Spesso
mi giungono sollecitazioni a rivelare chi sia Sesac, considerato che ho l’abitudine di ospitare alcuni suoi articoli.
Conoscendolo
bene vi parlerò un po’ di lui. Ovviamente senza svelarne l’identità, per non tradire
la fiducia che ripone in me.
Inizierò
dal nome nella storia; o, se si preferisce, da come risulta nella letteratura.
Non
prima, però, di spiegare che questo nome non è stato scelto a caso: corrisponde
a un personaggio storico antico e nello stesso tempo è un acronimo.
Le consonanti
e le vocali del nome Sesac palesano la vera
identità dell’autore.
S sta per Sesac, e per è; e le altre
lettere declinano il nome e il cognome del personaggio. A ogni lettore lascio
la fantasia e la libertà di interpretarle a proprio piacimento.
Il nome
Sesac appare per due volte nella Bibbia nel I Libro dei RE.
E s’identifica con un re d’Egitto.
La prima
volta in I RE 11,40, quando Salomone, in
seguito alla profezia del profeta Abia cerca di far uccidere Geroboamo, figlio di Nabat.
Il
versetto declama: Salomone allora cercò di far morire Geroboamo; ma egli fuggì e
si rifugiò in Egitto presso Sesac, re d’Egitto, e vi rimase fino alla morte di
Salomone.
La
seconda citazione biblica è in I RE 14,25-26, che testualmente afferma: Il quinto anno del
regno di Roboamo (figlio e successore di
Salomone), Sesac, re d’Egitto, salì contro
Gerusalemme. S’impadronì dei tesori del Tempio del Signore e di quelli del re,
tutto assolutamente, e in particolare di tutti gli scudi d’oro preparati da
Salomone.
Nella
storia Sesac è un re d’Egitto, non però un faraone, essendo di origine
straniera. Fondò la XXII dinastia egiziana che secondo una fonte durò dal 945
all’817 o, secondo un’altra, sino all’801 a. Cr.
Le scarne
notizie storiografiche del tempo, citando la sua occupazione del regno di Giuda
nel 925 a. Cr. con un’imponente armata, non specificano se Sesac si mosse
chiamato da Geroboamo e in suo aiuto, stante la loro amicizia, oppure su
iniziativa propria con l’intenzione di crearsi un impero.
Sta di
fatto che dopo aver preso Gerusalemme, e averla saccheggiata unitamente al
Tempio, tornò in Egitto, lasciando che Roboamo continuasse a regnare, pur
sempre tra continue guerre con Geroboamo, re di Israele.
Fu,
nella storia, il primo che (su volere di Dio) entrò a cavallo nel tempio fino
al Sàncta Sanctòrum e lo saccheggiasse; seguito allo stesso modo, con la spada
sguainata, quasi un millennio dopo nel 70 d. Cr., da Tito Flavio Vespasiano,
poi divenuto Imperatore col nome di Tito (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica).
Emblematiche
sono due scene, anche se riferite a Tito, ma rievocative pure della spedizione
di Sesac. Entrambi, infatti, entrarono e agirono nel tempio allo stesso modo.
La prima
la si può osservare nel rilievo posto nell’Arco di Tito, rievocante il sacco di
Gerusalemme il 7 settembre del 70 d. Cr.; evento ricordato pure nella festa
annuale ebraica della Tisha BeAv.
La
seconda si riferisce al film rievocativo della presa di Gerusalemme, nella
quale Tito entra a cavallo nel tempio, tagliando i veli del Sàncta Sanctòrum con
un colpo netto di spada.
La sola
differenza tra Sesac e Tito fu che il primo non distrusse né la città né il
tempio, mentre il secondo rase tutto al suolo.
Lo
pseudonimo e nello stesso tempo acronimo, corrispondente al nome Sesac, viene
scelto dall’autore negli anni ’90 del secolo scorso. Ha un prodromo
particolare.
Sesac –
mi si acconsenta di continuare a chiamarlo così – in quegli anni era all’apice
della sua carriera sia dirigenziale che accademica.
Alto
dirigente di un ente internazionale “regnava” un po’ ovunque, avendo operato in
diverse nazioni. Le sue gesta di allora fanno parte della storia.
Come
accademico aveva già tenuto corsi specializzati al M.I.T., alla Sorbona e alla
Sapienza. Inoltre, come conferenziere aveva operato su invito in varie città;
oltre ad aver partecipato a diversi congressi internazionali come esperto
cultore di una determinata scienza, legata sia alla psicologia che alla
neurofisiologia.
Un
giornale abbastanza noto, gestito da una Curia importante, scambiò l’articolo
scientifico di un noto accademico, pubblicato sul più importante quotidiano
nazionale, come suo; e lo attaccò
apertamente a malo modo. L’inghippo fu che il nome vero dell’autore, in calce
all’articolo, fu scambiato come uno pseudonimo, addebitandolo a lui.
Ovviamente
Sesac rispose privatamente per le rime. Il giornale non pubblicò le sue
contronote per non ammettere l’errore, limitandosi a fugaci accenni e
perseguendo la stessa linea.
Sta di
fatto che dopo queste scaramucce dialettiche, Sesac restò vittima di un ingente
furto. Inoltre gli fecero ritrovare l’automezzo in una via cittadina dedicata a
un personaggio storico locale, che, non a caso, portava il suo stesso cognome.
I
committenti fecero diversi errori. Il maggiore fu quello di ignorare la sua
carica dirigenziale; il secondo di far ritrovare l’automezzo in quella
particolare via. Per Sesac fu un input inoppugnabile, come una firma.
Sesac
riunì allora privatamente il suo staff, raccolse le prove del furto, individuò
in breve gli autori materiali e da questi risalì ai committenti. Per lui, al
livello qual era, fu un gioco da ragazzi.
Non
essendo vendicativo e considerato i posti che costoro occupavano, decise di non
metterli alla berlina con l’affidarli alla giustizia.
Ferrato
com’era culturalmente, decise di operare in modo diverso, attaccandoli (sbaragliandoli,
come Sesac con Roboamo) nel loro stesso campo, onde far comprendere loro ch’era
a perfetta conoscenza della loro identità di … vermi.
Scrisse
una lunga missiva ai committenti, identificandoli con i tre personaggi biblici
di Giobbe: Alifaz, Baldad e Sofar. Iniziali che, non casualmente, corrispondevano a quelle
dei nomi dei committenti.
Fu così
che prese il nome di Sesac, sia perché era capace di “saccheggiarli” nella loro
specialità professionale (gli scudi
d’oro di Salomone), sia perché lo pseudonimo scelto indicava come acronimo la
sua vera identità.
Va da sé
che dopo breve tempo, e in prossimità del Natale imminente, con un articolo
indiretto il giornale gli porse le sue ampie scuse e rincrescimento per quanto
era avvenuto.
Sesac
prese atto sia del pentimento sia delle scuse; e sigillò con una pietra il … sepolcro.
In
seguito Sesac decise di usare questo pseudonimo per scrivere dei brani su differenti
filoni, ambientandoli nella Foresta, in un fantomatico
mondo animale.
Nel
tempo ha seguito tematiche diverse, dalla politica all’economia e alla
sociologia, proprio come ora sta sviluppando il filone filosofico/teologico,
perciò religioso.
Ovviamente
negli articoli di Sesac, tutti i personaggi citati sono celati sotto degli
pseudonimi, alcuni frutto dell’anagramma del loro nome, altri velati con
nomignoli significativamente allusivi. Coi quali il lettore può, a suo
piacimento, farsene l’esatta identità.
Scorrere
i “Dialoghi” di Sesac è come rileggere agli infrarossi la storia di questi ultimi
decenni, spesso vissuta dall’autore come attore: sia nella sua vita pubblica
che privata.
Certi
fatti, per ben essere interpretati, devono essere collocati nel loro periodo
storico, per cui le date di pubblicazione sono abbastanza significative. Talora
i fatti sono invece rievocativi; ma essendo con facilità riconoscibili sono perfettamente
inquadrabili.
È tutto!
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