Un anno tribolato volge al termine; e a questo Natale, in modo particolare, si guarda con la speranza che il prossimo sia migliore.
Le aspettative non sono buone e il comune cittadino – quello come noi tutti – teme che vi siano altri … guai: tasse, disoccupazione, crollo del benessere individuale e generale … e grande recessione.
Pure L’Ue pare in dissoluzione, specie se un nuovo pesante attacco ai mercati mobiliari indurrà la Merkel (Germania) a mettere in atto il Piano B durante un fine settimana di pura follia.
Il Governo del benestante e cattolico Monti (ligio e osservante) più che sembrare composto da tecnici è parso a tutti un carnefice: vecchie ricette stantie e nessuna novità. Se questi sono i tecnocrati taumaturgici, di sicuro rimpiangeremo i vecchi e fallimentari politici.
Il Natale, tuttavia, induce alla speranza; e in modo particolare questo, perché se le difficoltà sono maggiori pure la speranza diventa più grande.
La speranza è uno dei grandi doni peculiari del cristianesimo, perciò ciò che ci fa vedere sempre una luce anche nel buio assoluto: si trasforma in certezza.
Le difficoltà non sono uguali per tutti, anche perché ognuno di noi ha dei talenti diversi da quelli di tutti gli altri. È importante il metterli al servizio di tutti, specie di quelli che ne hanno maggiormente bisogno. Solo in questo modo la speranza diventa un punto fermo anche per chi ha o molto meno di noi, o la capacità di reggere le difficoltà minore della nostra.
Una vita che nasce è il fulcro della speranza; e i genitori si impegnano in modo che per il nuovo nato vi sia un mondo migliore. Diversamente non lo avrebbero neppure chiamato alla vita.
La speranza fa rinascere anche ognuno di noi, rendendoci capaci di progettare e vedere oltre le difficoltà.
Pure chi scrive ha avuto un anno tribolato fisicamente e professionalmente. Tuttavia è stato un anno di grande ricchezza interiore per il grande dono ricevuto da chi sono riuscito ad aiutare anche con quel poco che potevo offrire: moralmente, economicamente e psicologicamente.
Oggi, facendo una commissione, ho incrociato un conoscente che da molto soffre una devastante malattia. Faticava pure parecchio a togliere la mano dal giubbotto per porgermela; e me lo fece pure notare dicendomi: Non sono neppure più capace di togliere la mano dalla tasca!
Non mi fece pena; ma in lui, pur nella progressiva decadenza fisica, ho notato la fiducia nel futuro e quella voglia di progettare qualcosa di nuovo. Infatti mi disse nel salutarmi: Spero di migliorare e di poter fare ciò che quest’anno non ho potuto realizzare.
Quando si è nell’angustia, nel dolore e nella grande difficoltà (indigenza) le parole spesso sono superflue; vanno sostituite con le opere, quelle capaci di dare speranza.
La mia speranza di questo natale è la disponibilità verso chi è bisognoso. Una disponibilità che deve essere sorretta dalla coerenza e dell’attenzione al prossimo, qualunque sia il suo bisogno.
Nel biglietto augurale che ho composto compaiono all’inizio e alla fine del Buon Natale due composizioni floreali analoghe e, su una consonante e su una vocale dei due vocaboli, due bianchi uccelletti gioiosamente svolazzanti. Il tutto su un terso cielo azzurro.
Il dono, la vita, l’augurio, la disponibilità e la gioia del farlo.
L’augurio va rivolto sempre a qualcuno, possibilmente a tutti. Diventa un impegno, e non pura convenzione, quando diviene gioia di dare e di donare, nella convinzione di lottare per un mondo migliore.
Buon Natale … a tutti.
… Senza altre parole.
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