martedì 29 maggio 2018

Il pastrocchio italiano.

ovvero:
 
Dilettanti allo sbaraglio.

Manzoni narra che uno dei bravi, appostati sulla passeggiata serale di Don Abbondio, così dicesse: : «"Or bene," gli disse il bravo all'orecchio, ma in tono solenne di comando, "questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai."
Rapportando tutto al giorno d’oggi potrebbe essere – il condizionale è d’obbligo – la frase che i bravi moderni abbiano eventualmente potuto dire, più o meno metaforicamente, all’orecchio di Mattarella sul nascente governo tra M5S e Lega.
Come siano andate veramente le cose forse lo si saprà tra anni; proprio come avvenne quando il Governo Berlusconi fu abbattuto anni fa. Allora alla presidenza vi era un certo Napolitano, benevolmente soprannominato Re Giorgio per molteplici ragioni. Che, per inciso, aveva una statura politica e intellettuale ben diversa da quella di Mattarella. Ma, nonostante ciò, pure lui piegò il capo davanti all’imposizione dei bravi.
 
Recependo le notizie dai media e stando lontano dalle stanze del potere - viste le dichiarazioni, smentite e contro-smentite dei diretti interessati – allo smaliziato osservatore profano viene il facile sospetto che le cose siano andate proprio così, anche perché tutti gli attori pubblici della vicenda paiono, ora come allora, dei provetti dilettanti allo sbaraglio.
Infatti nessuno dei personaggi attuali ha la caratura del Cardinal Borromeo.
La scalogna dell’Italia è proprio quella di non avere da tempo alcun Cardinal Borromeo al timone. Mentre è facilmente ipotizzabile chi possa celarsi dietro l’Innominato.
 
Dire, dall’esterno, che la crisi è stata condotta male è poco; che sia finita malissimo è ovvio.
La crisi si è protratta troppo a lungo e poteva essere risolta positivamente o negativamente in assai meno tempo. Ciò è avvenuto sia per l’indecisione dei partiti, sia per il tergiversare del Presidente, che i media, magna cum laude, hanno trasformato in grande lungimirante pazienza.
Analizzando i fatti si rileva che il risultato elettorale del 4 marzo non ha prodotto alcuna maggioranza. Ciò, tuttavia, era avvenuto anche in altri stati che han poi dovuto faticare mesi per formare un nuovo governo. Germania docet!
La frammentazione italiana e la poca omogeneità delle forze anche coalizzate imponeva, a mio parere, ben altro modo di procedere.
Sarebbe stato più utile un mandato esplorativo di alcune settimane, a una personalità di rilievo, per cercare una via d’uscita allo stallo elettorale. Ciò non è avvenuto; e Mattarella ha pensato bene di affidare tale incarico col limite di sole 48 h prima alla Presidente del Senato e poi a quello della Camera. Salvo poi aspettare diversi giorni il risultato del secondo mandato, in attesa della (inutile) Direzione del Pd.
Tra i vari passaggi consultivi ed esplorativi è poi passato troppo tempo. Indice ciò di probabile offuscamento decisionale politico del Presidente. Quando le idee latitano vale il detto maccheronico: gratatio capitis fecit recordare multas cosellas.
 
I bravi dove stanno? Beh, quelli vengono sempre ad opera finita, quando le decisioni sono state già prese.
Infatti, quando il nascente governo gialloverde stava per essere varato, ecco l’attacco sui mercati allo spread nazionale, le negative dichiarazioni pubbliche di vari esponenti Ue, alle quali andrebbero sicuramente aggiunte quelle strettamente confidenziali e riservate fatte pervenire per via diplomatica a Mattarella dalle sedi del potere.
Ho ascoltato con attenzione il breve discorso difensivo e giustificativo dell’operato del Presidente; ma, pur comprendendo le ragioni dell’uomo, l’ho ritenuto semplicemente un paludamento delle proprie responsabilità.
Egli afferma che la sua ostinata avversione al candidato all’Economia (Savona) era dettata dalla preoccupazione di preservare sia i risparmi dei cittadini, sia massicci attacchi allo spread. In verità era la causa, sine qua non, il governo gialloverde non doveva nascere.
E quando la politica entra nel circuito degenerante del principio è ovvio che lo scontro frontale diventi prioritario.
Varrebbe la pena però chiedersi dove stava tale preoccupazione per il risparmio privato quando il Governo Renzi, alle 22 di una domenica sera, emise il decreto sulle banche, e, con il connesso bail in, condannò migliaia di risparmiatori a una truffa legalizzata. Allora non mosse un dito, controfirmando il Decreto governativo.
Lo spread, in verità, è esploso dopo la rinuncia di Conte, sfiorando con la nomina di Cottarelli quota 300.
 
Che avviene? In verità essendo cessato il pericolo immediato di un governo gialloverde, lo spread sarebbe dovuto scendere, anziché rialzare.
I mercati, tuttavia, e chi li comanda, han capito che alle prossime elezioni imminenti le forze politiche tradizionali verranno travolte dall’onda popolare di disgusto verso la politica fin qui condotta. Che, nonostante i proclami autoreferenziali e autocelebrativi hanno prodotto insicurezza totale, povertà e disoccupazione crescente: le attività chiudono, il lavoro si trova solo sottopagato a tempo determinato, le imposizioni burocratiche e fiscali si sono ingigantite.
Perciò, attaccando lo spread si pongono le stesse basi politiche ed economiche atte a condizionare qualsiasi prossimo governo, come fu fatto a suo tempo con la Grecia. Ricordate Tsipras? Da acclamato rivoluzionario a segretario delle imposizioni Ue e Bce.
 
In passato per motivi professionali ho dovuto incontrare e conoscere personalità di spicco del mondo politico e istituzionale di vari paesi. E, non limitandomi al solo ruolo per cui ero stato chiamato, ho sempre sviluppato l’analisi dettagliata di simbiologia dei soggetti che incrociavo. Spesso, giungendo a pormi questa disincantata domanda interiore, viste le carenze oggettive di costoro: ma costui, come ha fatto ad arrivare fin qui?
Chiudo pertanto con alcune annotazioni personali simbiologiche sui personaggi di questa vicenda, che intendono essere indicative e non offensive, accostandoli a una sola concisa indicazione:
a)      Mattarella: Lazzaro risorto
b)      Renzi: il pollo ciancione
c)      Martina: il pugile suonato
d)      Berlusconi: la cariatide del Partenone
e)      Di Maio: il manichino stralunato
f)       Salvini: l’orco delle sette leghe
g)      Conte: il pappafichi
h)      Cottarelli: il cerbero dell’Ade
 
Tutto ciò per dire che da ogni parte si poteva agire con maggiore ponderazione e preveggenza.
 

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