionati.
Pensare a licenziarne centinaia di migliaia significherebbe porre un grave problema sociale ed accrescere la disoccupazione. Ridurrebbe il costo dell’apparato statale, ma, nello stesso tempo, diminuirebbe pure il Pil. E la Grecia insegna che operando su questo fronte il Pil cala drasticamente, portando subito in forte e prolungata recessione.
Monti e Fornero, pur con la nomea famosa, han fatto cose tanto ovvie e semplici da poter essere considerate sia banali che dannose. Come poi si è visto.
Il lavoratore, pubblico o privato, deve essere considerato un capitale economico e non solo umano.
Compito della politica e della dirigenza (statale e industriale), perciò anche di un Governo, è quello di saper far produrre al meglio il personale che ha. Diversamente vuol dire che non solo è incapace di operare, ma pure di progettare e governare un Paese. Mangia il pane (stipendio) a tradimento.
Ed è ciò che oggi all’Italia manca, succube pure dei diktat della Troika, fallimentare pure essa nella gestione della crisi.
Si dice che il costo del lavoro in Italia sia eccessivo. Lo è non tanto come costo del lavoratore, bensì dell’imposizione fiscale.
Ecco perciò la trovata (furbata populista) degli 85 € di Renzi per la tipologia di lavoratori a reddito medio basso. Non, ovviamente, per pensionati o autonomi, considerato che molte Partite I.V.A. celano dei lavoratori dipendenti. Il che già crea una forte disparità sociale che potrebbe anche essere poi considerata “incostituzionale”. Basti solo ricordare molti dei Decreti Monti, poi bocciati dalla Corte Costituzionale, perciò alla fine “inutili”.
Peccato che Renzi intenda però togliere, per bilanciare la spesa, la deduzione fiscale sul coniuge, che, di fatto, renderebbe quasi nullo l’aumento avuto in busta paga. Senza poi calcolare che tanti pensionati, esclusi dall’aumento, si troverebbero proprio per la mancata deduzione un’analoga decurtazione degli emolumenti percepiti.
Renzi, da giovane esuberante, forse non si avvede che sta creando una guerra fiscale sotterranea tra padri e figli. Anche se finora la famiglia è stata l’ammortizzatore sociale della crisi per molti, specie per i giovani disoccupati o in crisi reddituale.
Pare che le riforme siano il nocciolo della questione economica. Tutti le invocano, molti le sollecitano, ma pochi sanno che la vera riforma che necessita a qualsiasi paese in crisi è quella di avere una strategia economica di sviluppo produttivo e industriale, senza la quale si è inevitabilmente condannati alla disintegrazione economica e sociale.
Sicché in Ue e ai vertici istituzionali si vedono le lucciole, scambiandole per lanterne.
Renzi, dopo tanto cianciare sui costi della politica, pare che nei fatti abbia dimenticato l’abolizione (e restituzione) del finanziamento pubblico attuale dei partiti, già, a sua volta bocciato da un Referendum. E la stessa Corte Costituzionale, tanto prodiga in certe situazioni, mai ha pensato (stabilito) che in base all’ampio risultato di quel referendum il finanziamento pubblico ai partiti sia incostituzionale.
La Legge elettorale pare la madre di tutte le battaglie. O, meglio: pareva.
Ora, infatti, la si vuol legare all’abolizione del Senato, rendendolo un semplice organo di rappresentanza con la metà circa degli attuali membri. Però si intende lasciare inalterato il numero dei Deputati della Camera.
In conseguenza di ciò la riduzione del costo dei 2 Palazzi sarà irrisoria, sia perché come struttura organizzativa saranno comunque entrambi sempre da mantenere come costi, sia perché la riduzione dei parlamentari sarà alla fine null’altro che di 1/4.
Renzi vuole che i nuovi Senatori non siano pagati. Perciò va da sé che i futuri senatori debbano essere pagati in altro modo, perciò aumentando i vari emolumenti che percepiscono da comuni o regioni.
Se questa impostazione istituzionale andrà in porto così come la si vuole far passare, rende chiaro che con l’eventuale premio di maggioranza alla Camera si voglia instaurare una dittatura democratica che segua l’uomo solo al comando. Quell’uomo solo che non solo in Italia[1] ha creato, nel secolo scorso, danni imponenti a tutta l’umanità.
La Grecia è nel sesto anno di recessione e il popolo è ridotto nell’indigenza assoluta.
Le cure della Troika non hanno sortito alcun effetto, visto che pure nei giorni scorsi è stata finanziata, per non fallire, di altri 8,5 mld di €.
Simultaneamente, considerati i sondaggi elettorali che indicano come possibile vincitrice alle prossime elezioni europee la sinistra radicale, si è fatta un’operazione mediatica demagogica, facendo tornare con molta enfasi in anticipo frettoloso sul Mercato i Titoli ellenici. Anche se sarebbe molto interessante andare poi a scoprire nel dettaglio chi siano stati nella realtà i veri … acquirenti/sottoscrittori.
Però, nonostante queste cortine fumogene erette davanti alla realtà, il Debito sovrano ellenico è intorno al 180% del Pil, considerando pure che certe voci di spesa non vengono conteggiate in questo.
Purtroppo, anche se in forma minore, la stessa cosa avviene in altri paesi, compresa l’Italia, dove il Debito sovrano continua a crescere.
Renzi vuole ridiscutere gli accordi con l’Ue, perciò con l’asse franco tedesco che lo ha imposto a tutti.
Interessante sarà vedere come un “bambinone” – come da molti in ambito Ue viene ritenuto – possa ottenere la credibilità e il carisma politico necessario.
Non credo che gli altri si facciano carico dei debiti altrui, anche se l’Italia diventasse petulante come un … bimbo capriccioso.
Diversi assetti istituzionali non creeranno lavoro. Al massimo potranno favorirlo.
La vera riforma è quella di saper creare e progettare un piano industriale stabile ed efficiente, non tanto capace di attrarre investimenti esteri, ma di legare le aziende al territorio. Di renderle soggetti stabili di un’economia nazionale, anche nella globalizzazione.
Un amico politico si batte per una Banca europea effettiva e per una banca nazionale in grado di fare da volano agli investimenti. Cosa utile e auspicabile, anche se nulla senza un vero piano industriale.
Che vi sia una legge elettorale diversa, un Senato solo consultivo, una Camera con un premio di maggioranza, altri marchingegni istituzionali o una nuova Costituzione non creerà alcun posto di lavoro se non vi sarà un progetto specifico produttivo sul nostro futuro.
Lo Stato è, con i suoi 3,5 mln di dipendenti, il primo datore di lavoro in Italia. Polverizzando nella classifica produttiva qualsiasi altra azienda.
Che ne vuol fare di questa enorme massa di lavoratori? Non di sfaticati!
Li sa e può far produrre al meglio garantendo loro lavoro per il bene del Paese? Governanti e politici sono in grado di progettare per loro e per tutti un futuro? Hanno la capacità di farlo?
Perché il problema è semplice: si vuole procedere a caso fidando nello stellone italico, oppure si vuol pensare nei fatti al futuro?
E il futuro qual è per creare ripresa, investimenti e lavoro? Su cosa si vuole investire: farmaceutico, acciaio, manifatturiero, agricoltura, tessile, artigianato, metallurgico, … nanotecnologie, informatica?
Renzi e la classe politica ce lo dicano. Diversamente se non sanno fare vadano a casa e tacciano per sempre.
[1] - Mussolini in Italia, Hitler in Germania, Franco in Spagna, Mao Tse-tung in Cina, Lenin e Stalin in Russia. Solo per citare i principali.
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