Quando una crisi politica è evidente, sarebbe bene dare la voce al Popolo; specie se, in una nazione, è assai palese che il ricorso alle urne sarebbe in grado di dare la maggioranza, e con questa il potere, a una determinata forza politica o a una coalizione coesa. Credo fermamente, infatti, che nel bene e nel male il popolo debba sempre essere sovrano.
La
Democrazia, purtroppo, non è un sistema politico perfetto. Teoricamente assai
imperfetto; perché spesso produce non il miglior compromesso possibile, anziché
la scelta migliore, ma un compromesso al ribasso.
Oggi,
infatti, la Democrazia viene intesa molto diversa da quella preconizzata da
Platone e Aristotele, riducendosi molto spesso, in alto e in basso, al mercato
delle vacche grasse.
Ciò,
purtroppo, coinvolge tutte le sfere di uno Stato e, cosa ancor più grave, viene
pure così percepita dal popolo stesso.
Nulla
di strano, perciò, se la maggior parte dei politici attuali possa essere
etichettata con immagini stereotipate significative, del tipo: Lazzaro risorto,
morto che cammina, manichino stralunato, cariatide del Partenone, pappafichi,
cerbero dell’Ade, idiota ciancione, zingaro cafone, orco delle sette leghe,
pinocchio mugellese, bertuccia pepata e … via dicendo.
L’immaturità
o la maturità di un popolo è commisurata di norma al suo votare, quando, più
che analizzare i programmi e l’operato pregresso di una forza politica, il
cittadino vota seguendo la propria pancia, abbindolato dalle promesse.
Ovvio,
pertanto, che pure l’uomo politico sia umanamente e eticamente assai scadente.
E per rendersene conto basta analizzare il comportamento di un qualsiasi
personaggio politico, sia nella sua vita privata, sia in quella pubblica. Perché,
in sostanza, se uno è inaffidabile nel privato non potrà essere un santo nel
pubblico.
Il
governo gialloverde ha avuto il pregio di dare per molti mesi un governo
all’Italia; ma, nello stesso tempo il grande difetto di produrre una linea
politica e economica senza capo e fondamenta, considerato che il noto Contratto di Governo era
carente nella struttura operativa e controproducente sul Debito sovrano e nei
risultati. Non era un dettagliato piano industriale ed economico, ma solo uno
stralcio di buone intenzioni.
Non
per nulla i contrasti sono diventati palesi nel momento di porre le basi della
nuova Legge finanziaria (DEF).
Cos’è
in effetti e in sintesi la Politica? È un ampio e dettagliato progetto
industriale, economico e sociale di una nazione. Con buona pace dell’utopistico
Bene comune conclamatato
dalla Chiesa.
Perché
è ovvio che se non vi è lavoro non vi può essere reddito, che se non vi è
reddito non vi può essere un sistema economico atto a supportare le spese, che
se non c’è una disponibilità di cassa non vi può essere un sistema sociale
assistenziale (sanità, pensioni, istruzione …) se non basando tutto su un
continuo debito crescente.
Poca
importanza ha il fatto che ciò accada in ogni nazione, specie se l’indice di
benessere di una nazione viene misurato demenzialmente col veterotestamentale rapporto
Debito/Pil, che in effetti non dice proprio nulla, se non, ormai, per alcuni
economisti e politici allocchi.
Guardando
ai dati reali si vede, ad esempio, che la benestante Germania e la Francia hanno
un debito assai analogo a quello italiano. Ciò significa che in effetti le tre
nazioni sono in pratica fallite e che la loro sopravvivenza è basata sulla
benevolenza dei creditori, perciò di chi finanzia il loro fabbisogno di cassa.
Per saldare il reciproco debito prodotto servirebbero secoli e non anni.
Ma,
come si sa, i creditori non operano in perdita, ma godendo di interessi attivi.
Ora, considerando che i tassi sono ormai tutti passivi ovunque, si evince che
il sistema del finanziamento pubblico sia al collasso strutturale.
Cosa
lo regge, allora? I vari programmi massicci di QE delle banche centrali (Fed, Bce, Boj …), che se da una parte
consentono agli stati di sopravvivere, dall’altra impoveriscono costantemente
il cittadino.
Mattarella
fa e ha fatto del suo meglio. Ciò non significa che abbia prodotto il massimo. Anzi!
Basta analizzare i risultati.
La Costituzione
gli dà prerogative particolari, che però sono anche insindacabili.
L’impasse
creatosi dopo le elezioni è stato da lui gestito al meglio? Oppure: un uomo
politico di una certa levatura non deve essere in grado di prevedere i
risultati nefasti di una certa alleanza?
Credo
che, in effetti, abbia scelto l’uovo oggi piuttosto che la gallina domani. Infatti
siamo ancora allo stesso punto di partenza.
Personalmente
non ho ancora capito quale sia il piano economico di M5S. Vedo, infatti, solo
misure estemporanee, spesso antitetiche. Ciò è pure comprensibile, essendo il
Movimento un agglomerato di disparate tendenze politiche.
Tra tutti
i partiti italiani, purtroppo, solo la Lega ha attualmente un piano di strategia politica, economica e
industriale completo. Piaccia o non piaccia, consenzienti o contrari.
Tutti
gli altri solo degli abbozzi, che di norma vengono facilmente sostituiti da
altri secondo l’opportunità del momento.
Credo
che la crisi non sia stata superata col governo gialloverde, ma sia stata solo
sopita. Infatti ha sempre covato sotto la cenere, eruttando continuamente a
tratti.
Nelle
sue indicazioni ai partiti Mattarella è stato, allora, molto ondivago,
cavalcando possibilità che più che essere reali erano solo ipotetiche: il libro
delle buone intenzioni. Magari emotivamente e inconsciamente prodotto, in
alcune sue scelte, dalla sua provenienza e appartenenza politica.
Come
si comporterà ora è difficile dirlo, sia perché la crisi politica è pure
strutturale, sia perché tutti gli attori coinvolti sono di scarsa levatura
politica e etica, oltre che culturale.
È una
crisi pazza! Questo è certo. Pazza nel suo incipit iniziale (risultato
elettorale), pazza per come è stata gestista, pazza perché ha annientato geometrie
politiche che parevano consolidate, pazza per l’inaffidabilità di tutti gli
attori coinvolti sia nella maggioranza creatasi che nell’opposizione, pazza perché
il presidente con tanto lumen nasi ha avallato un governo che non avrebbe mai
dovuto nascere, tanto era innaturale. Pazza perché ha dissolto forze politiche
che avevano fatto la storia di questo paese.
Ora,
dal cilindro di questa pazza crisi che estrarrà Mattarella? Il timido coniglio
destinato a produrre altra turbolenza e incertezza politica? Oppure la crisi
agostana si dissolverà da sé come una bolla di sapone? Il presidente, con le
sue consultazioni private al Colle (Salvini e Conte in ordine temporale),
poteva gestirla e indirizzarla meglio, anche se istituzionalmente non è ancora
stata formalizzata ma solo calendarizzata?
Lo sapremo
a breve.
Per ora
il Popolo ne è spettatore sconsolato. E è assai poco consolante che questo
spettacolo lo possa, magari, anche divertire.
Una crisi
strutturale non viene mai risolta con il trovare una semplice soluzione
politica. Lo insegna da millenni la storia.
Per essere
superata ha bisogno di decenni e di intuizioni appropriate. Lo fu con la Grande
crisi del 1872-1895 e con quella del ’29.
La prima,
più che dai politici fu risolta dalla buona volontà del popolo, che unendo le
poche forze economiche disponibili ha creato con le banche popolari e di
credito cooperativo un assets strategico per il rilancio dell’economia e per la
sopravvivenza delle masse indigenti.
La seconda
fu risolta con una disastrosa guerra mondiale capace di produrre ben sessanta
milioni di morti.
Ora sotto
la pressione delle multinazionali si è prodotto la globalizzazione, che, con la
conseguente derivata delocalizzazione, è la protervia e la predominanza della
finanza sulla persona.
Tecnologicamente
oggi “siamo” tutti più avanzati. O, meglio: siamo tutti più schiavi e sudditi di
un sistema comunicativo di cui pochissimi ne hanno il controllo, potendo con
facilità condizionare scelte (pure politiche) e consumi di massa con input e
inserti subliminali fuorvianti.
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