martedì 8 dicembre 2009

Il ruggito del vecchio Leone.

Sesac, oggi, venne a farmi visita e mi consegnò questo racconto che, dopo aver ascoltato pure a voce, pubblico assai volentieri.

Sam Cardell

Tratto da “i Dialoghi” di Sesac

Il ruggito del vecchio Leone.

Io, Sesac, nei giorni scorsi mi recai in altura per rendere visita al Leone per gli immancabili e abituali auguri.

Come ogni anno, e in anticipo sul Natale, ci si raduna sempre per passare amabilmente alcune ore insieme e per bere del Vin brulé, gustando, tra un sorso e l’altro, dei dolci caserecci accoppiati a del torrone, delle caldarroste, della frutta sotto spirito, dei Marron glacé e del Grecale, o, per chi ama la sostanza corposa, del Barbera, del Barolo o del soffice Chianti o il delicato vino del Reno.

Leone ci aveva dato appuntamento non in una delle sue abituali dimore, ma su in Federìa, dove la natura e l’uomo convivono senza contaminarsi. Un suo caro amico aveva messo a disposizione una bella e grande baita ristrutturata a confortevole dimora.

Salendo verso l’alto passo, che consente di superare lo spartiacque mediterraneo, fui ostacolato dai soliti imbranati vacanzieri dediti a … montare le catene e diligentemente muniti, tra le mani, di guida pratica per l’uso. Chi in apposita piazzuola (rarissimi), chi in mezzo alla strada ghiacciata completamente bianca, chi per traverso, chi addirittura in curva e … bocciati da chi, scendendo, non poteva fare altro, considerato il ghiaccio, che finirgli … addosso.

Perciò arrivai tardi; ma dove la strada cessa trovai la motoslitta ad attendermi e il potentissimo Terra, del Leone, che lasciava sonnecchiare, agli algidi raggi del sole, i suoi 250 cavalli e oltre. Vi era pure Kurt che mi aveva preceduto di poco.

Vi salimmo; e, in poco tempo, inerpicandoci sul ripido manto nevoso, giungemmo a destinazione tra un paesaggio da fiaba, condotti dal valente autista.

La baita si trovava in un ampio spiazzo erboso ricoperto da 1 m abbondante di neve, attorniata da abeti rossi carichi e luccicanti di neve. Il sole illuminava i batuffoli bianchi sui rami, facendoli riverberare alla vista dell’incantato osservatore.

Tutto intorno vi era un silenzio ovattato, rotto solo, ogni tanto, dal fruscio della neve farinosa che, smossa da una brezza leggera, scendeva svolazzante tra i rami e, risplendendo come tanti piccoli diamanti colpiti dalla luce, illuminava la penombra dell’abetaia.

Più giù, a valle, la cembraia secolare mostrava tutto il suo fulgore con gli alti fusti dai corti e tozzi rami, attorniata, poco più in alto, dai superbi larici che in parte mostravano ancora l’ocra brillante dei caduchi aghi.

La neve, sotto i nostri piedi, produceva una gioiosa modulare musica, che ad ogni passo variava la sua ridondanza come la Sesta di Beethoven.

Leone era impegnato ai fornelli, intento a preparare 5 litri di Vin brulé, per la numerosa compagnia, con del Barbera doc, miele, mele varie (Golden delicious, Renette e Stark), cognac e zucchero, secondo i crismi di una ricetta che una provetta cuoca, di un facoltoso casato di Hannover, gli aveva confidato quando si trovò, un giorno, ospite lassù.

Come al solito era in buona e nutrita compagnia.

Appariva provato. E pensai alle fatiche del gravoso impegno che lo aveva occupato per mesi.

Il viso era particolarmente arrossato e le labbra leggermente rigonfie, come se il gelo e una lunga esposizione all’accecante riverbero della neve li avessero bruciati.

Indossava una camicia scozzese con, sul taschino sx, la Croce di S. Giorgio e un pratico pantalone di pile.

Le tazze, preventivamente riscaldate, furono, infine, riempite con il nettare sapientemente reso analcolico; e tra il festante chiacchiericcio degli astanti iniziò la tradizionale festa annuale.

Billy, ovviamente, ebbe la sua bella appropriata razione di pasticcini e cioccolatini, considerato che le nostre bevande erano a lui poco gradite.

Mentre Kurt e Leone, tra l’attenzione generale, s’erano addentrati a discutere sulle varie piattaforme di trading, Hans notò in un angolo dei Trab e si alzò per andarli a visionare. Incuriosito lo segui, poco attratto dalla discussione e data la mia proverbiale ignoranza in campo finanziario.

Hans era il presidente di un’importante associazione alpina internazionale. Alto, ben messo, dall’aspetto e dai modi nobiliari, di notevole cultura e sempre estremamente disponibile e cortese con tutti.

I Trab erano da scialpinismo, lunghi circa 1,70 m ed apparivano flessibili e leggerissimi. Hans mi spiegò che gli parevano in fibra di carbonio con lamine al titanio. Erano, mi disse, attrezzi altamente professionali, datati sì, ma tutt’ora perfettamente attuali.

Dopo lunga osservazione ed analisi dei preziosi attrezzi approfittò della fine della discussione per chiedere a Leone se fossero suoi.

Da esperto qual’era, oltre che da provetto sciatore, non vedeva nella compagnia di chi altri potessero essere.

Leone confermò; e disse che li aveva appena usati il giorno prima, dopo anni, per una “piccola” uscita. Ma sottolineò l’aggettivo con tale enfasi che a tutti noi venne il … languirono per la ghiotta … occasione.

Perciò, Leone, dopo aver fatto spazio, davanti a sé, sulla grande tavola, vi collocò Clio e, con il prezioso aiuto telematico cominciò a raccontare e a … illustrare.

Voi tutti già sapete che dal giorno dell’incidente subito me n’ero sempre stato quieto per ovvie ragioni.

Sognavo, comunque, di poter affrontare ancora facili percorsi d’altura nella natura incontaminata.

Venendo quassù per alcuni giorni li presi con me, se non altro come … compagnia.

Ieri mattina guardai fuori e il paesaggio mi … ispirò. Decisi di fare una piacevole escursione in compagnia di Billy.

Preparai lo zaino, misi gli sci con le pelli di foca ai piedi e cominciai con fatica a … salire, tra gli sfavillanti abeti rossi addobbati a … Natale.

Gli anni passano per tutti e mi parve d’essere un neonato che muove indeciso i primi passi.

Era tempo che non lo facevo. E il freddo intenso (-14°) mi sollecitava a procedere deciso, con il fido Billy che guaiva sprofondando nella neve. Dopo un po’ imparò a camminare sul binario che lasciavo dietro di me.

Cominciai a riprendere confidenza con gli sci. Il passo spinto si fece sciolto, gli sci cominciarono a scorrere con maggiore velocità, la fatica iniziale si attenuò e l’essere in temperatura mi rese indifferente al freddo polare.

Conoscevo perfettamente l’ambiente e decisi di puntare verso il colle, dopo aver superato le baite alte. Guardai l’Essembach che mi segnalò d’aver superato i 2.500 m e che la temperatura era scesa ancora. Eppure non mi sembrava affatto.

Lo superai di slancio, sfilai le pelli di foca, avvolsi l’intirizzito Billy nella sua copertina di pile e lo misi nello zaino al coperto con la testolina fuori rivolta all’indietro; indi puntai in basso, deciso, verso gli impianti di risalita giù verso Trep...

Giunsi velocemente, tagliando di traverso, nei pressi dell’artistico crocefisso ligneo che spuntava tra l’alta neve. Era di cembro e la fede antica lo aveva piazzato lì un paio di secoli prima.

Mi fermai accanto e gli feci un attimo compagnia. L’uomo era … nudo, ma mi … riscaldava. Io ero vestito, ma non sapevo … riscaldarlo.

Strano destino di uomini. E nel silenzio assoluto ci scambiammo alcune … parole.

Gli impianti erano ancora lontani, ma non erano la mia meta.

Centinaia di metri più in basso, quasi celata nelle anse di un canalone, una bianca chiesetta mi ammiccava da lontano.

Il cielo era, ora, di uno splendido cobalto, striato a tratti da nubi.

Decisi di puntare di nuovo in alto su verso il Trela, superare il Lago Nero, attraversare la valle, scavalcare la cresta dell’Alpisella e puntare verso il Ferro.

Ci pensai un attimo, non essendo con gli sci una libellula come il Beppe, ma calcolai che avevo tempo e forze sufficienti per farlo.

Ero in vetta!

L’Essembach sentenziò: 3.033 m e -25°.

Billy, stralunato, accettò di buon grado del cioccolato e dei biscotti mentre si sgranchiva le gambette. Bevve pure, fatto insolito, del tiepido tè al latte zuccherato.

Erano le 16 e non avevo molto tempo a disposizione, nonostante da lassù il sole apparisse ancora alto.

Ingerii del destrosio e mi preparai per la discesa. Dovevo fare, data l’alta neve, molta attenzione.

Mi concessi ancora un lungo attimo di osservazione e salutai tutte le vette circostanti fino al Picco dell’Imperatore.

Billy giaceva già, felice, nello zaino e guardava estasiato pure lui.

Ritrovai un mondo conosciuto e vero; un modo senza … parole!

Dove le parole sono superflue ed emerge solo il valore dell’uomo e della natura: di chi sa fare e di chi, o cosa, è!

E non di chi vuol solo apparire.

Costui, infatti, qua non si … vede, perché, proprio quassù, non saprebbe mai … arrivare.

Dentro di me sentii un potente ruggito, quello della soddisfazione interiore.

E il mio ruggito scivolò veloce fino a quell’uomo … solo e nudo, che stava oltre la valle e in basso, tra l’alta e gelida neve.

Era l’unico che avevo incontrato lassù e con cui avevo, nel silenzio assoluto, scambiato alcune parole.

Grazie anche e soprattutto a Te, Uomo del cielo, che hai creato questa bellezza per concedermi l’immenso e unico privilegio di poterla, oggi, … osservare.

Non era più tempo d’indugiare oltre.

Cominciai a scendere finché sentii, felice, il Gallo … cantare.

Non so se ero provato, ma soddisfatto sì.

… e il sole s’era già spento all’orizzonte quando varcai la soglia di questa accogliente baita..

Clio si fermò pure lei perché, ormai, aveva finito di mostrare le foto.

E, per alcuni istanti, pure noi, estasiati, rimirammo quelle splendide immagini che Clio, diligentemente, ci aveva fatto gustare.

Anche noi, seppure spiritualmente, abbiamo fatto lo stesso … percorso col Leone.

Sesac

Nessun commento: