giovedì 13 settembre 2012

Martini: un illuminato al di sopra di ogni sospetto di parte e controparte.


La morte del Cardinale Carlo Maria Martini ha prodotto un fatto singolare. Da una parte vi è lo schieramento di chi lo esalta, sia nel campo cattolico che laico; dall’altra l’interessata schiera dei detrattori, quasi tutti reperibili nel campo cattolico, o – ma non sarebbe una novità – anche in alcune nicchie del vertice della dirigenza ecclesiale.
Comunque sia, quasi tutti ne riconoscono il grande valore morale, anche se con molti distinguo.
Martini è trapassato e perciò non potrebbe né rispondere, né difendersi da laudi e critiche.
Restano però le sue omelie, le sue lettere pastorali, i suoi libri e tutto ciò che ha fatto sia nell’arco della sua vita religiosa, sia nei quasi 3 decenni di reggenza della principale diocesi del mondo: tutto ciò è la sua sapiente e inconfutabile risposta alla mendacia degli “accusatori”.
Lo Spirito non ragiona fortunatamente con la testa (bacata) di certi cattolici rancorosi, specie se integralisti o ancor peggio fondamentalisti. Se lo chiamò a un tale ruolo un motivo reale ci sarà, a meno che si metta in discussione la Sapienza e l’esistenza stessa dello Pneuma.

Negli attacchi al Cardinale si sta distinguendo un giornalista che – beato lui – si dichiara, pur con parole diverse, un “ottimo cattolico”. Cioè: un pessimo esempio da seguire.
Evidentemente il suo singolare livore verso il Porporato ha ragioni profonde e personali, a cui furbescamente accenna pur non specificando che si tratti di lui medesimo.
In effetti, Martini in tutta la vicenda ha un solo torto, se così vogliamo definirlo: quello di aver ricevuto una denuncia in difesa della memoria di Giuseppe Lazzati da parte della Rosa Bianca, cercando di fare da mediatore tra le parti in causa, onde chiudere la questione nel migliore dei modi.
Il Sabato – settimanale interessato – aderì alla mediazione, ripubblicando l’inchiesta incriminata, accompagnata da una prefazione del teologo Augusto del Noce, nella quale si specificava che nell’inchiesta in oggetto non vi era contenuta alcuna critica per la figura morale di Lazzati.
Il fatto che si sia aderito ad una mediazione nella controversia tra le parti, e che da questa non siano scaturite né condanne, né stravolgimenti al democratico intendere degli interessati, in pratica chiuse in parità la vertenza.

Antonio Socci, tuttavia, è prodigo di vituperante intellettualismo organico contro Martini, specie ora che da morto non gli può più rispondere.
Per quel poco che ho conosciuto di Martini, tuttavia, credo che allo stesso giornalista non si periterebbe neppure di rispondere. Come sono certo che con lui in vita lo stesso giornalista si sarebbe ben guardato dal farlo.
Tra Socci e Martini vi sta un abisso: intellettuale, operativo, letterario, carismatico, morale, etico, pastorale e … religioso, soprattutto cattolico.
Perciò, essendo il meno indicato a difendere la memoria di Martini, cerco solo di analizzare alcuni fatti (accuse).

Vorrei soffermarmi su 2 articoli[1] di questi giorni, che sono emblematici della questione.
Prima di iniziare vorrei esprimere un pensiero da simbiologo, perché il soggetto lo merita.
Con aspetto da vanaglorioso saccente che non ha ancora trovato il giusto equilibrio da uomo adulto, si presenta con un look da ribelle irrequieto e insofferente, proprio di colui che tra gli estremismi opposti non sa trovare il giusto equilibrio di pensiero e di azione come l’asino di Buridano.
Usa le sue cognizioni in modo inarticolato da sillogismo sofista, incapace di comprendere se la sua vera posizione sia quella di sx della gioventù, oppure quella del fascismo di Dio dopo il passaggio al giustizialismo del Rubicone.
Dietro la maschera di saputo – che comunque è in grado di puntare a determinati obbiettivi – nella sua modalità espressiva denota il tabù dell’incompreso, forse perché lo share mediatico è stato totalmente fallimentare.
Il pensiero religioso che esprime denota un’etica e una morale costruita su misura, perciò una religiosità personale da New Age improntata alla comodità del proprio essere uomo e persona: un Dio personale costruito ad uso e consumo di sé.
Rapportato al cattolicesimo è una diaclasi vivente e perfetta.

La prima ridicola accusa rivolta a Martini è che il porporato sia stato un biblista che si è dimenticato del Vangelo.
Penso che Socci, pur citando certi fatti, conosca pochissimo sia il “lavoro” religioso del cardinale che il contenuto dei suoi libri, improntati quasi esclusivamente proprio sulla figura del Cristo, del suo mandato, della sua vita pubblica e della sua pastorale.
Martini non è mai generico, ma ha sempre scrutato ogni particolare con profonda ricerca tematica, semantica e meditativa.
Gli si rimprovera di aver cercato l’applauso del mondo, perché – a suo dire - Martini è sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto il mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli più anticattolici e più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Come se questa fosse una grave colpa e non un riconoscimento pubblico universale di merito sulla persona, capace per il suo illuminato dialogante sapere di essere compresa, apprezzata e stimata pure dagli avversari che la pensano eticamente e culturalmente in modo magari opposto.
Lo si antepone a Don Milani, che rifiutò etichettature – giustamente - d’essere contro la Chiesa, dimenticando che i ruoli e i fatti sono totalmente diversi e che Martini sia sempre stato visto come uno non contro la Chiesa, ma un Pastore della Chiesa capace di affrontare, discutere e approfondire, con grande competenza teologica, tematiche scomode per la comune morale.
Affermare che “i fatti dicono che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo, ha sempre carezzato il Potere (quello della mentalità dominante) per il verso del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo applausi ed encomi. È stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi giorni” significa non solo essere sicuramente fuorviati dall’errore, bensì di vedere la realtà attuale in modo soprattutto degenerato e fondamentalista.

Certo, Martini non ha mai cercato di convertire Scalfari, Cacciari o i tanti altri che si confrontavano con lui.
Tuttavia Socci dimentica che la conversione non avviene per le istanze di un religioso, bensì perché l’uomo accetta una chiamata di Gesù ad entrare a lavorare nella sua vigna.
Il dialogo, tuttavia, porta sempre frutti, perché il confronto migliora sempre la visione della realtà e il rispetto reciproco. Si può essere avversari, ma non necessariamente nemici che si combattono. Si può collaborare, pur su opposti visioni ideologiche, sulle tematiche comuni.

La seconda accusa che gli viene rivolta è quella di aver avallato le battaglie ideologiche del radicalismo laico.
Infatti, parlando di Repubblica, egli afferma: “Tanto che ieri Repubblica si è potuta permettere di osannarlo così: «non aveva mai condannato l’eutanasia», «dal dialogo con l’Islam al sì al preservativo». Tutto quello che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e possibilista: «non è male che due persone, anche omosessuali, abbiano una stabilità e che lo Stato li favorisca», aveva detto. È del tutto legittimo – per chiunque - professare queste idee. Ma per un cardinale di Santa Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione clamorosa? Cosa imporrebbe la lealtà? Quando un cardinale afferma: «sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che l’altro sia evangelico o musulmano» non proclama l’equivalenza di tutte le religioni?”.
Il dialogo interreligioso della Chiesa, intrapreso soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, deve essere sfuggito al nostro interessato giornalista, come il fatto che il concetto di equivalenza civile non coincida affatto con quello di uguaglianza della Verità religiosa, anche perché il cattolico non è il solo figlio di Dio, come tutti gli altri non sono figli del Demonio. Forse non sa o non ha compreso affatto a cosa serva il dialogo interreligioso, come non ha compreso che la legge dello Stato segua logiche diverse da quelle religiose, sia perché lo Stato non è la Chiesa, sia perché non tutti i cittadini dello Stato fanno parte della Chiesa. La realtà, infatti, ci dice che solo la minoranza degli italiani sia cattolica praticante.
La Chiesa, nella Carità della predicazione, indica la via giusta per chi vuole seguirla, condividendo con Essa certi valori inalienabili. Ed è poi un fatto inconfutabile che nella sua storia la Chiesa abbia nel tempo modificato il concetto di molti valori morali comportamentali, seguendo, magari in ritardo, le anticipazioni culturali di alcuni suoi Pastori.
Martini, nella sua illuminata sagacia, ha sempre ragionato su un binario parallelo, come dovrebbe sempre fare un vero uomo di Chiesa: da una parte l’indirizzo al credente, intento a seguire gli insegnamenti basati sulla Parola, dall’altro la presa d’atto che gli “altri” hanno culturalmente una concezione diversa, che implica anche modalità ed esigenze magari opposte.
L’integralismo e il fondamentalismo tendono a voler imporre al non credente la Legge della Chiesa, facendola diventare legge dello Stato.
Non siamo più ai tempi delle Crociate, né ai tempi del dopo Costantino, quando il pagano, che non accettava di convertirsi al cristianesimo, veniva perseguitato con la stessa metodologia, pratica e crudeltà con la quale l’Impero romano aveva operato fino a Diocleziano.

Dialogare e riconoscere agli altri una civica libertà di scelta e di pensiero non vuol dire demolire i dogmi della fede, né avallarla facendola propria. Significa semplicemente accettare un confronto per sottolinearne la diversità e cercare un comune modus vivendi nel rispetto reciproco di un diverso modo di vedere e di vivere, cercando quante più convergenze possano essere possibili civicamente.
La pretestuosità culturale mostrata dal Socci nel suo secondo articolo, sull’accanimento terapeutico e sulle notizie riguardanti il Cardinale nel suo ultimo periodo di vita, è addirittura degenerante. Infatti, nessuna legge divina afferma che la vita debba essere prorogata all’infinito ricorrendo a cure, né che l’accettare la morte naturale, quando ormai ogni speranza è perduta, sia contraria alla Speranza cristiana. Diversamente non si capirebbe perché l’uomo sia destinato a morire sin dalla creazione.
Per quanto la problematica sia scientificamente complessa, mi potrei dilungare assai nello spiegare che normalmente una persona muore fisicamente quando lo decide più o meno consciamente dentro di sé, proprio perché il nostro cervello, anche nella menomazione, è in grado di riconoscere quando il fisico è giunto al suo capolinea.
Sarebbe tuttavia interessante il pensiero dell’encomiabile “giornalista cattolico” sulla scelta dei martiri, perciò se la loro scelta personale fosse addebitabile eventualmente a suicidio, avendo accettato, in coerenza alla Fede, che gli venisse tolta la vita.

Chiuderei comunque con questa citazione di cultura sapienziale popolare: quando il gatto (Martini) manca i sorci (Socci) ballano.
Ballano soprattutto con scarso rispetto, con carenza assoluta di carità e con degenerante intelletto.
Suvvia, Antonio Socci, non ci propini la sua fideista e personale, pelosa carità cristiana in questo modo, nella sua immensa e unica rettitudine religiosa: “Io, come insegna la Chiesa, farò dire delle messe e prenderò l’indulgenza perché il Signore abbia misericordia di lui. È la sola pietà di cui tutti noi peccatori abbiamo veramente bisogno. È il vero amore. Tutto il resto è vanità.”.
Dice bene: pietas di cui il “peccatore” ha bisogno!
La sua Chiesa, sicuramente non è né quella di Carlo Maria Martini, né, se mi è permesso dirlo, neppure quella di Gesù.
Tutto ciò vale sia per lei, sia per tutti quelli che a qualsiasi livello la pensano come lei, intenti a spargere letame culturale anche su un morto.
Di certo il buon Dio avrà il suo illuminato e fedele Cardinale nella sua Gloria. Perché il suo Giudizio non è condizionabile né dalle lodi sperticate, né dalle pretestuose e rancorose accuse di un interessato intellettualismo organico umano. Gloria già anticipata dalle centinaia di migliaia di persone che gli hanno reso omaggio in Duomo.
Sarebbe una grande grazia di Dio se nella Chiesa vi fossero molte persone apprezzate dal mondo come Martini, capaci di illuminare col dialogo anche il pensiero dei non credenti o con religione diversa.
Auguro, a lei, d’essere a suo tempo accolto allo stesso modo.



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