Una delle cose che più mi affascinavano da ragazzino era osservare i fiumi.
Con il crescere e con il salire in altura, una delle attrattive era di risalirne il corso, scoprirne il percorso spesso ripido e tortuoso, puntando talora deciso a ricercarne l’input iniziale: la sorgente.
Un fiume, specie in montagna, è qualcosa di affascinante.
In pianura spesso sembra grandioso; in montagna, di norma, nervoso e rabbioso.
Non sempre le cascate sono grandiose; anzi, difficilmente se ne trovano di belle.
Per lo più si trovano delle cascatelle, magari contornate da caratteristici angoli paesaggistici mozzafiato.
Le rapide in altura sono tanto frequenti che spesso ci si dimentica di incamerarle.
Un fiume montano è più un torrente che un fiume. Di norma un moccioso petulante che assorda i timpani e che, quando scorre presso i rifugi, rovina il sonno dell’alpinista o dell’escursionista col suo perenne muggito, ulteriormente ingigantito dal silenzio e dall’oscurità.
Spesso sorge da semplici polle – come l’Adda e il Po -, oppure sgorga da giganteschi ghiacciai – come l’Oglio -, talora pure da minuscoli laghi alpini che perciò diventano la sua stessa sorgente.
Poi, man mano che scende a valle si inturgidisce, gonfiando la propria capacità propulsiva, magari incrociandosi con il proprio fratello che proviene dalla valle gemella contrapposta – Oglio Narcanello e Oglio Frigidolfo -.
Un fiume montano spesso è pericoloso in certe situazioni meteorologiche particolari, specialmente quando forti temporali si scatenano in zona con abbondanti precipitazioni.
Allora per il viandante ogni piccolo rivolo diventa un muro vorticoso d’acqua che precipita a valle, in grado di trascinare con sé ogni cosa, compreso l’incauto che tenti di guadarlo.
In questo periodo di malattia, specie nei giorni immobilizzato a letto tra cavi e flebo, pensavo a cosa mettere quest’anno ogni mese come immagine consueta di montagna.
Pensando ai fiumi ho abbinato la cascata e la sorgente al mio stato attuale di infermo in una stretta correlazione traslata.
La cascata come caduta del fisico nella malattia, spesso imprevista e repentina – come nel mio caso -.
La sorgente come la rinascita nuova: il sorgere di nuovo con attenzione e precauzione, per tornare quello di prima, magari anche migliore per l’esperienza acquisita.
La mia bacheca mensile sarà perciò dedicata al fiume montano e alle sue spettacolari evoluzioni. Sul fiume ho puntato il mio obbiettivo del 2013.
Ed è con piacere che inizio con l’immagine della sorgente di un grande fiume, sfornato prepotentemente dalla fauce di un grande ghiacciaio.
Una sorgente abbondante in grado d’essere affascinante e attraente, come lo può essere anche la rinascita da una grave malattia.
Ricordo ancora quel suono frusciante tra il sole accecante, frammischiato al rumore del fronte del ghiacciaio che cedeva il passo a qualcosa di nuovo: il liquido generato dal solido che ha pure un profumo particolare.
Le mie parole sono poco adatte a rendere la realtà. Bisognerebbe viverla per capirla totalmente.
Vi sono rumori, spettacoli e profumi che non è facile descrivere, anche perché cambiano continuamente la propria realtà, attimo per attimo.
Pure una foto, per quanto perfetta sia, non può trasmettere tutta la realtà della grande bellezza della natura.
Tuttavia è sempre utile a comprenderne certi aspetti, sommari sicuramente, ma in grado sempre di valorizzare alcuni particolari catturati dalla macchina fotografica.
Sono in ritardo quest’anno. Lo so, ma non potevo fare prima.
Buona visione a tutti!
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